Caro, Gesù.
Intercedi per me, presso il Padre Celeste, perché tu sei mio fratello. Tu non
sei mio, perché mi appartieni, ma perché io, come creatura della Santissima
Trinità, ti appartengo, prima ancora che io nascessi, e che il cielo e la terra
fossero formati da te.
Gesù, io
sono tua, la sorella che hai sempre amato, nonostante i miei peccati. Mi hai
comprato a caro prezzo, con il sangue dell’Agnello Immolato, che sei tu! Nulla
mi appartiene, nemmeno il Tuo amore incondizionato, che tu hai per me, e perciò
fratello mio, concedimi di amarti, nella mia imperfezione, come tua sorella,
affinché possa essere orgoglioso di me.
Ci unisce un
patto di sangue: Il tuo versato per me, con il mio che si consacra a te. So
benissimo, che Dio non si dimentica della sua Alleanza fatta con noi ai tempi
di Abramo, e realizzata con la tua morte e risurrezione. In memoria di questo o
miei Tre in Uno, fate che io non mi separi mai da voi.
Maria: Figlio mio, ti ho indicato i mezzi che devi adottare nell’esercizio del tuo apostolato, ma non ti ho ancora parlato della fiducia che ti deve sempre animare nella tua attività apostolica. Considerando la tua debolezza e la difficoltà del compito che ti è affidato, ti domandi talora di che cosa sarai capace. Certamente di nulla da solo, ma di cose meravigliose insieme con me. Non ha forse fatto grandi cose per me l’Onnipotente appunto perché ha guardato l’umiltà della sua serva? Non hai letto come Dio abbia scelto per confondere i sapienti coloro che il mondo considera insensati, e per confondere i forti coloro che il mondo considera vili?
2. Ascolta e rifletti. Voglio insegnarti due verità che ti infonderanno una fede incrollabile nell’efficacia della tua missione, una fede da trasportare le montagne. In primo luogo devi essere convinto che il tuo apostolato è il mio apostolato, che i tuoi interessi sono i miei interessi. A me, non a te, Dio ha affidato la missione di schiacciare la testa al serpente e di stabilire nel mondo il regno di suo Figlio: tu non fai altro che partecipare alla mia missione. Si tratta di salvare i miei figli e non i tuoi. Una madre desidera la salvezza dei figli certamente più di quanto non possa desiderarla un estraneo! Gli interessi di Gesù stanno infinitamente più a cuore a me che a te. Anche se tu ti mostrassi freddo riguardo al frutto delle tue fatiche, io certo non potrei rima-nere indifferente poiché è di Gesù che si tratta e degli altri miei figli. Ora io sono onnipotente per l’onnipotenza di Dio e comunico questa onnipotenza a coloro che operano nel mio nome.
3. In secondo luogo, ricorda ed applica al tuo apostolato ciò che Gesù ti ha spiegato intorno alla fiducia senza limiti che deve informare la tua preghiera. Io ho un’intenzione d’amore riguardo a ciascuna delle tue imprese apostoliche. E questa mia intenzione è sempre più perfetta della tua; poiché ti amo più di quanto tu ami te stesso, ed amo Gesù e gli uomini più di quanto non li ami tu. Ed è un’intenzione che potrai facilmente e infallibilmente raggiungere nella misura in cui agirai nel mio nome. Quindi, quali che siano gli ostacoli che si oppongono alla tua attività, potrai sempre ottenere più di quanto prevedevi, purché agisca in mio nome.
4. Per ottenere questi effetti straordinari non basta lavorare molto: bisogna lavorare nel mio nome. Gli apostoli si erano affaticati tutta la notte senza pescare nulla. Ma appena Pietro ebbe detto a Gesù: «Nel nome tuo getterò le reti», fecero una pesca miracolosa. Quante volte ti sei affaticato invano! Perché? Perché non avevi detto, incominciando: «Nel tuo nome, o Madre». Lavorare nel mio nome vuoi dire lavorare secondo le mie intenzioni e con la coscienza di partecipare alla mia missione e alla mia onnipotenza.
5. Offri a Gesù per mano mia la tua preghiera, i tuoi patimenti perché vengano attuate le mie intenzioni riguardo al tuo apostolato. Prima di intraprendere qualsiasi cosa, invocami e cerca quali possano essere le mie intenzioni così da agire sempre come uno strumento nelle mie mani. Bada però di non equivocare. Quante volte infatti nell’incominciare dichiari di voler agire solo per me, e poi in realtà finisci per seguire le tue personali tendenze. Il frutto delle tue attività apostoliche è assicurato solo se persevererai nella disposizione di voler assecondare le mie intenzioni. Pietro in mezzo alla tempesta aveva cominciato col credere a Gesù che gli comandava di raggiungerlo e sulle prime camminò sulle onde del mare; ma poi pensò ai flutti e a se stesso, ed affondò. Molte volte forse hai cominciato col fare autentici prodigi, ma l’esito finale è stato negativo. La causa è da attribuire al fatto che ad un certo punto hai perso coscienza di essere un mio strumento.
6. Non puoi pensare di continuo a me, è vero. Ma puoi lasciarti sempre guidare dal mio spirito; puoi acquistare una tale disposizione d’animo che se qualcuno ti domandasse: «In nome di chi agisci?», tu potresti rispondere: «In nome di mia Madre». Non arriverai ad avere queste disposizioni se non a prezzo di molti sforzi. Ma almeno rinnova di tanto in tanto la tua intenzione e correggila appena ti accorgi che le tue vedute si sono sostituite alle mie.
7. Dopo l’azione, se ti è riuscita bene ringrazia Dio; se male, esamina te stesso: o non hai agito in mio nome e allora l’esito è veramente negativo; o hai cercato di conformarti alle mie intenzioni e di appoggiarti a me e allora il frutto del tuo operato è soltanto differito e verrà quando a Dio piacerà, e sarà tanto maggiore quanto maggiori sforzi avrai dovuto fare e quanto maggiore fiducia avrai dimostrata. Senza di me non puoi riuscire a nulla; con me non potrai fallire mai.
Invito al colloquio: O Madre mia, credo in te e nella missione che ti ha affidato Gesù. Credo che appoggiandomi a te sarò onnipotente. Fammi toccare con mano l’inutilità dei miei sforzi ogni qualvolta avrò voluto agire nel mio nome e costringermi ad operare unicamente nel tuo! Allora ti aiuterò efficacemente a condurre a Gesù in¬numerevoli fratelli e si compirà quell’augurio che amo ripetere ad ogni ora del giorno e anche di notte quando mi sveglio: «Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo siano in ogni luogo glorificati per mezzo dell’Immacolata Vergine Maria».
IL TUO IDEALE
Gesù: Fratello mio, comprendi adesso il dono che ti ho fatto rivelandoti il mistero della mia pietà filiale verso la Madre mia? Quando t’invitai a darti tutto a lei, seguendo il mio esempio, credevi che con ciò volessi solo esortarti ad amarla un po’ più di prima. Ora, a poco a poco, hai capito che imitare la mia pietà filiale verso di lei vuol dire diventare sotto la sua guida un santo e un apostolo, vuol dire trasformarti in me, Figlio di Dio divenuto Figlio di Maria per la salvezza del mondo.
Invito al colloquio: O Gesù, mio Dio e mio Fratello! O Maria, Madre di Dio e Madre mia! Mi consacro nuovamente a te, senza riserve e per sempre, ma con una conoscenza più chiara dei tuoi disegni su di me e con una volontà più risoluta di eseguirli ad ogni costo. O Gesù dammi la grazia di amare tua Madre e di farla amare come tu la ami e vuoi che sia amata. E tu, o Maria, ottienimi la grazia di amare Gesù e di farlo amare da tutti gli uomini come tu stessa lo ami.
Maria: Figlio mio, Gesù ti ha
condotto a me affinché, diventando mio figlio prediletto, diventassi mio
apostolo. Tutto ciò sarà da lui benedetto. Ma egli vuole non soltanto che tu
operi in mio Nome, ma anche che predichi il mio Nome! E ogni qualvolta lo farai
darà al tuo apostolato una grazia e un’efficacia specialissima.
2. Essere apostolo vuol dire condurre a
Cristo gli uomini, dare Cristo agli uomini. Ora io sono la via che conduce a
Cristo; da me Cristo è stato donato al mondo. Se dunque vuoi condurre gli
uomini a Cristo più rapidamente, devi indicare loro la via che a lui conduce.
Se vuoi dare loro pienamente Cristo, fa’ loro conoscere colei che ha la
missione di darlo. Ricorda la tua personale esperienza: malgrado le tue
continue infedeltà alla grazia, da quando Gesù ti ha rivelato il mistero della
sua pietà filiale, hai costatato in te stesso una meravigliosa trasformazione.
Poiché hai trovato la luce, non puoi ora metterla sotto il moggio, ma devi
farla risplendere davanti agli uomini. Il segreto della tua vita interiore sarà
pure quello della tua vita apostolica: quanto più mi farai intervenire
apertamente nella tua attività tanto più abbondanti ne saranno i frutti.
3. Così ha voluto Gesù. Egli poteva darsi
agli uomini direttamente; ha deciso invece di darsi loro per mezzo mio. Nella
promessa del paradiso terrestre, negli oracoli dei profeti, in casa del Precursore,
dinanzi ai pastori di Betlemme, ai Magi, a Simeone ed Anna, alle nozze di Cana, sul Calvario egli ha voluto
manifestare sempre anche me mentre manifestava se stesso. E’ per mezzo della
Chiesa, suo corpo mistico animato dal suo Spirito, egli non cessa di predicarmi
e di indicare come via naturale per trovarlo quella che conduce dalla Madre al
Figlio. Anche questo è un aspetto della sua pietà filiale che devi premurarti
di imitare.
4. Ti ho spiegato come, soprattutto nei
tempi nuovi, Gesù vuole glorificare il mio nome e mediante la mia conoscenza e
il mio culto santificare e salvare gli uomini. A questa grande vittoria che
egli mi ha destinata avranno una parte speciale coloro che mi faranno conoscere
e amare. Fammi dunque conoscere quanto più ti sarà possibile. Questo aspetta
da te Gesù.
5. Anch’io mi aspetto molto da te al riguardo.
Tanti cristiani non conoscono la loro Madre, o la conoscono pochissimo. Tocca a
te rivelarla loro,
perché ella possa abbracciare tutti come diletti suoi figli. Tocca a te condurli a lei,
perché possa formarli come te a somiglianza del suo primogenito.
6. In che modo potrai farmi conoscere ed amare? Sii pieno di un amore
ardente per me e per i tuoi fratelli, il resto verrà da sé. In primo luogo sia manifesto agli
occhi di tutti che ti sei particolarmente consacrato al mio culto. Non temere
che si scorga nelle tue mani o sul tuo petto il mio rosario o la mia effige, o
che ti si veda partecipare a qualche pubblica manifestazione in mio onore. Se nello stesso tempo
ti mostrerai cittadino irreprensibile e cristiano senza paura e senza macchia,
la tua condotta mi predicherà eloquentemente.
7. Poi, secondo le circostanze, sappi con poche parole esporre le tue
convinzioni e la tua personale esperienza riguardo alla vita di unione con me.
Nelle conversazioni confidenziali, nella tua corrispondenza sappi discretamente
far comparire
il mio nome. A coloro che piangono rivela l’immagine della Consolatrice degli
afflitti. A
coloro che lottano per conservare o riacquistare la loro illibatezza, raccomanda il ricorso
a colei che tutta pura ha avuto da suo Figlio il privilegio di rendere puri
quelli che la invocano. A quanti aspirano ad una vita di intimità con Gesù
insegna la via che tu stesso hai percorso per giungere ad una più stretta
unione con lui. Ai
desiderosi di apostolato spiega la missione apostolica che Dio mi ha affidata e
la meravigliosa fecondità che otterranno i loro sforzi se agiranno in mio nome e sotto
la mia guida. E se qualche giorno ti sarà dato di potermi far conoscere
pubblicamente con la parola o con gli scritti, approfitta premurosamente di
questa grazia. La tua parola recherà un messaggio di fiducia, d’amore e di
salvezza a tutti gli uomini di buona volontà che la sentiranno, e forse per
mezzo di questi a migliaia di altri uomini. «Coloro che mi faranno conoscere, avranno la vita
eterna» e la diffonderanno intorno a sé.
Invito al colloquio: Fammi degno di lodarti, o
santissima Vergine Maria! Rendimi forte e coraggioso contro i tuoi nemici!
La Vergine della nube è apparsa a Quito (Ecuador) su di una nuvola il 30 dicembre 1696, compiendo come primo miracolo la guarigione del Vescovo.
Nel 1696, il vescovo Don Sancho de Andrade e Figueroa di Quito era molto malato. Tutti i suoi fedeli erano particolarmente preoccupati per lui e temevano la sua dipartita, decisero quindi di rivolgersi alla Vergine Maria, organizzando una novena per ottenerne la guarigione. Mentre si trovavano in processione per le strade della città verso la cattedrale recitando il Santo Rosario il 30 dicembre improvvisamente apparve l’immagine di Maria in mezzo alle nuvole.
La Vergine indossava una corona sul capo e un mazzo di gigli erano stretti nella mano destra come si trattasse di uno scettro. La sinistra reggeva il Bambino Gesù con la testa leggermente inclinata. I capelli erano coperti da un velo leggero che pareva formato esso stesso da una nuvola. Indossava una semplice tunica che cadeva in pieghe candide e ondulate, mezzo nascoste da un manto di ampiezza maestosa e regale. Una nuvola le fungeva da trono.
Circa 500 persone hanno assistito al fatto meraviglioso, mentre il vescovo in quell’istante veniva improvvisamente guarito. Però non tutti furono in grado di vedere quella straordinaria apparizione, ma la notizia si diffuse rapidamente giungendo fino a Lima.
Il vescovo autorizzò la devozione alla Madonna della Nube, facendo erigere un altare a lei dedicato nella Cattedrale di Quito.
Viene particolarmente onorata con una processione il 1 ° gennaio, proprio in vista di questa festa all’ inizio di ogni anno, in particolare,migliaia di fedeli provenienti da tutte le zone dell’Ecuador e dall’estero si recano alla città di Azogues per venerare e partecipare a tutti gli eventi preparati dai francescani, tra cui il corteo che ricorda il primo miracolo della vergine che unisce alla devozione generale anche i turisti. Questa processione viene riprodotta anche in altre parti del mondo , tra cui la città di New York.
La Vergine della Nube è fortemente associata nel culto peruviano al Signore dei Miracoli, un dipinto murale raffigurante Gesù crocifisso. Nel 1655 un terremoto devastò la città di Lima riducendo in macerie la maggior parte degli edifici. Il muro sul quale si trovava il dipinto di Gesù crocifisso fu risparmiato e sopravvisse anche ai successivi sismi. I cittadini iniziarono a pregare con devozione l’immagine e ad ottenere da essa guarigioni e grazie: questo fece sì che il dipinto fosse considerato miracoloso e chiamato, appunto, “Signore dei Miracoli”.
Maria: Figlio mio, non rimanere
isolato. Unisciti con quelli che hanno le stesse tue aspirazioni. Se ti
limitassi a custodire gelosamente nel tuo cuore il sacro fuoco dell’apostolato,
finiresti per spegnerlo. Parlando con altri della comune fede e delle comuni
aspirazioni, renderai queste più ardenti in te stesso e in essi. L’unione,
oltre che infiammare il vostro comune zelo, darà ad esso una forza singolare.
Quando lavorerai con un altro, sarai più forte non due ma dieci volte. E quando
sarete una schiera ben unita che avanzerà sotto la mia guida, sarete
irresistibili.
2. E dove potrai trovare questi compagni animati
dallo stesso tuo ideale? Cerca e troverai. Forse ve ne sono intorno a te di già
pronti ad accoglierti nelle loro file: unisciti ad essi. Forse intorno a te
esistono soltanto forze individuali ed isolate. Cerca di scoprirne alcune in
grado di comprenderti. Spesso esistono le une accanto alle altre parecchie
persone che hanno le stesse inclinazioni, ma ciascuna di esse si crede sola nel
suo genere. Quando, dopo mesi e forse anni di mutuo isolamento, un incontro
fortuito le ha fatte riconoscere a vicenda, si meravigliano di essere rimaste
così a lungo estranee le une alle altre, pur essendo anime sorelle. Provati a
parlare con gli altri di ciò che ti sta a cuore, e vedrai che prima o poi i
tuoi tentativi otterranno risposta.
3. Forse non troverai subito delle persone
disposte a condividere i tuoi ideali. Del resto i tuoi migliori collaboratori
non saranno sempre quelli che avranno risposto per primi e con maggiore
entusiasmo alle tue proposte: un giudizio retto, una volontà ferma, la
generosità, la prontezza al sacrificio della propria persona valgono molto di
più che i subitanei improvvisi entusiasmi. Non dire: «Non c’è nulla da fare in
questo ambiente: tutti quelli che mi circondano sono ugualmente indifferenti».
Vi sono cuori nobili che si nascondono; vi sono individui generosi che ignorano
se stessi. Tocca a te scoprirli e far prendere loro coscienza. Saranno
felicissimi nel sentirsi ridestare in fondo al cuore aspirazioni alla
perfezione e al servizio di una grande Causa.
4. Proprio quelli che professano le dottrine
più opposte alle tue possono essere talvolta i più idonei ad essere un giorno i
tuoi colleghi di militanza. Saulo il persecutore non divenne forse il grande
apostolo di Cristo? Considera negli uomini non tanto le parole e gli
atteggiamenti esteriori, quanto piuttosto l’intima disposizione che li fa
parlare ed agire. Un miscredente se è sincero, generoso, ardente, è più atto a
dedicarsi con te alla medesima causa che non un cristiano senza nerbo e senza
spirito di sacrificio.
5. Può darsi che debba cercare a lungo
coloro che potrebbero diventare tuoi soci; che ti richieda molta fatica la
loro formazione e che alla fine ti avvenga di provare molte delusioni. Non
lasciarti abbattere per questo: Cristo ha dappertutto i suoi eletti; cerca,
finché non li abbia trovati.
6. Sulle prime sarete solo un piccolo
gruppo. Non importa, purché siate uniti. Non è mai il gran numero che riporta
la vittoria finale, ma una minoranza coraggiosa, attiva, ben ordinata e
disciplinata. Con una dottrina infallibile e meravigliosamente sublime e
l’aiuto onnipotente del cielo, i cattolici hanno mezzi più che sufficienti per
avere la meglio sui loro avversari, purché obbediscano a chi ha la missione di
guidarli, per far convergere tutte le loro forze al trionfo del bene.
7. E quali sono i capi che devono coordinare
la vostra attività apostolica? «Dio ha costituito i Vescovi a dirigere la sua
Chiesa». Il Vescovo dei vescovi, il Papa, non tralascia mai di dare chiare
direttive in proposito. Da coloro che Cristo ha costituito pastori devi
ricevere la parola d’ordine, non da uomini che non hanno ricevuto mandato
alcuno e che pretendono di servire la causa della Chiesa con mezzi che ella
disapprova. Sappi rinunziare alle tue vedute proprie, per quanto belle esse ti
appaiano. Non a te, non a tale o a tale altro laico o anche sacerdote, bensì
alla Chiesa è stata promessa l’infallibile assistenza dello Spirito Santo.
Comprendi che un bene minore ma reale val più che uno maggiore non mandato ad
effetto; che la forza risiede nell’unione e l’unione richiede l’abnegazione e
che ciascuno deve preferire il trionfo della causa comune a quello delle sue vedute personali. Medita
questa dottrina; conforma ad essa la tua vita e diffondila con la parola.
Invito al colloquio: O Madre, te lo prometto:
voglio adoperarmi per tutta la vita ad accrescere il numero dei tuoi collaboratori
e a renderli sempre più animati di santo entusiasmo. Ti prometto particolarmente di
impegnarmi con docilità e devozione fino alla morte al tuo servizio.
Maria: Figlio mio, impara a parlare
da vero apostolo per diffondere intorno a te lo spirito di Cristo. Non dire:
«Mi mancano le occasioni». Le occasioni ci sono, ma bisogna scoprirle; e se
proprio non ci fossero bisognerà crearle. Figlio della luce, hai forse bisogno
di essere addestrato dai figli delle tenebre? Essi sanno ben trovare
dappertutto occasioni per diffondere le loro perverse dottrine: nell’intimità
di un colloquio, per la pubblica strada, sul posto di lavoro, in viaggio, negli
stessi loro passatempi. Ciò che possono quelli per rovinare, non lo puoi tu
per salvare? Bada bene: se ti credi incapace di farlo, ciò che ti manca non è l’occasione,
ma il sacro ardore dell’apostolato. Vieni a ravvivarlo al Calvario e troverai
tante occasioni di farlo sprigionare intorno a te.
2. Per parlare da apostolo, non è necessario
predicare. Parla in ogni incontro secondo le tue cristiane convinzioni: a
proposito delle persone, delle cose, degli avvenimenti. Pensa coi pensieri
stessi di Cristo e non temere di manifestare il tuo pensiero. Discuti
raramente; non umiliare mai l’avversario. Esponi con semplicità le tue idee.
La verità è per se stessa attraente, perché la verità rende liberi. Per se
stessa la verità conquista le menti, perché il suo splendore ne favorisce
l’adesione. Non credere che occorrano ordinariamente lunghi discorsi: una breve
spiegazione, un modesto consiglio, una semplice riflessione, talvolta una
sola esclamazione possono bastare a produrre la luce in una anima sincera.
