CAPITOLO XVIII
DELL’EFFETTO DEL GRANDE SALTERIO
Mentre la Comunità recitava il salterio, che è soccorso potente alle anime purganti, Geltrude che pregava fervorosamente perchè doveva comunicarsi; chiese al Salvatore per quale motivo il salterio era così vantaggioso alle anime dei purgatorio e gradito a Dio. Le sembrava che tutti quei versetti e orazioni annesse, dovessero generare noia più che divozione.
Rispose Gesù: « L’ardente amore che ho per la salvezza delle anime, fa sì che io dia tanta efficacia a questa preghiera. Sono come un re che tiene chiusi in prigione alcuni suoi amici, ai quali darebbe volentieri la libertà, se la giustizia lo permettesse; avendo in cuore tale eccelsa brama, si capisce come accetterebbe volentieri il riscatto offertogli dall’ultimo dei suoi soldati. Così io gradisco assai quanto mi è offerto per la liberazione di anime che ho riscattate col mio sangue, per saldare i loro debiti e condurli alle gioie a loro preparate da tutta l’eternità. Geltrude insistette: « Ti torna dunque gradito l’impegno che s’impongono coloro che recitano il salterio? ». Egli rispose: « Certamente. Ogni volta che un’anima è liberata da tale preghiera, si acquista un merito come se avessero liberato Me dalla prigione. A tempo debito, ricompenserò i miei liberatori, secondo l’abbondanza delle mie ricchezze ». La Santa chiese ancora: « Vorresti dirmi, caro Signore, quante anime accordi a ciascuna persona che recita l’ufficio? » e Gesù: « Tante quante ne merita il loro amore » Poi continuò: «La mia infinita bontà mi porta a liberare un numero grande di anime; per ciascun versetto di questi salmi libererò tre anime ». Allora Geltrude che, per la sua estrema debolezza non aveva potuto recitare il salterio, eccitata dall’effusione della divina bontà, si sentì in dovere di recitarlo col più grande fervore. Quand’ebbe terminato un versetto, domandò, al Signore quante anime la sua infinita misericordia avrebbe liberato. Egli rispose: « Sono così soggiogato dalle preghiere di un’anima amante, che sono pronto a liberare ad ogni movimento della sua lingua, durante il salterio, una moltitudine sterminata di anime ».
Lode eterna ne sia a Te, dolcissimo Gesù!
CAPITOLO XIX
SI NARRA DI UN’ANIMA SOCCORSA PER LA RECITA DEL SALTERIO
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Araldo del Divino Amore, Libro V. Capitolo XVIII e XIX
27 novembre 2019Araldo del Divino Amore, Libro V . Capitolo XV, XVI e XVII
23 novembre 2019CAPITOLO XV
SI PARLA DELL’ANIMA DEL FRATELLO F. CHE EBBE VANTAGGIO GRANDE DA UNA FERVENTE PREGHIERA
Geltrude pregava un giorno per il fratello converso F. morto da poco e vide la sua anima sotto l’aspetto di un rospo ripugnante, bruciato interiormente in modo orribile e tormentato per i suoi peccati da varie pene.
Sembrava che avesse un gran male sotto il braccio, e, per aggiungere tormento a tormento, un peso enorme l’obbligava a star curvo fino a terra, senza poter rialzarsi. Geltrude comprese che appariva sotto forma di un rospo spaventoso, perchè durante la sua vita religiosa aveva trascurato di inalzare la mente alle cose divine; capì anche che il dolore che lo tormentava sotto il braccio era dovuto al fatto che aveva lavorato oltre il permesso del Superiore, per acquistare beni temporali e per avere talora nascosto il suo guadagno. Il peso. che lo schiacciava doveva espiare la sua disobbedienza.
Geltrude, avendo recitato i salmi prescritti per quell’anima, chiese al Signore se ne avesse avuto vantaggio: « Certo – rispose Gesù – le anime purganti vengono sollevate da tali suffragi, però preghiere anche brevi, ma dette con fervore, sono ancora di maggior profitto per esse ». Un paragone farà comprendere tali parole. Se l’acqua scorre su mani infangate, a lungo andare si puliranno. Però se si soffregano energicamente, anche con poca acqua vengono lavate meglio. Così una preghiera corta, ma fervente, vale di più di una lunga, recitata con tiepidezza.
CAPITOLO XVI
SI PARLA DI UN’ANIMA CHE VENNE SOLLEVATA PER I SUFFRAGI DELLA CHIESA E DALLE PREGHIERE DI GELTRUDE
Araldo del Divino Amore , Libro V Capitoli XIII e XIV
17 novembre 2019SI PARLA DELL’ANIMA DEL FRATELLO GIOVANNI RICOMPENSATO PER I SUOI LAVORI ASSIDUI
Benchè sia giusto che le anime, all’uscire dal corpo, abbiano ad espiare le colpe commesse in vita, per ricevere poi la ricompensa delle loro opere buone, pure la misericordia di Dio rivelò, in occasione della morte del fratello Giovanni, a S. Geltrude l’eccesso della sua divina bontà.
Appena spirato quel fratello, che con grandi fatiche, aveva per lunghi anni servito il Monastero, Geltrude vide tutte le sue opere buone simboleggiate in una scala.
L’anima uscita dal corpo; doveva purificarsi ancora di alcune negligenze, salendo gradino per gradino, quella scala. Le sue pene diminuivano man mano che – saliva. Siccome pera è difficile evitare ogni negligenza, quando abbondano le preoccupazioni, ed essendo sempre vero che ogni minima trascuratezza deve essere espiata, così quell’anima, non del tutto limpida, dopo di aver salito qualche gradino, cominciò a tremare come se lo scalino, scosso dal peso, stesse per rompersi.
Geltrude comprese che il piolo vacillante rappresentava una certa imperfezione negli atti, e si accorse che quello spavento aveva purificata l’anima: Quando un membro della Comunità rivolgeva a Dio una preghiera pere quell’anima, era come se le avesse teso la mano per salire più in alto. La Santa apprese ancora che il Signore, nella sua bontà, aveva conferito al Monastero un privilegio; tutti coloro che avrebbero lavorato al bene della Comunità., sarebbero stati grandemente consolati nel loro trapasso, anche se avessero dovuto soffrire le pene del Purgatorio – Quel privilegio sarebbe durato irrevocabilmente, fino a quando il. convento fosse stato fedelmente osservante della S. Regola.
CAPITOLO XIV
SI PARLA DEL FRATELLO CHE THE’ CHE FU TANTO RICONOSCENTE PER I BENEFICI RICEVUTI
Araldo del Divino Amore, Libro V / Capitolo XII
15 novembre 2019
SI PARLA DELL’ANIMA DEL FRATELLO H CHE FU RICOMPENSATA PER LA SUA FEDELTA’
Geltrude pregando un giorno per un certo converso appena morto, chiese al Signore dove si trovava. Rispose: « Eccolo! Per le ferventi suppliche di suffragio per lui rivolte; fu chiamato per prendere parte al nostro banchetto ». E il Salvatore apparve come un padre di famiglia, seduto a una tavola dove erano offerte le preghiere e i sacrifici fatti per quell’anima.
Il fratello defunto, assiso a quel banchetto, aveva però un sembiante malinconico ed abbattuto, perchè non era ancora abbastanza puro per essere ammesso alla contemplazione del divin Volto. In certi momenti pareva rasserenarsi, essendo riconfortato dalla fragranza che sfuggivai dalle oblazioni poste sulla tavola dal Padre di famiglia.
Geltrude comprese la penosa privazione di quell’anima che riceveva sola il profumo delle oblazioni provenienti dalla tavola del banchetto, invece che dalle mani di Dio, il quale le riversa invece sulle anime beate in pienezza di gaudio. Tuttavia Gesù, spinto dalla sua bontà e dalle preghiere di parecchi intercessori, poneva su quella tavola qualche cosa dei suoi propri beni, per allietare il defunto.
La dolcissima Vergine, assisa nella gloria vicino al Figlio suo, vi deponeva anch’essa la sua porzione, e il defunto ne era assai consolato, avendo avuta per la Madonna un divozione speciale. I Santi, ch’egli amava di più portavano pur essi un’offerta proporzionata alle preghiere che quell’anima loro aveva rivolta, e ai sacrifici grandi o piccoli, che aveva compiuto in loro onore.
Per tali oblazioni e soprattutto per il fervore delle preghiere fatte per essa, l’anima del defunto si faceva di ora in ora più serena, essa levava gli occhi in alto, verso la beatifica luce della Divinità; luce che basta mirare una sola volta per dimenticare ogni dolore e immergersi nell’oceano dei beni eterni.
.. Geltrude si rivolse poi al defunto, chiedendo: « Per quale colpa soffrite di più in questo momento? ». Rispose l’anima « Per l’attacco alla mia propria volontà, e alle idee personali. perchè anche facendo il bene, preferivo seguire il mio giudizio, piuttosto che il parere altrui. Per tale colpa l’anima mia soffre ora una pena così grande che tutti i dolori della terra riuniti insieme le sarebbero assai inferiori». Geltrude insistette « Come potremo sollevarvi? ». « Se alcuno, sapendo quanto io soffro per tale colpa, si sforzasse di evitarla, ne proverei grande sollievo ». « Intanto che cosa vi consola di più? ». « La fedeltà, perchè è la virtù che ho meglio praticato in terra, e anche le preghiere che i miei amici rivolgono a Dio: tanto l’una come le altre mi procurano a ogni istante il sollievo che reca all’anima una buona notizia. Ogni nota cantata per me, durante la S. Messa, mi è dolce refezione. In più la divina clemenza volle, per i meriti dei miei intercessori, che tutto ciò che fanno con l’intenzione di glorificare Dio, come lavorare e perfino mangiare e dormire, serva a mio suffragio, perché, quando ero in vita, li ho serviti in tutti i loro bisogni con amore e fedeltà».
La Santa chiese: « Noi abbiamo pregato Dio di donarvi tutto il bene ch’Egli ha operato in noi. – Ne avete avuto vantaggio? – ». E l’anima: « Moltissimo, perché i vostri meriti suppliscono a ciò che mi manca ». Geltrude aggiunse « Voi avete chiesto sollecitamente i suffragi dovuti ai defunti. Ne soffrireste se alcuno, per malattia, ritardasse a compierli fino a quando è guarito? ». Rispose il defunto: « Tutto quello che si differisce per un senso di discrezione mi reca un profumo di tale soavità che mi rallegra dell’attesa, purchè non sia prolungata per negligenza, o per pigrizia ».
Geltrude chiese un’altra delucidazione: « Durante la vostra ultima malattia, noi invece di aiutarvi a prepararvi alla morte, abbiamo pregato e insistito per avere la vostra guarigione: avete dovuto forse subire qualche pena per questa cosa? ». L’anima riprese: « Nulla ho sofferto per tale motivo: anzi l’immensa tenerezza del nostro Dio le cui bontà si estendono a tutte le sue opere, (sal. CXLIV 9) vedendovi usare tanta carità con me, quantunque foste guidate da sentimenti umani, mi ha trattato con maggior misericordia ». E la Santa: « Le lagrime sparse, per semplice affetto, alla vostra morte, vi servono a qualche cosa? ». Il defunto rispose: « Non più di quello che vale la compassione che proverebbe una persona vedendo i suoi amici piangere per lei. Quando però potrò godere la felicità eterna, gusterò per le vostre lagrime, il piacere che prova un giovane quando riceve le recitazioni dei suoi amici. Tali gioie le ho meritate perchè, servendovi con fedeltà, nutrita dalla vostra affezione, avevo l’intento di piacere a Dio solo ».
In seguito, mentre Geltrude pregava ancora per quell’anima, giunta che fu nell’orazione domenicale, a quel punto « Perdonate i nostri debiti, come noi perdoniamo ai nostri debitori » ella lo vide manifestare un’espressione di grande angoscia. Meravigliata ne chiese la cagione, e ne ebbe questa risposta: « Quando ero nel secolo ho molto peccato, non perdonando facilmente a coloro che mi avevano offeso; mostravo loro a lungo un volto severo, così subisco vergogna intollerabile e grande angoscia, quando ascolto quelle parole del Pater ». Avendogli Geltrude chiesto quanto tempo durerebbe quel tormento, ebbe questa risposta: « Fino a quando la mia colpa sarà cancellata dall’ardente carità che vi spinge a pregare per me; allora, sentendo quelle parole, proverò un’immensa gratitudine verso la misericordia dì Dio che mi avrà perdonato».
Mentre un giorno si offriva il S. Sacrificio per quell’anima, essa apparve a Geltrude gioiosa e raggiante. La Santa chiese al Signore: « Ha essa sofferto abbastanza per cancellare tutte le sue colpe?». Egli rispose: « Ha già offerto più di quanto si potrebbe supporre se si vedesse uscire dal fuoco dell’inferno e salire al cielo; ma non è ancora abbastanza pura per godere della mia presenza. La sua consolazione e il sollievo vanno però sempre aumentando, a misura che si prega per lui ». Aggiunse il Salvatore: «Le vostre suppliche non possono raggiungerlo rapidamente, perchè si è mostrato spesso duro e inflessibile, rifiutando di sottomettere la sua volontà a quella del prossimo, quando questa non era conforme alla sua».
