STORIA DI UN’ANIMA di SANTA TERESA DI LISIEUX

by

SCRITTO AUTOBIOGRAFICO C

 

diretto a madre Maria di Gonzaga

 

1.

 

APERTURA D’ANIMO CON LA NUOVA PRIORA (1897)

 

Dedica – Educazione forte di madre Maria di Gonzaga – Non vana compiacenza per le lodi – L’Ascensore divino – Missione presso le novizie – Annunzio della venuta dello Sposo – Prova della fede – Comprensione per i peccatori e tattica di vittoria – Indifferenza per una vita breve o lunga, accanto o lontana dalle sorelle dilette – Sicurezza e pace nell’obbedienza

 

J.M.JT. giugno 1897

290 – Quando il Signore aveva comandato al suo popolo di amare il prossimo come se stesso, non era venuto ancora sulla terra; così, sapendo bene a qual punto si ami la propria persona, non poteva chiedere alle sue creature un amore piu grande per il prossimo. Ma quando Gesù dà ai suoi apostoli un comandamento nuovo, il comandamento proprio suo, come dirà altrove, non parla di amare il prossimo come se stessi, bensì di amarlo come lui, Gesù, l’ha amato, come l’amerà fino alla consumazione dei secoli. Signore, so che voi non comandate alcunché d’impossibi­le, conoscete meglio di me la mia debolezza, la mia imperfezio­ne, voi sapete bene che mai potrei amare le mie sorelle come le amate voi, se voi stesso, o mio Gesù, non le amaste ancora in me. E perché voi volevate concedermi questa grazia, che avete fatto un comandamento nuovo. Oh, come l’amo, il vostro comandamento, poiché mi dà la sicurezza che la volontà vostra è di amare in me tutti coloro che voi mi comandate di amare. Sì, lo sento, quando sono caritatevole è Gesù solo che agisce in me, più sono unita con lui, più amo anche tutte le mie sorelle. Quando voglio aumentare in me quest’amore, soprattutto quando il demonio cerca di mettermi davanti agli occhi dell’anima i difetti di quella o quell’altra sorella che mi è meno simpatica, mi affretto a cercare le sue virtù, i suoi buoni desideri; mi dico che, se l’ho vista cadere una volta, ella può bene avere riportato un gran numero di vittorie che nasconde per umiltà, e perfino ciò che mi pareva un errore può benissi­mo essere, a causa dell’intenzione, un atto di virtù.

 

291 – Non duro fatica a persuadermene, perché un giorno ho fatto una piccola esperienza che mi ha dimostrato come non si debba giudicare mai. Fu durante una ricreazione, la portiera suonò due colpi, bisognava aprire la porta grande degli operai per far entrare degli alberi destinati al presepio. La ricreazione non era gaia perché lei non c’era, Madre cara, perciò io pensa­vo che se m’avessero mandato a servire da «terza», sarei stata ben contenta; la madre sottopriora mi disse proprio di andare io, oppure la consorella che si trovava accanto a me. Io comin­ciai a togliermi subito il grembiule, abbastanza lentamente affinché la mia compagna si liberasse del suo prima di me, per­ché pensavo di farle piacere lasciandole la possibilità di essere «terza». La suora che sostituiva la portiera ci guardava ridendo, e quando vide che mi ero alzata ultima, mi disse: «Avevo ben pensato che non sarebbe stata lei a guadagnare una perla per la sua corona, andava troppo piano…». Certamente tutta la comunità credette che avessi agito per natura, e non saprei dire quanto bene all’anima mi abbia fatto una cosa così piccola, rendendomi indulgente per le debolezze delle altre. Ciò mi impedisce anche di provare un senso di vanità quando sono giudicata favorevolmente, perché mi dico questo: poiché prendono per imperfezione i miei pic­coli atti di virtù, potranno altrettanto bene ingannarsi pren­dendo per virtù ciò che è soltanto imperfezione. Allora dico con san Paolo: «Mi metto ben poco in angustie per il giudizio di qualsiasi tribunale umano. Non mi giudico io stessa, colui che mi giudica e’ il Signore». Così per rendere favorevole quel giudizio, o piuttosto per non essere giudicata affatto, voglio aver sempre pensieri caritatevoli, perché Gesù ha detto: «Non giudicate, non sarete giudicati».

 

292 – Madre mia, leggendo ciò che ho scritto, potrebbe credere che la pratica della carità non mi sia difficile. E’ vero, da qualche mese non ho più da combattere per praticare que­sta bella virtù; non voglio dire con ciò che non mi accada mai di fare errori, oh, sono ben troppo imperfetta per questo! ma non mi costa grande fatica rialzarmi quando sono caduta, per­ché in un certo combattimento ho riportato vittoria; così la milizia celeste mi viene ora in soccorso, non potendo ammette­re di vedermi vinta dopo che sono stata vittoriosa nella glorio­sa lotta che cercherò di descrivere. C’è in comunità una consorella la quale ha il talento di dispiacermi in tutte le cose, le sue maniere, le sue parole, il suo carattere mi sembrano molto sgradevoli. Tuttavia è una santa religiosa che deve essere graditissima al Signore, perciò io, non volendo cedere all’antipatia naturale che provavo, mi son detta che la carità non deve consistere nei sentimenti, bensì nelle ope­re; allora mi sono dedicata a fare per questa consorella ciò che avrei fatto per la persona più cara. Ogni volta che la incontravo, pregavo il buon Dio per lei, offrendogli tutte le sue virtù e i suoi meriti. Sentivo che ciò era bene accetto a Gesù, perché non c’è artista al quale non piaccia ricevere lodi per le sue opere, e Gesu, l’artista delle anime, è felice quando non ci si ferma all’esterno, e invece, penetrando fino al santuario intimo che egli si è scelto come dimora, se ne ammira la bellezza. Non mi contentavo di pregar molto per la sorella che mi suscitava tanti conflitti interni, cercavo di farle tutti i favori possibili, e quando avevo la tentazione di risponderle sgarbatamente, mi limitavo a farle il più amabile dei miei sorrisi, e cercavo di stornare la conversazione perché è detto nell’Imitazione: «E meglio lasciar ciascuno nel suo sentimento piuttosto che fermarsi a contestare» Spesso anche, quando non ero in ricreazione (voglio dire durante le ore di lavoro), avendo a che fare per uffcio con que­sta consorella, quando i miei contrasti intimi erano troppo vio­lenti, fuggivo come un disertore. Poiché ignorava assolutamen­te quello che sentivo per lei, mai ha supposto i motivi della mia condotta, e rimane persuasa che il suo carattere mi è pia­cevole. Un giorno in ricreazione mi ha detto press’a poco que­ste parole, tutta contenta: «Mi potrebbe dire, suor Teresa di Gesù Bambino, che cosa l’attira verso me, perché ogni volta che mi guarda, la vedo sorridere?». Ah, quello che mi attirava, era Gesù nascosto in fondo all’anima di lei… Gesù che rende dolce quello che c’è di più amaro. Le risposi che le sorridevo perché ero contenta di vederla (beninteso non aggiunsi che era dal punto di vista spirituale).