3. Non ti scordare che a convincere
l’avversario gioveranno meno i tuoi argomenti che la tua persona. Parla
semplicemente, ma coraggiosamente: tu possiedi la Verità. Ti si senta
profondamente convinto di ciò che dici: sarai creduto facilmente se sarai
coerente nell’uniformare la tua condotta ai tuoi discorsi. Ti si veda
desideroso non di riportare una vittoria, ma di essere utile ai tuoi
ascoltatori. Studia senza posa la dottrina di Cristo, per poterle rendere una
sempre più credibile testimonianza. Fa’ che sia riconosciuto da tutti il tuo
valore professionale: se ti mostrerai competente nella tua arte o professione
avrai più credito anche nelle tue convinzioni religiose.
4. Solo con un lungo tirocinio si diventa
maestri nell’apostolato della parola. Prima di ogni conversazione pregami di
ispirarti ciò che dovrai dire. Dopo la conversazione esamina dinanzi a me se
hai saputo rendere qualcuno o migliore o più felice, e prevedi come potresti
far meglio un’altra volta. Quanto più docilmente ti lascerai guidare da me in
questo tirocinio, tanto più rapidi ed efficaci saranno i tuoi progressi: solo
per mio mezzo diventerai un vero apostolo di Gesù.
Invito al colloquio: O Maria, lo confesso, non
mi sono dato pensiero, come avrei dovuto, di diffondere attorno a me la dottrina
di tuo Figlio, perché nelle mie relazioni con il prossimo non ho cercato altro
che me stesso. D’ora in poi penserò a Gesù e a chi mi sta dinanzi. Ti invocherò
prima di parlare e tu mi detterai ciò che dovrò dire.
Maria:Figlio mio, all’apostolato
indiretto della preghiera e della sofferenza, per quanto sia meravigliosamente
fecondo, bisogna che aggiunga l’influsso diretto della tua persona su quella
dei tuoi fratelli. Credi forse che intenda parlare dell’apostolato della
parola. Ma no: l’apostolato della parola è senza dubbio importante; ve n’è però
un altro che deve precederlo, accompagnarlo e seguirlo: l’apostolato
dell’esempio.
2. Non avrai bisogno di una lunga esperienza
per accorgerti che su certi individui l’apostolato della parola, sia pure
eloquentissima, riesce inefficace. La parola è feconda solo quando è ricevuta
da chi è disposto ad accoglierla. Se cade in un terreno sassoso, o tra i rovi e
le spine, come può portare frutto? Ora, per disporre i tuoi simili a ricevere
la tua parola, occorre la testimonianza della tua vita. Spesso un atto, un
gesto, uno sguardo, un sorriso vale più di qualsiasi discorso.
3. Fa’ stimare nella tua persona la
religione che professi. Mostrati sempre dignitoso, compreso della tua cristiana
grandezza e della presenza di Dio in te. Fa’ che quanti ti avvicinano sentano
che porti dentro qualcosa di misterioso. In mezzo alla generale corruzione la
tua virtù sia al di sopra di ogni sospetto. Sii integro e onesto, quando intorno
a te non si pensa ad altro che ad arricchire a spese altrui. Sii leale e
sincero, quand’anche la menzogna e la dissimulazione fossero diventate quasi
una legge universale. Sii coscienzioso e fedele al tuo dovere anche se negli
ambienti che frequenti si è generalmente perduta persino la nozione del dovere
e della coscienza. Quelli che non hanno la tua stessa fede e quelli stessi
che la combattono saranno allora costretti a renderle omaggio col rendere
omaggio alla condotta che essa ti ispira.
4. Mostrati quale sei, senza ostentazioni,
ma anche senza rispetto umano. Di che dovresti vergognarti? Forse di possedere
la verità mentre gli altri professano l’errore? Di aver il senso della tua
dignità, mentre gli altri si fanno schiavi di vergognose passioni? Di esser
discepolo di Cristo e collaboratore di sua Madre? Temi forse di perdere la
stima di coloro che non la pensano e non vivono come te? Ma non ti sei accorto
che gli uomini anche più perversi stimano coloro che non si vergognano delle
proprie convinzioni personali e ad esse coerentemente conformano la propria
vita? Sii cristiano senza paura e senza macchia, e la tua condotta sarà una
predicazione vivente e continua.
5. E’ già una bella cosa fare stimare in te
la dottrina di Cristo, ma io ti chiedo ancora di più: devi farla amare. Prendi
a cuore gli interessi dei tuoi fratelli: rendi loro tutti i servizi che puoi;
ascolta i loro lamenti, solleva le loro miserie, cura le loro piaghe; aiutali
nel loro lavoro, sii buono e affabile con coloro che ti circondano; dandoti
tutto a tutti guadagnerai tutti a Cristo. Se si sentiranno più felici per causa
tua non potranno non amare la dottrina che ti avrà fatto dispensatore di
felicità. Se frequentando capiranno meglio l’amore, arriveranno a capire meglio
Dio pur ignorandone il nome. Dio infatti non è un nome: è l’amore. Aprendosi
all’amore, si apriranno quindi a Dio.
6. Per arrivare a darti tutto a tutti non
guarderai negli uomini le loro qualità o i loro difetti, le loro virtù o i
loro vizi, le loro azioni buone o cattive; vedrai in essi il prezzo del sangue
di Gesù e del mio immenso dolore. Li amerai con l’amore stesso con cui li ama
il loro Redentore e la loro Madre, e così saprai attirarli all’amore e
attraverso l’amore a Dio.
Invito al colloquio: O Madre conosco alcuni tuoi figli la cui vita è una predicazione continua. Io invece, con i miei difetti, sono spesso per gli altri causa di disgusto e di mormorazione. Col tuo aiuto, voglio sforzarmi di predicare Gesù con la mia condotta. Fa’ che con una maggiore coerenza di vita possa contribuire a condurre il prossimo a Gesù.
Maria:Figlio mio, ascolta e
comprendi. Voglio insegnarti una dottrina tanto difficile da intendere, anche
e soprattutto perché credi di conoscerla già da molto tempo: la dottrina della
salvezza per mezzo della Croce. Quelli che si consacrano all’apostolato cristiano
sanno che la sofferenza ha un’efficacia grandissima al riguardo: Gesù ha
salvato il mondo con la sua passione e morte; per essere la Corredentrice io ho
dovuto essere l’Addolorata; i grandi apostoli hanno tutti patito grandi tribolazioni.
Ma quando la sofferenza viene a visitarli personalmente, non si ricordano più
del suo significato; si meravigliano e si scoraggiano. Per essi come per i
Giudei la Croce rimane tuttora oggetto di scandalo. Si illudono forse di poter
partecipare all’azione di Cristo Redentore senza partecipare anche alla sua
passione?
2. Tu invece, figlio mio, guarda
coraggiosamente la croce che ti è destinata. Dovrai compiere duri sacrifici.
Dovrai lavorare ed affaticarti, spendere le tue forze e logorare la tua
salute al mio servizio. E ciò non solamente per alcune ore o per alcuni
giorni, ma finché vi saranno uomini da salvare; non solamente nelle ore di
successo e di conforto, ma anche in mezzo alle difficoltà e alle amarezze. E
dovrai andare incontro a immolazioni volontarie, dovrai farti vittima in
cambio dei fratelli da salvare; e quanto più sterili ed ardui ti appariranno
i tuoi sforzi, tanto più vi dovrai aggiungere mortificazioni ed espiazioni
volontarie.
3. Sei pronto ad abbracciare questa croce?
Forse sì. Ma ecco un’altra croce ben più difficile da portare, perché non te la
imponi da te stesso e perché è veramente sconcertante. Le tue intenzioni
saranno fraintese, i tuoi disegni scherniti, la tua attività biasimata. Coloro
che dovrebbero aiutarti si disinteresseranno delle tue fatiche o tenteranno di
distruggere ciò che ti sarai sforzato di edificare; coloro che dovrebbero
incoraggiarti ti sconfesseranno o sovverti ranno i tuoi piani. Vi opporranno
ogni sorta di ostacoli e poi diranno a chi li vorrà sentire che da molto tempo
ne avevano predetto la cattiva riuscita. Se porti volentieri la croce che
scegli tu stesso; se ti rassegni facilmente alla croce che ti proviene dalla
malattia o dalla povertà; la croce che ti preparano l’ignoranza, la stoltezza o
la malvagità degli uomini potrebbe suscitare in te un senso di ribellione.
Eppure questa croce, proprio questa, racchiude in sé una maggiore efficacia di
redenzione.
4. Considera Gesù. Si è forse imposto da sé
la sofferenza con la quale ti ha salvato? O non fu piuttosto il frutto
dell’ignoranza, della stoltezza e della malvagità degli uomini, di coloro
stessi che per il loro ufficio avrebbero dovuto aiutarlo a salvare la loro
nazione?
5. Non ti meravigliare se lo spirito del
male si accanisce in questo modo nell’ostacolare le tue imprese: prendendo di
mira i miei collaboratori egli in realtà combatte me. Conserva intera la tu a
fiducia e il tuo coraggio. La sua sconfitta sarà tanto più completa: gli ho
schiacciato il capo e glielo schiaccerò sempre!
6. Bada tuttavia che la sofferenza non ha
virtù liberatrice per se stessa, ma solo quando essa è unita a quella di Gesù.
Si può dire della sofferenza quello che si dice della tua persona: da te non
sei altro che un povero peccatore, unito a Gesù, partecipi della natura divina.
Similmente la sofferenza in se stessa è sterile, ma unita alla sofferenza di
Gesù, acquista un’efficacia divina.
7. Quando nell’esercizio del tuo apostolato
incontri il dolore, vieni a stringerti più intimamente a me. Insieme saliremo
al Calvario. Lì, accanto alla Croce del Redentore, intenderai il valore
infinito di quella sofferenza che ti sconcertava e ti opprimeva. Anche la
sofferenza che ti proviene dall’incomprensione o dalla malignità degli uomini
ti riuscirà dolce. In essa vedrai non più gli uomini che l’hanno causata, ma Gesù
e sua Madre che ti invitano a condividere la loro missione redentrice, e i
fratelli che così avrai modo di salvare.
8. E’ una dottrina molto austera quella che
ti sto predicando, figlio mio, ma è una dottrina di fede, di amore e di
vittoria. Presumevo forse troppo di te, stimandoti capace di comprenderla?
Invito al colloquio: O Madre, tu conosci la mia vita e il mio terrore
per la sofferenza, ma conosci anche il desiderio che ho di amarti e di aiutarti
nella tua missione. Quando verrà l’ora della prova, tu mi sosterrai ed allora
sarò capace di soffrire tutto ciò che vorrai, perché lo vorrai, per quanto mi
debba costare.
Maria:Figlio mio, sappi che in
qualunque condizione ti trovi disponi sempre di un’arma apostolica di
incalcolabile valore: la preghiera! Tu credi, è vero, che si può essere
apostoli sia pregando come predicando. Riconosci che la preghiera è una
consolazione e un supplemento all’attività personale per i vecchi, gli infermi
e per tutti coloro che non possono dedicarsi alle opere esteriori di zelo. Ma
quanto sei lontano dal comprenderne appieno l’efficacia apostolica!
2. La preghiera non costituisce una semplice
alternativa, o un degno complemento dell’azione diretta. E’ un’arma apostolica
la cui potenza supera di gran lunga quella di qualsiasi attività esteriore.
Gesù ha predicato per tre anni; ma prima aveva pregato per trent’anni; e
durante i tre anni del suo ministero pubblico non solo passava intere notti in
preghiera, ma abitualmente nel suo intimo, mentre le labbra istruivano gli
uomini, egli conversava col Padre. Con lui ho cooperato al riscatto del mondo;
eppure non ho predicato, non ho governato la Chiesa, non ho fatto miracoli. Ho
però pregato e sofferto. E come me Giuseppe ha pregato e sofferto; e senza mai
proferire parola che sia registrata in un libro, ha fatto più per la
conversione degli uomini che non Giovanni e Pietro e Paolo. Guarda la vita
degli uomini apostolici: quelli che hanno convertito più anime sono stati degli
uomini di preghiera.
3. Guai all’apostolo che non prega! Bronzo
risonante e cembalo squillante, egli si affatica, si consuma, e forse si perde
senza fare alcun bene agli altri. E se pure sembra che la sua attività produca
frutti di salvezza, lo si deve alle suppliche di qualche anima buona
sconosciuta; ma egli non ne avrà alcuna ricompensa.
4. Non ti pare che debba necessariamente essere
così? Convertire, santificare o salvare un’anima è opera soprannaturale;
l’attività puramente naturale non può da sola produrre frutti soprannaturali.
Il soprannaturale è frutto della grazia e la grazia è frutto della preghiera.
Quanto più si prega tanto più si ottengono effetti soprannaturali.
5. Dio vuole le opere, laddove sono
possibili, come vuole il segno sensibile per produrre la grazia sacramentale.
Ma come tutta l’acqua dell’oceano è incapace per se stessa di far rinascere
alcuno alla vita nuova di figlio di Dio, così tutte le opere esterne sono
incapaci di convertire o di santificare un’anima sola. Come è necessario che la
parola del sacerdote accompagni l’atto di infondere l’acqua sul capo del
battezzando perché si produca la grazia, allo stesso modo bisogna che la
preghiera dell’apostolo accompagni ogni sua opera esteriore. La preghiera può
perfino sostituire le opere se queste sono impossibili, come quando, essendo
impossibile il battesimo dell’acqua, vi può supplire quello di desiderio.
6. Non è forse onnipotente Dio? Non ha egli
infiniti mezzi per far giungere a destinazione la grazia della salvezza? Egli
può dare un’efficacia meravigliosa ad un linguaggio semplicissimo; può far
trovare in una parola letta o sentita, e forse imperfettamente compresa, in una
disgrazia subita, in un fatto comunissimo l’ammaestramento che illumina,
commuove e converte; può anche far concorrere gli stessi suoi nemici alla
esecuzione dei suoi misericordiosi disegni. Il profeta Balaam era stato mandato
per maledire Israele e invece di maledizioni proferì benedizioni. Ciò che
manca all’apostolato sono assai meno le opere che la preghiera apostolica.
7. Hai compreso la lezione? E se l’hai
compresa, ti sforzi di essere apostolo più con la preghiera che con l’attività
esteriore? Ti ricordi ogni giorno di pregare con intenzioni apostoliche?
Quando vuoi guadagnare a Cristo qualcuno, ti adoperi per ricercare i mezzi da
prendere, le cose da dire, e fai bene; ma pensi soprattutto a pregare, convinto
che la buona riuscita della tua impresa dipende piuttosto dal Dio che preghi
che dalla tua abilità o dalla tua forza di persuasione?
8. Prega, prega ed impara a moltiplicare le
preghiere per la conversione e la santificazione del tuo prossimo. Ad ogni tua
preghiera premetti un’intenzione apostolica. Trasforma in preghiera le tue
azioni e i tuoi patimenti, offrendoti a Dio per le mie mani secondo le mie
intenzioni. Aggiungi a tutto questo l’offerta di tutte le Messe che si
celebreranno in tutto l’universo durante la giornata.
9. Prega per i tuoi parenti e per tutti
coloro che ti sono cari. Prega per la Chiesa, per il Papa, per i Vescovi, per
i Sacerdoti e per tutti i missionari ed apostoli. Prega particolarmente per
coloro che si sono impegnati a prestarmi la loro personale collaborazione affinché
venga presto il regno di Gesù per mezzo del regno mio. Prega per coloro ai
quali hai cercato di fare qualche bene affinché questo bene sia duraturo. Prega
per coloro ai quali hai omesso di fare il bene che potevi affinché la tua
preghiera compensi la tua negligenza. Prega per coloro che incontrerai durante
la giornata affinché tu possa fare loro tutto il bene che potrai.
10. Prega prima di ogni azione perché il Signore
dia a ciascuna tutta l’efficacia che egli stesso desidera. Prega quando qualcuna
di esse ti appare difficile, così che la tua preghiera corrobori la tua
debolezza. Prega anche quando qualcun’altra ti sembra facile, per tema che, fidando
solo nella tua naturale abilità, non ottenga alcun frutto soprannaturale.
Prega durante tutte le tue attività affinché Dio continui ad operare per mezzo
tuo. Prega dopo le attività, per ringraziare Dio se ti sono riuscite bene; o
perché ne risulti comunque qualche bene se ti pare di avere lavorato invano,
ricordando che quanto più Dio ti costringe a pregare tanto più ti vuole
concedere grazie.
Invito al colloquio: O Maria, la tua vita fu una
continua preghiera per la gloria del Padre, per la missione del Figlio e per la
salvezza degli uomini. Insegnami a pregare come sapevi pregare tu!
Maria:Sei risoluto ad essere mio
apostolo; ma ti stai domandando come ciò sarà possibile nella tua presente
condizione. Non sei infatti insignito del carattere sacerdotale, non hai
ricevuto, così ti sembra, il mandato di predicare.
2. Ora, guarda intorno a te. Vedi questi
propagandisti di dottrine sovversive che si succedono nel mondo e che in pochi
anni trascinano dietro a sé milioni di aderenti? Di quale sacerdozio sono essi
rivestiti? Chi ha dato loro il mandato di predicare? Per riuscire nel loro
intento molti di essi hanno dovuto affrontare gli schemi, le persecuzioni, la
prigionia e talvolta il rogo o il patibolo. Si erano fatti diffusori
appassionati di un’idea – di una menzogna inventata da Satana – ed hanno
raggiunto il loro intento. E tu che sei apostolo di Cristo e di sua Madre
dubiti di poter raggiungere il tuo?
3. Non dire che questi seminatori di menzogne
avevano buon gioco, bastando loro, per avere successo, assecondare le umane
passioni. Tu hai dei mezzi molto più potenti: per rispondere alle aspirazioni
più profonde dell’umanità possiedi la dottrina di verità che rende liberi, la
dottrina della felicità che sazia il cuore, la dottrina di quel Dio ignoto che
essa, nonostante tutto, invoca con suppliche ardenti. Ed hai infine per
sostenerti l’onnipotenza del divino aiuto.
4. Assecondavano forse le passioni dei loro
uditori i primi predicatori di Cristo presso i Giudei e i Gentili? Non
imponevano, al contrario, austere rinunzie ai loro discepoli con l’obbligo di
essere pronti a subire le persecuzioni, la prigionia, la spada e il fuoco?
Eppure essi convertirono con straordinaria rapidità innumerevoli moltitudini.
E questo, perché ardeva loro in petto il sacro ardore dell’apostolato. Se il
medesimo ardore avesse animato il cuore dei loro successori, già da lungo tempo
il nome di mio Figlio sarebbe stato predicato ad ogni creatura!
5. Bisogna che questo fuoco sacro si accenda
in te. Come? e dove? Vieni, seguimi sul Calvario. Mettiti insieme con me di
fronte a Gesù Crocifisso. Vedi il suo corpo dilaniato dall’orrendo supplizio:
vedi soprattutto il suo spirito straziato in un’agonia mille volte più
orrenda. Che cosa lo riempie di questa infinita desolazione? Più di ogni altra
cosa, la vista degli uomini per i quali egli versa il suo sangue, e che pure
non riceveranno alcun frutto dalla sua passione. Non ne ricaveranno frutto
perché resisteranno alla grazia, certo, ma anche perché quelli che dovrebbero
continuare in loro favore l’opera della Redenzione non se ne daranno pensiero.
6. Considera pure, figlio mio, l’amarezza
del mio dolore. Perché anch’io ho sofferto tanto sul Calvario? A causa dei
supplizi che torturavano il corpo di Gesù, non v’è dubbio, ma anche e
soprattutto a motivo dell’agonia che lo straziava dentro. Perché contemplavo
con lui quella moltitudine di uomini ai quali allora stavo dando la vita, con
la tragica prospettiva che si sarebbero persi per sempre.
7. Ma ascolta Gesù che parla: «Donna ecco
tuo figlio; figlio ecco tua Madre». Queste parole egli le rivolge a me e a te.
«Donna ecco tuo figlio: egli ti aiuterà; sì, ti aiuterà a salvare i suoi
fratelli, che senza di lui si avvierebbero all’eterna perdizione. Egli ricondurrà
a te questi poveri erranti. Ti assisterà nella tua apostolica missione e ci
consolerà entrambe». Hai capito il desiderio di Gesù? Fa’ in modo che lo
spettacolo del Calvario ti sia sempre presente e non ti dia mai pace.
Risuonino giorno e notte alle tue orecchie il grido di Cristo morente e i
gemiti di tua Madre!… Allora imparerai cosa significa essere apostolo!
8. Ricordati bene: sarai veramente apostolo
se saprai occupare accanto a me, il posto di Gesù.
Invito al colloquio: O Madre mia, fa’ che non si
affievolisca mai in me questo triplice amore: l’amore per Gesù, per te e per i
fratelli!
Maria:Figlio mio, ascolta bene ciò
che sto per dirti e cerca di comprenderne appieno il significato. Debbo
rivelarti un mistero, un mistero che ci riguarda entrambi.
2. Quando l’angelo Gabriele mi annunciò che
il Figlio di Dio desiderava nascere da me, mi annunciò pure che mio Figlio si
sarebbe chiamato Gesù, ossia Salvatore, e allora compresi che questo salvatore
voleva associarmi alla sua opera redentrice. Vedevo che col dare la mia adesione
alla divina proposta, avrei acconsentito a cooperare non solo al mistero dell’Incarnazione,
ma anche a quello della Redenzione. E diedi il mio consenso. Da quel momento
fino all’ultimo respiro di Gesù, mi adoperai con lui al riscatto degli uomini:
fornendo la sostanza della vittima, allevando la vittima per il sacrificio, unendo le mie suppliche
e sofferenze alle sue, la mia volontà alla sua, ed offrendo mio Figlio al Padre
celeste per l’immolazione suprema. Gesù era il Redentore, e io la
Corredentrice.