Araldo del Divino Amore, Libro V /Capitoli X e XI
8 novembre 2019SI PARLA DI S. CHE MORI’ TUTTA FERVENTE DI DIVINO ARDORE
In seguito morì un’altra giovane monaca. Dall’infanzia fino all’ora della morte, le sue azioni generose dimostravano il disprezzo che aveva del mondo e delle sue seduzioni.
Nel giorno della morte, mentre stava per entrare in agonia, ella salutò teneramente le persone presenti, promettendo ricordo di preghiera quando fosse comparsa davanti a Dio, oceano infinito d’ogni bene.
L’avvicinarsi della morte accrebbe le sue sofferenze; ed ella disse al Signore con tutto lo slancio del cuore: « Caro Gesù, tu conosci tutti i miei segreti e sai che avrei voluto servirti fedelmente fino alla decrepitezza; siccome però tu mi chiami all’eternità, tutta la mia brama di vivere si muta in desiderio di vederti; tale sete di mirarti è così intensa, che cambia per me in dolcezza tutte le amarezze della morte. Se però tu, volessi sarei pronta a sopportare questi dolori fino al giorno del giudizio, quand’anche fossimo al principio del mondo. So peraltro che nelle tua infinita bontà mi chiamerai oggi stesso all’eterno riposo; tuttavia ti prego di differire tale gioia fino al momento in cui i dolori avranno sodisfatto le colpe delle anime del purgatorio che tu desideri maggiormente di liberare. Tu sai, o Signore, che io conto per nulla me stessa e che non ho di mira che la tua gloria ».
Dopo queste e simili parole che non scriviamo per brevità, l’infermiera la pregò di permetterle di stenderle le gambe già contratte per la vicina morte. Rispose: « Voglio io stessa offrire questo sacrificio al mio Signore crocifisso ». E tosto con un’energica mossa stese le gambe, dicendo: « Mi unisco a quell’ardente amore che ti fece gettare un gran grido, o mio Gesù, quando hai reso lo spirito al Padre; a questo stesso fine ti offro tutti i movimenti dei miei piedi ». Anzi con divozione grande, abbandonò a Dio tutte le parti del corpo: occhi, mani, orecchie, bocca, cuore.
Chiese poi che le si leggesse la Passione di Gesù e indicò con la sua mano le parole: « Sublevatis oculis (Jesus) in coelum, perchè pensava che se si fosse cominciato a leggere da principio: Ante diem festum, non avrebbero fatto a tempo a terminare. Infatti quando si giunse a quel punto « Et inclinato capite tradidit spiritum », ella chiese il Crocifisso, considerando con tenerezza ciascuna delle Piaghe; le salutò con ringraziamenti e loro confidò la sua anima con parole così dolci e ricche di divina sapienza, che tutte ne furono rapite ed ammirate.
Ma in breve ricadde sfinita e qualche minuto dopo s’addormentò beatamente in Dio.
S. Geltrude vide che il Signore l’accolse con un tenero amplesso, dandole una corona splendida e affatto speciale per avere avuto il virile coraggio di calpestare il mondo per seguirlo fedelmente. S’intesero i gioiosi cori angelici che la scortavano al cielo: « Chi è costei che sale dal deserto – cantavano essi – colma di delizie e appoggiata al Diletto? » (Cant. VIII. 5).
Quando giunse al trono di gloria, Gesù, Sposo delle vergini, la pose davanti a sè e le disse teneramente « Tu sei la mia gloria! ». Poi si alzò e la fece sedere sul trono celeste. Il giorno seguente, che era quello della sepoltura, Geltrude, pregando nuovamente per essa; la vide in una gloria e in una gioia sconosciuta ai poveri mortali. Chiese quale ricompensa aveva ottenuto per tale e tal’altra virtù che l’aveva vista praticare in vita; ed ebbe, per i meriti della defunta, una partecipazione spirituale alla sua celeste gioia.
La defunta le chiese: « Cosa brami ancora di sapere riguardo alla mia eterna ricompensa? L’arca celeste ove abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità, il dolcissimo Cuore di Gesù, nostro Sposo, mi è del tutto aperta, tranne un angolo segreto, dove non ho meritato di penetrare. Quello che colà si trova è riservato alle anime che sulla terra hanno amato totalmente Dio, da farne conoscere con zelo i beni che avevano ricevuti, perchè fosse maggiormente glorificato. Io non ebbi questa carità, ma ho goduto da sola, in segreto col mio Diletto, i beni di cui mi favoriva, così non posso penetrare in quel tesoro nascosto! ».
Geltrude chiese allora: « Quando i tuoi e i miei amici m’interrogheranno su quanto io so dei tuoi meriti, cosa devo rispondere, poichè la parola male sa tradurre simili dolcezze? ». Ella rispose: « Se tu avessi aspirato ii profumo di mille fiori, che cosa potresti dire se non che hai goduto e grandemente goduto delle fragranze di ciascuno? Così, dopo d’aver avuto una debole idea della mia gloria in cielo, tu non potrai dire altro che questo, che per ciascuno dei miei pensieri, parole, opere, il dolcissimo e fedelissimo Amico delle anime mi ha accordato una magnifica ricompensa, infinitamente superiore ai miei meriti».
CAPITOLO XI
Angeli e Demoni, la retta fede della Chiesa. Catechesi di Giovanni Paolo II, Catechismo della Chiesa Cattolica/ Libreria Editrice Vaticana, Chirico Napoli
6 novembre 2019GLI ANGELI MESSAGGERI DI DIO
Una speciale realizzazione dell’«immagine di Dio»
1. Nella precedente catechesi ci siamo soffermati sul¬l’articolo del Credo col quale proclamiamo e confessiamo Dio creatore non solo di tutto il mondo creato, ma anche delle «cose invisibili», e ci siamo intrattenuti sull’argo¬mento dell’esistenza degli angeli chiamati a dichiararsi per Dio o contro Dio con un atto radicale e irreversibile di adesione o di rifiuto della sua volontà di salvezza.
Stando sempre alla Sacra Scrittura, gli angeli, in quan¬to creature puramente spirituali, si presentano alla rifles¬sione della nostra mente come una speciale realizzazione dell’«immagine di Dio», Spirito perfettissimo, come Gesù stesso ricorda alla donna samaritana con le parole: «Dio è spirito» (Gv 4,24). Gli angeli sono, da questo punto di vista, le creature più vicine all’esemplare divino. Il nome che la Sacra Scrittura loro attribuisce indica che ciò che più conta nella Rivelazione è la verità sui compiti degli angeli nei riguardi degli uomini: angelo («angelus») vuole infatti dire «messaggero». L’ebraico «malak», usato nell’Antico Testamento, significa più propriamente «dele-gato» o «ambasciatore». Gli angeli, creature spirituali, hanno funzione di mediazione e di ministero nei rapporti che intercorrono tra Dio e gli uomini. Sotto questo aspet¬to la Lettera agli Ebrei dirà che al Cristo è stato affidato un «nome», e quindi un ministero di mediazione, ben superiore a quello degli angeli (cfr. Eb 1,4).
Araldo del Divino Amore, Libro V /Capitolo IX
31 ottobre 2019SI PARLA DELLE ANIME DI G. E DI S. CHE IL SIGNORE COLMO’ DELLE SUE GRAZIE
Secondo la S. Scrittura, ciascuno sarà punito nel modo con cui ha peccato e ciascuno sarà ricompensato secondo avrà ben agito e ben sofferto. A profitto del lettore, aggiungiamo quanto segue.
Nel Monastero vi furono due malate contemporaneamente. Una così evidentemente affetta da etisia, che venne circondata, com’era conveniente, da ogni sollecitudine.
L’altra, avendo una malattia non ben definita e meno grave, non fu curata con la stessa premura.
Ma, essendo assai spesso falso il giudizio umano, avvenne che quest’ultima; della quale si sperava la guarigione, morì un mese prima dell’altra. Al termine dei suoi giorni, ella si era santificata, in pazienza grande e acceso fervore, ma non era ancora perfettamente pura; perciò l’infinita tenerezza del nostro amorosissimo Signore, che non può soffrire ombra di macchia in una Sposa, volle purificarla della poca premura che aveva avuto nel ricevere il Sacramento della Confessione.
Infatti non sentendosi colpevole di peccato grave, ella aveva trascurato di farsi assolvere dal Sacerdote, per togliere dall’anima quella polvere di venialità, che è inerente alla fragile natura umana. Talvolta aveva perfino simulato di dormire, quando arrivava il Sacerdote, per non ricevere tale Sacramento.
Ecco come il fedelissimo Amico delle anime la purificò; nel momento in cui stava per entrare con gioia nella camera nuziale dell’eternità.
Appena ella ebbe chiesto ansiosamente il confessore perdette l’uso della parola. Lo spavento che provò al pensiero di dovere, dopo morta, espiare le colpe che non poteva confessare, bastò a purificare la sua anima. Allora tutta bella e immacolata, quell’anima diletta da Dio, si svincolò dalla prigione del corpo per entrare, raggiante di gloria incomparabile, nel palazzo celeste. Tale entrata in cielo diede luogo a molte rivelazioni: noi ne citeremo soltanto una per l’edificazione del lettore.
Quando quell’anima arrivò davanti al trono di gloria, il Signore volle, con privilegio particolare, disporla Lui stesso a ricevere ciascuna ricompensa, che voleva accordarle; si mostrò simile a una tenera madre che colma di carezze il bimbo malato, per fargli accettare la medicina che deve guarirlo. Il Signore agiva in tal modo per ricompensare la pena che aveva provato talora vedendo che, mentre si usava ogni delicatezza alla consorella malata, non si aveva punto riguardo per lei.
Gesù chiese allora a quell’anima beata: « Dimmi, figlia mia, che vuoi che faccia per la tua compagna? Quale consolazione brami che le prodighi? Sulla terra ella poteva scegliere il cibo che più gradiva e tu, che ne avresti desiderato un altro, ti adattavi alla sua scelta. Adesso lascio a te la scelta della consolazione e dei benefici che intendo accordarle a Ella rispose: « O mio dolcissimo Gesù, dalle tutto quello chi accordi a me stessa, perchè non so immaginare niente di migliore». E il Signore l’assicurò, con bontà, che l’avrebbe accontentata.
Un mese dopo morì l’altra consorella che apparve in una luce meravigliosa di bellezza, all’indomani della sua morte. Quello splendore le conveniva perchè, durante tutta la vita, era stata ricca d’innocente semplicità, sempre intesa alla fervente osservanza della S. Regola.
Le restava però ancora una macchia perchè, come dicemmo, durante la malattia si era compiaciuta in qualche superfluità e dei piccoli doni, gentilezze e conforti che le Suore le avevano prodigato.
Ecco come venne purificata. Sembrava stare alla porta del cielo, rivolta verso il Re di gloria, che a lei si manifestava nella sua incomparabile avvenenza, dolce ed amabile al di là di ogni umana espressione.
Egli attirava l’anima che pareva venir meno per il desiderio di incontrare Lui; ma non poteva giungervi, perchè ritenuta alla soglia da chiodi che trattenevano a terra i suoi abiti, simbolo delle mancanze leggere che aveva commesse durante la malattia.
Angeli e Demoni, la retta fede della Chiesa. Catechismo di Giovanni Paolo II, Catechismo della Chiesa Cattolica.(Liberia Editrice Vatina, Chirico Napoli)
31 ottobre 2019DIO, CREATORE DEGLI ANGELI, ESSERI LIBERI
Un atto dell’amore eterno di Dio
1. Proseguiamo oggi la nostra catechesi sugli angeli la cui esistenza, voluta da un atto dell’amore eterno di Dio, professiamo con le parole del simbolo niceno-costantinopo-litano: «Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili».
Nella perfezione della loro natura spirituale gli angeli sono chiamati fin dall’inizio, in virtù della loro intelligenza, a conoscere la verità e ad amare il bene che conoscono nella verità in modo molto più pieno e perfetto di quanto non sia possibile all’uomo. Questo amore è l’atto di una volontà libera, per cui anche per gli angeli la libertà significa possibilità di operare una scelta a favore o contro il Bene che essi conoscono, cioè Dio stesso. Bisogna qui ripetere ciò che già abbiamo ricordato a suo tempo a proposito dell’uomo: creando gli esseri liberi, Dio volle che nel mondo si realizzasse quell’amore vero che è possibile solamente sulla base della libertà. Egli volle dunque che la creatura, costituita a immagine e somiglianza del suo Creatore, potesse nel modo più pieno possibile rendersi simile a lui, Dio, che «è amore» (1Gv 4,16). Creando gli spiriti puri come esseri liberi, Dio nella sua Provvidenza non poteva non prevedere anche la possibilità del peccato degli angeli. Ma proprio perché la Provvidenza è eterna sapienza che ama, Dio avrebbe saputo trarre dalla storia di questo peccato, incomparabilmente più radicale in quanto peccato di uno spirito puro, il definitivo bene di tutto il cosmo creato.