 

293 – Madre cara, l’ho già detto, il mio mezzo supremo per non essere vinta nei combattimenti è la diserzione, lo usa­vo già, questo mezzo, durante il noviziato, mi è sempre riuscito perfettamente. Voglio citare, Madre, un esempio che credo la farà sorridere. Durante una delle sue bronchiti, venni un mat­tino piano piano a riportarle le chiavi della grata della Comu­nione, perché ero sacrestana; in fondo, non ero affatto contra­nata per quell’occasione di vederla, ne ero anzi molto conten­ta, ma mi guardai bene dal farlo conoscere. Una consorella, animata di santo zelo e che in realtà mi amava molto, vedendo­mi entrare da lei, Madre mia, credette che l’avrei svegliata, e volle prendermi le chiavi, ma io ero troppo smaliziata per dar­ gliele e cedere i miei diritti. Le dissi con la maggior cortesia possibile che anch’io desideravo non svegliarla, che stava a me restituire le chiavi. Capisco ora che sarebbe stato ben più per­fetto cedere a quella consorella, giovane, è vero, ma sempre più anziana di me. Non lo capivo allora, perciò, volendo asso­lutamente entrare dietro a quella, nonostante che ella mi spin­gesse la porta per impedirmi di passare, ben presto il guaio che temevamo accadde: il rumore che facevamo le fece aprire gli occhi. Allora, Madre mia, tutto ricadde su me, la povera consorella alla quale avevo resistito si mise a tirar fuori tutto un discorso il cui fondo era questo: E suor Teresa di Gesù Bambino che ha fatto rumore… mio Dio, come è sgradevole, ecc. Io che sentivo tutto il contrario, avevo una gran voglia di difendermi; fortunatamente mi venne un’idea luminosa: mi dissi che certamente, se avessi cominciato a giustificarmi, non avrei potuto mantenere la pace dell’anima, sentivo altresì che non avevo abbastanza virtù per lasciarmi accusare senza dir nulla, perciò l’ultima tavola di salvezza era la fuga. Pensare e fare fu tutt’uno, partii senza tamburo né tromba, mentre la consorella continuava il suo discorso che somigliava alle impre­cazioni di Camilla contro Roma. Il cuore mi batteva tanto forte che mi fu impossibile andar lontano, e mi sedetti sulle scale per godere in pace il frutto della mia vittoria. Non era un atto di grande valore, è vero, ma credo tuttavia sia meglio non esporsi alla battaglia quando la sconfitta è sicura.

 

294 – Ahimè! quando mi riporto al tempo del mio novi­ziato, vedo quanto ero imperfetta… Mi affliggevo per cose tan­to piccole che ora ne rido. Oh, com’è buono il Signore d’aver fatto crescere l’anima mia e averle dato le ali. Tutte le reti dei cacciatori non potrebbero farmi paura perché: «Invano si get­tano le reti davanti a coloro che hanno le ali» (Prov.). Più tardi, senza dubbio, il tempo attuale mi parrà ancora pieno d’imperfezioni, ma ora non mi stupisco più di nulla, non mi affliggo vedendo che sono la debolezza stessa, al contrario, in essa mi glorifico e mi aspetto giorno per giorno di scoprire in me nuove imperfezioni.

 

295 – Ricordandomi che la «carita’ copre una moltitudine di peccati», attingo a questa miniera feconda che Gesù ha aperto dinanzi a me. Nel Vangelo, il Signore spiega in che cosa consiste il suo «comandamento nuovo». Dice in S. Matteo: «Sapete che è Stato detto: Amerete il vostro amico e odierete il vostro nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano». Senza dubbio, nel Carmelo non s’incontrano nemici, ma in definitiva ci sono delle simpa­tie, ci si sente attratti verso una consorella, mentre un’altra vi farebbe fare un lungo giro per evitare d’incontrarla, così, pur senza saperlo, ella diviene un soggetto di persecuzione. Ebbe­ne! Gesù mi dice che questa sorella bisogna amarla, che biso­gna pregare per lei, quand’anche la sua condotta mi portasse a credere che ella non mi ami: «Se voi amate coloro che vi ama­no, che merito ne avrete? perché anche i peccatori amano coloro che li amano» (S. Luca, VI).

Continua….

Fonte: http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/storia%20di%20un’anima.htm

 

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