3. Ora – intendi bene questo – Dio è costante nelle sue
chiamate come nei suoi doni. La collaborazione che prestai a mio Figlio a
Nazaret e sul Calvario, debbo continuare a prestargliela fino alla consumazione
dei secoli. Avendo dato Gesù al mondo intero nel giorno dell’Incarnazione,
debbo darlo ancora a ciascun uomo in particolare attraverso l’avvicendarsi storico
delle generazioni. Cooperatrice di Gesù nell’opera della Redenzione, debbo
cooperare con lui anche per la salvezza individuale di ciascun uomo. Infatti
la Redenzione non è ancora compiuta: bisogna che la grazia della salvezza
meritata per tutti sul Calvario sia applicata a ciascun uomo che viene in
questo mondo. Ed ecco allora la mia missione sino alla fine dei tempi. Con Gesù
ho lavorato all’universale riscatto dell’umanità; con Gesù debbo lavorare alla
conversione e santificazione di ciascun uomo.
4. E come potrebbe essere diversamente? Divenendo
Madre di Gesù, sono divenuta Madre di tutti coloro che sono chiamati ad essere
suoi fratelli. Non debbo io, da vera Madre, prendermi cura della vita e della
salute di coloro che ho generato?
5. Come vedi, nel giorno in cui fui assunta
in cielo Dio mi affidò una missione apostolica, missione universale come quella
della mia cooperazione redentrice e come quella della mia maternità
spirituale.
6. Sono la Regina degli apostoli. Lo sono
non soltanto perché ho assistito con materno affetto i primi apostoli, non solo
perché rendo feconda l’opera dei loro successori, che senza il mio intervento
sarebbero incapaci di fare alcun bene agli uomini, ma perché il loro apostolato
altro non è che una limitata partecipazione all’apostolato universale che fu
affidato a me in primo luogo.
7. Ora l’apostolato è lotta. Debbo infatti strappare
ogni essere umano dalle mani di Satana al fine di condurlo per Gesù al Padre.
Nel momento in cui il seduttore trionfò dei nostri progenitori, Dio gli
predisse appunto la sconfitta in questi termini: «Porrò inimicizia fra te e la
Donna, tra la tua stirpe e la sua: essa ti schiaccerà la testa». Gli schiacciai
il capo fin dalla mia Immacolata Concezione. Ma quella vittoria fu soltanto la
prima di una serie infinita di vittorie. Sino alla fine dei tempi, debbo
continuare a schiacciargli il capo. Sono la sua irriducibile avversaria, «più
terribile di un esercito schierato in campo».
8. Nella lotta per la salvezza
degli uomini gli inflissi dure sconfitte fin dai primissimi tempi della Chiesa.
Da allora in poi ho distrutto tutte le eresie nel mondo intero, ed ho
ricondotto sulla via della grazia innumerevoli peccatori. Ora, Dio ha voluto
che di secolo in secolo la mia opera conquistatrice si facesse più evidente, e
vuole che in questi tempi nuovi essa appaia agli occhi di tutti più
splendidamente che mai.
9. Sembra che Satana trionfi nel mondo? Non
temere: quanto più cresce la sua potenza tanto più manifestamente, secondo i
disegni di Dio, debbo intervenire per schiacciargli la testa. Un’immensa
vittoria mi è riservata. Il mio regno deve stabilirsi nel mondo intero
affinché giunga e più largamente si estenda il regno di mio Figlio. Più ancora
dei precedenti, gli ultimi tempi della Chiesa saranno i miei tempi. Si vedranno
meraviglie operate da me e per me. Si vedrà Satana stritolato sotto il
calcagno della Donna come non lo fu mai. Si vedrà la Chiesa manifestare una
fecondità e una forza di conquista che mai ebbe in passato. Si vedrà Gesù
regnare su moltitudini sempre più numerose, acclamato da coloro stessi che
prima lo combattevano con accanimento.
10. Questa è la parte che mi compete nel mistero
che ti volevo rivelare. Ecco ora la parte tua. Dio ha deciso di associare gli
uomini, e particolarmente alcuni di essi, alla esecuzione dei suoi amorosi
disegni al punto da farne dipendere la riuscita dalla fedeltà dei chiamati
alla loro vocazione. Per continuare in terra la missione avuta dal Padre, Gesù
ha voluto aver bisogno della collaborazione dei suoi apostoli. E così per
compiere la mia missione di far regnare Gesù nel mondo anch’io ho bisogno di
ausiliari e di collaboratori. Quando avverranno le cose meravigliose che ti ho
annunziate? Allorquando i miei figli comprenderanno l’opera apostolica a me
affidata, e saranno pronti a impegnarsi con me e ai miei ordini.
11. Ora che hai compreso la parte che mi
spetta, vuoi essere mio collaboratore? Vuoi aiutarmi a strappare alle forze
del male i miei figli per condurli a Gesù? Vuoi avere parte alla grande
vittoria che mi è riservata? Ad imitazione del tuo divin modello, ti sei dato
tutto a me. Mi hai consacrato tutto te stesso, tutta la tua attività. Ora che
conosci l’uso che intendo fare della tua persona e delle tue energie, vorrai
ritrattare la tua consacrazione?
12. Finora nella pietà filiale verso di me
tu scorgevi qualche cosa di simile al tranquillo atteggiamento del bambino
sulle ginocchia della madre. Ed ecco invece che ora ti propongo un impegnativo
e duro servizio di apostolato! Ma Gesù è stato forse mio Figlio soltanto nella
casa di Nazaret? Non era mio Figlio anche quando distruggeva l’impero del
principe di questo mondo, e riscattava il genere umano? Non ha egli preso carne
nel mio grembo appunto per diventare il Salvatore degli uomini? Egli ti ha
chiamato ad essere un mio figlio prediletto, e in quanto tale un salvatore di
anime. O sarai un apostolo, o rinunzierai ad appartenermi come figlio.
Invito al colloquio: O Maria, io sono tutto tuo e tutto ciò che ho ti appartiene. Per te e ai tuoi ordini voglio lavorare, lottare, soffrire e morire.
Maria:Figlio mio, le pratiche e le
disposizioni che ti ho raccomandato per identificarti con Gesù saranno
efficaci solo a patto che ti lasci docilmente guidare da me. Gesù te l’ha
detto: è volontà di colui che mi ha costituita Madre di suo Figlio, che nessuno
raggiunga una perfetta somiglianza con lui se non per mezzo mio.
2. Può accadere talvolta che il tuo ardore
si raffreddi; il lavoro spirituale ti diventi più penoso, i progressi si
facciano più lenti, che ti fermi o che indietreggi. E benché cerchi di
ridestarti, finisca per perderti di coraggio. Quale è la causa di tanto
languore? Che mezzi prendere per porvi rimedio? Non lo sai. Ebbene, sappi che
la prima causa di tutto ciò è invariabilmente un allentarsi della tua unione
con me, e che il primo rimedio consisterà pur sempre nel lavorare fedelmente
sotto la mia guida. Senza di me non potrai raggiungere la meta; con me vi
arriverai di certo.
3. Vuoi che siano efficaci i tuoi sforzi?
Vieni sempre a sottopormi ciò che ti proponi di fare e agisci sempre in mio
nome. Consultami particolarmente per ogni risoluzione che devi prendere.
Domandami che cosa io desideri da te e dimmi quel che vorresti fare.
4. Non ti risponderò, certo, con una rivelazione.
Ma se verrai a me con piena fiducia, col sincero proposito di eseguire quello
che crederai essere la mia volontà, non ti sarà difficile comprendere se io
approvi o no la tua risoluzione. Se l’approvo, deponila nelle mie mani,
affinché ti aiuti a mantenerla; in caso contrario, prega e rifletti, e forma
un’altra risoluzione più precisa che io possa approvare.
5. Se seguiterai a consultarmi così – purché
aspetti veramente la mia risposta e non ti lasci mai trasportare dalla tua
naturale smania di agire – ti accorgerai ben presto di fare in questo modo più
progressi in pochi giorni di quanti riuscissi a farne prima in parecchi mesi.
E se sarai fedele nel volgere lo sguardo verso di me prima di ogni tua azione,
io ti dirigerò verso un fine solo: verso Gesù, divenuto vita della tua vita.
Invito al colloquio: O Maria, Madre del Buon Consiglio, illuminami, guidami, assistimi ora e sempre. Amen!
Maria: Figlio mio, i mezzi
esteriori che ti ho indicati ti saranno utili solo se ad essi aggiungerai
alcune indispensabili disposizioni interiori. Non a caso infatti le medesime
pratiche conducono alcuni alla santità e lasciano altri nella mediocrità. Solo
«lo spirito vivifica». Ascolta ciò che questo spirito richiede da te.
2. Anzitutto: «abnegazione». Ne avrai
bisogno per combattere senza stanchezze il tuo difetto dominante. Ne avrai bisogno
per rinunziare a te stesso in ogni cosa, così da non ostacolare l’opera di Gesù
in te.
3. Ne avrai bisogno per sforzarti di
riprodurre in te i sentimenti di Gesù. Se la pietà filiale verso di me
consistesse soltanto nell’invocarmi, nel cantare le mie lodi e nel gustare la
mia intimità, il praticarla non richiederebbe grande abnegazione! Ma poiché
essa deve condurti all’identificazione con Gesù, non può evidentemente andare
disgiunta da una totale rinuncia a te stesso. Non potrai servire due padroni.
Il padrone o sarà Gesù o sarai tu stesso. Devi scegliere decisamente tra l’uno
e l’altro. Io posso aiutarti in questa rinunzia; non posso in alcun modo
dispensartene.
4. In secondo luogo: «costanza». Trovo più
facilmente cento anime pronte a fare un sacrificio eroico in un momento di fervore,
che non una sola capace di perseverare per più giorni nella fedeltà alle
risoluzioni prese. Quante volte sarai tentato di abbandonare qualcuna delle
pratiche da me suggerite! Sii ad esse fedele ad ogni costo. Se oggi ne sopprimi
qualcuna con un buon pretesto, domani la sopprimerai con un pretesto qualunque,
e poi la sopprimerai per sempre senza pretesto alcuno. Si può abbreviarle se è
necessario, sopprimerle mai. Solo così si raggiunge l’intento.
5. Infine e soprattutto: «generosità». Vi
sono due forme di generosità. La prima consiste nel dare a Gesù, senza esitare,
non soltanto ciò che egli richiede, ma anche ciò che, pur non essendo di
precetto, gli farebbe piacere. Tale è stata la generosità di tua Madre, e dal
più al meno di tutte le anime sante. Cerca di praticarla meglio che potrai.
6. L’altra consiste nel riparare immancabilmente
le tue colpe e negligenze. Se hai commesso una mancanza, offri in compenso un
sacrificio speciale che altrimenti non avresti fatto, e in questo atto
racchiudi tanto amore che, fatta la riparazione, Gesù ti sia ancora più caro
che se non l’avessi contristato.
7. I mediocri e i santi differiscono tra
loro non perché i primi commettono colpe e gli altri no, ma perché mentre i
primi si contentano di riconoscere le loro mancanze, gli altri si sforzano di
amare tanto più Gesù quanto meno l’hanno amato in passato. Tu dunque
comportati come i santi: ripara.
8. Ripara soprattutto le tue omissioni o
negligenze riguardo al colloquio quotidiano con Gesù, al rinnovamento
spirituale, alla rassegna di ogni giorno e ai ritiri.
9. Ripara quanto prima. Val meglio, generalmente
parlando, una riparazione breve ma immediata che una lunga ma rinviata.
10. Vuoi sapere come fare queste
riparazioni? Consultami dopo le tue mancanze e negligenze, e t’insegnerò il da
farsi perché ogni tua colpa diventi una «felice colpa». E se saprai
perseverare in questa generosa disposizione ti prometto che nonostante i tuoi
peccati, i tuoi difetti, le tue tentazioni e la tua debolezza ti farò santo ed
apostolo.
Invito al colloquio: O Maria, tutta la mia attività, tutto il mio tempo, tutto il mio essere ti appartiene. Ricordami la mia consacrazione quando sono tentato di accidia, e infondi in me la generosità dei santi!
Maria:Figlio mio, se è un impresa
difficile riconoscere il tuo principale nemico, è ancora più difficile
debellarlo. Da solo non vi riusciresti mai; ma se starai con me trionferai.
2. In primo luogo cerca di riconoscere le manifestazioni
della tua tendenza dominante, le varie forme, chiare o larvate, che essa
riveste, le circostanze nelle quali ti reca maggior danno.
3. Poi intraprendi contro di essa una lotta
impietosa. Nel combattere i difetti, si possono adottare due diverse tattiche.
Alcuni mettono molta attenzione nel sorvegliare le manifestazioni dei loro
difetti per notarle, computarne il numero, sforzandosi di ridurlo di giorno
in giorno. Tattica questa che può produrre buoni frutti se la si adopera con
perseveranza. Ma, se seguita in maniera esclusiva, può diventare faticosa e
cagionare talvolta dolorose sorprese. Capita infatti che se si interrompe per
un certo tempo questa continua vigilanza sul difetto da correggere per
convogliare il lavoro spirituale su di un altro punto, l’antica tendenza rimane
lì, non meno vivace di prima, quantunque si manifesti forse diversamente. Si
sono tagliate le erbe cattive man mano che spuntavano da terra, ma non avendole
sostituite con piante utili, esse rinascono folte e rigogliose come prima.
4. Voglio insegnarti un’altra tattica più efficace
e più facile, che se non potrà sostituire potrà almeno completare la
precedente. Studia in Gesù la virtù direttamente opposta alla tua tendenza
dominante. Sei orgoglioso? Considera la sua umiltà. Sei egoista? Ammira la sua
volontà di dimenticare se stesso e di sacrificarsi per gli uomini. Sei
sensuale? Medita la sua dolorosa Passione.
5. Approfitta dei colloqui giornalieri con
Gesù per studiare in lui la disposizione che ti manca. Vedi ciò che Gesù
pensava, sentiva, diceva e faceva. Ama questa disposizione del tuo Modello e
cerca di infiammarti di entusiasmo per essa. Poi stabilisci un confronto tra
lui e te. Prega Gesù, per mia intercessione, di trasformarti in lui. Nelle tue
comunioni sacramentali e spirituali pregalo di farti vivere della sua vita.
6. Nel corso della giornata riandrai con la
mente a Gesù mite, umile, paziente, secondo quella sua particolare disposizione
che vuoi ricopiare in te. Te lo ricorderai soprattutto allorquando la tua
cattiva tendenza cercherà di manifestarsi di nuovo. Anziché fare penosi sforzi
per combatterla, guarda tranquillamente il tuo Modello dicendo: «Gesù, che cosa
penseresti, che cosa faresti tu se fossi al posto mio? Vieni a farmi vivere
della tua vita». E Gesù comanderà alle onde sconvolte del tuo essere, e alla
tempesta succederà una grande calma.
7. Col guardare spesso Gesù e attirano in te
con ardenti voti, arriverai a poco a poco a liberarti dalla tendenza alla
quale ti eri attaccato tanto tenacemente, e finirai per non avere più altre disposizioni
che quelle di Gesù. Tuttavia non ti fidare di un nemico che potrebbe sorprenderti
ancora proprio quando crederesti d’esserne del tutto al sicuro. Esamina di
tanto in tanto, sia pure con un rapido sguardo, se esso non tenti di spuntare
nuovamente magari sotto nuova forma.
8. Mio Figlio ti ha raccomandato di imitare
me, tua Madre. Dopo le disposizioni di Gesù contempla anche le mie. Quando per
estirpare qualche vizio o acquistare qualche virtù guarderai a me per vedere
cosa farei io trovandomi nelle medesime circostanze, imparerai a conoscere e
ad imitare meglio Gesù.
Invito al colloquio: O Maria fammi conoscere Gesù, perché io viva solo della sua vita!
Maria: Figlio mio, non è sufficiente
che tu conosca i pensieri di Gesù per vivere della sua vita. Bisogna ancora
che tu combatta e vinca i nemici che si oppongono alla vita di Gesù in te. Ora
sappi che il più pericoloso di questi nemici sei tu stesso. Tu vorresti vivere
per Gesù solo, ma nello stesso tempo vorresti assecondare le tendenze della tua
natura corrotta. Non t’ingannare: «Nessuno può servire due padroni». Finché ti
lasci guidare dalla natura, Gesù non può regnare in te. Bisogna dunque che tu
combatta senza tregua né esitazione alcuna questa tua natura, finché non lasci
il campo interamente sgombro a Gesù.
2. Condizione dura, ma ineluttabile. Quanti
miei figli che un tempo erano pii, generosi, forniti delle migliori doti per
giungere alla santità e per esercitare intorno a sé un fruttuoso apostolato,
hanno finito col rimanere nella mediocrità e non hanno attuato neppure la
centesima parte del bene che pure erano chiamati a fare, seppure non si sono
perduti miseramente, trascinando talvolta nella loro caduta un gran numero di
altri fratelli, proprio perché non hanno saputo riconoscere e combattere in se
stessi la guasta natura!
3. Impara dunque a conoscere le disdicevoli
tendenze della tua natura. Esse sono legione, poiché il peccato d’origine,
rafforzato dalle cattive abitudini avute in eredità dai tuoi antenati o da te
stesso contratte, ha viziato tutte le energie del tuo essere. Tuttavia non ti
perdere d’animo davanti ai tuoi nemici anche se sono tanti. Essi obbediscono
ad un capo, vinto il quale, tutti saranno per il fatto stesso abbattuti o
almeno ridotti in condizioni tali da non poter opporre se non una debole
resistenza. Ora importa che tu individui anzitutto questo vizio dominante. Qual
è?
4. La vanità? Sei forse avido di lodi? Godi
di riceverne, anche se non meritate? Sogni di fare cose meravigliose, tali da
procurarti gli applausi degli uomini?
5. L’orgoglio? Hai forse un alto concetto
del tuo valore e disprezzi talora gli altri? Li tratti con alterigia, con
durezza o con collera, soprattutto se non rendono omaggio alla tua superiorità?
6. La permalosità? Ti adonti dei biasimi
ricevuti, veri o supposti, delle mancanze di riguardo, anche involontarie?
Pensi facilmente ai torti ricevuti? Ti riesce difficile perdonare? Sei tentato
di abbandonare il bene intrapreso perché sei stato offeso da qualcuno?
7. L’ambizione? Cerchi in tutti i modi di
metterti in vista? Desideri la tua gloria più della gloria di Cristo? Sei
pronto a lavorare alla sua causa, a condizione però di poter comandare, tirandoti
indietro quando si tratta di servire come semplice gregario?
8. L’invidia? Mal sopporti che altri
facciano più bella figura di te, o godi quando li vedi umiliati?
9. L’incostanza? Ti lasci forse
tiranneggiare dalle tue impressioni, ora pieno di entusiasmo e pronto a
qualsiasi sacrificio, ora scoraggiato ed indifferente a tutto. Ti accade di
intraprendere un grande numero di cose, senza portarne a termine alcuna?
10. La leggerezza? Ti lasci troppo
facilmente attrarre dalle realtà esteriori, e fai fatica a raccoglierti
internamente e a dare alle cose serie l’importanza che si meritano?
11. La sensualità? Assecondi troppo il tuo
corpo col procurargli ogni soddisfazione riguardo al cibo, alla bevanda, al
riposo, e perfino ad altre tentazioni più grossolane ancora?
12. La pigrizia? Temi troppo la fatica,
trascuri il tuo lavoro e ricusi di fare anche i più leggeri sacrifici?
13. L’egoismo? Pensi solo a te stesso? Dimentichi
che anche gli altri hanno i loro diritti e che all’occorrenza devi saper
rinunciare ai tuoi comodi piuttosto che incomodare il prossimo?
14. Esaminandoti, scoprirai in te gli indizi
di un gran numero di queste tendenze disordinate. E senza dubbio hai in te i
germi di tutte le cattive tendenze; ma non tutte sono dominanti. Quale di esse
ti sembra la più forte e la più dannosa? Quale costituisce la fonte più
ordinaria dei tuoi dispiaceri, delle tue preoccupazioni, del tuo cattivo umore
o del tuo appagamento? Quando ti sorprendi in atto di sognare, sono pensieri di
vanità, di vendetta o di sensualità quelli che ti occupano? Donde derivano le
distrazioni che più ti attraggono e delle quali ti riesce più difficile
liberarti? Di che cosa ti hanno rimproverato i tuoi parenti, i tuoi maestri, i
tuoi amici, o le persone adirate contro di te? Quale è la tendenza riguardo
alla quale potresti dire: «Se non avessi questo o quell’altro difetto, sarei
in relazioni molto migliori con Dio e con gli uomini?»
15. Sii del tutto sincero in questo esame, e
prega per ottenere luce dall’alto. Poiché si cade facilmente in errore in tale
materia, dando una maggiore importanza a qualche difetto più evidente, ma meno
profondo, o che sarebbe più facile sacrificare. Poiché gli uomini sono attaccatissimi
al loro vizio dominante: è un compagno col quale sono nati, sono cresciuti ed
hanno vissuto sempre, e che ha procurato loro continue soddisfazioni. Talvolta
essi lo scambiano perfino per una virtù, o lo credono la loro dote più bella.
Ed è naturale, poiché ognuno ama troppo se stesso. Ma bisogna avere il coraggio
di amare Gesù più di sé. Tu, sappi riconoscere con perfetta sincerità ciò che
devi sacrificare a Gesù in te. Non temere; rinunciando ad un falso idolo,
possederai il vero Dio; e morendo alla tua natura malata, vivrai della vita di
Gesù.
Invito al colloquio:Viva Gesù con me, a prezzo di qualunque sacrificio! Bisogna ch’egli cresca in me, e che io mi faccia sempre più piccolo!
