Vangelo (Gv 13,31-33a.34-35) del giorno dalle letture della Messa (Domenica 28 Aprile 2013) con commento comunitario

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Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-33a.34-35)

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Questo è il vangelo del 28 aprile, quello del 27 aprile lo si può trovare qualche post più sotto.

Una Risposta to “Vangelo (Gv 13,31-33a.34-35) del giorno dalle letture della Messa (Domenica 28 Aprile 2013) con commento comunitario”

  1. d. giampaolo centofanti Says:

    Nel vangelo di oggi vediamo come Gesù guarda all’evento più doloroso della sua vita, il tradimento di Giuda per la condanna a morte di Cristo stesso.Era notte, segnala il rigo precedente il brano che oggi leggiamo, a significare l’ora delle tenebre, eppure Gesù afferma che proprio in quell’ora viene glorificato, cioè riceve nel cuore, e a lui ridona, l’amore sconvolgente del Padre.E’ un invito ad intuire, magari gradualmente, che i momenti più oscuri e dolorosi della nostra vita agli occhi di Dio possono essere quelli più gloriosi e fecondi di amore, di felicità e di ogni bene, per noi e per gli altri.D’altro canto come potrebbe Dio Padre che soffre in noi e più di noi dei nostri dolori, permettere una nostra anche minima sofferenza senza un senso profondissimo e vitale per noi? Come la fede può gradualmente cambiare lo sguardo sulle cose: lì dove posso scoraggiarmi, toccare con mano il mio fallimento, l’abbandono, ogni prova, sofferenza e delusione, invece Dio mi dice che per me sta nascendo una vita come non posso nemmeno immaginarla.Ecco allora che l’uomo talora stanco di aspettare risultati senza apparentemente raccoglierne, senza sperimentare, può essere colpito ancora di più dal vedere che Gesù attesta che il Padre lo glorificherà subito, pur senza che Gesù stesso veda la cessazione di tante sofferenze: Cristo crede che la glorificazione vi sia e vi sia subito perché si fida totalmente del Padre stesso, anche in quell’estremo frangente.In questo subito sta anche la prontezza di una vita totalmente spogliata di sé stessa a riconoscere ed accogliere all’istante le chiamate di Dio: invece quanto bisogno di gradualità, quante lentezze, possono essere dovute al minore spazio che lasciamo a Cristo nella nostra vita.Lungo il cammino anche piccole, ma in certi casi realmente volontarie, leggerezze, distrazioni, rallentano il maturare del nostro discernimento, il nostro essere porte di grazia per tanti, punti di riferimento solidi anche per la costruzione della vita comune in tante situazioni, familiari, di lavoro, spirituali, etc.Il momento dell’oscurità più grande nella vita di Cristo è dunque anche, per lui, il momento della luce spirituale più piena.Lungo il cammino della fede l’uomo può venire colpito anche nelle cose spirituali da sensazioni in realtà più terrene che spirituali, da emozioni in varia misura terrene alle quali attribuisce più o meno inconsapevolmente un in varia misura improprio valore spirituale.Non che il Signore non guardi con amore a questo già importantissimo avvicinamento ma certo sa bene che esso necessita di una graduale purificazione, di un graduale approfondimento.E questa crescita prosegue anche addentrandosi nelle cose spirituali, dove si può dare preponderante importanza, ad es., ai miracoli, alle apparizioni, mentre la presenza di Dio talora può risultare più piena, vivificante e profonda in un entrare nella nuda fede che crede e spera senza vedere, senza ancora sperimentare.Mi è capitato diverse volte di sentire qualcuno domandarmi: perché quel mio caro che è andato in cielo e prima mi appariva in sogno ora non lo vedo più? Ho commesso peccati, non lo merito? Invece talora forse il significato di tali avvenimenti è che il nostro caro dopo aver aiutato la nostra fede ora magari ci sta conducendo verso una fede, anche un’intimità con lui, più profonda, quella che è certa per fede della sua presenza, della sua vicinanza, una fede dunque, appunto, più pura e profonda: a noi può sembrare che si allontani invece lui vorrebbe farsi più vicino, aiutarci ad aprire più in profondità il cuore a Dio, alla sua luce che ci dona nel cuore, all’abbandono fiducioso e confidente in lui, che allora potrà venire gradualmente con nuovo amore e nuovi doni.Invece se non ci abbandoniamo, gradualmente, con semplicità, nella misura in cui Dio ce la dona, alla luce che ci infonde nel cuore, se insomma non cresciamo gradualmente nella fede e continuiamo a cercare appoggi sensibili, il nostro cuore è meno totalmente aperto al Signore, si fida meno di lui.Allo stesso modo vediamo con quale grande amore ed attenzione Cristo ci è stato vicino: se fosse vissuto nel successo, nel riconoscimento dei più, ciò ci avrebbe potuto confondere.Invece vediamo che è morto calunniato, malfamato e abbandonato persino da tutti i suoi discepoli tranne pochi, un discepolo ed alcune discepole, più Maria, che sono restati anche sotto la croce.Non sono i riconoscimenti terreni la validazione della nostra vita e nemmeno la via della nostra piena e autentica realizzazione, della nostra pace profonda.Solo la vita in Cristo è fonte di pace, di equilibrio anche umano, di felicità piena, anche se sulla terra può essere una felicità crocifissa.L’uomo può cercare ansiose risposte ai propri bisogni, alle proprie paure, fragilità, insicurezze, per vie errate che perpetueranno ansie e ricerca compulsiva di risposte fasulle, surrogate e lo renderanno più facile ed ingenua preda di tante apparenze, di tante manipolazioni.Non è l’apparente assenza di dolore, da sola, che segnala la via giusta ma la ricerca del vero: solo in Dio l’uomo ingarra la strada giusta lungo la quale, se impara a crescere, a pazientare, troverà sempre più le vere risposte.Gesù poi qui dice che solo facendoci umili strumenti dell’amore di Dio “donato sino alla fine” possiamo lasciar operare più pienamente anche per gli altri il suo amore, la sua gloria: è l’amore di Cristo anche per Giuda, che apre ad una speranza nuova e non è un amore solo terreno, comprensibile con categorie solo terrene.E’ l’amore agapico, anche sponsale, datore di felicità piena, quello di cui parla qui Gesù (il testo usa appunto, per amore, il termine agape): non si tratta appunto di riconoscimenti esteriori nemmeno di questo amore ma di lasciar operare, passare attraverso di noi negli altri, il dono dello Spirito.Il Signore ci vuole condurre gradualmente in una festa sempre più piena dei cuori, quella nella quale ogni uomo si ritrova sempre più pienamente con Dio ed i fratelli.Solo questo amore autentico dà veramente vita, è solido, duraturo, non inganna, non delude, non lascia variamente soli, fragili, insicuri, lascia invece in una pace profonda perché, ad es., è un amore che accompagna (se lo vogliono; anche nella crescita, se lo vogliono) i fratelli così come sono, senza, in profondità, imporsi, senza pretendere neanche il bene da loro (Gesù lascia che Giuda esca dal cenacolo senza, in quel caso, trattenerlo).

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