Araldo del Divino Amore, Libro V: Capitoli VII e VIII
28 ottobre 2019LIETO TRAPASSO DI M. DI SANTA MEMORIA
Quando S. M. di santa memoria giunse ai suoi ultimi istanti, Geltrude pregava con la Comunità e diceva fra l’altro a Gesù: « Perchè, amatissimo Signore, non esaudisci le preghiere che inalziamo per essa? ». Egli rispose: « Il suo spirito spazia in tali altezze da non poter essere consolato in modo umano ». Geltrude Insistette: « In virtù di quale giudizio? ». E il Signore: «Ho messo il mio segreto in essa, come ebbi già, il mio segreto con essa ». La Santa persistette nel voler sapere come quell’anima si sarebbe sciolta dal corpo. Gesù le disse: « La mia divina virtù l’assorbirà, come il sole cocente una goccia di rugiada.» Geltrude volle anche sapere perchè Gesù la lasciava in preda al delirio. Il Salvatore rispose: « Per mostrare che la mia azione agisce più nell’intimo dell’anima che alla superficie ». E Geltrude: « La tua grazia, o Gesù, potrebbe raggiungere lo stesso effetto illuminando i cuori ». Egli spiegò: «Come mai questa grazia agirebbe su coloro che non scendono mai nella profondità della loro anima, ove è mia abitudine infondere la grazia? ». Geltrude pregò poi il suo Sposo divino di concedere a Suor Matilde il dono dei miracoli, almeno dopo la morte, per la gloria di Dio, e per confermare le sue rivelazioni, confondendo così gli increduli. Allora il Signore, tenendo il libro delle rivelazioni di Matilde con due dita, disse: « Forse che non mi è dato riportare vittoria anche senza armi? » E aggiunse: « Quando l’ho creduto. necessario, ho sottomesso i popoli e i regni con grandi prodigi, Coloro che hanno esperimentato l’effusione della mia grazia, possono oggi facilmente prestare fede prudente alle rivelazioni. Non posso però soffrire i perversi che contraddicono questi scritti; del resto trionferò di essi come degli altri ».
Geltrude capì allora come il Signore veda con dolce riconoscenza le anime fedeli credere senza difficoltà all’abbondante effusione della grazia che riversa sugli eletti, non secondo il loro merito, ma secondo l’infinita bontà del suo Cuore.
Mentre veniva conferita l’Estrema Unzione alla morente, Geltrude vide Gesù toccare con la mano il cuore di Matilde, dicendo: « Quando questa mia felicissima Sposa sarà sciolta dal corpo e immersa nell’oceano donde è uscita, diffonderò le onde abbondanti della mia beatitudine su coloro che la affezione ha condotto intorno al suo letto ».
In seguito, prolungandosi l’agonia, Geltrude con altre suore perseverava in preghiera vicino a Matilde. Ella conobbe che il Signore arricchiva le persone presenti con tre benefìci: il primo era il compimento dei loro giusti desideri, il secondo un aiuto speciale che riceverebbero per correggere i loro difetti (queste due grazie dovevano essere più facilmente ottenute in quel luogo, per i meriti di Matilde). Il terzo beneficio fu l’ampia benedizione che il Signore diede a tutti stendendo la mano.
Geltrude meditava quelle cose con profonda gratitudine, quando alcuni momenti dopo, vide il Signore delle virtù, il Re di gloria, più avvenente degli Angeli e dei Santi, stare seduto a capo del letto e ricevere nel suo sacratissimo Cuore, dal lato destro, il respiro che, quasi brillante arco d’oro, sfuggiva dalle labbra dell’agonizzante. Dopo d’avere goduto a lungo di quella deliziosa visione, mentre si ricominciarono i salmi: « Deus, Deus meus respice in me » (Sal. XXI) e precisamente alla fine del salmo: « Ad Te levavi animam meam » (Sal. XXIV) il Signore si chinò sull’agonizzante e, con infinita tenerezza, l’abbracciò due volte, quale amatissima Sposa.
Durante la recita dell’antifona « Ut te simus intuentes – Affine che noi possiamo vederti », la gran Madre di Dio, l’illustre Vergine di stirpe regale, apparve ammantata di porpora: si inchinò teneramente sulla Sposa del suo Figlio e, prendendole la testa con le due mani, la dispose in modo che il suo respiro potesse giungere direttamente al Cuore divino.
Mentre si recitava la breve invocazione: « Ave, Jesu Christe, Verbum Patris – Salve, o Cristo, Verbo del Padre », il Signore apparve trasfigurato in una meravigliosa chiarezza, col volto raggiante come il sole nel più splendido meriggio. A tale vista Geltrude ebbe un trasporto di ammirazione, ma rientrando ben presto in se stessa, vide la rosa brillante del cielo, la Vergine Maria che, gioiosa di mirare il Figlio suo unito a quella nuova amabile Sposa, lo stringeva fra le braccia, baciandolo con tenerezza.
Geltrude comprese allora che l’unione eterna era consumata per Suor Matilde. La sua bell’anima, assetata di Dio, era stata introdotta nella cella traboccante di felicità paradisiaca, ove si trovava per sempre immersa nell’abisso infinito della vera beatitudine.
CAPITOLO VIII
SI NARRA DELL’ANIMA DI M. B. CHE VENNE SOCCORSA DAI SANTI
Angeli e Demoni, la retta fede nella Chiesa.Catechesi di Giovanni Paolo II; Catechismo della Chiesa Cattolica
28 ottobre 2019Oggi, come nei tempi passati, si discute con maggiore o minore sapienza su questi esseri spirituali. Bisogna riconoscere che la confusione a volte è grande, con il conseguente rischio di far passare come fede della Chiesa sugli angeli ciò che alla fede non appartiene, o, viceversa, di tra-lasciare qualche aspetto importante della verità rivelata.
Giovanni Paolo II
Il male non è più soltanto una deficienza, ma una efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa.
Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscere l’esistenza della terribile realtà, misteriosa e paurosa del Male; ovvero chi ne fa un principio a sé stante, non avente essa pure, con ogni crea¬tura, origine da Dio, oppure la spiega come una pseudorealtà, una personificazione concettuale o fantastica delle cause ignote dei nostri malanni.
Paolo VI
Il mio Ideale : Gesù, Figlio di Maria.( Padre Emilio Neubert, Santo Marianista).Libro IV, Capitolo IX
26 ottobre 2019«NEL TUO NOME GETTERÒ LA RETE»
Maria: Figlio mio, ti ho indicato i mezzi che devi adottare nell’esercizio del tuo apostolato, ma non ti ho ancora parlato della fiducia che ti deve sempre animare nella tua attività apostolica. Considerando la tua debolezza e la difficoltà del compito che ti è affidato, ti domandi talora di che cosa sarai capace. Certamente di nulla da solo, ma di cose meravigliose insieme con me. Non ha forse fatto grandi cose per me l’Onnipotente appunto perché ha guardato l’umiltà della sua serva? Non hai letto come Dio abbia scelto per confondere i sapienti coloro che il mondo considera insensati, e per confondere i forti coloro che il mondo considera vili?
2. Ascolta e rifletti. Voglio insegnarti due verità che ti infonderanno una fede incrollabile nell’efficacia della tua missione, una fede da trasportare le montagne. In primo luogo devi essere convinto che il tuo apostolato è il mio apostolato, che i tuoi interessi sono i miei interessi. A me, non a te, Dio ha affidato la missione di schiacciare la testa al serpente e di stabilire nel mondo il regno di suo Figlio: tu non fai altro che partecipare alla mia missione. Si tratta di salvare i miei figli e non i tuoi. Una madre desidera la salvezza dei figli certamente più di quanto non possa desiderarla un estraneo! Gli interessi di Gesù stanno infinitamente più a cuore a me che a te. Anche se tu ti mostrassi freddo riguardo al frutto delle tue fatiche, io certo non potrei rima-nere indifferente poiché è di Gesù che si tratta e degli altri miei figli. Ora io sono onnipotente per l’onnipotenza di Dio e comunico questa onnipotenza a coloro che operano nel mio nome.
3. In secondo luogo, ricorda ed applica al tuo apostolato ciò che Gesù ti ha spiegato intorno alla fiducia senza limiti che deve informare la tua preghiera. Io ho un’intenzione d’amore riguardo a ciascuna delle tue imprese apostoliche. E questa mia intenzione è sempre più perfetta della tua; poiché ti amo più di quanto tu ami te stesso, ed amo Gesù e gli uomini più di quanto non li ami tu. Ed è un’intenzione che potrai facilmente e infallibilmente raggiungere nella misura in cui agirai nel mio nome. Quindi, quali che siano gli ostacoli che si oppongono alla tua attività, potrai sempre ottenere più di quanto prevedevi, purché agisca in mio nome.
4. Per ottenere questi effetti straordinari non basta lavorare molto: bisogna lavorare nel mio nome. Gli apostoli si erano affaticati tutta la notte senza pescare nulla. Ma appena Pietro ebbe detto a Gesù: «Nel nome tuo getterò le reti», fecero una pesca miracolosa. Quante volte ti sei affaticato invano! Perché? Perché non avevi detto, incominciando: «Nel tuo nome, o Madre». Lavorare nel mio nome vuoi dire lavorare secondo le mie intenzioni e con la coscienza di partecipare alla mia missione e alla mia onnipotenza.
5. Offri a Gesù per mano mia la tua preghiera, i tuoi patimenti perché vengano attuate le mie intenzioni riguardo al tuo apostolato. Prima di intraprendere qualsiasi cosa, invocami e cerca quali possano essere le mie intenzioni così da agire sempre come uno strumento nelle mie mani. Bada però di non equivocare. Quante volte infatti nell’incominciare dichiari di voler agire solo per me, e poi in realtà finisci per seguire le tue personali tendenze. Il frutto delle tue attività apostoliche è assicurato solo se persevererai nella disposizione di voler assecondare le mie intenzioni. Pietro in mezzo alla tempesta aveva cominciato col credere a Gesù che gli comandava di raggiungerlo e sulle prime camminò sulle onde del mare; ma poi pensò ai flutti e a se stesso, ed affondò. Molte volte forse hai cominciato col fare autentici prodigi, ma l’esito finale è stato negativo. La causa è da attribuire al fatto che ad un certo punto hai perso coscienza di essere un mio strumento.
6. Non puoi pensare di continuo a me, è vero. Ma puoi lasciarti sempre guidare dal mio spirito; puoi acquistare una tale disposizione d’animo che se qualcuno ti domandasse: «In nome di chi agisci?», tu potresti rispondere: «In nome di mia Madre». Non arriverai ad avere queste disposizioni se non a prezzo di molti sforzi. Ma almeno rinnova di tanto in tanto la tua intenzione e correggila appena ti accorgi che le tue vedute si sono sostituite alle mie.
7. Dopo l’azione, se ti è riuscita bene ringrazia Dio; se male, esamina te stesso: o non hai agito in mio nome e allora l’esito è veramente negativo; o hai cercato di conformarti alle mie intenzioni e di appoggiarti a me e allora il frutto del tuo operato è soltanto differito e verrà quando a Dio piacerà, e sarà tanto maggiore quanto maggiori sforzi avrai dovuto fare e quanto maggiore fiducia avrai dimostrata. Senza di me non puoi riuscire a nulla; con me non potrai fallire mai.
Invito al colloquio: O Madre mia, credo in te e nella missione che ti ha affidato Gesù. Credo che appoggiandomi a te sarò onnipotente. Fammi toccare con mano l’inutilità dei miei sforzi ogni qualvolta avrò voluto agire nel mio nome e costringermi ad operare unicamente nel tuo! Allora ti aiuterò efficacemente a condurre a Gesù in¬numerevoli fratelli e si compirà quell’augurio che amo ripetere ad ogni ora del giorno e anche di notte quando mi sveglio: «Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo siano in ogni luogo glorificati per mezzo dell’Immacolata Vergine Maria».
IL TUO IDEALE
Gesù: Fratello mio, comprendi adesso il dono che ti ho fatto rivelandoti il mistero della mia pietà filiale verso la Madre mia? Quando t’invitai a darti tutto a lei, seguendo il mio esempio, credevi che con ciò volessi solo esortarti ad amarla un po’ più di prima. Ora, a poco a poco, hai capito che imitare la mia pietà filiale verso di lei vuol dire diventare sotto la sua guida un santo e un apostolo, vuol dire trasformarti in me, Figlio di Dio divenuto Figlio di Maria per la salvezza del mondo.
Invito al colloquio: O Gesù, mio Dio e mio Fratello! O Maria, Madre di Dio e Madre mia! Mi consacro nuovamente a te, senza riserve e per sempre, ma con una conoscenza più chiara dei tuoi disegni su di me e con una volontà più risoluta di eseguirli ad ogni costo. O Gesù dammi la grazia di amare tua Madre e di farla amare come tu la ami e vuoi che sia amata. E tu, o Maria, ottienimi la grazia di amare Gesù e di farlo amare da tutti gli uomini come tu stessa lo ami.
Araldo del Divino Amore, Libro V: Capitoli V e VI
25 ottobre 2019SI PARLA DELL’ANIMA DELLE SORELLE M. ED E.