Maria:Figlio mio, vi è un’altra
via per arrivare a pensare coi pensieri di Gesù, una via assai rapida, sicura
ed efficace; essa consiste nel mettersi in contatto diretto con lui.
2. Contempla Gesù, preferibilmente nel Vangelo.
Ascolta i suoi detti, osserva i suoi atti. Ma non ti fermare alle apparenze
esteriori; cerca di penetrare nell’anima di lui e cerca di scoprirvi ciò che
pronunciando quelle date parole o compiendo quelle date azioni egli ha
pensato, sentito, voluto. Considera soprattutto come in lui ogni discorso,
ogni operazione procede da un sentimento di amore. Gesù non è solo un maestro
che proferisce discorsi pieni di sapienza: è il Dio d’amore; per comprendere la
sua dottrina, devi quindi addentrarti fino alla sua sorgente: all’amore
infinito del Cuore di Gesù.
3. Dalla contemplazione di Gesù, volgiti un
momento a guardare te stesso, e considera quanto sei lontano dal pensare, dal
sentire, dal volere e dall’agire come lui. Esamina ciò che ti occorre fare,
quali ostacoli rimuovere, quali mezzi prendere, quali sacrifici compiere per
arrivare a trasformarti in lui.
4. Mentre contempli Gesù e contempli te stesso
alla luce di Gesù, parla con lui. Parla con lui come se lo vedessi. Egli del
resto è già in te; sente la tua voce come sentiva quella di Pietro, della
Maddalena e di Giovanni; ti ama come amava i suoi discepoli; ti ama di un amore
particolare: per questo ti ha dato me, come Giovanni, in qualità di figlio
prediletto. Parla con lui direttamente senza usare formule. Digli alla buona,
ciò che pensi, ciò che provi, ciò che desideri, come faresti con un fratello o
con un intimo amico.
5. Non ti scordare di unirti a me in questo
colloquio con Gesù. Tu sai che sono sempre accanto a te, e che per trovare il
figlio bisogna passare attraverso la Madre. Di questo ti accorgerai facilmente:
sarai meno raccolto, meno familiare, meno affabile con Gesù quando non mi
sentirai vicino a te. Ho passato la mia vita nel meditare ciò che vedevo e
sentivo riguardo a mio Figlio. Ogni meditazione che farai sulla vita di lui,
sarà sempre il ripetersi di una meditazione fatta altre volte da me. Stringiti
a me, e ti farò comprendere e provare qualche cosa di quello che comprendevo
e provavo io stessa nel contemplare i misteri di Gesù.
6. Non cercare di moltiplicare concetti e ragionamenti:
accontentati di credere, di amare e di pregare. Credi! Se Gesù ha detto questo
o quello, la sua parola è decisiva. Sarebbe vano cercare altri argomenti. Egli
l’ha detto, dunque è vero, infallibilmente vero: credi! Gli uomini che ti
circondano affermeranno il contrario, almeno con la loro condotta. Poco
importa. Gesù l’ha detto: credi! gli uomini passano; la verità del Signore
rimane in eterno. La tua sensibilità potrà forse essere d’accordo col modo di
vedere o di pensare del «mondo», o per lo meno resterà fredda dinanzi agli
insegnamenti di Gesù. Poco importa: qui non si tratta di sentimento, ma di
fede. Gesù l’ha detto: Credi! Unisciti a me e crederai con fede più pura e più
salda. Moltiplica gli atti di fede; non quasi a suggestionare te stesso, ma
per far penetrare le verità divine fin nell’intimo del tuo cuore e per trarne
le dovute conseguenze pratiche.
7. Ama! Ama la verità, perché Gesù l’ha
amata. Amala perché egli l’ha insegnata agli uomini per amore. Ama soprattutto
Gesù, ed impara ad amarlo sempre più. Quanto più l’amerai, tanto più perfettamente,
anche a tua insaputa, imiterai le sue interiori disposizioni. Vieni a me, ed unirò
il mio amore al tuo, ed insieme ameremo Gesù con amore singolarmente forte e
puro.
8. Prega! Prega Gesù che venga in aiuto alla
tua incredulità! Pregalo di infondere in te i suoi pensieri, i suoi affetti e i
suoi voleri! E pregami di rivelarti Gesù e di farti vivere della sua vita.
9. Tra le disposizioni di Cristo, studia di
preferenza quella che più ti manca o quella per la quale provi una speciale
attrattiva, o quella di cui qualche fatto recente, agitando o sconcertando il
tuo animo, ti ha rivelato più urgente il bisogno.
10. Invece che al Vangelo, puoi anche
ricorrere a qualche altro pio libro, ad una formula di preghiera o a un canto
religioso. Ma sforzati di riferire tutto a Gesù, di credere, di amare e di
operare sempre in vista di Gesù.
11. Prepara il tuo colloquio con Gesù prevedendo
ciò che gli vuoi dire e raccogliendoti meglio. Nell’iniziare pregami di
condurti a mio Figlio e mettiti alla sua e alla mia presenza. E nel concludere
non dimenticarti di prendere un proposito pratico, come t’insegnerò in seguito.
12. Nel corso della giornata, cerca di ricordarti
ogni tanto, mentre vai da un luogo all’altro, negli intervalli tra una
occupazione e l’altra, il pensiero che più ti ha colpito nel colloquio con
Gesù, e su quel punto ripeti frequenti atti di fede.
13. Cominci ora a comprendere quello che
poc’anzi ti ho detto circa l’importanza di questa pratica per chiunque vuole
imparare a pensare coi pensieri di Gesù? Se lo comprendi, comprenderai anche
che mai e a nessun costo devi omettere il colloquio giornaliero con lui. Stabilisci
il momento preciso e la durata di esso, e poi, qualunque cosa avvenga, rimani
fedele a ciò che avrai deciso. Abbrevialo se è necessario; non ometterlo mai.
Non ometterlo col pretesto che hai solo il tempo necessario per dire le tue
orazioni del mattino o della sera. Riduci piuttosto queste alla metà, pur di
dare alcuni momenti al colloquio con Gesù. Non ometterlo per tema di non poter
fare la lettura spirituale; ma fa’ la tua lettura in preparazione al colloquio
con Gesù, riservando però sempre alcuni minuti al contatto diretto con lui. Non
ometterlo a motivo della molteplicità delle tue occupazioni. Quanto più sei
occupato, tanto più hai bisogno di possedere te stesso: ora non vi è mezzo migliore
di possedersi che di possedersi in Dio. Gli uomini che hanno svolto
un’attività più feconda sono appunto quelli che hanno saputo vivere più
intimamente uniti con Gesù. Non ometterlo perché sei stato tiepido o infedele
o perché ti senti sprovvisto di pensieri o di affetti; chi ti purificherà, chi
ti guarirà se non Gesù? Accostati sempre fiducioso a lui in mia compagnia.
14. Hai ben capito, figlio caro, le mie
parole? O ti applicherai con risolutezza e perseveranza alla pratica che ora ti
ho insegnato, ed allora mi sarà facile trasformarti in Gesù; oppure non avrai
il coraggio di intraprenderla, ed allora resterai nella tua mediocrità e non
potrò servirmi di te per il compito cui ti destinavo. Decidi.
Invito al colloquio: O Madre mia, ti prometto di
non omettere mai, per qualsiasi pretesto, il mio colloquio quotidiano con Gesù
e con te. Sotto la tua guida voglio applicarmi a conoscere sempre meglio il tuo
divin Figlio Gesù.
Maria:Figlio mio, per vivere della
vita di Gesù devi anzitutto imparare a pensare coi pensieri di lui. Se il mondo
la pensa in un modo, Gesù la pensa in maniera del tutto diversa: e il tuo pensiero
è spesso più simile a quello del mondo che a quello di Gesù.
2. Il pensiero di Gesù è contenuto nel
Vangelo e anche nei libri scritti da uomini ripieni dello Spirito del Vangelo.
Evidentemente, anzitutto lo devi studiare. Riserva ogni giorno alcuni momenti
da dedicare alla lettura spirituale. Non ti sarà difficile trovare per questo
ogni giorno un quarto d’ora o perlomeno cinque minuti; quando vuoi sai trovare
il tempo per tante altre cose assai meno necessarie! Ma per breve che sia, non
omettere mai la lettura spirituale quotidiana. Stabilisci con precisione il
momento che ad essa vuoi consacrare, o al principio, o a metà, o alla fine
della giornata; e sii puntuale nel cominciarla al momento stabilito.
3. Prima della lettura pregami di farti comprendere ciò che Gesù ti vuole insegnare, e mentre leggi dimmi le riflessioni che ti vengono alla mente. Leggendo, pensa che è Gesù stesso a parlarti. Leggi rispettosamente, per onorare la parola di Gesù. Leggi posatamente, senza fretta, non per soddisfare la tua curiosità, ma per comprendere lo spirito di Gesù ed imparare a vivere della sua vita. Applica ciò che leggi alla tua vita. Esamina ciò che hai da riformare nei tuoi pensieri e nella tua condotta e termina con un proposito che affiderai a me.
Maria:Mio caro figlio, che
partorii partorendo Gesù, nel quale vedo Gesù e che amo con l’amore stesso che
porto a Gesù, hai imparato da mio Figlio primogenito ad essere per me ciò che
fu egli stesso; ora voglio essere per te ciò che già sono stata per lui.
2. Come lui, ti sei dato tutto a me. E io
per te, per Gesù presente in te e negli altri, ti ho chiamato ad essere mio
figlio prediletto. Non puoi certo comprendere ancora tutto ciò che ti dico; lo
comprenderai però a poco a poco.
3. Innanzitutto voglio occuparmi della tua
educazione, come ho fatto per Gesù. Tu sei il mio «bambino», perché sei
tutt’uno con lui; allevando te, continuerò ad allevare lui.
4. Allevarti vuol dire insegnarti a vivere
pienamente
della vita di Gesù, a pensare, ad amare, a volere come lui, a parlare e ad
agire come lui, in una parola: a modellarti su di lui. In altri termini,
intendo operare in te una trasformazione analoga a quella che il sacerdote
opera nell’Ostia: per i sensi l’Ostia consacrata è sempre pane, ma per la fede
è Gesù. Tu pure all’esterno resterai te stesso; ma nell’interno, sarai lui.
5. Pensi che sia un ideale troppo alto per te? Non ti
sgomentare: conosco troppo bene il modello che devi riprodurre e l’arte di
foggiare le anime a sua somiglianza. Tutti i santi sono diventati tali per me.
Ciò che ho fatto per gli altri, perché non potrei farlo anche per te? Unica tua
preoccupazione dev’essere quella di, lasciar fare a me e di essermi docile in
tutto.
6. Ora ti indicherò alcune pratiche speciali
che ti aiuteranno in questo lavorìo di trasformazione. Ponile in atto gradualmente.
Non passare alla seguente se non dopo aver acquisito l’abitudine della
precedente. Ma una volta che ne avrai adottata una, non abbandonarla mai più.
Invito al colloquio: O Madre mia, diventare un santo! io, povero peccatore, così colpevole in passato, così vile al presente, così incostante forse anche in avvenire!… Ma mi abbandono a te. Tutti i miracoli ti sono possibili, anche quello di fare di me un santo! Ottienimi la grazia di non resistere mai ai tuoi desideri!
Gesù:Fratello mio, hai cominciato
a comprendere ciò che ho fatto per mia Madre e ciò che tu stesso devi fare per
lei sul mio esempio. Ma non hai ancora compreso tutto ciò che ella ha fatto per
me e vuole fare per te. Ella mi ha allevato, come ogni vera Madre alleva il
proprio figlio e si è associata alla mia missione redentrice. Ora vuole
allevare anche te ed associarti alla sua missione di corredentrice. Ma è giunto
il momento di lasciare a lei la parola perché ella stessa ti manifesti i suoi
piani. Ascoltala con docilità ed obbediscile con amore, come io le fui
sottomesso con amore infinito.
Invito al colloquio: O Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, mio Creatore e mio Fratello, che cosa ti potrò rendere per tutto quello che mi hai dato? Sai che non ho cosa alcuna che mi appartenga salvo il mio nulla ed il mio peccato. Tuttavia, con la tua grazia, posso darti ciò che da me ti aspetti: voglio essere per Maria ciò che per lei sei stato tu stesso; voglio permetterti di continuare ad amarla per mezzo mio. E tu, o Maria, Madre di Dio e Madre mia! Tu mi hai scelto per tuo figlio prediletto; col tuo aiuto sarò per te un altro Gesù. E poiché tu stessa vuoi istruirmi e guidarmi, parla, o Madre, ché il tuo figlio ti ascolta. Comanda tutto ciò che vuoi, ed ottienimi la grazia di eseguire ciò che mi comanderai.
Gesù: Fratello mio, devo ora
rivelarti un altro tratto essenziale della mia pietà filiale verso mia Madre:
la mia vita d’unione con lei. Se per qualsiasi figlio non v’è cosa più dolce
dell’intimità con sua madre, quali non furono le gioie della mia intimità con
Maria? Gioie di quei nove mesi di unione ineffabile, quand’ero tutt’uno con
lei, ed ella, tabernacolo vivente, mi portava sempre con sé; infatti, a differenza
degli altri fanciulli, io conobbi mia Madre fin dal primo istante della mia
esistenza terrena, e fin da allora tra lei e me vi fu uno scambio continuo di
pensieri e di amore. Gioie di quei trent’anni di intimità senza pari, a
Betlemme, in Egitto e a Nazaret, quando mi portava tra le sue braccia, mi
vedeva al suo fianco, conversava con me con la parola e con lo sguardo. Trenta
lunghi anni che passai esclusivamente con lei sola e con Giuseppe. Gioie non
meno profonde degli ultimi tre anni della mia vita, quando in mezzo alla incomprensione
delle turbe, alla mediocrità degli amici, al furore dei nemici, il mio
pensiero andava a colei che nella sua casetta di Nazaret pensava a me, mi
comprendeva, mi amava, ed offriva al Padre continue suppliche ed immolazioni
per la buona riuscita della mia missione.
2. Altre gioie dovevo provare ancora: quelle
cioè che mi avrebbero procurato la generosità dei miei apostoli, la fede e
l’affetto di un gran numero di discepoli, la semplicità e lo zelo di innumerevoli
anime che fino alla fine dei tempi avrebbero creduto nel mio amore e si
sarebbero date a me interamente; ma tutte queste altre gioie messe insieme non
sarebbero bastate a raggiungere neppure la più piccola delle gioie che provavo
nella mia intensa e profonda unione con mia Madre.
3. Ora, caro fratello, io voglio che anche
tu partecipi a questa vita di unione con Maria, per partecipare alla gioia di
cui essa è fonte. Vi troverai, oltre che una immensa consolazione, una grande
facilitazione nel praticare tutte le altre manifestazioni di pietà filiale che
ti ho insegnato. Vicino a Maria, ti applicherai quasi istintivamente a
rinnovare e a manifestare in tutta la vita la tua totale consacrazione a lei;
sentirai crescere ogni giorno il tuo affetto filiale; ti sembrerà cosa facile
conformarti ad ogni suo volere e persino ai suoi più piccoli desideri; ti
applicherai spontaneamente ad imitare le sue virtù e tutte le sue
disposizioni; proverai un’incrollabile fiducia nella sua bontà materna. Vicino
a lei imparerai tante altre cose che non ti ho spiegate, ma che il tuo cuore
scoprirà da sé.
4. Sforzati dunque di entrare, sulle mie
orme, nella più stretta intimità con mia Madre. Unisciti a lei con la
preghiera. Sii fedele al rinnovamento quotidiano della tua consacrazione a
Maria, alla recita quotidiana del santo rosario, o almeno di una parte di
esso, e alle preghiere che hai stabilito di offrirle ogni giorno. E più volte
nel corso della giornata alza il tuo sguardo verso colei che non ti perde di
vista un solo istante.
5. Ma nel pregarla pensa che ricorri a lei
in mio nome e che col tuo cuore e con la tua bocca sono io stesso che continuo
ad onorare e ad amare mia Madre. Anche quando vuoi parlare col Padre o con lo
Spirito o con me, comincia con l’unirti a lei. In sua compagnia il tuo
raccoglimento sarà più profondo, la tua fede più certa, la tua fiducia più
salda, il tuo amore più ardente. Perché alle disposizioni del tuo povero cuore
si aggiungeranno quelle perfettissime di tua Madre.
7. Ricorri a Maria in particolar modo quando
mi ricevi nel sacramento dell’amore. Pregala allora di farti partecipe della
sua fede, della sua speranza, del suo abbandono, della sua carità; pregala di
darmi a te e di trasformarti in me.
8. Unisciti a lei nell’azione. Io lavoravo
per mia Madre e con mia Madre. Fa’ tu pure lo stesso. Offrile ciascuna delle
tue occupazioni. Ma non accontentarti di una semplice formula; cerca di fare
effettivamente soltanto quello che ella vuole, perché lo vuole e come lo vuole.
Bada che i tuoi capricci, le tue tendenze o i tuoi interessi personali non
prendano mai il sopravvento su quella intenzione iniziale. Soprattutto nelle
occupazioni che potrebbero assorbirti o turbarti, abbi cura di rinunciare ad
ogni ricerca di te stesso per agire solo secondo i disegni di Maria. Impara a
poco a poco a rinnovare la tua offerta, anche con un semplice sguardo, in
mezzo alle tue occupazioni.
9. Unisciti a lei nei vari moti del tuo
spirito. Il cuore di mia Madre ed il mio palpitavano sempre in perfetta
sintonia: gioie, tristezze, speranze, timori, affetti, tutto era comune tra me
e lei. Confida a tua Madre tutto ciò che ti turba o ti commuove. Ella comprende
ciò che si agita in fondo al tuo cuore, più di quanto non possa comprenderlo tu
stesso. Sei triste? Raccontale i tuoi dispiaceri ed ella ti aiuterà a
sopportarli se non li cambierà addirittura in motivi di gioia. Sei felice?
Esprimile la tua gioia ed ella l’intensificherà. Ti senti scoraggiato?
Confidale i tuoi timori e le tue delusioni ed ella volgerà tutto a tuo vantaggio.
Ti è riuscita bene un’impresa? Va a ringraziarla e pregala di renderne
duraturi i frutti. Non sai che partito prendere e rimani perplesso? Consultala
ed ella ti illuminerà e ti guiderà. Ti trovi senza forza e senza volontà? Va a
rinnovare presso di lei le tue energie.
10. Confidale non solo i tuoi sentimenti più
profondi, ma anche le semplici impressioni e riflessioni che ti suggeriscono
le vicende della vita quotidiana. Non si comporta forse così il bambino con
sua madre? e non credi che io agissi allo stesso modo, quando ero accanto alla
mia?
11. Nelle tue assidue relazioni con Maria,
non occorrono molte parole. Quante volte per comunicare alla madre i
sentimenti e i bisogni che provano, i bambini si limitano a guardarla gridando:
«Mamma!». E questa comprende perfettamente ciò che essi vogliono. Meglio di
qualunque altra madre la mia sapeva che cosa volessi dirle quando la chiamavo
così e la guardavo. E il suo sguardo rispondeva al mio. Che gioia infinita era
questa per lei e per me! Per esporre a Maria le tue necessità e i tuoi
sentimenti, dille semplicemente: «Madre!» e guardala un momento, mettendo in
quel nome e in quello sguardo tutto ciò che, secondo il caso, vuoi esprimerle:
una protesta d’amore, l’offerta del tuo lavoro, un grido d’angoscia, un ringraziamento,
l’espressione della tua gioia o della tua tristezza. E tua Madre comprenderà e
risponderà come meglio non si potrebbe alla chiamata di un suo figlio. Ti ho
rivelato soltanto una minima parte delle celestiali gioie che un figlio di
Maria trova nella unione con sua Madre. Ella stessa ti introdurrà in quel
paradiso e te ne mostrerà a misura della tua fedeltà le ineffabili meraviglie.
Invito al colloquio: O Gesù, restare come te, vicino a mia Madre, vivere assiduamente sotto i suoi occhi, guardarla di continuo per essere da lei consolato, incoraggiato e guidato, non è forse il paradiso in terra? Dammi la grazia di vivere sempre in questo paradiso!
Gesù: Fratello mio, come ogni
figlio confida in sua madre, così anch’io ho confidato nella mia. Ho confidato
in lei per le mie necessità materiali. Io che nutro gli uccelli dell’aria e
rivesto splendidamente i gigli dei campi, volli aver bisogno degli stessi
aiuti materiali di cui necessitano tutti gli altri figli degli uomini. Per ogni
cosa confidai in mia Madre. Ella mi nutrì, mi vestì e si prese cura di me. La
mia vita fu minacciata. Non me ne sgomentai: mia Madre mi portò in terra
straniera, mentre dormivo tranquillamente tra le sue braccia.
2. Confidai in mia Madre per il compimento
della mia missione. Appena concepito, volendo santificare il mio precursore,
manifestarmi, agli Ebrei e ai Gentili, al vecchio Simeone e alla profetessa
Anna, affidai ogni cosa a lei. Nuovo Adamo, venuto a riparare la colpa del
primo, volli che mia Madre si associasse a me, quale nuova Eva, in una perfetta
uniformità di voleri, di preghiere e di sacrifici. Ella capì perfettamente
ogni cosa e vi consentì generosamente.