Due giovanette di nobile nascita, ma ancora più nobili per elevatezza di cuore, sorelle non solo di sangue, ma anche di anima e di virtù, dopo d’aver trascorso l’infanzia nell’innocenza e nella pratica della religione, furono chiamate alle nozze eterne dallo Sposo immortale, mentre erano ancora nel fervore del noviziato.
La prima morì nella festa dell’Assunzione di Maria SS., proprio nel giorno delle sue mistiche nozze; l’altra la seguì un mese dopo. Il loro ultimo combattimento fu gloriosissimo: parole e atti respiravano acceso fervore, divozione ammirabile e volontà eccellente; tanto dell’una come dell’altra si possono narrare grandi cose.
La prima così felicemente spirata il giorno dell’Assunta, apparve a Geltrude: Era davanti al trono di gloria del Signore Gesù, circondata di luce e adorna di vari ornamenti. Ella però stava davanti a Lui come una Sposa timida, tentando di chinare il viso e non osando nè aprire, nè alzare gli occhi, davanti alla gloria di una maestà così grande. Geltrude, spinta da zelo, disse al Signore: « O Dio di bontà, lasci tu cotesta tua piccola Sposa davanti a Te, quasì in contegno di straniera e non la chiami ai dolci tuoi amplessi? ». Tali parole parvero commuovere la tenerezza del Signore, il quale tese le mani verso quell’anima in atto di abbracciarla. Ma essa, con una specie di rispettosa delicatezza, tentava di sfuggire al divino amplesso.
Geltrude, grandemente sorpresa, chiese all’anima: « Perchè mai sfuggi all’abbraccio di uno Sposo così amabile? ». Ella rispose: « Alcune macchie di cui non mi sono ancora purificata, me ne rendono indegna, ma se anche mi fosse dato procedere liberamente verso il mio Dio, la giustizia me lo impedirebbe, perchè sono ancora incapace di unirmi al mio glorioso Signore ».
Geltrude riprese: « Come mai ciò può essere giacché ti vedo già glorificata ed ammessa alla presenza del Signore? » L’anima rispose: « Quantunque ogni creatura sia presente a Dio, pure ciascun’anima può a Lui maggiormente avvicinarsi per mezzo della carità. Ma la beatitudine piena che consiste nella visione e nel possesso della Divinità, nessuno può gustarla se non è perfettamente purificato, e in tale stato non può entrare nel gaudio del suo Signore ».
Un mese dopo, quando la sorella della defunta entrò in agonia, Geltrude pregò molto per essa. Qualche istante dopo la sua morte la vide in un luogo di luce, adorna di abiti rossi, quasi Sposa che fosse sul punto di essere presentata ai suo Signore. Gesù apparve a lei vicino, in aspetto di giovane pieno di vigore e di bellezza: con le sue cinque Piaghe rallegrava i cinque sensi dell’anima, facendole gustare le delizie delle sue consolazioni e divine carezze.
Geltrude chiese al Signore: « O Dio di ogni consolazione, poichè sei vicino a quest’anima e le prodighi tante gioie, come mai la tristezza del suo volto tradisce una sofferenza interna? » Gesù rispose: « Mostrandomi a lei le faccio gustare le delizie della mia Umanità, ciò che non può consolarla, ma soltanto ricompensarla dell’amore che ebbe, negli ultimi istanti, per le sofferenze della mia Passione. Quando si sarà perfettamente purificata delle negligenze della sua vita passata, allora potrà rallegrarsi appieno nella mia Divinità ».
Geltrude insistette: « Come mai le negligenze della sua vita passata non furono riparate a sufficienza con la divozione da lei dimostrata nelle ultime ore, poichè è scritto che, l’uomo sarà giudicato tale quale si troverà all’estremo momento? ». Rispose il Salvatore: « Quando l’uomo giunge in fin di vita, le forze l’abbandonano e non può agire che con la volontà. Se la mia gratuita carità gli dona buon volere e santi desideri, ne ritrae vantaggio grande, ma non tale da cancellare tutte le passate negligenze, come se avesse usato sempre della volontà per migliorare la vita, quando era ancora nella pienezza della salute e dello forze ». Geltrude riprese: « Dolcissimo Gesù, non potresti nella tenera tua misericordia, cancellare tutte le negligenze di questa anima, a cui hai dato, fin dall’infanzia, un cuore affettuoso, ricco di bontà per tutti? ». Il Salvatore spiegò: « Ricompenserò senz’altro la sua tenerezza di cuore e generosa volontà di bene: ma la mia giustizia esige che le minime negligenze siano cancellate ».
In seguito accarezzò teneramente la sua Sposa ed aggiunse: « La mia diletta acconsente volentieri alle esigenze della divina giustizia: quando sarà completamente pura, la gloria della mia Divinità sarà ben sufficiente per consolarla! ». L’anima acconsentì a tali parole, e mentre il Signore pareva ritirarsi nelle profondità del cielo, ella rimase sola allo stesso posto, sforzandosi di elevarsi verso l’alto. Espiava con tale solitudine alcune leggerezze infantili che talvolta le avevano fatto gustare troppo la compagnia delle creature. Gli sforzi poi che faceva per inalzarsi, la purificavano di essersi abbandonata alla pigrizia in certi malesseri corporali.
Un’altra volta Geltrude pregò per lei durante la S. Messa e all’Elevazione disse: « Padre Santo, ti offro l’Ostia divina per quell’anìma, in nome di tutti coloro che sono in cielo, in terra e in purgatorio ». La defunta le apparve allora un po’ più elevata verso il cielo e un grande numero di persone erano davanti a lei in ginocchio, sostenendo l’Ostia con le due mani. L’anima, in virtù di tale offerta, veniva attratta verso la gloria, e gustava gioie ineffabili. Ella disse: « Ora esperimento la verità di quelle parole: nessun bene fatto dall’uomo mancherà di ricompensa, nessun male sfuggirà il castigo, o prima, o dopo la morte. Infatti per avere ardentemente amato la S. Comunione, trovo grande sollievo nell’offerta del S. Sacramento dell’altare che viene fatta a mio vantaggio. Per essere stata buona con tutti, ritraggo consolazione grande da tutte le preghiere che vengono indirizzate a Dio in mio favore. Ciascuna poi di queste disposizioni mi varrà ancora un’altra ricompensa eterna in cielo ».
Quest’anima si elevava così a poco a poco verso il Paradiso, come portata dalle preghiere della Chiesa. Ella sapeva che al momento fisso, il Signore le sarebbe venuto incontro, nella moltitudine delle sue misericordie, per darle la corona regale e condurla alle gioie eterne.
CAPITOLO VI
L’ANIMA DI S. APPARE ASSISA IN SENO A DIO
Il mio Ideale: Gesù. Figlio di Maria.( Padre Emilio Neubert, Santo Marianista). Libro IV , Capitolo VIII
25 ottobre 2019
QUELLI CHE MI FANNO CONOSCERE
Maria: Figlio mio, Gesù ti ha condotto a me affinché, diventando mio figlio prediletto, diventassi mio apostolo. Tutto ciò sarà da lui benedetto. Ma egli vuole non soltanto che tu operi in mio Nome, ma anche che predichi il mio Nome! E ogni qualvolta lo farai darà al tuo apostolato una grazia e un’efficacia specialissima.
2. Essere apostolo vuol dire condurre a Cristo gli uomini, dare Cristo agli uomini. Ora io sono la via che conduce a Cristo; da me Cristo è stato donato al mondo. Se dunque vuoi condurre gli uomini a Cristo più rapidamente, devi indicare loro la via che a lui conduce. Se vuoi dare loro pienamente Cristo, fa’ loro conoscere colei che ha la missione di darlo. Ricorda la tua personale esperienza: malgrado le tue continue infedeltà alla grazia, da quando Gesù ti ha rivelato il mistero della sua pietà filiale, hai costatato in te stesso una meravigliosa trasformazione. Poiché hai trovato la luce, non puoi ora metterla sotto il moggio, ma devi farla risplendere davanti agli uomini. Il segreto della tua vita interiore sarà pure quello della tua vita apostolica: quanto più mi farai intervenire apertamente nella tua attività tanto più abbondanti ne saranno i frutti.
3. Così ha voluto Gesù. Egli poteva darsi agli uomini direttamente; ha deciso invece di darsi loro per mezzo mio. Nella promessa del paradiso terrestre, negli oracoli dei profeti, in casa del Precursore, dinanzi ai pastori di Betlemme, ai Magi, a Simeone ed Anna, alle nozze di Cana, sul Calvario egli ha voluto manifestare sempre anche me mentre manifestava se stesso. E’ per mezzo della Chiesa, suo corpo mistico animato dal suo Spirito, egli non cessa di predicarmi e di indicare come via naturale per trovarlo quella che conduce dalla Madre al Figlio. Anche questo è un aspetto della sua pietà filiale che devi premurarti di imitare.
4. Ti ho spiegato come, soprattutto nei tempi nuovi, Gesù vuole glorificare il mio nome e mediante la mia conoscenza e il mio culto santificare e salvare gli uomini. A questa grande vittoria che egli mi ha destinata avranno una parte speciale coloro che mi faranno conoscere e amare. Fammi dunque conoscere quanto più ti sarà possibile. Questo aspetta da te Gesù.
5. Anch’io mi aspetto molto da te al riguardo. Tanti cristiani non conoscono la loro Madre, o la conoscono pochissimo. Tocca a te rivelarla loro, perché ella possa abbracciare tutti come diletti suoi figli. Tocca a te condurli a lei, perché possa formarli come te a somiglianza del suo primogenito.
6. In che modo potrai farmi conoscere ed amare? Sii pieno di un amore ardente per me e per i tuoi fratelli, il resto verrà da sé. In primo luogo sia manifesto agli occhi di tutti che ti sei particolarmente consacrato al mio culto. Non temere che si scorga nelle tue mani o sul tuo petto il mio rosario o la mia effige, o che ti si veda partecipare a qualche pubblica manifestazione in mio onore. Se nello stesso tempo ti mostrerai cittadino irreprensibile e cristiano senza paura e senza macchia, la tua condotta mi predicherà eloquentemente.
7. Poi, secondo le circostanze, sappi con poche parole esporre le tue convinzioni e la tua personale esperienza riguardo alla vita di unione con me. Nelle conversazioni confidenziali, nella tua corrispondenza sappi discretamente far comparire il mio nome. A coloro che piangono rivela l’immagine della Consolatrice degli afflitti. A coloro che lottano per conservare o riacquistare la loro illibatezza, raccomanda il ricorso a colei che tutta pura ha avuto da suo Figlio il privilegio di rendere puri quelli che la invocano. A quanti aspirano ad una vita di intimità con Gesù insegna la via che tu stesso hai percorso per giungere ad una più stretta unione con lui. Ai desiderosi di apostolato spiega la missione apostolica che Dio mi ha affidata e la meravigliosa fecondità che otterranno i loro sforzi se agiranno in mio nome e sotto la mia guida. E se qualche giorno ti sarà dato di potermi far conoscere pubblicamente con la parola o con gli scritti, approfitta premurosamente di questa grazia. La tua parola recherà un messaggio di fiducia, d’amore e di salvezza a tutti gli uomini di buona volontà che la sentiranno, e forse per mezzo di questi a migliaia di altri uomini. «Coloro che mi faranno conoscere, avranno la vita eterna» e la diffonderanno intorno a sé.
Invito al colloquio: Fammi degno di lodarti, o santissima Vergine Maria! Rendimi forte e coraggioso contro i tuoi nemici!
Il mio Ideale:Gesù, Figlio di Maria.(Padre Emilio Neubert, Santo Marianista), Libro IV Capitolo VII
23 ottobre 2019
L’UNIONE FA LA FORZA
Maria: Figlio mio, non rimanere isolato. Unisciti con quelli che hanno le stesse tue aspirazioni. Se ti limitassi a custodire gelosamente nel tuo cuore il sacro fuoco dell’apostolato, finiresti per spegnerlo. Parlando con altri della comune fede e delle comuni aspirazioni, renderai queste più ardenti in te stesso e in essi. L’unione, oltre che infiammare il vostro comune zelo, darà ad esso una forza singolare. Quando lavorerai con un altro, sarai più forte non due ma dieci volte. E quando sarete una schiera ben unita che avanzerà sotto la mia guida, sarete irresistibili.
2. E dove potrai trovare questi compagni animati dallo stesso tuo ideale? Cerca e troverai. Forse ve ne sono intorno a te di già pronti ad accoglierti nelle loro file: unisciti ad essi. Forse intorno a te esistono soltanto forze individuali ed isolate. Cerca di scoprirne alcune in grado di comprenderti. Spesso esistono le une accanto alle altre parecchie persone che hanno le stesse inclinazioni, ma ciascuna di esse si crede sola nel suo genere. Quando, dopo mesi e forse anni di mutuo isolamento, un incontro fortuito le ha fatte riconoscere a vicenda, si meravigliano di essere rimaste così a lungo estranee le une alle altre, pur essendo anime sorelle. Provati a parlare con gli altri di ciò che ti sta a cuore, e vedrai che prima o poi i tuoi tentativi otterranno risposta.
3. Forse non troverai subito delle persone disposte a condividere i tuoi ideali. Del resto i tuoi migliori collaboratori non saranno sempre quelli che avranno risposto per primi e con maggiore entusiasmo alle tue proposte: un giudizio retto, una volontà ferma, la generosità, la prontezza al sacrificio della propria persona valgono molto di più che i subitanei improvvisi entusiasmi. Non dire: «Non c’è nulla da fare in questo ambiente: tutti quelli che mi circondano sono ugualmente indifferenti». Vi sono cuori nobili che si nascondono; vi sono individui generosi che ignorano se stessi. Tocca a te scoprirli e far prendere loro coscienza. Saranno felicissimi nel sentirsi ridestare in fondo al cuore aspirazioni alla perfezione e al servizio di una grande Causa.
4. Proprio quelli che professano le dottrine più opposte alle tue possono essere talvolta i più idonei ad essere un giorno i tuoi colleghi di militanza. Saulo il persecutore non divenne forse il grande apostolo di Cristo? Considera negli uomini non tanto le parole e gli atteggiamenti esteriori, quanto piuttosto l’intima disposizione che li fa parlare ed agire. Un miscredente se è sincero, generoso, ardente, è più atto a dedicarsi con te alla medesima causa che non un cristiano senza nerbo e senza spirito di sacrificio.
5. Può darsi che debba cercare a lungo coloro che potrebbero diventare tuoi soci; che ti richieda molta fatica la loro formazione e che alla fine ti avvenga di provare molte delusioni. Non lasciarti abbattere per questo: Cristo ha dappertutto i suoi eletti; cerca, finché non li abbia trovati.
6. Sulle prime sarete solo un piccolo gruppo. Non importa, purché siate uniti. Non è mai il gran numero che riporta la vittoria finale, ma una minoranza coraggiosa, attiva, ben ordinata e disciplinata. Con una dottrina infallibile e meravigliosamente sublime e l’aiuto onnipotente del cielo, i cattolici hanno mezzi più che sufficienti per avere la meglio sui loro avversari, purché obbediscano a chi ha la missione di guidarli, per far convergere tutte le loro forze al trionfo del bene.
7. E quali sono i capi che devono coordinare la vostra attività apostolica? «Dio ha costituito i Vescovi a dirigere la sua Chiesa». Il Vescovo dei vescovi, il Papa, non tralascia mai di dare chiare direttive in proposito. Da coloro che Cristo ha costituito pastori devi ricevere la parola d’ordine, non da uomini che non hanno ricevuto mandato alcuno e che pretendono di servire la causa della Chiesa con mezzi che ella disapprova. Sappi rinunziare alle tue vedute proprie, per quanto belle esse ti appaiano. Non a te, non a tale o a tale altro laico o anche sacerdote, bensì alla Chiesa è stata promessa l’infallibile assistenza dello Spirito Santo. Comprendi che un bene minore ma reale val più che uno maggiore non mandato ad effetto; che la forza risiede nell’unione e l’unione richiede l’abnegazione e che ciascuno deve preferire il trionfo della causa comune a quello delle sue vedute personali. Medita questa dottrina; conforma ad essa la tua vita e diffondila con la parola.
Invito al colloquio: O Madre, te lo prometto: voglio adoperarmi per tutta la vita ad accrescere il numero dei tuoi collaboratori e a renderli sempre più animati di santo entusiasmo. Ti prometto particolarmente di impegnarmi con docilità e devozione fino alla morte al tuo servizio.
Araldo del Divino Amore, Libro V / Capitolo IV
17 ottobre 2019FELICE MORTE DI S. MATILDE, CANTRICE DEL MONASTERO
Quando Matilde devotissima maestra di coro, ricca di buone opere e tutta piena di Dio fu mortalmente inferma, volle, circa un mese prima del suo trapasso, seguire secondo una sua pia abitudine, l’esercizio della morte, composto da Geltrude. Una domenica, dopo essersi comunicata, ella consegnò la sua ultima ora alla divina misericordia.
Geltrude pregò per lei e vide in spirito, che il Signore aveva attratto per sua divina virtù, l’anima di Matilde e l’aveva poi rimandata al suo corpo per prolungare ancora un po’ la sua santa vita. Geltrude chiese a Gesù: « Perché vuoi, amato Signore, ch’ella rimanga ancora in terra? ». Egli rispose: « Perchè voglio completare ciò che la mia divina Provvidenza ha stabilito di operare in essa. A tal fine ella mi servirà in tre maniere: mi offrirà cioè il riposo dell’umiltà, il banchetto della pazienza e il sollievo di diverse virtù. Per esempio in tutto quello che vedrà e sentirà del prossimo, ne farà motivo dil umiltà, ponendosi al di sotto di tutte, facendomi così gustare un riposo delizioso nel suo cuore e nell’anima sua. Ella inoltre si mostrerà serena nelle sofferenze e tribulazioni, le accoglierà con amore, sostenendo volentieri ogni pena: mi preparerà così un banchetto sontuosamente servito. Infine nella generosa pratica di altre virtù, Matilde mi offrirà un riposo che sarà la delizia della mia Divinità ».
Un’altra volta; dovendosi Matilde comunicare, Geltrude chiese al Signore che cosa avesse in essa operato. Egli rispose: « Mi riposo fra i suoi dolci amplessi, come su di un letto nuziale ». Geltrude comprese che la camera nuziale ove l’anima riposava in Dio e Dio nell’anima, era la disposizione costante che la portava, fra pene e dolori continui, a confidare nella bontà di Dio, a credere che la divina misericordia dirigeva tutto per suo bene, a ringraziare il Signore e ad abbandonarsi con fiducia nella sua paterna Provvidenza.
Siccome Matilde peggiorava rapidamente e verso sera soffriva assai di cuore, veniva compassionata dalle consorelle che s’avvicinavano, vedendola fra tanti dolori. Ma ella le consolò dicendo: « Non piangete e non attristatevi a mio riguardo, mie dilette, perchè compatisco talmente alla vostra desolazione che, se fosse la Volontà del nostro dolce Sposo, vorrei vivere sempre nonostante questi dolori, per potere continuare a consolarvi in tutto ».
Altra volta insistettero presso la malata, perchè prendesse una medicina che si credeva dovesse farle bene. Ella cedette nonostante la sua estrema ripugnanza, ma appena sorbito il farmaco, i suoi dolori. crebbero. Geltrude bramò sapere all’indomani come Gesù avrebbe ricompensato l’amabile accondiscendenza della malata. Il Salvatore rispose: « Col dolore che quella medicina le ha prodotto, ho composto un rimedio salutare per tutti i peccatori del mondo, per le anime del purgatorio ».
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria. (Padre Emilio Neubert, Santo Marianista)./Libro IV, Capitolo VI
17 ottobre 2019
Maria: Figlio mio, impara a parlare da vero apostolo per diffondere intorno a te lo spirito di Cristo. Non dire: «Mi mancano le occasioni». Le occasioni ci sono, ma bisogna scoprirle; e se proprio non ci fossero bisognerà crearle. Figlio della luce, hai forse bisogno di essere addestrato dai figli delle tenebre? Essi sanno ben trovare dappertutto occasioni per diffondere le loro perverse dottrine: nell’intimità di un colloquio, per la pubblica strada, sul posto di lavoro, in viaggio, negli stessi loro passatempi. Ciò che possono quelli per rovinare, non lo puoi tu per salvare? Bada bene: se ti credi incapace di farlo, ciò che ti manca non è l’occasione, ma il sacro ardore dell’apostolato. Vieni a ravvivarlo al Calvario e troverai tante occasioni di farlo sprigionare intorno a te.
2. Per parlare da apostolo, non è necessario predicare. Parla in ogni incontro secondo le tue cristiane convinzioni: a proposito delle persone, delle cose, degli avvenimenti. Pensa coi pensieri stessi di Cristo e non temere di manifestare il tuo pensiero. Discuti raramente; non umiliare mai l’avversario. Esponi con semplicità le tue idee. La verità è per se stessa attraente, perché la verità rende liberi. Per se stessa la verità conquista le menti, perché il suo splendore ne favorisce l’adesione. Non credere che occorrano ordinariamente lunghi discorsi: una breve spiegazione, un modesto consiglio, una semplice riflessione, talvolta una sola esclamazione possono bastare a produrre la luce in una anima sincera.
3. Non ti scordare che a convincere l’avversario gioveranno meno i tuoi argomenti che la tua persona. Parla semplicemente, ma coraggiosamente: tu possiedi la Verità. Ti si senta profondamente convinto di ciò che dici: sarai creduto facilmente se sarai coerente nell’uniformare la tua condotta ai tuoi discorsi. Ti si veda desideroso non di riportare una vittoria, ma di essere utile ai tuoi ascoltatori. Studia senza posa la dottrina di Cristo, per poterle rendere una sempre più credibile testimonianza. Fa’ che sia riconosciuto da tutti il tuo valore professionale: se ti mostrerai competente nella tua arte o professione avrai più credito anche nelle tue convinzioni religiose.
4. Solo con un lungo tirocinio si diventa maestri nell’apostolato della parola. Prima di ogni conversazione pregami di ispirarti ciò che dovrai dire. Dopo la conversazione esamina dinanzi a me se hai saputo rendere qualcuno o migliore o più felice, e prevedi come potresti far meglio un’altra volta. Quanto più docilmente ti lascerai guidare da me in questo tirocinio, tanto più rapidi ed efficaci saranno i tuoi progressi: solo per mio mezzo diventerai un vero apostolo di Gesù.
Invito al colloquio: O Maria, lo confesso, non mi sono dato pensiero, come avrei dovuto, di diffondere attorno a me la dottrina di tuo Figlio, perché nelle mie relazioni con il prossimo non ho cercato altro che me stesso. D’ora in poi penserò a Gesù e a chi mi sta dinanzi. Ti invocherò prima di parlare e tu mi detterai ciò che dovrò dire.
Araldo del Divino Amore.Libro V, Capitolo II /Capitolo III
14 ottobre 2019L’ANIMA DI E. PARAGONATA DAL SIGNORE A UN BEL GIGLIO
Dodici giorni dopo il decesso della beata Priora Geltrude, di santa memoria, morì pure una delle sue care figlie. Questa seconda separazione aggiunse dolore a dolore, perchè era una monaca amabile, cara a Dio e agli uomini, sia per l’incantevole purezza, che per la soavità del carattere e per la grazia dei suoi rapporti con tutti.
Dopo la sua morte, Geltrude, ricordando le delizie che si provavano vivendo con essa, disse melanconicamente a Gesù: « Ohimè, amantissimo Signore! perchè ce l’hai portata via così repentinamente? ». Egli rispose: « Mentre si celebravano i funerali della mia diletta Geltrude, vostra Abbadessa, provai gaudio immenso per la divozione della Comunità nella quale discesi per pascermi fra i gigli. Questo fiore piacque a me più degli altri: tesi la mano per coglierlo, la strinsi per undici giorni fra le mie dita prima di svellerlo. Le sofferenze della malattia ne accrebbero vaghezza e profumo allora lo colsi e adesso forma la mia gioia in cielo ». E il Salvatore aggiunse: « Quando al ricordo del fascino che questa consorella esercitava intorno a sè, ne provate rimpianto, pur tuttavia l’abbandonate serenamente al beneplacito della mia Volontà, allora aspiro anche meglio il profumo di questo giglio, e la mia bontà ve ne ricompenserà al centuplo ».
All’Elevazione dell’Ostia, mentre Geltrude, con affezione di sorella, offriva per la defunta tutta la fedeltà del Cuore di Gesù, ella la vide inalzata a una dignità più grande, come se fosse stata trasferita in uno stato più sublime, rivestita di abiti più luminosi, e circondata di, Angeli più elevati. Geltrude ebbe la stessa visione ogni volta che fece la medesima offerta per l’anima di E. La Santa volle poi sapere dal Signore come mai quella vergine saggia, avesse dimostrato durante l’agonia, con gesti e con parole, un grande terrore della morte. Gesù rispose; « L’ho permesso, per una grazia della mia infinita tenerezza. Infatti, qualche giorno prima, già malata, essa mi aveva pregato, per tuo tramite, di riceverla, subito dopo la sua morte in cielo, e sulla tua parola confidava di ottenere tale privilegio. Volli premiare la sua fiducia. Ma in tempo di giovinezza è facile commettere qualche leggera negligenza, come per esempio, compiacersi in cose inutili ecc. Le sofferenze della malattia dovevano purificarla da queste macchie: così, prima di chiamarla alla gloria del cielo, volli che i suoi dolori la rendessero meritevole dell’immediato ingresso in Paradiso, e permisi che fosse spaventata alla vista dei demonio. Tale angoscia le servì di purgatorio, mentre le sofferenze patite erano un prezioso titolo per meritare la ricompensa dei cieli ». Geltrude Insistette: « E Tu, mio Gesù, speranza dei disperati, dov’eri mai, mentre essa sopportava quegli spaventevoli terrori?». Rispose il Signore: « Io mi ero nascosto alla sua sinistra: ma appena l’ebbi purificata, mi presentai a lei e la condussi meco nel gaudio eterno dei cieli ».