3. Confidai in lei nelle angosce cagionatemi
dalla mia missione. L’anima mia fu triste oltre ogni dire. Triste alla vista
del culto tutto materiale, spesso ipocrita, che si rendeva a mio Padre: triste
per la incomprensione della gente, per l’opposizione e la mala fede dei miei
nemici, per i sentimenti grossolani e l’incostanza dei miei amici; triste
soprattutto per la perdita di innumerevoli anime, tutte a me infinitamente
care, per le quali stavo per versare inutilmente il mio sangue. Ero triste,
triste fino alla morte, a tal punto che pregai mio Padre di allontanare da me
l’amaro calice. Eppure mi rimaneva un’immensa consolazione: mia Madre. Ella mi
comprendeva; ella sapeva adorare in spirito e verità; ella prendeva par te
alle mie angosce; ella mi amava tanto più quanto più accanitamente ero odiato
dai Farisei, quanto più amaramente rimanevo deluso per la condotta dei miei
discepoli; «Ella vegliava e pregava con me», per tutto il tempo della mia vita
nascosta e per tutto quello della mia missione pubblica; ella «stette» ai piedi
della croce, credendo con fede incrollabile, mentre vacillava la fede di tutti
gli altri; in lei la mia opera redentrice produsse tutto il suo frutto; in lei
ottenni il mio più splendido trionfo.
4. Come me, confida anche tu in mia Madre.
Confida: ella è onnipotente. Non l’ho forse fatta dispensatrice di tutte le
grazie? Non può ella dare tutto ciò che vuole, a chi vuole, quando vuole?
Confida: la sua bontà è immensa. Avendola fatta onnipotente, potevo non farla
tutta misericordiosa? Confida: io sono suo Figlio; che cosa potrei negare a mia Madre? Confida:
tu pure le sei figlio; può mai una madre negare al figlio ciò che gli può dare?
Confida: ti sei donato tutto a lei; potrebbe ella essere meno generosa di te?
Confida: dando a te, ella dà a me, poiché sa bene che io vivo in te e che
qualunque cosa fatta al più piccolo dei miei fratelli è fatta a me. Quando la invochi le procuri
la gioia di continuare a prendersi cura di me, a nutrirmi, a portarmi, a
sottrarmi dai pericoli, a compiere la mia educazione. Confida: ella desidera
concederti grazie più di quanto tu non desideri riceverne, perché ti ama; ama
me in te, più di quanto tu non possa amare te stesso. Confida: esitando le
recheresti dispiacere, poiché esitare sarebbe come mettere in dubbio il suo
amore per te e per me.
5. Che cosa ti impedisce di avere piena ed
assoluta fiducia in lei? Forse credi di non meritare i favori di tua Madre
per il tuo poco zelo nel servirla? E’ veramente molto poco il tuo zelo, ma non
tanto da raffreddare l’amore di tua Madre. Devi confidare non perché sei buono tu,
ma perché è buona lei. Forse che ella cessa di essere buona quando tu sei
cattivo?
6. Ma non sai se la tua preghiera sia
conforme ai disegni di Dio su di te, e per questo resti titubante… Ascolta,
voglio insegnarti un modo di pregare che sia sempre conforme a quei disegni, e
che potrai sempre adottare con assoluta fiducia. Anzitutto, intendi bene queste
verità:
a) Riguardo ad ognuna delle tue necessità, tua Madre
nutre intenti di amore.
b) I suoi intenti sono sempre
conformi ai disegni di Dio e sempre attuabili.
c) Essi valgono sempre più e sempre
meglio dei tuoi intenti personali, perché Maria conosce meglio di te ciò di cui
hai veramente bisogno ed ha a tuo riguardo aspirazioni più alte di quelle che
puoi avere tu stesso. Quindi ogni qualvolta provi un desiderio, prega tua Madre
di attuare i suoi intenti riguardo ad esso; e sii pur sicuro, fermamente
sicuro, che otterrai o quello che desideri o qualche cosa di meglio, e che ti
verrà fatto non secondo la misura dei tuoi desideri, spesso tanto meschini, ma
secondo la misura del suo immenso amore per te.
Invito al colloquio: O Gesù, che consolante promessa è mai la tua! Dunque, per avere una fede da trasportare le montagne, ed essere esaudito oltre ogni mia attesa, mi basterà in ogni necessità pregare mia Madre di compiere i suoi disegni su di me!
Gesù:Fratello mio, i figli
somigliano alla propria madre. E io ho somigliato tanto alla mia come mai
figlio d’uomo somigliò alla sua. Essendo nato da lei sola, le mie fattezze, il
mio sguardo, il mio portamento, i miei gesti, il mio incedere, tutto il mio
aspetto ricordava la mia verginale Madre; chi mi vedeva mi riconosceva subito
quale figlio di Maria. Ma più ancora che il nostro aspetto esteriore, si
somigliavano le nostre personalità. Mio Padre aveva formato Maria secondo la
mia immagine, affinché poi, come una vera madre, ella mi formasse secondo la
sua. E con una costante applicazione ad osservarmi, a meditare nell’animo suo
tutto ciò che facevo e dicevo, ella riproduceva tutte le mie disposizioni
interiori con una impareggiabile perfezione. Perciò, di qualunque cosa si
ragionasse, avevamo gli stessi pensieri, gli stessi sentimenti, gli stessi
voleri. L’anima sua era passata in me e l’anima mia in lei.
2. Sforzati di somigliare a mia Madre come
le ho somigliato io. Somiglia a lei nell’aspetto esteriore, con la tua
modestia. Fa’ che vedendoti si provi in qualche modo quel rispetto e quel
raccoglimento che provavano coloro che vedevano mia Madre.
3. Somiglia a Maria soprattutto nel tuo mondo
interiore. Ricopia le sue virtù, che sono estremamente semplici. Poiché la vita
di Maria non fu dissimile dalla tua, è per te cosa agevole comprendere o
indovinare come ella agiva, o come avrebbe agito trovandosi nelle tue stesse
condizioni. Come lei studierai le virtù anzitutto in me. Poi guarderai la Madre
tua per sapere come ella le abbia riprodotte in sé. Da me riceverai
l’insegnamento; ma esso ti apparirà più chiaro quando te l’avrà spiegato tua
Madre.
4. Sii puro per essere un degno figlio della
Vergine delle vergini. Sii umile e semplice, dimentico di te, come lo fu la
serva del Signore. Sii raccolto in Dio, e sull’esempio di mia Madre medita in
cuor tuo tutto ciò che ti è rivelato riguardo a me. Sii fermo nella fede,
credendo, nonostante tutte le apparenze contrarie, alla parola del Signore,
come ella credette. Sii sottomesso a tutti i decreti divini rispondendo sempre
a Dio con una sola parola: «Sono il figlio della tua serva; avvenga di me
quello che hai detto». Sii pieno di bontà verso il prossimo, adoperandoti con
zelo al suo servizio, come Maria in casa di Elisabetta, a Cana e soprattutto
sul Calvario. Tra le virtù di mia Madre, sforzati di imitare in modo
particolare quella che più ti manca e che più ti è necessaria.
5.
Imita non solo le sue virtù ma anche le sue disposizioni verso le persone che
le stavano intorno; verso i suoi genitori Gioacchino ed Anna; verso Giovanni
mio discepolo prediletto, che mi sostituì presso di lei; soprattutto verso
Giuseppe suo sposo e mio padre verginale, che ella circondava di indicibile
affetto, venerazione e riconoscenza per tutto quello che egli era e faceva per
me e per lei. Non saresti veramente suo figlio, se non ti sforzassi di amare e
di venerare colui che le era così caro.
6. Imita soprattutto le sue disposizioni
verso di me. Maria è stata creata solo per me; ha respirato, lavorato e
sofferto solo per me. Da lei imparerai a vivere per me solo e a dedicarti
interamente alla mia causa. E ciò imparerai presto e perfettamente. Poiché la
contemplazione delle disposizioni di mia Madre a mio riguardo eserciterà su di
te uno straordinario potere misto di forza e di delicatezza, di intelligenza e
di amore, accompagnato da una grazia speciale. Vicino a lei tu proverai, in
virtù della simpatia che intercorre tra madre e figlio, ciò che ella sentiva
vicino a me. Che meraviglia se accanto a lei imparerai a fare tue le mie
disposizioni!
7. A suo esempio entrerai pure nell’intimità
del Padre mio celeste, del quale ella sapeva di essere, fin dalla sua
immacolata concezione, la figlia privilegiata, e dello Spirito che l’aveva
eletta per sua sposa infinitamente amata.
8. L’imitazione di mia Madre ti ispirerà
anche un’altra disposizione: quella di un amore immenso per il prossimo. Ma di
ciò ti parlerà lei stessa.
Invito al colloquio: O Gesù rendimi simile alla
Madre tua affinché ella mi renda simile a te.
Gesù: Fratello mio, io sono il Dio
dinanzi al quale gli angeli si velano la faccia e che adorano tremanti. Eppure
ho onorato Maria in tutta umiltà perché, quantunque sia Dio, sono suo Figlio.
Avendo promulgato il comandamento: «Onora tuo padre e tua madre» come potevo
non osservarlo io stesso nel modo più perfetto?
2. Ho onorato Maria perché mi è Madre, Madre
incomparabilmente santa, degna rappresentante del Padre mio celeste.
Immaginati se puoi, il rispetto profondo e tenero ad un tempo col quale prima
fanciullo, poi adolescente e quindi uomo adulto, la salutavo e le stavo dinanzi,
l’ascoltavo, le parlavo, ed eseguivo ogni suo desiderio. Quanto la vedevo
gioire interiormente per questi miei segni di rispetto che ella gradiva con
semplicità – perché così voleva il Padre – pur ripetendo fra sé: «Egli ha
guardato l’umiltà della sua serva ed ha innalzato gli umili».
3. Ma per onorarla, non ho voluto soltanto
tributarle questi segni di rispetto, ho fatto immensamente di più. Non è forse
un segno della mia venerazione l’averla esentata dalla legge del peccato
originale, l’averla preservata dalla concupiscenza e circondata di tanti
aiuti spirituali da non permettere che la sua purezza cristallina fosse mai appannata
dal più lieve soffio di male? Non è un effetto del mio infinito rispetto per
lei l’aver salvaguardato la sua integrità fisica nel mio concepimento e nella
mia nascita, e l’averla trasportata in cielo senza permettere che il suo corpo
verginale conoscesse la corruzione del sepolcro? E non fu una manifestazione
della mia volontà di esaltarla sempre di più l’averla riempita fin dalla sua
immacolata concezione di una sovrabbondanza di grazia superiore a quella di
tutte le creature messe insieme, l’averla associata alla mia missione
redentrice ed incoronata quale Regina del cielo e della terra? E poi, come già
ti ho detto, che cosa sono gli omaggi che sia per bocca dei suoi venerandi pastori,
sia attraverso le entusiastiche acclamazioni di popoli, la Chiesa non ha
cessato di moltiplicare in ogni secolo e moltiplicherà più ancora nei secoli
venturi, se non un’attuazione parziale del mio immenso desiderio di onorare mia
Madre?
4. «Ecco – esclamava ella un giorno, mossa
dallo Spirito – ecco, tutte le generazioni mi chiameranno beata». Bisogna che
questa profezia si avveri: che su tutta la terra sia santificato il nome di
mio Padre e glorificato il nome di mia Madre.
5. Per onorare Maria come io l’ho onorata e
come voglio che la si onori, cerca innanzitutto di comprenderla meglio. Non
cessare di contemplare la sua dignità, i suoi privilegi, la sua perfezione, la
sua missione. Poi umiliati nel tuo nulla e nella tua miseria: quanto più ti
farai piccolo, tanto più sarai capace di intendere la grandezza di mia Madre.
Soprattutto fa’ penetrare nel tuo cuore le disposizioni del mio: guarda Maria
coi miei occhi, ammirala col mio spirito, gioisci con me della sua bellezza.
6. Onorala celebrando con gioioso fervore
tutte le feste che la Chiesa ha istituito in suo onore. Onorala con qualche
pratica di pietà che le dedicherai costantemente ogni giorno, con sacrifici che
ti imporrai per contribuire alla sua glorificazione. Onorala facendola
conoscere ed amare intorno a te; unendoti ad altri suoi figli privilegiati per
poterla meglio servire insieme ad essi. Onorala donandoti interamente a lei,
lavorando per lei e sotto la sua guida. In che modo? Ella stessa te lo dirà in
seguito. Onorala soprattutto con la tua vita. Diventa santo e farai più per il
suo cuore che se, cristiano mediocre, componessi dotti trattati intorno ai
suoi privilegi.
7. Onorala a nome mio e a nome tuo. Onorala
per quelli che non la onorano, per i pagani che la ignorano, per gli infelici
che la bestemmiano, per i cattivi cristiani che non la pregano, per le anime
consacrate che si mostrano poco zelanti nel servirla.
8. Onorala con tutte le tue forze, perché,
essendo superiore ad ogni lode, non la loderai mai abbastanza. Onorala senza
tema di esagerare: non la onorerai mai quanto l’ho onorata io e quanto voglio
che sia onorata.
Invito al colloquio: Benedetto sia il nome di Maria, Vergine e Madre, ora e in tutti i secoli!
Gesù: Fratello mio, vuoi come me
dimostrare il tuo amore a mia Madre? Siile obbediente come lo ero io. Bambino,
mi lasciai trattare da lei come le pareva: mi lasciai adagiare nel presepe,
portare tra le sue braccia, allattare, avvolgere in fasce, portare a Gerusalemme,
in Egitto, a Nazareth. Poi, appena ne ebbi la forza, mi affrettai ad eseguire i suoi desideri,
anzi, ad indovinarli e a prevenirli. Dopo aver fatto stupire i maestri della
legge nel tempio, tornai con lei a Nazareth e le fui sottomesso. Rimasi con
lei fino all’età di trent’anni accondiscendendo sempre ai suoi minimi
desideri.
2. Provavo una gioia indicibile
nell’obbedirle; e con l’obbedienza contraccambiavo appunto ciò che ella faceva
per me, e soprattutto ciò che un giorno avrebbe dovuto soffrire.
3. Le obbedivo con perfetta semplicità; quantunque
fossi suo Dio, ricordavo di essere anche suo figlio; ella era pur sempre mia
Madre e rappresentante del Padre celeste. Ed ella da parte sua, con la stessa
perfetta semplicità, mi comandava e dirigeva, ineffabilmente beata nel vedermi
attento ai suoi minimi cenni. Vuoi rinnovare a tua volta questa sua gioia?
Obbediscile come ho fatto io.
4. Mia Madre ha degli ordini da darti: ella
ti comanda anzitutto per mezzo del dovere. Alcuni fanno consistere la devozione
a Maria in immagini e statue, in ceri e fiori; altri in formule di preghiera e
in canti; altri in sentimenti di tenerezza e di entusiasmo; altri ancora in pratiche
e sacrifici supplementari. C’è chi crede di amarla molto perché parla
volentieri di lei o perché si vede, con la fantasia, intento a fare grandi cose
per lei, o perché si sforza di pensare sempre a lei. Tutte queste cose sono
buone ma non sono l’essenziale. «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà
nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei
cieli». Così, non quelli che le dicono «Madre Madre» sono i veri figli di
Maria, ma coloro che fanno sempre la sua volontà. Ora Maria non ha altra
volontà che la mia, e la mia volontà a tuo riguardo è che tu compia bene il tuo
dovere.
5. Sforzati dunque, anzitutto, di fare il
tuo dovere e di farlo per amore di lei: il tuo dovere grande o piccolo, facile
o penoso, piacevole o monotono, appariscente o nascosto. Se vuoi piacere a tua
Madre sii più puntuale nella tua obbedienza, più coscienzioso nel tuo lavoro,
più paziente nei tuoi dispiaceri.
6. E tutto fai col massimo amore possibile e
con volto sorridente. Sorridi nel penoso lavoro quotidiano, nelle occupazioni
più prosaiche, nel monotono succedersi delle tue faccende: sorridi a tua
Madre, che ti chiede di dimostrarle il tuo amore nel compimento gioioso del tuo
dovere.
7. Oltre che a richiamarti ai tuoi doveri di
stato, Maria ti dà altri segni della sua volontà: le ispirazioni della grazia.
Ogni grazia ti viene tramite suo. Quando la grazia ti invita a rinunziare a
quel tal piacere, a disciplinare certe tue tendenze, a riparare certe colpe o
negligenze, a praticare certi atti di virtù, è Maria che soavemente e
amorevolmente ti manifesta i suoi desideri. Forse talora provi un certo
sgomento per quanto richiedono da te quelle ispirazioni. Non temere: sono voci
di tua Madre, di tua Madre che vuole renderti felice. Riconosci le voci di
Maria, credi al suo amore, e rispondi con un «si» a tutto ciò che ella ti
chiede.
8. Vi è però un terzo modo di praticare l’obbedienza
verso Maria, ed è quello di eseguire il compito speciale che ella sta per
affidarti. Sii pronto.
Invito al colloquio: O Gesù, incomincio a capire che tutto il mio programma spirituale deve consistere nel fare ciò che dice di te lo Spirito Santo: «Ed egli era loro sottomesso».
Gesù: Fratello mio, ami veramente
colei che ti ama tanto e che io stesso amo a dismisura? Tu credi di amarla
perché ti piace conversare con lei, e canti con esultanza le sue lodi. Ma sulla
terra, amare non è tanto godere ed esultare quanto lavorare e soffrire.
2. Se ami Maria, vorrai lavorare per lei. Sarai felice di consacrarle la
tua attività, il tuo tempo, le tue fatiche. Nessun lavoro ti riuscirà troppo
penoso se sarà in gioco la sua gloria; nessuna impresa ti sembrerà
impossibile se sarà finalizzata a promuovere i suoi interessi. Quando dovessi
trovare superiore alle tue forze un qualche cosa che tornerebbe a gloria di
Maria, confessa pure che hai cessato di amare. Ora mia Madre ti riserva una
impresa nobilissima e talvolta assai difficile.
3. Se ami Maria vorrai soffrire per lei. Chi
non ama più Maria quando gli si chiede di soffrire per lei, vuol dire che non
l’ha mai amata: ha amato solo se stesso nelle consolazioni che ha ricevuto da
lei. Non rifiutarti mai di soffrire se non vuoi rifiutarti di amare. Non ti
accontentare di accettare i patimenti; amali. Non sei desideroso di poter
dimostrare il tuo amore? Di poter amare sempre di più?
4. Per imparare ad amare sempre di più prendi
i quattro mezzi che ora ti indicherò:
a) Cerca di compiere con più amore
possibile quell’infinità di piccoli sforzi e sacrifici che incontri nella vita
quotidiana. Se arriverai a non dir mai di «no» a tua Madre nelle piccole cose,
non le dirai di «no» neppure nelle grandi.
b) Non cessare mai di studiare tua
Madre. Impara dai libri tutto ciò che puoi sulle sue grandezze, sulla sua
missione, sulla sua vita e sulla vita di coloro che l’hanno amata e servita, e
poi rifletti su ciò che avrai imparato. Non avrai mai finito di studiarla
perché non si finisce mai di comprendere ciò che io ho fatto per lei, e ciò che
ella ha fatto per me e per te.
c) Vivi in una costante unione con lei. Non potrai
vivere nella sua intimità senza trovarla ogni giorno più amabile e senza amarla
ogni giorno di più. Ti spiegherò più tardi come potrai, a mio esempio,
rimanere sempre unito a lei.
d) Finalmente, chiedimi la grazia di amarla e di
crescere sempre nel suo amore. L’amore per mia Madre è una grazia speciale. Ora
la grazia si ottiene con la preghiera: chiedi e riceverai. Chiedi senza
esitare, poiché si tratta di una grazia che è conforme ai miei disegni. Esitare
significherebbe fare ingiuria a me e a mia Madre, in quanto potrebbe lasciare
adito al sospetto che io possa non volere che ella sia amata. Il tuo stesso
desiderio di amarla non ti è stato forse ispirato da me? E te l’avrei ispirato
se non volessi esaudirlo? Chiedi questa grazia ogni giorno. Chiedila
soprattutto quando vengo a te nella comunione eucaristica. Vengo allora a te
come figlio di Maria, con l’umanità che ho ricevuto da lei, e per mezzo della
quale ti rendo partecipe della mia divinità. «Colui che mi mangia vivrà di me».
Amare mia Madre di quell’amore con il quale io la amo non è appunto vivere di
me? Nella comunione soprattutto faccio passare dal mio cuore nel tuo l’amore
per mia Madre; allora soprattutto chi vive non sei tu ma vivo io in te; chi ama
Maria non sei tu, ma l’amo io in te. Fino ad oggi non mi hai chiesto con la
dovuta insistenza questa grazia. Chiedi e riceverai, e la tua gioia sarà
perfetta.
Invito al colloquio: OGesù, per l’amore col quale ami tua Madre, concedimi, ti prego, di amarla veramente come tu stesso la ami e vuoi che ella sia amata.
Vera Grita, insegnante e cooperatrice salesiana, nata a Roma il 28.1.1923 e morta a Pietra Ligure il 22 dicembre 1969 è la messaggera per l’Opera dei Tabernacoli Viventi. Sotto la guida del Divino Maestro, Vera divenne uno strumento docile nelle sue mani per ricevere e scrivere il messaggio d’Amore e di Misericordia per l’umanità intera. Gesù, Buon Pastore, va alla ricerca delle anime che si sono allontanate da Lui per donare loro perdono e salvezza attraverso i suoi nuovi Tabernacoli Viventi.
Secondogenita di quattro sorelle, Vera visse e studiò a Savona dove conseguì l’abilitazione magistrale. Nel 1944, durante una improvvisa incursione aerea sulla città, Vera venne travolta e calpestata dalla folla in fuga, riportando conseguenze gravi per il suo fisico che da allora rimase segnato per sempre dalla sofferenza.
Cooperatrice salesiana dal 1967, nel settembre dello stesso anno, grazie al dono delle locuzioni interiori, iniziò a scrivere quanto la “Voce”, Voce dello Spirito Santo le dettava sottoponendo tutti i messaggi al direttore spirituale, il salesiano padre Gabriello Zucconi.