CAPITOLO III
SI PARLA DELL’ANIMA DI UNA GIOVINETTA DEVOTA ALLA SS. VERGINE
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria.(Padre Emilio Neubert, Santo Marianista)/Libro IV, Capitolo V
14 ottobre 2019
IL CONTAGIO DELLA TESTIMONIANZA
Maria: Figlio mio, all’apostolato indiretto della preghiera e della sofferenza, per quanto sia meravigliosamente fecondo, bisogna che aggiunga l’influsso diretto della tua persona su quella dei tuoi fratelli. Credi forse che intenda parlare dell’apostolato della parola. Ma no: l’apostolato della parola è senza dubbio importante; ve n’è però un altro che deve precederlo, accompagnarlo e seguirlo: l’apostolato dell’esempio.
2. Non avrai bisogno di una lunga esperienza per accorgerti che su certi individui l’apostolato della parola, sia pure eloquentissima, riesce inefficace. La parola è feconda solo quando è ricevuta da chi è disposto ad accoglierla. Se cade in un terreno sassoso, o tra i rovi e le spine, come può portare frutto? Ora, per disporre i tuoi simili a ricevere la tua parola, occorre la testimonianza della tua vita. Spesso un atto, un gesto, uno sguardo, un sorriso vale più di qualsiasi discorso.
3. Fa’ stimare nella tua persona la religione che professi. Mostrati sempre dignitoso, compreso della tua cristiana grandezza e della presenza di Dio in te. Fa’ che quanti ti avvicinano sentano che porti dentro qualcosa di misterioso. In mezzo alla generale corruzione la tua virtù sia al di sopra di ogni sospetto. Sii integro e onesto, quando intorno a te non si pensa ad altro che ad arricchire a spese altrui. Sii leale e sincero, quand’anche la menzogna e la dissimulazione fossero diventate quasi una legge universale. Sii coscienzioso e fedele al tuo dovere anche se negli ambienti che frequenti si è generalmente perduta persino la nozione del dovere e della coscienza. Quelli che non hanno la tua stessa fede e quelli stessi che la combattono saranno allora costretti a renderle omaggio col rendere omaggio alla condotta che essa ti ispira.
4. Mostrati quale sei, senza ostentazioni, ma anche senza rispetto umano. Di che dovresti vergognarti? Forse di possedere la verità mentre gli altri professano l’errore? Di aver il senso della tua dignità, mentre gli altri si fanno schiavi di vergognose passioni? Di esser discepolo di Cristo e collaboratore di sua Madre? Temi forse di perdere la stima di coloro che non la pensano e non vivono come te? Ma non ti sei accorto che gli uomini anche più perversi stimano coloro che non si vergognano delle proprie convinzioni personali e ad esse coerentemente conformano la propria vita? Sii cristiano senza paura e senza macchia, e la tua condotta sarà una predicazione vivente e continua.
5. E’ già una bella cosa fare stimare in te la dottrina di Cristo, ma io ti chiedo ancora di più: devi farla amare. Prendi a cuore gli interessi dei tuoi fratelli: rendi loro tutti i servizi che puoi; ascolta i loro lamenti, solleva le loro miserie, cura le loro piaghe; aiutali nel loro lavoro, sii buono e affabile con coloro che ti circondano; dandoti tutto a tutti guadagnerai tutti a Cristo. Se si sentiranno più felici per causa tua non potranno non amare la dottrina che ti avrà fatto dispensatore di felicità. Se frequentando capiranno meglio l’amore, arriveranno a capire meglio Dio pur ignorandone il nome. Dio infatti non è un nome: è l’amore. Aprendosi all’amore, si apriranno quindi a Dio.
6. Per arrivare a darti tutto a tutti non guarderai negli uomini le loro qualità o i loro difetti, le loro virtù o i loro vizi, le loro azioni buone o cattive; vedrai in essi il prezzo del sangue di Gesù e del mio immenso dolore. Li amerai con l’amore stesso con cui li ama il loro Redentore e la loro Madre, e così saprai attirarli all’amore e attraverso l’amore a Dio.
Invito al colloquio: O Madre conosco alcuni tuoi figli la cui vita è una predicazione continua. Io invece, con i miei difetti, sono spesso per gli altri causa di disgusto e di mormorazione. Col tuo aiuto, voglio sforzarmi di predicare Gesù con la mia condotta. Fa’ che con una maggiore coerenza di vita possa contribuire a condurre il prossimo a Gesù.
CONTINUA…..
Araldo del Divino Amore, Libro V (Prefazione di Laspergio, Prologo e Capitolo I)
13 ottobre 2019PREFAZIONE DI LANSPERGIO
Questo quinto libro fornisce salutari rivelazioni che c’insegnano come bisogna prepararsi alla morte, accoglierla con gioia e rassegnazione, implorando l’aiuto di Dio e dei Santi. Si vede anche come l’equa censura della divina giustizia renda a ciascuno, dopo la morte, secondo le opere compiute, quantunque la misericordia di Dio abbia preparato, per quelli che muoiono nella carità, un aiuto potente nelle preghiere e nelle buone opere dei viventi.
In questo libro sono riportate alcune pratiche di devozione utilissime ai defunti, i quali sono soprattutto suffragati dalle offerte attinte nel tesoro infinito dei meriti di Gesù Cristo. E’ una glorificazione meravigliosa della misericordia di Dio, della ineffabile dolcezza della sua bontà che concede a tutti gl’infelici peccatori un rimedio, col quale possono, se vogliono, liberare se stessi e gli altri dalle colpe e dalle pene dovute al peccato.
PROLOGO:
Siccome il Signore rivela talvolta, per il bene dei meriti dei defunti, per eccitarci coi loro esempi a respingere gli ostacoli ed ottenere le eterne ricompense; così ci e parso opportuno raccogliere in questo ultimo libro quanto il Signore volle rivelare a Geltrude, riguardo a parecchie anime. Si parla dapprima dell’affabile, gloriosa, venerabile Abbadessa Geltrude di Hackeborn della quale si è stimolati ad ammirare la vita, quantunque difficile ad imitarla; e spinti a ringraziare il buon Dio che volle colmarla di doni tanto eccelsi.
Il mio Ideale: Gesù , Figlio di Maria. (Padre Emilio Neubert, Santo Marianista)/Libro IV, Capitolo IV
13 ottobre 2019
LA SOFFERENZA REDENTRICE
Maria: Figlio mio, ascolta e comprendi. Voglio insegnarti una dottrina tanto difficile da intendere, anche e soprattutto perché credi di conoscerla già da molto tempo: la dottrina della salvezza per mezzo della Croce. Quelli che si consacrano all’apostolato cristiano sanno che la sofferenza ha un’efficacia grandissima al riguardo: Gesù ha salvato il mondo con la sua passione e morte; per essere la Corredentrice io ho dovuto essere l’Addolorata; i grandi apostoli hanno tutti patito grandi tribolazioni. Ma quando la sofferenza viene a visitarli personalmente, non si ricordano più del suo significato; si meravigliano e si scoraggiano. Per essi come per i Giudei la Croce rimane tuttora oggetto di scandalo. Si illudono forse di poter partecipare all’azione di Cristo Redentore senza partecipare anche alla sua passione?
2. Tu invece, figlio mio, guarda coraggiosamente la croce che ti è destinata. Dovrai compiere duri sacrifici. Dovrai lavorare ed affaticarti, spendere le tue forze e logorare la tua salute al mio servizio. E ciò non solamente per alcune ore o per alcuni giorni, ma finché vi saranno uomini da salvare; non solamente nelle ore di successo e di conforto, ma anche in mezzo alle difficoltà e alle amarezze. E dovrai andare incontro a immolazioni volontarie, dovrai farti vittima in cambio dei fratelli da salvare; e quanto più sterili ed ardui ti appariranno i tuoi sforzi, tanto più vi dovrai aggiungere mortificazioni ed espiazioni volontarie.
3. Sei pronto ad abbracciare questa croce? Forse sì. Ma ecco un’altra croce ben più difficile da portare, perché non te la imponi da te stesso e perché è veramente sconcertante. Le tue intenzioni saranno fraintese, i tuoi disegni scherniti, la tua attività biasimata. Coloro che dovrebbero aiutarti si disinteresseranno delle tue fatiche o tenteranno di distruggere ciò che ti sarai sforzato di edificare; coloro che dovrebbero incoraggiarti ti sconfesseranno o sovverti ranno i tuoi piani. Vi opporranno ogni sorta di ostacoli e poi diranno a chi li vorrà sentire che da molto tempo ne avevano predetto la cattiva riuscita. Se porti volentieri la croce che scegli tu stesso; se ti rassegni facilmente alla croce che ti proviene dalla malattia o dalla povertà; la croce che ti preparano l’ignoranza, la stoltezza o la malvagità degli uomini potrebbe suscitare in te un senso di ribellione. Eppure questa croce, proprio questa, racchiude in sé una maggiore efficacia di redenzione.
4. Considera Gesù. Si è forse imposto da sé la sofferenza con la quale ti ha salvato? O non fu piuttosto il frutto dell’ignoranza, della stoltezza e della malvagità degli uomini, di coloro stessi che per il loro ufficio avrebbero dovuto aiutarlo a salvare la loro nazione?
5. Non ti meravigliare se lo spirito del male si accanisce in questo modo nell’ostacolare le tue imprese: prendendo di mira i miei collaboratori egli in realtà combatte me. Conserva intera la tu a fiducia e il tuo coraggio. La sua sconfitta sarà tanto più completa: gli ho schiacciato il capo e glielo schiaccerò sempre!
6. Bada tuttavia che la sofferenza non ha virtù liberatrice per se stessa, ma solo quando essa è unita a quella di Gesù. Si può dire della sofferenza quello che si dice della tua persona: da te non sei altro che un povero peccatore, unito a Gesù, partecipi della natura divina. Similmente la sofferenza in se stessa è sterile, ma unita alla sofferenza di Gesù, acquista un’efficacia divina.
7. Quando nell’esercizio del tuo apostolato incontri il dolore, vieni a stringerti più intimamente a me. Insieme saliremo al Calvario. Lì, accanto alla Croce del Redentore, intenderai il valore infinito di quella sofferenza che ti sconcertava e ti opprimeva. Anche la sofferenza che ti proviene dall’incomprensione o dalla malignità degli uomini ti riuscirà dolce. In essa vedrai non più gli uomini che l’hanno causata, ma Gesù e sua Madre che ti invitano a condividere la loro missione redentrice, e i fratelli che così avrai modo di salvare.
8. E’ una dottrina molto austera quella che ti sto predicando, figlio mio, ma è una dottrina di fede, di amore e di vittoria. Presumevo forse troppo di te, stimandoti capace di comprenderla?
Invito al colloquio: O Madre, tu conosci la mia vita e il mio terrore per la sofferenza, ma conosci anche il desiderio che ho di amarti e di aiutarti nella tua missione. Quando verrà l’ora della prova, tu mi sosterrai ed allora sarò capace di soffrire tutto ciò che vorrai, perché lo vorrai, per quanto mi debba costare.
Araldo del Divino Amore, Libro IV. Capitolo LIX
7 ottobre 2019NELLA DEDICAZIONE DELLA CAPPELLA
La consacrazione della cappella era stata compiuta. Mentre a Mattutino si cantava il Responsorio: Vidi Civitatem, il Signore apparve in abita pontificale, seduto sul trono episcopale, addossato al muro, col viso rivolto verso l’altare. Aveva gli abiti raccolti intorno alla persona, come se avesse scelto quel luogo per stabilirvi la sua dimora.
Geltrude notò che il Signore era assai lontano dal luogo dove ella pregava e con ardenti desideri cercava di attirarlo vicino. Ma Egli le disse: « Io sono Colui che riempie il cielo e la terra; quanto maggiormente riempirò questa piccola casa! Non sai tu che l’arcere fissa più attentamente il punto d’arrivo della freccia, che quello di partenza? Sappi che trovo minor amore là dove sono corporalmente, che là dove l’occhio della mia divinità può riposarsi nel tesoro di un’anima amante ».
Allora, meraviglia!, nonostante la distanza, toccò l’altare come se fosse stato vicino, e disse: « E’ qui ed è là! ». « Colui che cerca sinceramente la grazia mi troverà nei miei benefici; colui che cerca fedelmente il mio amore, mi riconoscerà nelle profondità della sua anima! ». Queste parole fecero comprendere a Geltrude che c’è grande differenza fra coloro che cercano il benessere del corpo, e la salvezza dell’anima secondo le brame della loro volontà, e quelli che si abbandonano con fiducia incondizionata alle cure provvidenziali del divino amore.
Durante la S. Messa, mentre si cantava « Domus mea, domus orationis vocabitur – La mia casa sarà chiamata casa di preghiera » il Signore posò la mano sul suo Cuore e disse con tenerezza: « Sì, lo proclamo: ‘In mea omnis qui petit, accipit – Tutti coloro che in essa domandano, riceveranno’». Poi levò le braccia, stese la mano in mezzo al tempio e stette in quell’atteggiamento, come per mostrare che continue grazie sarebbero scese da quella Mano benedetta.