L’insieme dei messaggi, raccolti in un libro, vennero pubblicati in Italia nel 1989 dalle sorelle Pina e Liliana Grita. Vera legò la sua vita all’Opera dei Tabernacoli viventi con il voto di piccola vittima per il trionfo del Regno Eucaristico nelle anime e con il voto di obbedienza al padre spirituale anch’egli anima vittima per l’Opera d’Amore e di Misericordia del Signore.
Morì il 22 dicembre 1969 a Savona in una cameretta dell’ospedale dove aveva trascorso gli ultimi 6 mesi della sua vita in un crescendo di sofferenze accettate e vissute in unione a Gesù Crocifisso.
Attraverso Vera, Gesù cerca anime piccole, semplici disposte a mettere al centro della propria vita Gesù Eucaristia per lasciarsi da Lui trasformare in Tabernacoli viventi, anime cioè eucaristiche capaci di profonda vita di comunione e di donazione ai fratelli.
“Gesù Eucaristico a te, piccola sposa a Me promessa. Seguimi! Ed io ora cerco, cercherò “spose povere” come te. Dillo che cerco queste spose che da te, nel tempo, prendano fede e fiducia. Tu sarai il primo esempio che svelerò agli uomini. Sarà grazia maggiore allorchè per il mondo non sarai che una figura solamente rappresentativa sulla quale altre anime potranno specchiarsi e venire a Me fiduciose”.
Dall’11 Febbraio 2001 presso l’Ispettoria Salesiana di Milano ha iniziato la sua attività il Centro Studi “Opera dei Tabernacoli Viventi” dedicato a Vera Grita e a don Gabriello Zucconi. Il Centro Studi ha il compito di studiare e diffondere il messaggio dell’Opera che per volontà del Signore è stata affidata ai Salesiani perché se ne facciano promotori nella Congregazione e nella Chiesa.
Gesù: Fratello mio, mi sono fatto
figlio di Maria per amore. Tutto, nelle mie relazioni con mia Madre, si spiega
con l’amore. Vuoi comprendere la mia pietà filiale verso di lei? Comprendi
anzitutto il mio amore per lei. Quanto desidero infondere nel tuo cuore un po’
di quell’amore per mia Madre che arde nel mio! Sforzati di diventare semplice,
umile, generoso, perché io possa versare in te l’abbondanza del mio amore
filiale.
2. Ricorda, nel raccoglimento e nella preghiera, ciò che ti ho accennato
del mio amore per Maria: come l’ho scelta da tutta l’eternità e come l’ho colmata
di privilegi; come sono vissuto nella sua intimità e l’ho associata alla mia
missione; come l’amo e l’amerò in eterno per mezzo dei santi e per mezzo
della Chiesa terrena e celeste.
3. Poi, penetrando più intimamente nel mio
cuore medita i motivi che mi hanno indotto ad amarla tanto. L’ho amata e l’amo
perché è mia Madre; una Madre di meravigliosa bellezza e perfezione; una Madre
che mi dà più gioia con una sua sola parola e con un solo suo sguardo, di
quanta non hanno potuto darmi i santi con i loro atti più eroici; una Madre che
mi ama di un amore superiore a quello di cui mi amano gli angeli e i santi;
una Madre che visse per me solo ed accettò volentieri, per causa mia, il
martirio più atroce che creatura abbia mai patito.
4. L’ho amata, perché mi ha aiutato a compiere
la missione affidatami dal Padre. Mi ha dato infatti la natura umana affinché
potessi predicare la buona novella agli uomini e morire per essi. Si è unita a
me con la sua volontà, con le sue ardenti preghiere, con le sue immolazioni,
con la sua presenza ai piedi della croce. Sino alla fine dei tempi si adopererà
a convertire i peccatori, a santificare i giusti, a conquistare innumerevoli
anime. Ella stessa inoltre rappresenta il maggior successo della mia missione
redentrice, in quanto, riscattandola in modo tanto perfetto, ho fatto più che
riscattando tutto il resto del mondo.
5. L’ho amata e l’amo perché grazie a lei ho
potuto offrire al Padre un’adorazione e una gloria di valore infinito, che non
avrei potuto rendergli senza l’umanità di cui ella mi aveva rivestito; perché
si è unita a me nell’adorare e nel pregare il Padre, superando in ciò tutti i
santi e gli angeli insieme; e perché per mezzo suo si comprenderà meglio mio
Padre e si nutriranno sentimenti più filiali verso di lui.
6. Non cessare di meditare l’immensità del
mio amore verso Maria; non ne raggiungerai mai i confini, nemmeno
nell’eternità. Meditando questo amore, mettiti al mio posto, diventa Gesù, il
figlio primogenito di Maria, Gesù la cui vita è vita tua, e cerca di sentire
in te tutto ciò che ho sentito io stesso.
7. Poi considera l’amore speciale che Maria
ti porta. Ella ti ama perché io stesso ti ho amato fino a morire per te, e gli
affetti miei sono i suoi affetti. Ti ama perché l’ho fatta tua Madre ed ogni
madre è amore. Ti ama perché ogni madre ama di preferenza quel figlio che più
le è costato, e tu le sei costato indicibili patimenti. Ti ama perché per
partorire te alla vita, ha dovuto offrire me alla morte. Ti ama perché sei una cosa
sola con me, ed amandoti ella ama me stesso.
Invito al colloquio: O Gesù, amavo già Maria quando intuivo solo confusamente ciò che ella è per me. Ora che capisco quanto veramente mi sia madre, quanto tu l’ami e quanto ella mi ami, come potrei non amarla anch’io con tutte le mie forze?
Gesù: Fratello mio, ti ho indicato
l’ideale da raggiungere; ora voglio mostrarti ciò che esso richiede da te. Mi
hai seguito fin qui con gioia. D’ora in poi seguimi, sia pure con gioia, ma
soprattutto con amore e generosità. Non si tratta più solamente di contemplare
con stupore e ammirazione il tuo modello; si tratta di ricopiarne i lineamenti.
Te li indicherò ad uno ad uno. Ma li potrai fare perfettamente tuoi soltanto se
saprai rinunciare a te stesso e se saprai amare.
I.
COME ME: DONATI A MIA MADRE:
SENZA RISERVE
Gesù:Fratello mio, divenendo
figlio di Maria, mi sono donato interamente a lei. Creatore e Signore assoluto
di tutte le cose ho voluto, per amore, appartenere a Maria e da lei dipendere;
ho voluto appartenerle coi legami più intimi, quelli che provengono dalla
natura stessa e che nessuna cosa al mondo può sciogliere. Da tutta l’eternità
ho scelto questa appartenenza e dipendenza filiale, e fin dal primo istante
della mia incarnazione nel seno di Maria ratificai con la mia volontà umana
questo decreto del mio eterno amore, e provai in esso un ineffabile
compiacimento. Figlio di una Vergine, appartenevo a mia Madre come nessun
fanciullo appartiene alla propria; e come nessun fanciullo può fare, volli
perpetuare questo mio stato di totale dipendenza. Non abbandonai mia Madre come
fanno i figli
quando vogliono fondare una nuova famiglia, ma le restai accanto fino al
momento stabilito per il compimento della mia missione pubblica; e poiché mia
Madre non ebbe mai altra volontà se non quella di mio Padre, anche allora, e
perfino nel supremo sacrificio, la mia volontà fu sempre in perfetta sintonia
con la sua. Non solo. Nel cielo stesso mi ricordo e mi ricorderò sempre che
sono suo figlio; e benché vi eserciti la mia signoria assoluta, accondiscenderò
eternamente, con perfetto amore filiale, ai suoi materni desideri.
2. A mio esempio, donati a mia Madre interamente,
senza riserve e per sempre in qualità di figlio suo amatissimo. Consacrale il
tuo corpo con ogni sua attività, il tuo spirito con ogni sua facoltà.
Consacrale tutti i tuoi beni, materiali e spirituali, naturali e
soprannaturali. Consacrale tutto ciò che sei e che sarai, tutto ciò che hai e
che avrai, tutto ciò che fai e che farai. Così che né in te né intorno a te
non vi sia più nulla che non le appartenga.
3. Non ti accontentare di darti a Maria per
essere un suo «bene immobile»; ella vuole servirsi di te non come di un
oggetto inerte ma come di un figlio premuroso nel prestare assistenza a sua
madre. Poiché – come te lo rivelerà lei stessa più tardi – ho affidato a lei
una grande missione nel mondo, ella vuole aver bisogno di te.
4. Donati a lei incondizionatamente. Non per
interesse, non per ricevere di più di quello che darai, non per la consolazione
che proverai nel dono di te stesso, ma per puro amore filiale, come mi sono
dato io. Proverai consolazione, certo, ma incontrerai anche tribolazioni: non
pensare né alle une né alle altre, ché a tutto provvederà tua Madre. Tu pensa
solo a donarti tutto intero e per amore.
5. Donati a lei per sempre. Sono molti quelli che in un
momento di fervore hanno dichiarato di donare ogni cosa a mia ma sono quasi altrettanti
coloro che dopo aver dato tutto complessivamente, si sono poi ripresi tutto un
po’ alla volta. Nell’ora della prova, quando la loro totale donazione richiedeva
sacrifici, hanno detto: «E’ duro questo linguaggio; chi lo può intendere?». E
non hanno più voluto andare oltre nelle via della loro intera consacrazione.
Farai tu come costoro? Occorre a volte essere eroici per vivere la totale
appartenenza a Maria, perché occorre salire con lei fino in cima al Calvario.
Ti senti capace di un tale eroismo?
6. Prendi l’abitudine di rinnovare spesso la
tua consacrazione alla Madre celeste. Rinnovala svegliandoti, per affidare a
lei l’intera giornata. Rinnovala ricevendomi nella Santa Comunione: in quel
momento, essendo una cosa sola con me, donati di nuovo a mia Madre come suo
amato figlio. Rinnovala alle ore tre pomeridiane, in ricordo di quell’ora
solenne in cui, sacrificandomi, Maria ti diede la vita e si sentì dire da me:
«Donna, ecco tuo figlio». Rinnovala all’inizio delle tue principali azioni,
per ricordarti che non devi agire per te stesso, ma unicamente per lei.
Rinnovala specialmente nelle prove che incontri. Rivolgiti allora a Maria
dicendo: «O Madre, quando nell’entusiasmo del mio amore filiale mi diedi tutto
a te non prevedevo questo sacrificio. Ma poiché la mia intenzione era sincera,
non intendo ora venir meno alla mia donazione. Voglio tutto ciò che tu vuoi
perché lo vuoi, per quanto mi debba costare!».
7. Se vuoi diventare così generoso da vivere
sempre ed interamente secondo la tua donazione, non ti fermare a guardare il
sacrificio. Guarda me e guarda tua Madre. L’amore ti sarà di stimolo e la
grazia di sostegno. E se sentirai vacillare il tuo coraggio, prega: può una
madre come Maria non venire in aiuto di un figlio che la invoca per restarle
fedele? E posso io, tuo fratello primogenito, negarti la forza di camminare
verso l’ideale al quale ti ho chiamato.
Invito al colloquio: Sono tutto tuo, o Madre mia,
e tutto ciò che ho ti appartiene.
Gesù: Fratello mio, poiché la mia
vita è vita tua e la Madre mia Madre tua, ti è facile imitare la mia pietà filiale verso di lei. Non devi imitarmi solamente
come un discepolo imita il maestro, o come un cristiano in terra imita il suo
celeste patrono. Io sono per te più che un modello posto davanti agli occhi;
sono un principio interno di vita.
2. Tu vivi di me. Le mie disposizioni devono diventare le tue. Io sono il ceppo della vite,
di cui tu sei un tralcio;
la medesima linfa circola nel ceppo e nei tralci. Io sono il capo e tu un membro del mio corpo
mistico; nel capo come nelle membra scorre il medesimo sangue. Quando sei puro,
io sono puro in te; quando sei paziente, io sono paziente in te; quando pratichi
la carità, sono io che la pratico in te; tu vivi, ma in realtà sono io che
vivo in te; tu ami mia Madre, ma sono io ad amarla in te. Comprendi ora perché
godi tanto nell’amare Maria? Sono io che in te gioisco nell’amarla.
3. Tu partecipi alla mia vita; manca però ancora
molto perché la mia vita in te sia perfetta. Se lo fosse, penseresti,
sentiresti, vorresti e agiresti in ogni cosa come me. Sono ancora troppi gli
ostacoli che tu frapponi al libero esercizio della mia attività in te. Troppo
spesso tu mi condizioni come la cella condiziona un carcerato. Ti è necessario
rimuovere questi ostacoli. Bisogna che con sforzi generosi arrivi a pensare i
miei pensieri, a volere i miei voleri; bisogna che completi ciò che manca alla
mia vita in te. Tu partecipi alla mia pietà filiale verso mia Madre; ma questa
mia pietà filiale verso di lei è ben lontana dall’essere perfetta in te. Ti è
necessario rimuovere gli ostacoli, per giungere, non senza sforzi generosi, ad
assumere verso la Madre mia i miei stessi pensieri, i miei sentimenti, i miei
voleri, la mia attività. Bisogna che tu completi quello che in te manca alla
mia pietà filiale verso mia Madre.
4. Cominci ad intuire, almeno in parte, ciò
che cerco di rivelarti riguardo alla tua devozione verso Maria? Si tratta per
te di amare mia Madre perché io stesso la amo; si tratta di amarla come io
stesso la amo; si tratta di amarla con lo stesso amore con il quale io la amo.
Invito al colloquio: O Jesu dulcis, o Jesu pie, O Jesu fili Mariae!
Gesù: Fratello mio, non puoi
veramente imitare la mia pietà filiale verso Maria se non sei, come me, suo
figlio. Ma sai veramente fino a qual punto sei figlio di Maria? Molti cristiani
credono di saperlo, e infatti chiamano Maria loro madre. Eppure la maggior
parte di essi hanno della sua maternità un’idea assai imperfetta: amano Maria
«come se» ella fosse loro madre. Ora, che cosa ti risponderebbe colei che ti
ha partorito, se le dicessi: «Ti amo come se fossi mia madre»? Non sono pochi
coloro che ritengono Maria loro madre unicamente per effetto di quella parola
che pronunziai prima di spirare, quando, vedendo mia Madre ai piedi della
croce, e accanto a lei il discepolo prediletto, le dissi: «Donna ecco tuo
figlio», e a Giovanni: «Ecco tua madre». Senza dubbio la mia parola avrebbe
potuto affidare a Maria una missione materna e creare in lei disposizioni
simili a quelle di una madre; ma se la sua maternità fosse il frutto di quella parola soltanto, si
tratterebbe di una maternità puramente adottiva. Ora invece devi comprendere
che Maria è tua «vera» Madre nell’ordine soprannaturale come ti è madre nell’ordine
della natura colei che ti ha messo al mondo.
2. Madre è la donna che dà la vita. Ora Maria ti ha dato la vita per
eccellenza. Te l’ha data a Nazareth, sul Calvario e al tuo Battesimo. A
«Nazareth» ti ha concepito concependo me. Maria infatti sapeva che rispondendo
a Gabriele con un «sì» o con un «no» ti avrebbe dato la vita o ti avrebbe
lasciato nella morte; rispose con un «sì» perché tu vivessi. Consentendo a dare
la vita a me, consentiva a darla anche a te. Diventando mia Madre, diventava Madre
tua. Da quel momento nei suoi disegni, come già nei piani di Dio (che ella
peraltro conosceva e ai quali aderiva con tutte le forze), tu facevi parte del
mio corpo mistico. Il capo ne ero io, ma tu ne eri membro. Così, sebbene in
modo diverso, Maria ci portava entrambi nel suo seno materno, poiché i membri
e il capo formano una realtà inscindibile.
3. Sul «Calvario» ella ti ha partorito,
offrendomi in sacrificio per te. La tua liberazione dal peccato e dalla morte
fu consumata soltanto sul Golgota, dove, «distruggendo colui che reggeva
l’impero della morte», ti meritai con la mia morte la grazia di vivere della
mia stessa vita. Ora io feci tutto questo in unione con Maria. Ella che mi
aveva concepito quale vittima e mi aveva nutrito ed allevato in previsione del
sacrificio, nel momento supremo mi offrì al Padre per la tua salvezza,
rinunziando in tuo favore ai suoi diritti materni su di me. E colei che, sempre
vergine, non ebbe altro
che gioia dalla nascita del suo primogenito, vi partorì, te e i tuoi fratelli,
nel più crudo dolore.
4. In quell’ora ebbe effettivamente compimento
la sua maternità a tuo riguardo; ed è appunto ciò che volli proclamare e
rendere noto, affidando Maria a Giovanni e Giovanni a Maria. La mia parola, in
altri termini, non creava tale maternità, ma la promulgava, la confermava e la
completava nell’ora più solenne della mia vita, nell’ora in cui mia Madre,
divenuta pienamente Madre tua, era meglio in grado di comprendere la sua
missione materna.
5. Al «Battesimo» Maria ti ha dato la vita
non più solo di diritto, come sul Calvario, ma di fatto. Tua madre terrena
aveva dato alla luce, per così dire, un bambino nato morto. Perché tu giungessi
alla vita, si richiedeva che la grazia santificante ti fosse infusa al fonte
battesimale. Ora, questa grazia santificante te l’ha ottenuta Maria, la
dispensatrice di tutte le grazie. Quando da figlio dell’ira sei diventato
figlio di Dio, è stata Maria a partorirti alla vita divina.
6. Comprendi ora che col farti partecipe della
vita di Dio Maria ti è «veramente» Madre nell’ordine soprannaturale, come colei
che ti ha dato la vita terrena è veramente tua madre secondo la natura? Anzi,
Maria ti è molto più Madre ancora! Anzitutto per il modo in cui ti dà la vita.
Per partorirti ella ha dato incomparabilmente più di quanto non abbia dato la
madre tua terrena: le sei costato dolori indicibili, nonché la vita di colui
che le era infinitamente più caro della propria vita. Inoltre ella continua,
per tutto il corso della tua esistenza, ad occuparsi di te, mentre le madri
terrene si curano dei loro figli solo finché non giungono all’età adulta. Tu
sarai sempre il suo «bimbetto che partorirà continuamente finché Cristo non
sia formato in te». E se per disgrazia ti accadesse di perdere la vita
soprannaturale, a differenza delle madri terrene alle quali altro non resta
che piangere impotenti sul corpicino esangue di un figlio, Maria potrebbe
ridartela. E poi, per quanto tu sia imperfetto ed ingrato, ella ti ama di un
amore che vince per intensità e purezza l’amore di tutte le madri per i loro
figli.
7. Infine Maria ti è Madre più di ogni altra
soprattutto per la natura stessa della vita che ti ha dato. Non si tratta
infatti di una vita effimera come la vita terrena, ma di una vita senza fine;
non di una vita mista di imperfezioni e di dolori come la presente, ma di una
vita incomparabilmente beata; non di una vita creata, umana o angelica, ma –
intendilo bene – di una partecipazione alla vita increata, alla vita stessa di
Dio, alla vita della Santissima Trinità. Si tratta dunque di una vita che non
avrà mai fine e che sarà essenzialmente beata, perché parteciperà
dell’eternità e della beatitudine stessa di Dio. Quale maternità umana potrebbe
reggere il confronto con una simile maternità? Ora Maria è tua vera Madre, e
Madre tanto perfetta, perché è Madre mia. E tu sei mio fratello, mio fratello
infinitamente caro, perché mio Padre è Padre tuo, e mia Madre, Madre tua.
Invito al colloquio: O Gesù, sinceramente non
sapevo fino a qual punto Maria fosse mia Madre! Quanto la sento ora più vicina
a me! Dunque, colei che è veramente tua Madre è anche veramente Madre mia, ed
io sono veramente suo Figlio! Grazie, o Gesù, grazie per questo incomparabile dono.
Gesù: Contempla adesso ciò che il
mio amore di Figlio mi ha ispirato per mia Madre. Fin dall’eternità, io penso
a lei e l’amo, poiché fin dall’eternità vedo in lei la mia futura Madre. Penso
a lei nel creare il cielo coi suoi angeli, penso a lei nel plasmare la terra e
gli uomini. Penso a lei nel pronunziare la mia sentenza contro i tuoi
progenitori, penso a lei nel rivelarmi ai patriarchi e ai profeti.
2. Per amore di lei, la colmo di privilegi, ognuno dei
quali oltrepassa ciò che ho fatto di più grande per tutte le altre creature, e
in suo favore sospendo le leggi che colpiscono tutti gli altri uomini. Lei, e
lei sola, creo immacolata nella concezione, libera da ogni concupiscenza, esente
da ogni imperfezione, piena di grazia più di tutti gli angeli e i santi. Madre
di Dio e sempre Vergine, è glorificata anche nel corpo, come me e insieme a me,
prima della risurrezione universale.
3. Venuto in terra per riscattare il genere
umano, consacro trent’anni della mia vita esclusivamente a lei, e tre anni
soltanto al resto dell’umanità.
4. E non contento di renderla partecipe dei
miei privilegi e della mia intimità, ho voluto che partecipasse alla stessa
missione che il Padre aveva affidato a me. Redentore, ho deciso che fosse
Corredentrice insieme con me e che tutto ciò che io meritavo con pieno diritto
per la salvezza del mondo ella lo meritasse per una ragione di somma
convenienza.
5. Ed anche in cielo ho voluto che mi fosse
associata e che, essendo io l’avvocato degli uomini presso il Padre, ella
fosse la loro avvocata presso di me, per elargire tutte le grazie che con me ha
contribuito a meritare in loro favore. E questo perché in cielo come in terra
sono suo Figlio e mi compiaccio infinitamente di ricompensarla, con la mia
liberalità, di tutto ciò che ha fatto e sofferto per amor mio.
6. Ascolta ancora: io vivo nella Chiesa, mio
corpo mistico animato dal mio Spirito. Ciò che fa la Chiesa, lo faccio io; ciò
che la Chiesa fa per
mia Madre, lo faccio io stesso per lei. Ora considera quanta venerazione ed amore la Chiesa le
ha dimostrato: difendendo e proclamando i suoi privilegi; istituendo feste in
suo onore; approvando le associazioni e le famiglie religiose che si
propongono di servirla. Contempla la pietà dei suoi figli, dei suoi santi,
così devoti tutti della Madre mia, delle anime ferventi sempre pronte a
tributarle un culto specialissimo; degli stessi semplici fedeli, così gelosi
dell’onore di Maria, così perspicaci – talora più degli stessi sapienti – nel
riconoscere i suoi privilegi, così pieni di entusiasmo quando si tratta di
darle qualche testimonianza di particolare affetto. Che cos’è tutto ciò se non
una manifestazione grandiosa, sia pure ancora assai imperfetta, della mia
singolare pietà filiale verso mia Madre? E a quanto ha fatto e farà per Maria
sino alla fine dei secoli la Chiesa militante, aggiungi quello che fa per lei
durante tutta l’eternità la Chiesa trionfante, poiché io vivo nei santi del
cielo molto più che nei fedeli della terra. Cerca di comprendere i sentimenti
di riconoscenza, di rispetto e di amore che i beati esprimono senza sosta alla
loro Regina e Madre, cui si riconoscono debitori della beatitudine eterna! In
essi e per mezzo di essi sono sempre io che onoro e amo mia Madre.
7. Passa in rassegna tutte queste prove
della mia pietà filiale, scandaglia ed approfondisci questo abisso di amore;
cerca di comprendere quanto più puoi, ma sii persuaso che ciò che sfugge alla
tua intelligenza è di gran lunga superiore a quanto con essa riuscirai a
comprendere. E poi rifletti: è proprio di questa mia infinita pietà filiale che
io voglio renderti partecipe.
Invito al colloquio: O Gesù, in passato, sentendomi così felice nell’amare la Madre tua, credevo di riuscire a raffigurarmi in qualche modo quale potesse essere il tuo immenso amore per lei; ma ora vedo che esso è decisamente superiore ad ogni possibile umana immaginazione. Sarà senza dubbio una delle maggiori nostre soddisfazioni in Paradiso il poterlo contemplare ed ammirare per tutta l’eternità, senza mal riuscire a vederne i limiti. Ma come potrò ricopiare in me una tale pietà filiale?
Gesù: Fratello mio, se vuoi
comprendere i miei sentimenti di pietà filiale verso Maria, devi comprendere
anzitutto che se sono suo figlio è perché così ho voluto. Non ho fatto nulla
per forza, né per caso, né senza scopo. Quando decisi di venire a rendere al
Padre mio la gloria che gli è dovuta e a salvare l’umanità, una infinità di
vie mi si aprivano dinanzi a tutte preferii quella di Maria. Liberamente e
deliberatamente creai Maria perché divenisse un giorno mia Madre, così che ella
non esisterebbe se non avessi voluto affidarle tale compito; l’ho fatta quale
è, affinché a sua volta mi facesse quale sono. Sono suo Figlio in tutta verità:
ho voluto essere tratto, come ogni altro figlio, dalla sostanza di mia Madre;
ho voluto nutrirmi del suo latte; ho voluto essere curato e allevato da lei;
ho voluto esserle sottomesso. Anzi, sono suo Figlio assai più di quanto tu non
sia figlio di tua madre, poiché da lei sola ho voluto ricevere tutta la mia
umanità. Sono suo Figlio in tutto il mio essere, come Dio e come Uomo, perché
colui al quale ella ha dato la vita terrena è una sola e medesima persona col Verbo.
2. Ora sappi che se ho voluto essere suo Figlio, l’ho
voluto per amore. Per amore di mio Padre anzitutto, pensando che avrei potuto
glorificarlo meglio e che gli uomini lo avrebbero conosciuto ed amato meglio a
motivo di lei. Poi per amore della stessa Madre mia, che mi avrebbe dato più
gioia di quanta non me ne diano tutti gli angeli e tutti gli uomini insieme.
Ma anche per amore degli uomini… e per amore tuo, mio caro fratello.
Invito al colloquio: Ave, verum Corpus natum de
Maria virgine!
Gesù:Fratello mio, tu ami mia
Madre e nell’amarla ti senti felice. Ma sei ancora ben lontano dall’amarla come
vorrei. Tu l’ami perché si ama tutto ciò che è puro e bello, ed ella è purezza
e bellezza ideale. Tu l’ami perché si amano coloro che sono buoni e premurosi,
e nessuno è buono e premuroso come lei. Tu l’ami perché la consideri come tua
madre, e ogni figlio ama la propria madre. Tu l’ami perché hai sperimentato il
suo amore e hai capito che con lei ti riesce più facile rimanere puro e
fervente. Tu l’ami perché hai imparato dai libri e dai predicatori che la
devozione verso di lei è il mezzo più facile per assicurarti la salvezza
eterna e raggiungere la perfezione; ora tu vuoi salvarti e santificarti.
2. Tutti questi motivi sono buoni e possono ispirarti
un tenero affetto verso mia Madre; non possono però costituire il fondamento di
quella devozione che io desidero vederti praticare. La devozione verso mia Madre
è qualche cosa di così grande, di così benefico, di così gradito a lei e a me,
da rendere inadeguato ogni tuo tentativo di praticarla in maniera ordinaria, o
alta, o anche altissima: devi cercare la devozione più perfetta possibile.
3. Ebbene, sai qual è la devozione più
perfetta verso Maria? Cerca nei libri, consulta i teologi, interroga i santi,
domanda il loro segreto ai più insigni servi di Maria che la terra abbia mai
conosciuto; non troverai una devozione più perfetta di quella che ti voglio
insegnare io: la partecipazione, cioè, alla mia stessa pietà filiale verso mia
Madre. La
perfezione, per i miei discepoli, non consiste forse nell’essere simili al
loro Maestro? Non ho dato loro l’esempio affinché facessero ciò che ho fatto io
per primo? Il mio apostolo Paolo non ha ripetuto che per un cristiano tutto
sta nell’imitare Cristo, nel rivestirsi di Cristo, nell’assumere i sentimenti
di Cristo, nel vivere non più della propria vita, ma della vita stessa di
Cristo? Ora dimmi, puoi tu concepire disposizioni più perfette verso mia Madre
di quelle che ho avute io stesso?
Invito al colloquio:O Gesù, quale magnifico ideale è questo che mi proponi: partecipare alla tua pietà filiale verso la Madre tua! Ma, povero peccatore qual sono, come potrò raggiungerlo? Come potrò anche solo comprenderlo?
I – Questo libro che ho il piacere di presentare nella sua 10a edizione italiana, è un vero classico della spiritualità mariana. Il mio ideale: Gesù, Figlio di Maria è uscito timidamente nel 1933 da una casa editrice di Marsiglia. Contro ogni previsione, la prima edizione si esaurì in poche settimane, e in un solo anno sono state vendute ventiduemila copie nell’originale lingua francese. Divenne un autentico best-seller negli anni successivi. Nessuna difficoltà ne arrestò la diffusione: né la Guerra Mondiale, né il travagliato dopoguerra. Nel 1953 chiesi all’Autore, P. Emilio Neubert, notizia delle edizioni del libro, ed egli mi rispose: «Per quanto si riferisce alla diffusione del Mio Ideale nelle varie lingue, in genere mi chiedono il permesso, ma non sempre. Chiedo una decina di copie come compenso, però molti traduttori non me le mandano. Ecco le copie che posseggo: 8 in francese; 9 in olandese; 7 in italiano; 6 in inglese; 5 in tedesco; 4 in spagnolo; 2 in portoghese; 2 in giapponese; ed 1 in ciascuna di queste altre lingue: polacco, ungherese, slovacco, sloveno, vietnamita. Ho concesso l’autorizzazione di tradurlo anche in arabo, basco, bretone, catalano, cinese, congolese, gaelico, hindi, lettone, malese, croato, ucraino, …ma non ne conosco l’esito. Penso che in totale siamo sul mezzo milione di copie…». Tali traduzioni furono effettivamente pubblicate, cosa che l’Autore attribuiva alle preghiere di religiosi e religiose, soprattutto contemplativi, che pregavano per il suo apostolato mariano. E il libro continuò per anni questa sua marcia trionfale. Nel 1966 fu pubblicata una edizione spagnola in cui, con l’autorizzazione dell’Autore, si citavano passi del Concilio Vaticano IL Nella edizione presente abbiamo preferito mantenere il testo originale come lo pubblicò il Padre Neubert. La crisi della devozione a Maria e della mariologia in genere nel post-Concilio colpì anche la diffusione di quest’opera. Oggi, in un clima più sereno in cui è sempre più evidente il ruolo di Maria nella storia della salvezza, siamo certi che il Mio Ideale aiuterà i cattolici a inserirsi generosamente nella «nuova evangelizzazione» proposta dalla Chiesa. Negli Stati Uniti, per esempio, è stata appena lanciata una vasta edizione popolare di questo libretto. Ma che cos’ha quest’opera che attira tanto?
Dio ci chiama per nome
Nessuna creatura è anonima dinanzi a Dio.
“Dio conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome” (Sal 146,4). Ha dettato all’universo le sue leggi. Porta il nome di ogni uomo scritto sulle palme delle sue mani (cfr. Is 49, 16). Nulla gli è ignoto o nascosto della nostra esistenza. Dice il Salmo 138: “Signore, tu mi scruti e mi conosci… Penetri da lontano i miei pensieri… Ti son note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua e tu, Signore, già la conosci tutta… Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza?… Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano… Per te le tenebre sono come luce… Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio. Tu mi conosci fino in fondo… Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri… Guidami sulla via della vita”.
“Io sono Dio onnipotente: cammina davanti a me e sii integro”. (Gen 17,1)
“Mi affido alle tue mani; tu mi liberi, Dio fedele”. (Sal 30,6)
PRESENTAZIONE
La prima persona che ha letto queste pagine ha detto: “Sono pensieri semplici, che rasserenano…”.
Indicare la via cristiana della serenità è l’intenzione di chi ha scritto in sincerità, gratitudine e gioia.
“Camminare alla presenza del Signore” per me è sempre stata la scelta di fondo, lo scenario sereno della mia vita. Il richiamo classico – non sempre positivo – “Dio ti vede” mi diceva, fin dall’infanzia: “… Ti vede, ti accompagna, ti aiuta, ti sorprende, ti perdona, ti accoglie,…”. L’occhio del Signore Dio ti vede con tenerezza.
Ora i passi del mio cammino si fanno più lenti… Auguro a me e a tutti di “camminare alla presenza del Signore” sino alla fine: all’incontro nella casa del Padre.
Quando osservo l’immagine di Maria con il bambino Gesù, mi immagino che Gesù baci sua madre e che Maria, con amore materno verso di noi ci doni Gesù dicendo :- Ecco mio Figlio!
Come ci comportiamo noi, nel ricevere questo immenso regalo, che Maria ci dona con le sue mani?
Restiamo ammutoliti, perché il gioiello che lei ci dona ha un valore inestimabile e noi non siamo delle creature in grado di gestirlo; Maria, però, non si dà per vinta e ci incoraggia a ricevere suo figlio e ad amarlo, dandoci un altro comando:-Fate quello che vi dirà!
Ecco, il segreto per ricevere Gesù e dire il nostro si come fece Maria durante l’annunciazione e davanti alla croce: Ascoltare il Verbo o Parola incarnata (Gesù) conservare la sua Parola nel nostro cuore come un gioiello prezioso, amarla come uno sposo ama la sua sposa, farla propria e una volta compresa metterla in pratica.
Solo allora saremo il “candelabro” che porta la luce nel mondo a chiunque si avvicina a noi e vuole riceverla, per diventare il popolo tanto amato da Dio.
Maria per prima ha amato e conosciuto Gesù, lei ce lo dona affinché anche noi lo amiamo e lo conosciamo nella nostra intimità, per far regnare in noi e nel mondo la Pace di Dio.
Gesù, vero Dio e vero uomo, non è semplicemente uno dei mediatori tra Dio e l’uomo, ma è “il mediatore” della nuova ed eterna alleanza (cfr Eb 8,6; 9,15; 12,24); «uno solo, infatti, è Dio – dice Paolo – e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2,5; cfr Gal 3,19-20). In Lui noi vediamo e incontriamo il Padre; in Lui possiamo invocare Dio con il nome di “Abbà, Padre”; in Lui ci viene donata la salvezza. Benedetto XVI – Udienza generale 16 gennaio 2013
Per me Gesù è uno di noi, è un confidente, un amico che non ti abbandona mai, Lui c’è sempre per te ed è sempre disponibile.
Quando ti senti solo e non hai nessuno a cui rivolgerti, vai da Gesù, chi meglio di Lui conosce ciò che ti angoscia e ti tortura l’anima? Lui per primo ha sofferto per non lasciarti solo, Lui per primo ha portato la Sua e la nostra croce per salvarci e per dirci :- Coraggio io sono con te, non ti lascerò mai solo, ne mai mi dimenticherò di te ,io sono qui e aspetto che tu mi chiami per venirti incontro ad aiutarti e a consolarti, perché tu sei prezioso per me più dell’oro fino. Io ti conosco prima ancora che tu nascesti e già da allora Io ti ho amato e ti amerò per sempre, quindi non avere paura a venire da me io sono qui davanti al Tabernacolo che ti aspetto, donami il tuo cuore ed io ti donerò il Mio colmo del mio Amore per te!
In questi momenti dobbiamo ricordarci che non apparteniamo a noi stessi, perché siamo stati comprati a caro prezzo con il sangue dell’Agnello durante la sua Passione ; ma Gesù sulla croce non ci ricorda solo che è morto per noi, infatti attraverso di essa Lui ha sconfitto la morte, ci ha liberati dal pungiglione dei nostri peccati ed è tornato a noi vittorioso con la Sua risurrezione.
Se stiamo aggrappati a Lui e abbracciamo la nostra croce accanto alla Sua noi verremo non solo purificati dei nostri peccati , ma verremo perfezionati e limati dai nostri difetti, affinchè possiamo ritenerci degni di essere Figli di Dio e come tali di poter fare parte del Regno dei cieli.
Mi abbandono, o Dio, nelle tue mani. Gira e rigira quest’argilla, come creta nelle mani del vasaio. Dàlle una forma e poi spezzala, se vuoi. Domanda, ordina, cosa vuoi che io faccia? Innalzato, umiliato, perseguitato, incompreso, calunniato, sconsolato, sofferente, inutile a tutto, non mi resta che dire, sull’esempio di tua Madre: «Sia fatto di me secondo la tua Parola». Dammi 1′ amore per eccellenza, 1′ amore della Croce, ma non delle croci eroiche che potrebbero nutrire 1’amor proprio, ma di quelle croci volgari, che purtroppo porto con ripugnanza… di quelle che si incontrano ogni giorno nella contraddizione, nell’ insuccesso, nei falsi giudizi, nella freddezza, nel rifiuto e nel disprezzo degli altri, nel malessere e nei difetti del corpo, nelle tenebre della mente e nel silenzio e nell’aridità del cuore. Allora, solamente, Tu saprai che Ti amo, anche se non lo saprò io, ma questo mi basta. Amen.
Nel marzo del 1641, i pirati turchi, in una della loro scorribande, fecero prigioniero un cavaliere portoghese, di cui non si conosce il nome, proveniente dall’India, e lo condussero ad Algeri. Costui aveva acquistato a Goa, in India, un artistico crocifisso in avorio, pregevole opera scolpita da un valente artista convertito delle Indie Portoghesi, ed intendeva portarlo in patria. La cattura glielo impedì e l’immagine sacra cadde in mano ai maomettani, e fu esposta nelle piazze di Algeri, dove il Crocifisso subì nel suo simulacro un secondo martirio: fu oggetto di ingiurie, bestemmie e derisioni, e fu colpito con lance e pugnali, di cui sono ancora visibili i segni. Allora avvenne il miracolo, attestato dai documenti autentici dell’epoca, che impressionò profondamente gli animi degli islamici: alla presenza di centinaia di persone, comparvero sul crocifisso delle gocce di sangue che sgorgarono dal volto, dalle mani, dalla ferita del costato e dalle scalfitture prodotte dai pugnali. A tutte queste vicende aveva assistito padre Michelangelo di Gesù (Marchese) missionario carmelitano scalzo ligure, schiavo anch’egli ad Algeri, e religioso di virtù eroiche. Egli, sottoponendosi a durissimo lavoro, riuscì a raccogliere la somma necessaria per acquistare il crocifisso miracoloso.
Quando nel 1643 padre Michelangelo fu liberato portò con sé in Italia il crocifisso che offrì in dono al Preposito Generale dei Carmelitani scalzi, il genovese padre Paolo Simone Rivarola che lo destinò al Deserto di Varazze, dove giunse nel 1646 e dove venne religiosamente conservato.
Gli Orientali oggi celebrano la Croce con una solennità paragonabile a quella della Pasqua. Costantino aveva fatto costruire a Gerusalemme una basilica sul Golgota e un’altra sul Sepolcro di Cristo Risorto. La dedicazione di queste basiliche avvenne il 13 settembre del 335. Il giorno seguente si richiamava il popolo al significato profondo delle due chiese, mostrando ciò che restava del legno della Croce del Salvatore. Da quest’uso ebbe origine la celebrazione del 14 settembre. A questo anniversario si aggiunse poi il ricordo della vittoria di Eraclio sui Persiani (628), ai quali l’imperatore strappò le reliquie della Croce, che furono solennemente riportate a Gerusalemme. Da allora la Chiesa celebra in questo giorno il trionfo della Croce che è segno e strumento della nostra salvezza. «Nell’albero della Croce tu (o Dio) hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall’albero traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto, per Cristo nostro Signore» (prefazio).
L’uso liturgico che vuole la Croce presso l’altare quando si celebra la Messa, rappresenta un richiamo alla figura biblica del serpente di rame che Mosè innalzò nel deserto: guardandolo gli Ebrei, morsicati dai serpenti erano guariti. Giovanni nel racconto della Passione dovette aver presente il profondo simbolismo di questo avvenimento dell’Esodo (cf prima lettura), e la profezia di Zaccaria, quando scrive: «Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto » (Zc 12,10; Gv 19,37).
Il simbolo della croce ha sacralizzato per secoli ogni angolo della terra e ogni manifestazione sociale e privata. Oggi rischia di essere spazzato via o peggio strumentalizzato da una moda consumistica. Tuttavia rimane sempre un simbolo che fa volgere lo sguardo a tutti i «crocifissi» di sempre: i poveri, gli ammalati, i vecchi, gli sfruttati, i bambini subnormali, ecc. Essi sono i più degni di essere collocati nel «vivo» delle nostre messe. A noi, figli del «benessere», verrà la salvezza tramite loro, per i quali è sempre valida la parola del Vangelo: «Avevo fame… avevo sete… ero forestiero… ero nudo… ero malato…» (Mt 25).
La croce è gloria ed esaltazione di Cristo
Dai «Discorsi» di sant’Andrea di Creta, vescovo (Disc. 10 sull’Esaltazione della santa croce; PG 97, 1018-1019. 1022-1023).
Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. E’ tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. E’ in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa è il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale.
Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell’albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l’inferno non sarebbe stato spogliato.
E’ dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. E’ preziosa poi la croce perché è insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell’inferno venne fiaccata, e così la croce è diventata la salvezza comune di tutto l’universo.
La croce è gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce è il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, è la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce è la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: «Ora il figlio dell’uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui, e lo glorificherà subito» (Gv 13, 31-32).
E di nuovo: «Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17, 5). E ancor: «Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò» (Gv 12, 28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo.
CAPITOLO XX Il modo di combattere contro la negligenza
Perché tu non cada nella misera schiavitù della negligenza, cosa che non solo impedirebbe il cammino della perfezione ma ti darebbe in mano ai nemici, devi fuggire ogni curiosità e attaccamento terreno e qualunque occupazione non conveniente al tuo stato. Poi ti devi sforzare per corrispondere presto a ogni buona ispirazione e a qualunque ordine dei tuoi superiori, facendo ogni cosa quando e come a loro piacerà. Non ritardare neppure per un brevissimo momento, perché quel solo primo indugietto porta appresso il secondo e questo il terzo e gli altri ai quali il senso si piega e cede più facilmente che ai primi, essendo già allettato e preso dal piacere che ne ha gustato: per cui o si incomincia l’azione troppo tardi o come noiosa alle volte la si lascia del tutto. E così a poco a poco si va facendo l’abitudine alla negligenza ed essa poi cresce talmente che, nel momento stesso in cui da quella siamo tenuti legati, ci proponiamo di voler essere un’altra volta molto solleciti e diligenti poiché ci accorgiamo, con rossore di noi stessi, d’essere stati fino a tal punto negligentissimi.
Questa negligenza scorre dappertutto e con il suo veleno non solo infetta la volontà facendole aborrire l’opera, ma acceca anche l’intelletto perché non veda quanto vani e mal fondati siano i proponimenti di eseguire per l’avvenire presto e diligentemente quello che, dovendosi effettuare allora, volontariamente si lascia del tutto oppure si rimanda ad altro tempo. Né basta eseguire presto l’opera dovuta, ma bisogna farla nel tempo proprio richiesto dalla qualità e dall’essere di quell’opera e con tutta quella diligenza ad essa conveniente, perché abbia ogni possibile perfezione. Infatti non è diligenza, ma finissima negligenza fare l’azione prima del tempo e sbrigarsela presto e senza farla bene, perché poi quietamente ci diamo al riposo accidioso, al quale era fisso il nostro pensiero mentre con rapidità si compiva l’azione. Tutto questo gran male avviene perché non si considera il valore della buona opera fatta a suo tempo e con l’animo risoluto ad andare incontro alla fatica e alla difficoltà, che il vizio della negligenza porta ai principianti.