Durante la settimana, mentre all’antifona del Benedictus si cantavano le parole: « Fundamenta templi » gli spiriti celesti apparvero sulle cornici della Chiesa. Bellissimi, riccamente vestiti, deputati alla custodia del tempio, per fugarne i nemici. Sfiorandosi a vicenda con le ali d’oro, facevano risuonare una dolce melodia in onore della Divinità. Essi discendevano alternativamente dalla sommità al basso dell’edificio, per mostrare con quale tenerezza occupavano quel luogo, vigilando i loro futuri concittadini, per preservarli dal male.
Nella festa della dedicazione di quella Cappella, Geltrude, quantunque obbligata a letto, si sforzò di recitare il Mattutino come aveva fatto anni addietro, per una speciale grazia del Signore. Bramava che i nove cori angelici venissero a supplire alle sue deficienze, rendendo a Dio degne lodi e fervorosi ringraziamenti.
Sarebbe troppo lungo descrivere le delizie gustate dalla Santa. Ella vide un fiume le cui acque limpide, lievemente increspate, si diffondevano nell’immensità dei cieli. La luce divina, simile a fulgentissimo sole, si rispecchiava in quelle acque, sì che le mille ondulazioni brillavano come astri. Quel fiume simboleggiava la grazia della divozione, che le era stata elargita dal Signore con tanta abbondanza; la ondulazione delle acque voleva significare la varietà dei pensieri ch’ella si sforzava di volgere a Dio.
Il Re della gloria s’inchinò, immerse nel fiume un calice d’oro e lo ritrasse colmo, per darlo da bere a’ suoi Santi. Essi, dopo d’avervi attinto un rinnovamento di gioie e di delizie, cantarono lodi e ringraziamenti per i favori accordati a Geltrude dal distributore di ogni bene. Dal fondo, del calice uscivano delle cannule d’oro, che si dirigevano verso quelle anime caritatevoli, le quali, con grande bontà, si erano sacrificate perchè la Santa potesse liberamente servire Dio; altre cannule si dirigevano verso le anime che, con speciale fervore, si erano raccomandate alle sue preghiere.
Geltrude disse a Gesù: « A che serve che io veda e comprenda tutte queste cose, se poi tali care anime non le capiscono affatto? ».
Rispose Gesù: « E’ forse inutile che un previdente padre di famiglia raccolga nelle sue cantine del buon vino, sotto pretesto che non può berlo ad ogni istante? Avendolo alla mano quando gli occorre, potrà berne a piacimento. Così quando, pregato dai miei eletti, accordo grazie ad altre anime, esse non sentono subito il gusto della divozione; tuttavia è certo che, a tempo opportuno, esperimenteranno il benefico influsso della mia carità.
Si racconta di una S. Messa che il Signore Gesù celebrò in cielo per una Santa Vergine chiamata Trude, mentre ella viveva in terra.
Era la domenica Gaudete in Domino, terza d’Avvento Geltrude, dovendo comunicarsi, lamentava tristemente di non poter assistere alla S. Messa.. Gesù ebbe compassione della sua Sposa e, consolandola teneramente, le disse: « Vuoi tu, o mia diletta, che io stesso canti per te la S. Messa? ». Rispose Geltrude: « Oh, sì, dolcezza suprema dell’anima mia, te ne supplico, fammi questo immenso favore! ». « E quale Messa desideri ascoltare? » chiese il Signore. « Quella, Gesù, che Tu stesso brami cantare ». « Vuoi forse la Messa in medio Ecclesiae? » (Messa di S. Giovanni evangelista). « No » rispose Geltrude. E siccome Egli le proponeva parecchie altre Messe che Geltrude non accettava, le chiese infine se bramasse ascoltare la Messa Dominus dixit (la Messa di mezzanotte del S. Natale), ma la Santa rifiutò ancora.
Allora Gesù insistette con dolcezza, dicendole: «Potrei a ogni parola dell’Introito darti illustrazioni interiori che ti consolerebbero meravigliosamente ».
Mentre Geltrude chiedeva come mai ciò sarebbe avvenuto, essendo le parole di quell’introito adatte solo al Figlio di Dio, il Signore, con i suoi Santi, intonò ad alta voce l’Introito della domenica corrente, dicendo: « Gaudete in Domino, semper – Rallegratevi sempre nel Signore », eccitandola a rallegrarsi ed a porre in Lui ogni sua gioia. Poi s’assise sul trono della sua maestà regale, e la vergine, prostrandosi, baciò con tenerezza i suoi piedi.
Intonò poi a voce chiara: Kyrie eleison e due principi illustri, dell’ordine dei Troni, vennero a prendere la Vergine per condurla davanti al Padre celeste. Ella si prostrò con la faccia e terra, adorandolo profondamente. Il Padre, al primo kyrie, le rimise misericordiosamente ogni peccato commesso: per fragilità. Dopo di che due Angeli la rialzarono sulle ginocchia, e col secondo kyrie meritò di ricevere il perdono delle colpe d’ignoranza. Gli Angeli la rizzarono quindi completamente in piedi; ma ella si chinò per baciare le orme dei passi di Gesù, e ricevette la remissione di tutti i peccati commessi con malizia. Ed ecco giungerei due dignitari dell’ordine dei Serafini, i quali, ponendosi si fianchi della Vergine, le fecero scorta fino al Salvatore Gesù, che l’accolse con teneri amplessi, serrandola al suo divin Cuore.
Geltrude allora con fervente desiderio, attrasse a sè tutti i diletti prodotti dalle tenerezze degli uomini, e al primo Christe eleison li prese nel suo cuore, per poi deporli nel Cuore divino, come nella vera sorgente da cui procedono tutte le delizie create. Allora avvenne come una mirabile fusione di Dio nell’anima e dell’anima in Dio, in modo che, durante il suono delle note discendenti, il Cuore divino scorrever nell’anima, e durante quello delle note ascendenti, l’anima risaliva deliziosamente verso Dio.
Al secondo Christe eleison la Vergine raccolse in sè tutte le dolcezze gustate negli umani amplessi, e le offrì al suo unico Diletto, con un soave bacio, deposto su quelle sacre labbra che distillano il miele. Al terzo Chriate eleison, il Figlio di Dio, estendendo le mani, unì il frutto della sua santissima vita alle opere della sua diletta sposa.
Infine due principi elevatissimi del coro dei Serafini s’avvicinarono per prendere Geltrude e presentarla, con riverenza, allo Spirito Santo che penetrò tosto nelle sue tre potenze.
Col primo Kyrie eleison, diffuse nell’intelligenza lo splendore della Divinità, perché conoscesse in tutte le cose la sua adorabile Volontà.
Araldo del Divino Amore/ Libro IV-Capitolo LVIII
5 ottobre 2019FESTA DELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA
Nella festa della Dedicazione della Chiesa, mentre si recitavano a Mattutino quelle parole: « Regina Saba venit ad Regem Salomonem – La regina Saba andò a trovare il re Salomone » e « cum gemmis virtutum – con perle di virtù », Geltrude fu tocca di compunzione e disse al Signore: « O Gesù, infinitamente buono, come potrei io, così piccola e senza virtù, giungere fino a Te? ». Le rispose il Salvatore: « Dimmi, non sei stata mai ferita da lingue maldicenti? ». Ed ella: « Eh sì, caro Gesù! Le mie colpe; purtroppo, hanno dato sovente al prossimo motivo di scandalo ». « Ebbene – aggiunge il Salvatore – adornati delle parole dei tuoi detrattori, come di altrettante virtù. Allora verrai a me, e la mia compassionevole tenerezza ti riceverà con bontà. Più si biasimerà senza motivo la tua condotta, più il mio Cuore ti darà prove d’amore, perchè sarai somigliante a me, che fui duramente colpito dai calunniatori ».
Durante il Responsorio Benedic, il Signore la introdusse in un luogo d’incomparabile splendore: era lo stesso suo Cuore, disposto in forma di casa, dove ella doveva celebrare la festa della Dedicazione. Entrata che fu, si sentì venir meno per le delizie che ivi gustava. Disse a Gesù: « Mio dolcissimo Sposo, se tu avessi introdotto l’anima mia in un luogo calpestato dai tuoi piedi sacratissimi, sarebbe stata assai dolce cosa per me. Ma come posso ringraziarti dello stupendo favore che mi accordi in questo momento? ». Rispose il buon Maestro: « Poichè tu cerchi spesso di offrirmi la più nobile parte di te stessa, cioè il cuore, così trova giusto che tu abbia a godere gioie ineffabili nel mio, perchè io sono per te il Dio che si fa tutto a tutti, in ogni cosa. Io sono forza, vita, scienza, nutrimento, vestito e tutto quanto un’anima amante può desiderare ». Ed ella: « O mio Dio, se il mio cuore si è totalmente abbandonato ai desiderii del tuo, è ancora un puro effetto della grazia ». « E’ naturale – rispose, Gesù – che colmi delle mie ricompense l’anima che ho prevenuta con le benedizioni della mia dolcezza; se poi l’anima si abbandona a me perchè compia ogni volere del mio Cuore, a mia volta mi conformerò ai desideri del suo ».
Mentre gustava in quella divina casa gaudio celestiale, le parve che fosse costruita con pietre quadrate di vario colore; esse erano congiunte non col cemento, ma con legami d’oro; e luci stupende brillavano in ciascuna. Geltrude allora comprese che le grazie speciali accordate a ciascun eletto, procuravano a tutti i beati dolcezze piene d’incanto. La disposizione delle varie gemme nel divin Cuore, simboleggiava la predestinazione di ciascun eletto, e la necessità che essi hanno di sostenersi a vicenda, come fanno le pietre di un muro maestro. La Santa capì anche che l’oro che teneva unite quelle gemme era la carità, con la quale i fedeli devono sorreggersi gli uni cogli altri, unicamente per amore di Dio.
In altra occasione, nella stessa festa della Dedicazione, Geltrude comparve davanti al Signore, Re dei re, simile alla regìna Ester, vestita regalmente da fervorose opere spirituali.
Ella voleva pregarlo per il suo popolo, cioè per la Chiesa; il vero Assuero la ricevette con infinita tenerezza, ammettendola nel santuario del suo Cuore dolcissimo.
Il Signore le disse con bontà: « Io ti dono tutta la dolcezza del mio Cuore divino, perchè tu possa distribuirla ad ognuno con generosa larghezza ». Allora Geltrude attinse con la mano nel divin Cuore tesori immensi, e ne asperse i numerosi nemici del Monastero che, in quei giorni, con le loro minacce turbavano la pace della Comunità. Ella conobbe poi che coloro i quali avevano ricevuto anche una sola goccia attinta a quel sacratissimo Cuore, dovevano ben presto pentirsi e giungere, con sincera penitenza, a salvarsi.
Mentre stava pregando per una certa persona con slancio d’amore ancor più intenso, vide che in quell’anima venivano riversati i tesori del Cuore divino: però, più tardi, essi sembravano mutarsi in acque amare. Sorpresa chiese spiegazione a Gesù che le disse: « Non turbarti, figlia mia. Quando si regala del danaro a un amico, egli può spenderlo come vuole; può comperare mele mature o acerbe, ma alcuni preferiscono queste ultime, perchè si possono conservare più a lungo. Così quando, pregato dai miei eletti, concedo grazie ad un’anima, faccio in modo che esse tornino a suo vantaggio. Se è meglio per certuni la sofferenza invece della gioia, tali grazie si mutano in tribulazioni, e perfezionano di più l’anima, secondo il gusto del mio divin Cuore. L’uomo al presente ignora il segreto della mia condotta, ma un giorno lo conoscerà; allora gli sarà dato gustare tante delizie, quanti furono i dolori sofferti per amor mio ».
A Mattutino, mentre Geltrude volgeva la sua attenzione a Dio ed a se stessa, durante il Responsorio: « Vidi civitatem – Ho visto la città », il Signore le ricordò una parola ch’ella ripeteva sovente per animare il prossimo alla confidenza in Dio; e le disse: « Affichè tu sappia con certezza come io amo la confidenza, voglio mostrarti la bontà con la quale ricevo l’anima che, dopo d’aver errato, ritorna a me, piange le sue colpe, proponendo, con la mia grazia, di mai più ricadere ». Dicendo queste parole il Figlio del Re supremo, rivestito con le insegne della sua dignità regale, si avanzò davanti al trono del Padre, e cantò, con voce dolce e sonora il Responsorio: « Vidi civitatem sanctam Jerusaiem ». A tali melodie ella comprese l’ineffabile consolazione che prova il Cuore di Dio quando un’anima propone di evitare colpe e imperfezioni, memore dei benefici di cui Egli l’ha colmata, confusa di essersi da Lui allontanata per mancanza di vigilanza sugli affetti, sulle parole, come riguardo alla perdita del tempo. Ogni volta che l’anima prova tali rimpianti, Gesù, con nuovo trasporto di felicità. e di gioia, canta a Dio Padre le parole di questo Responsorio, o altre analoghe. Parve ancora a Geltrude che il Figlio di Dio fra le parole: « Et audivi vocem magnam de thronos dicentem – Intesi una voce forte che partiva dal trono e diceva », e quelle che seguono, intercalasse il gemito del peccatore che, nella compunzione del cuore, esclamava: « Ahimè, come sono miserabile! Quanto tempo ho passato senza pensare a Colui che mi ama ! » ecc. Il Figlio di Dio, in qualità d’uomo, cantava tali parole su corde basse, in perfetto accordo con la voce del Padre, che sulle corde elevate, proprie della Divinità diceva: « Ecce tabernaculum Dei cum homínibus – Ecco il tabernacolo di Dio tra gli uomini ». Gli spiriti beati ascoltavano tale melodia con profonda ammirazione. Questa visione rivelava che l’anima pentita, che vuole sinceramente fuggire il male e praticare il bene, diventa realmente il tabernacolo nel quale degna abitare, come in casa propria, il Dio di Maestà, lo Sposo dell’anima amante, sempre benedetto nei secoli dei secoli.