CAPITOLO XIX Il modo di combattere contro il vizio della carne
Contro questo vizio devi combattere in un modo particolare e diverso dagli altri. Perciò, perché tu sappia combattere ordinatamente, devi osservare tre tempi: prima di essere tentati, quando siamo tentati e dopo che la tentazione è passata.
Prima della tentazione la battaglia sarà contro le cause che sogliono cagionare questa tentazione. Anzitutto devi combattere non affrontando il vizio, ma fuggendo con tutte le tue forze qualsiasi occasione e persona da cui te ne possa venire un minimo pericolo. E bisognando talora trattarci fallo molto presto con un volto modesto e grave, e le parole devono avere sapore di asprezza piuttosto che di amorevolezza e di eccessiva affabilità.
Non ti fidare del fatto che tu non senta né abbia in tanti e tanti anni di esperienza sentito stimoli carnali, perché questo maledetto vizio quello che non ha fatto in molti anni lo fa in un’ora e spesso ordisce le sue trame occultamente; e tanto più nuoce e ferisce incurabilmente, quanto più si mostra innocuo e meno dà sospetto di sé.
E molte volte vi è più da temere (come spesso l’esperienza ha mostrato e mostra tuttora) dove l’abitudine è protratta sotto pretesto di cose lecite, come di parentela o di debito ufficio oppure di virtù che sia nella persona amata: infatti con il troppo e imprudente praticare si va mescolando il velenoso diletto del senso che, stillando inavvertitamente a poco a poco e penetrando fino nell’essenza dell’anima, va offuscando sempre più la ragione in modo che si cominciano a stimare come niente le cose pericolose, gli sguardi amorevoli, le parole dolci dell’una e dell’altra parte e i gusti della conversazione; e così, passandosi dall’una all’altra parte, si viene poi a cadere in rovina o in qualche tentazione dolorosa e difficile da superare.
Di nuovo ti dico di fuggire, perché tu sei paglia; e non ti fidare del fatto che sei bagnata e ben piena d’acqua di buona e forte volontà, risoluta e pronta piuttosto alla morte che all’offesa divina: con la pratica frequente a poco a poco il fuoco con il suo calore, asciugando l’acqua della buona volontà, quando neppure vi si pensa le si attaccherà in modo che non porterà rispetto né a parentela né ad amici; non temerà Dio, non stimerà l’onore, né la vita, né tutte le pene dell’inferno. Perciò fuggi, fuggi se davvero non vuoi essere colta all’improvviso, presa e uccisa.
CAPITOLO XVII L’ordine da osservare nel combattere contro le nostre passioni viziose
E molto importante sapere l’ordine da osservare per combattere come si deve e non a caso e con superficialità, come fanno molti non senza loro danno. L’ordine con cui si deve combattere contro i nemici e le tue cattive inclinazioni è che tu, entrando nel tuo cuore i veda con diligente esame da qual sorta di pensieri e di affetti esso è circondato e da quale passione è più posseduto e tiranneggiato; e contro quella principalmente tu prenda le armi e ingaggi la battaglia. E se avviene che tu sia assalita da altri nemici, devi sempre combattere contro quello che attualmente e più da vicino ti fa guerra, ritornando però poi all’impresa principale.
Ad un’anima privilegiata, Madre Maria Pierini De Micheli, morta in odore di santità, nel mese di Giugno 1938 mentre pregava davanti al Santissimo Sacramento, in un globo di luce si presentò la Santissima Vergine Maria, con un piccolo scapolare in mano ( lo scapolare fu poi sostituito dalla medaglia per ragioni di comodità, con l’approvazione ecclesiastica): esso era formato di due flanelline bianche, unite da un cordoncino: in una flanellina era impressa l’immagine del Santo Volto di Gesù, con questa dicitura intorno: “Illumina, Domine, vultum tuum super nos” (Signore, guardaci con misericordia) nell’altra era impressa un’ostia, circondata da raggi, con questa scritta intorno: “Mane nobiscum, Domine” (resta con noi, o Signore).
La Santissima Vergine si accostò alla Suora e le disse:
“Questo scapolare, o la medaglia che lo sostituisce, è un pegno d’amore e di misericordia, che Gesù vuole dare al mondo, in questi tempi di sensualità e di odio contro Dio e la Chiesa. …Si tendono reti diaboliche per strappare la fede dai cuori. …E’ necessario un rimedio divino. E questo rimedio è il Santo Volto di Gesù. Tutti coloro che indosseranno uno scapolare come questo, o una medaglia simile, e faranno, potendo, ogni martedì una visita al SS.Sacramento, in riparazione degli oltraggi, che ricevette il Santo Volto del mio Figlio Gesù, durante la sua passione e che riceve ogni giorno nel Sacramento Eucaristico:
1 – Saranno fortificati nella fede.
2 – Saranno pronti a difenderla.
3 – Avranno le grazie per superare le difficoltà spirituali interne ed esterne.
4 – Saranno aiutati nei pericoli dell’anima e del corpo.
5 – Avranno una morte serena sotto lo sguardo del mio Divin Figlio.
Una tale necessità ci è insegnata dal Vangelo, il quale ci assicura che, se non ci facciamo piccoli come fanciulli, non entreremo nel regno dei Cieli (Matth., 18, 3), Anzi Nostro Signore conferma questa verità col giuramento: «In verità, io vi dico che chiunque non riceverà il regno di Dio come un fanciullo, non vi entrerà giammai» (Luc 18, 17).
Però l’Infanzia di cui parliamo non è altro che il seguito del Battesimo; infatti, siccome alla nascita naturale segue l’infanzia naturale, così al Battesimo, che è la nascita soprannaturale, segue l’Infanzia Spirituale per la quale l’uomo battezzato, animato da un nuovo Spirito, incomincia a condurre una vita nuova, la quale ha qualche proporzione e somiglianza con l’infanzia naturale. Perciò S. Pietro, ai primi cristiani, dopo il loro Battesimo, rivolgeva queste parole che la Chiesa adopera nella prima domenica dopo Pasqua, nella quale i battezzati deponevano la veste bianca che avevano portato per otto giorni, domenica che perciò si chiama in Albis: Deponete ogni malizia e ogni frode, le finzioni e le insidie. Come bambini di fresco nati, bramate il latte spirituale, sincero, affinché per esso cresciate a salute (Petr. 2, 1-2).
Per salvarsi è dunque necessario, e di necessità di salute, divenire fanciulli: il Figlio di Dio, il quale è la Verità, ce lo ha detto con giuramento: Amen dico vobis. Lo crederà chi vorrà, lo intenderà chi potrà, ma è parola di Gesù Cristo.
E’ cosa talmente vera che il Figlio di Dio, benché sia la sapienza e la grandezza medesima, si fece egli medesimo piccolo bambino volle nascere nel seno di una vergine, ricevendone il latte e lasciandosi condurre da lei; volle insomma assoggettarsi a tutte le necessità dell’infanzia, per insegnarci che dobbiamo essere fanciulli, come volle essere egli medesimo per meritarci la grazia di questo stato col mistero della sua Infanzia. Per noi, dice il Profeta Isaia, si è fatto fanciullo (Is. 9, 6); bisogna dunque che un gran mistero sia nascosto sotto lo stato d’Infanzia, poiché la Scrittura così di frequente attribuisce al Figlio di Dio questa qualità di infante: Puer.
Questa scienza dell’Infanzia Spirituale in Gesù, è nascosta ai sapienti del mondo, perchè è la scienza dei piccoli e dà ad .essi il dono dell’intelligenza (Ps. 118, 130). Gesù Cristo, infatti, esultante di gioia nello Spirito Santo e adorando i giudizi di Dio suo Padre, protesta che i prudenti del secolo non intendono nulla di questa scienza, perché è per loro un mistero nascosto, il quale venne rivelato ai piccoli (Luc. 10, 21); non già che sia una scienza piccola, ma sembra piccola e disprezzabile ai belli spiriti che si stimano grandi, epperò viene chiamata la scienza dei piccoli: oppure si dice scienza dei piccoli perché rende gli uomini piccoli in sé e ai loro propri occhi, e fa che conoscano il proprio niente e la grandezza di Dio, il quale solo è grande.
Oh follia e accecamento degli uomini! Per non voler riconoscere le proprie piccolezze, non diventano mai veramente grandi; ostentano di essere savi, e sono pazzi; né mai diventano uomini, perché non vogliono essere fanciulli!
E’ questa la scienza dei Santi, la sapienza dei perfetti, la quale non fu conosciuta da nessuno tra i prìncipi del secolo (I Cor., 2, 8) e sembra pazzia e sciocchezza agli occhi carnali dell’umana prudenza.
E’ quel tesoro evangelico nascosto nel cuore del fedele; e questo tesoro, una volta che sia stato trovato, genera il disprezzo per quanto v’è nel mondo, e principalmente induce chi lo ha travato a disprezzare talmente se stesso che varrebbe essere schernito da tutti, mentre prima voleva essere onorato da tutti.
Il sulpiziano Giovanni Blanlo (1617-57), autore di questo trattato dell’Infanzia Spirituale, ebbe dal Signore il dono di un talento superiore e precoce: a ventidue anni era già professore rinomatissimo di filosofia in uno dei più celebri Collegi di Parigi; ma non si lasciava abbagliare dagli splendidi successi delle sue lezioni e conduceva una vita pia e mortificata, sotto la direzione del gran Servo di Dio Giovanni Olier, il quale lo accettò nella Società dei Preti addetti al Seminario e alla Parrocchia di S. Sulpizio, detti Signori (Messieurs) di S. Sulpizio, come anche oggi si chiamano;
Alla scuola di un tal maestro, Giovanni Blanlo si elevò in breve tempo alla pratica eroica di tutte le virtù cristiane. Docile alle istruzioni del suo santo direttore, era divotissimo della S. Infanzia di Gesù e in tal modo si portò all’eroismo nell’umiltà e nella mortificazione. Per umiltà si sforzò di tener nascosti i suoi talenti e non volle essere ordinato sacerdote; morì, infatti, non essendo che suddiacono. Per la sua austerità e per il suo spirito di orazione «non era inferiore ai celebri anacoreti della Tibaide» (1).
Per obbedienza e dietro preghiera di vari suoi discepoli che gli erano carissimi, scrisse questo opuscolo dell’Infanzia Spirituale; non volle tuttavia che fosse stampato, ma che rimanesse nascosto insieme ad altri suoi scritti di gran pregio; i suoi discepoli lo pubblicarono dopo la sua morte, e si può dire che questo libro è il vero codice dell’Infanzia Spirituale.
La morte di Giovanni Blanlo fu ammirabile e preziosa davanti al Signore. Il Servo di Dio Giovanni Olier, vicino a morire, disse a coloro che lo assistevano: «Chi desidera venire con me?» Blanlo, che era presente, rispose subito: «Io, Padre mio, vengo volentieri». Ebbene, gli rispose il Servo di Dio, preparati. E infatti, alla sera ai quello stesso giorno fu colpito da grave polmonite e prima ancora che si facessero i funerali del suo santo maestro, morì in odore di santità (2).
Crediamo bene riportare questo brano della prefazione della prima edizione: «Il lettore non disprezzi questo libro per la sua piccolezza, esso risponde alla piccolezza del Bambino Gesù e all’umiltà dell’Infanzia Spirituale… E’ piccolo, ma è prezioso; è breve, ma ci insegna in compendio una scienza sublime… L’Autore, nella sua profonda umiltà, lo tenne nascosto; ma la sua morte, che fu preziosa agli occhi di Dio, è e sarà preziosa anche davanti agli uomini, poiché ha scoperto loro questo piccolo libro, il quale era un tesoro nascosto. Non v’è nulla di più prezioso, di più semplice, di più solido, di più devoto; ma si sa anche che il pio Autore aveva ricevuto da Dio grazie e lumi affatto speciali… Questo piccolo trattato potrebbe chiamarsi la perla evangelica e il segreto della vera devozione… Tenerlo nascosto ci sarebbe sembrato una vera colpa, e speriamo con ragione che le anime divote della S. Infanzia del Verbo Incarnato, lo accoglieranno con gioia, lo leggeranno con amore c vi troveranno abbondanti consolazioni».
***
Giovanni Blanlo è il teologo che ha meglio spiegato l’Infanzia Spirituale, forse perché ne era più intimamente penetrato in tutta la sua vita; per altro, espone la dottrina del suo maestro e direttore spirituale Giovanni Olier, il quale a sua volta la teneva dal Padre de Condren suo maestro immediato e per il tramite di questi, dal celebre e santo Cardinale de Bérulle (15751629).
«La divozione di Gesù Infante, era già antica ai tempi del Bérulle (3), ma questi la ringiovanì, la trasformò e la fece sua; essa incomincia o ricomincia cori lui e negli ambienti più accessibili all’azione di questo grande uomo: l’Oratorio ed i monasteri del Carmelo; durante i primi sessant’anni del secolo XVII si propaga con un prodigioso successo in tutta la Francia; ma quanto più diventa popolare, tanto più sfugge alle direttive della Scuola Francese di spiritualità, riprendendo insensibilmente la sua figura primitiva» (4).
Infatti S. Agostino; S. Leone, S. Gerolamo e S. Paola, poi, S. Francesco, S. Alfonso de’ Liguori erano ferventi ed affettuosi divoti di Gesù Bambino.
Per intendere ciò che dice a Brémond nelle parole citate, è d’uopo ricordare che per quei maestri sommi che furono de Bérulle, de Condren e Olier, la divozione a Gesù Bambino non era affettuosa, né sentimentale, bensì austera, rigida ed aliena da tenerezza, nemmeno quando lo contemplavano unito con l’amabile Vergine Madre (5). Nell’Infanzia di Gesù consideravano sopratutto l’umiliazione e, come dicono loro, l’annientamento – «L’Infanzia, dice Bérulle, è lo stato più opposto alla sapienza…; lo stato più vile e più abbietto dopo quello della morte; il Verbo Divino lo ha scelto perché non ha potuto trovare altro stato più umile né più abbietto. Perciò il Verbo si è annientato due volte: la prima col farsi uomo, poi col farsi bambino». Per il Condren l’Infanzia è uno stato «vergognoso» (honteux) per il Verbo, il bambino essendo un composto di quattro bassezze o umiliazioni. In tal modo la divozione a Gesù Bambino, per loro è divozione che non parla se non di rinuncia e di morte a noi medesimi.
«Lo “spirito d’infanzia” poi, non lo proponevano come imitazione di Gesù Bambino, ma come adempimento del precetto di Cristo: Se non diverrete simili a questo fanciullo, non entrerete nel regno dei Cieli (Matt. 18, 3). Ciò che volevano diffondere non era una divozione speciale, ossia un complesso di pratiche in onore di Gesù Bambino, ma uno spirito, lo “spirito d’infanzia”. La prima, idea di questo “Spirito” veniva dal Bérulle, ma fu ripresa, approfondita e precisata dal Condren il quale la trasmise ai suoi discepoli: Amelote, Olier, Renty… E nel primo pensiero del Bérulle il fanciullo di cui dobbiamo riprodurre le disposizioni, non era Gesù medesimo, ma quel fanciullo galileo che il Divin Maestro proponeva come modello agli Apostoli; dimodochè quando pure non conoscessimo il Vangelo dell’Infanzia, dovremmo sempre averne lo spirito, atteso il precetto di Gesù» (6).
Ma a poco a poco, la rigidità dei primi maestri dell’Oratorio si mitigò e lo Spirito d’Infanzia divenne l’imitazione di Gesù Bambino, rivestendosi così di dolcezza e di soavità. Pertanto, questo opuscolo del Blanlo può dirsi un opuscolo di transizione, perché vi si trovano già accenni all’amabilità di Gesù Infante.
“Io non conosco nulla di meglio per staccarci dal mondo di ciò che eleva; ne conosco nulla che tanti ci elevi come lo studio, la contemplazione e la scienza di Gesù.” Ed ancora “Siate Gesù: Gesù nell’orazione, Gesù nella conversazione, Gesù nella prova, Gesù per Iddio, Gesù per il prossimo, Gesù unicamente e sempre”.
Debbiamo pensare a Gesù come un vivente, attualmente vivente che è nel mondo, e che ci ha scelto nel mondo tra mille.
Ha le sue vedute su di noi. Egli conosce il Santo differente tra Tutti gli altri santi cui portiamo il germe, e che Egli creerà con il peggio e con il meglio di noi stessi, se non resistiamo al suo amore. Il dramma della nostra vita sta in questa resistenza che noi opponiamo al paziente lavorio di Gesù.
Sono convinto che sono uno scelto fra mille? Se è così, a che punto è il mio dramma?
Sento, con impegno sentito e sereno il germe del santo che è in me?
Perché dopo tante comunioni, tante promesse, sono incapace di diventare santo?
Senza sfiduciarci, rinnoviamo a Gesù la promessa di diventarlo.
Il Desurmont descrive con finezza il procedimento secondo il quale giunge alla santità un imitatore di Gesù. L’operazione dello Spirito Santo assecondata dalla buona volontà dell’individuo, forma, conserva, matura nell’anima il gusto celeste della rassomiglianza con Gesù.
Quando lo Spirito Santo ha stabilito di formare in un’anima questo istinto celeste, comincia con l’ispirarle un interesse vivo per la persona del Salvatore. Poco a poco senza conoscere le cause, l’anima sente attrattiva per tutto ciò che si riferisce a Lui; prova il bisogno di dargli piacere, di conversare con Lui, di unirsi a Lui, poiché è legge di natura che si sia felici e fieri di rassomigliare a colui che stimiamo e amiamo, presto l’anima concepisce il desiderio di imitare Gesù.
Insensibilmente arriva ad una specie di passione per Gesù: i suoi desideri, la sua gioia, la sua gloria, la soddisfazione di tutte le sue aspirazioni, il termine di tutti i suoi progetti, la luce di tutti i suoi passi sono in Gesù e in tutti i suoi esempi divini.
L’abate Chautard suggeriva spesso il quarto d’ora di santità: lo spazio di quindici minuti, lungo la giornata, in cui ci si propone di vivere da santi, con più tenacia del solito.
Farà bene anche a me; stabilirò, circa dieci muniti durante i quali agirò alla presenza di Gesù, in stretta dipendenza da Lui ascoltando, chiedendo, non negandogli nulla, ripetendo sovente l’esercizio.
Il P. Doyle sceglieva una giornata nel corso della quale si proponeva di essere più attento a non dire mai di no a Gesù.
Chi torna dalla comunione e subito si abbandona ai propri e soliti pensieri, o parla di cose inutili, o parla con asprezza ecc. costui non dimostra di essere stato vicino alla Persona di Gesù; di averlo visto confitto in Croce durante la Santa Messa; non si è stupito di averlo ricevuto nel cuore, forse anche nelle mani, non dà a vedere che sente quell’adorabile Persona presente in lui con l’umanità sacrosanta.
La sua comunione non è stata un incontro personale: ne resta molto ridotta l’efficacia santificante. Se noi avessimo la fede viva, la fede che hanno i Santi, come loro vedremmo Gesù. “Ci sono dei sacerdoti che lo vedono tutti i giorni nella Messa” (San Curato Dars).
Chi si è comunicato con Gesù deve vivere come parla, eseguire per primo ciò che chiede agli altri perché cosi appunto, ha fatto Gesù. Quale fortuna per le anime che vedono nel consacrato una vita conforme ai principi del Vangelo, una esatta imitazione di Gesù.
È la solennità che celebra la regalità di Cristo, Signore del tempo e della storia, inizio e fine di tutte le cose e al quale tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Il colore liturgico è il bianco. Fu introdotta da papa Pio XI, con l’ enciclica “Quas primas” dell’ 11 dicembre 1925, a coronamento del Giubileo che si celebrava in quell’anno.
Il cuore divino e umano di Cristo, chiave di ogni cosa. https://gpcentofanti.wordpress.com/la-strada-semplice-e-profonda-di-cristo-introduzione-del-manifesto-del-cuore-divino-e-umano-di-cristo/
Rivista di spiritualità, cultura, vita ecclesiale. Il blog si propone di far conoscere, tra l'altro, i più importanti, innovativi, pienamente cattolici, riconosciuti ecclesialmente come sicuri, stimoli innovativi che il Signore in vario modo sembra donare alla Chiesa appunto nella spiritualità, nella cultura, nella vita ecclesiale, etc.. Vengono radunati nella categoria Spunti innovativi (lo spunto lo si può trovare, ad es., anche nel commento, ad es., al vangelo). Diversi post si possono approcciare in modo alquanto sintetico leggendo solo il neretto.
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MESSAGGIO DEL PAPA per la 46a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI: “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”
“Sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali che possono aiutare l’uomo di oggi a vivere momenti di riflessione e di autentica domanda, ma anche a trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio. Nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità”.
https://gpcentofanti.wordpress.com/2012/01/24/messaggio-del-papa-per-la-46a-giornata-mondiale-delle-comunicazioni-sociali-silenzio-e-parola-cammino-di-evangelizzazione/
Diretta apparizioni a Mirjana del due di ogni mese (e diretta continua dalla collina dell’apparizione e dal monte della croce) / Diretta quotidiana (solo in alcune ore) da Medjugorje
http://www.marytv.tv/
La Chiesa sembra ben disposta ma non si è ancora espressa ufficialmente sui fatti di Medjugoje.
http://www.medjugorje.hr/it/multimedia/live-streaming/