Il mio Ideale: Gesù,Figlio di Maria. (Padre Emilio Neubert, Santo, Marianista). Libro IV/ Capitolo III
5 ottobre 2019
Maria: Figlio mio, sappi che in qualunque condizione ti trovi disponi sempre di un’arma apostolica di incalcolabile valore: la preghiera! Tu credi, è vero, che si può essere apostoli sia pregando come predicando. Riconosci che la preghiera è una consolazione e un supplemento all’attività personale per i vecchi, gli infermi e per tutti coloro che non possono dedicarsi alle opere esteriori di zelo. Ma quanto sei lontano dal comprenderne appieno l’efficacia apostolica!
2. La preghiera non costituisce una semplice alternativa, o un degno complemento dell’azione diretta. E’ un’arma apostolica la cui potenza supera di gran lunga quella di qualsiasi attività esteriore. Gesù ha predicato per tre anni; ma prima aveva pregato per trent’anni; e durante i tre anni del suo ministero pubblico non solo passava intere notti in preghiera, ma abitualmente nel suo intimo, mentre le labbra istruivano gli uomini, egli conversava col Padre. Con lui ho cooperato al riscatto del mondo; eppure non ho predicato, non ho governato la Chiesa, non ho fatto miracoli. Ho però pregato e sofferto. E come me Giuseppe ha pregato e sofferto; e senza mai proferire parola che sia registrata in un libro, ha fatto più per la conversione degli uomini che non Giovanni e Pietro e Paolo. Guarda la vita degli uomini apostolici: quelli che hanno convertito più anime sono stati degli uomini di preghiera.
3. Guai all’apostolo che non prega! Bronzo risonante e cembalo squillante, egli si affatica, si consuma, e forse si perde senza fare alcun bene agli altri. E se pure sembra che la sua attività produca frutti di salvezza, lo si deve alle suppliche di qualche anima buona sconosciuta; ma egli non ne avrà alcuna ricompensa.
4. Non ti pare che debba necessariamente essere così? Convertire, santificare o salvare un’anima è opera soprannaturale; l’attività puramente naturale non può da sola produrre frutti soprannaturali. Il soprannaturale è frutto della grazia e la grazia è frutto della preghiera. Quanto più si prega tanto più si ottengono effetti soprannaturali.
5. Dio vuole le opere, laddove sono possibili, come vuole il segno sensibile per produrre la grazia sacramentale. Ma come tutta l’acqua dell’oceano è incapace per se stessa di far rinascere alcuno alla vita nuova di figlio di Dio, così tutte le opere esterne sono incapaci di convertire o di santificare un’anima sola. Come è necessario che la parola del sacerdote accompagni l’atto di infondere l’acqua sul capo del battezzando perché si produca la grazia, allo stesso modo bisogna che la preghiera dell’apostolo accompagni ogni sua opera esteriore. La preghiera può perfino sostituire le opere se queste sono impossibili, come quando, essendo impossibile il battesimo dell’acqua, vi può supplire quello di desiderio.
6. Non è forse onnipotente Dio? Non ha egli infiniti mezzi per far giungere a destinazione la grazia della salvezza? Egli può dare un’efficacia meravigliosa ad un linguaggio semplicissimo; può far trovare in una parola letta o sentita, e forse imperfettamente compresa, in una disgrazia subita, in un fatto comunissimo l’ammaestramento che illumina, commuove e converte; può anche far concorrere gli stessi suoi nemici alla esecuzione dei suoi misericordiosi disegni. Il profeta Balaam era stato mandato per maledire Israele e invece di maledizioni proferì benedizioni. Ciò che manca all’apostolato sono assai meno le opere che la preghiera apostolica.
7. Hai compreso la lezione? E se l’hai compresa, ti sforzi di essere apostolo più con la preghiera che con l’attività esteriore? Ti ricordi ogni giorno di pregare con intenzioni apostoliche? Quando vuoi guadagnare a Cristo qualcuno, ti adoperi per ricercare i mezzi da prendere, le cose da dire, e fai bene; ma pensi soprattutto a pregare, convinto che la buona riuscita della tua impresa dipende piuttosto dal Dio che preghi che dalla tua abilità o dalla tua forza di persuasione?
8. Prega, prega ed impara a moltiplicare le preghiere per la conversione e la santificazione del tuo prossimo. Ad ogni tua preghiera premetti un’intenzione apostolica. Trasforma in preghiera le tue azioni e i tuoi patimenti, offrendoti a Dio per le mie mani secondo le mie intenzioni. Aggiungi a tutto questo l’offerta di tutte le Messe che si celebreranno in tutto l’universo durante la giornata.
9. Prega per i tuoi parenti e per tutti coloro che ti sono cari. Prega per la Chiesa, per il Papa, per i Vescovi, per i Sacerdoti e per tutti i missionari ed apostoli. Prega particolarmente per coloro che si sono impegnati a prestarmi la loro personale collaborazione affinché venga presto il regno di Gesù per mezzo del regno mio. Prega per coloro ai quali hai cercato di fare qualche bene affinché questo bene sia duraturo. Prega per coloro ai quali hai omesso di fare il bene che potevi affinché la tua preghiera compensi la tua negligenza. Prega per coloro che incontrerai durante la giornata affinché tu possa fare loro tutto il bene che potrai.
10. Prega prima di ogni azione perché il Signore dia a ciascuna tutta l’efficacia che egli stesso desidera. Prega quando qualcuna di esse ti appare difficile, così che la tua preghiera corrobori la tua debolezza. Prega anche quando qualcun’altra ti sembra facile, per tema che, fidando solo nella tua naturale abilità, non ottenga alcun frutto soprannaturale. Prega durante tutte le tue attività affinché Dio continui ad operare per mezzo tuo. Prega dopo le attività, per ringraziare Dio se ti sono riuscite bene; o perché ne risulti comunque qualche bene se ti pare di avere lavorato invano, ricordando che quanto più Dio ti costringe a pregare tanto più ti vuole concedere grazie.
Invito al colloquio: O Maria, la tua vita fu una continua preghiera per la gloria del Padre, per la missione del Figlio e per la salvezza degli uomini. Insegnami a pregare come sapevi pregare tu!
Il Tau, significato della croce di San Francesco
4 ottobre 2019
Il Tau è presente nell’alfabeto greco ed è anche l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico.
Il Tau è citato nella Bibbia come simbolo della salvezza Divina in quanto chi è segnato con il Tau sarà salvato:
“Il Signore gli disse: Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono” (Ez. 9,4)
San Francesco amava questa lettera con la quale soleva aprire o chiudere le Sue lettere tanto che:
“Nutriva grande venerazione e affetto per il segno del Tau.
Lo raccomandava spesso nel parlare e lo scriveva di propria mano sotto le lettere che inviava”
(FF. 1079)
Araldo del Divino Amore, Libro IV/Capitolo LVI e LVII
4 ottobre 2019
NELLA FESTA DI S. ELISABETTA
Nella festa di S. Elisabetta, mentre nella Sequenza si cantavano le parole: « Eia mater, nos agnosce: O Madre riconosceteci » Geltrude salutò devotamente la Santa, pregandola di ricordarsi di lei, malgrado la sua miseria. Essa rispose « Ti vedo nello specchio dell’eterna chiarezza, ove brillano magnificamente le intenzioni che dirigono le tue opere ». S. Geltrude aggiunse: « O nobile Signora, dimmi, non diminuisco io forse la tua gloria quando, cantando le tue lodi in questo giorno solenne, non faccio alcuna attenzione a Te, per orientare tutti i miei pensieri verso Colui che ti ha dato tanti privilegi e tanto bene? ». Rispose S. Elisabetta: « Al contrario cotesta tua maniera di fare mi riesce graditissima, perchè l’armonioso suono degli strumenti musicali, ha maggiore pregio del belare delle pecorelle e del muggito dei buoi ».
CAPITOLO LVII
NELLA FESTA DI S. CATERINA, VERGINE E MARTIRE (25 NOVEMBRE)
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria.(Padre Emilio Neubert, Santo Marianista). Libro IV/Capitolo II
4 ottobre 2019
II.
IL SACRO ARDORE DELL’APOSTOLATO
Maria: Sei risoluto ad essere mio apostolo; ma ti stai domandando come ciò sarà possibile nella tua presente condizione. Non sei infatti insignito del carattere sacerdotale, non hai ricevuto, così ti sembra, il mandato di predicare.
2. Ora, guarda intorno a te. Vedi questi propagandisti di dottrine sovversive che si succedono nel mondo e che in pochi anni trascinano dietro a sé milioni di aderenti? Di quale sacerdozio sono essi rivestiti? Chi ha dato loro il mandato di predicare? Per riuscire nel loro intento molti di essi hanno dovuto affrontare gli schemi, le persecuzioni, la prigionia e talvolta il rogo o il patibolo. Si erano fatti diffusori appassionati di un’idea – di una menzogna inventata da Satana – ed hanno raggiunto il loro intento. E tu che sei apostolo di Cristo e di sua Madre dubiti di poter raggiungere il tuo?
3. Non dire che questi seminatori di menzogne avevano buon gioco, bastando loro, per avere successo, assecondare le umane passioni. Tu hai dei mezzi molto più potenti: per rispondere alle aspirazioni più profonde dell’umanità possiedi la dottrina di verità che rende liberi, la dottrina della felicità che sazia il cuore, la dottrina di quel Dio ignoto che essa, nonostante tutto, invoca con suppliche ardenti. Ed hai infine per sostenerti l’onnipotenza del divino aiuto.
4. Assecondavano forse le passioni dei loro uditori i primi predicatori di Cristo presso i Giudei e i Gentili? Non imponevano, al contrario, austere rinunzie ai loro discepoli con l’obbligo di essere pronti a subire le persecuzioni, la prigionia, la spada e il fuoco? Eppure essi convertirono con straordinaria rapidità innumerevoli moltitudini. E questo, perché ardeva loro in petto il sacro ardore dell’apostolato. Se il medesimo ardore avesse animato il cuore dei loro successori, già da lungo tempo il nome di mio Figlio sarebbe stato predicato ad ogni creatura!
5. Bisogna che questo fuoco sacro si accenda in te. Come? e dove? Vieni, seguimi sul Calvario. Mettiti insieme con me di fronte a Gesù Crocifisso. Vedi il suo corpo dilaniato dall’orrendo supplizio: vedi soprattutto il suo spirito straziato in un’agonia mille volte più orrenda. Che cosa lo riempie di questa infinita desolazione? Più di ogni altra cosa, la vista degli uomini per i quali egli versa il suo sangue, e che pure non riceveranno alcun frutto dalla sua passione. Non ne ricaveranno frutto perché resisteranno alla grazia, certo, ma anche perché quelli che dovrebbero continuare in loro favore l’opera della Redenzione non se ne daranno pensiero.
6. Considera pure, figlio mio, l’amarezza del mio dolore. Perché anch’io ho sofferto tanto sul Calvario? A causa dei supplizi che torturavano il corpo di Gesù, non v’è dubbio, ma anche e soprattutto a motivo dell’agonia che lo straziava dentro. Perché contemplavo con lui quella moltitudine di uomini ai quali allora stavo dando la vita, con la tragica prospettiva che si sarebbero persi per sempre.
7. Ma ascolta Gesù che parla: «Donna ecco tuo figlio; figlio ecco tua Madre». Queste parole egli le rivolge a me e a te. «Donna ecco tuo figlio: egli ti aiuterà; sì, ti aiuterà a salvare i suoi fratelli, che senza di lui si avvierebbero all’eterna perdizione. Egli ricondurrà a te questi poveri erranti. Ti assisterà nella tua apostolica missione e ci consolerà entrambe». Hai capito il desiderio di Gesù? Fa’ in modo che lo spettacolo del Calvario ti sia sempre presente e non ti dia mai pace. Risuonino giorno e notte alle tue orecchie il grido di Cristo morente e i gemiti di tua Madre!… Allora imparerai cosa significa essere apostolo!
8. Ricordati bene: sarai veramente apostolo se saprai occupare accanto a me, il posto di Gesù.
Invito al colloquio: O Madre mia, fa’ che non si affievolisca mai in me questo triplice amore: l’amore per Gesù, per te e per i fratelli!
Araldo del Divino Amore, Libro IV. Capitolo LV
3 ottobre 2019
NELLA FESTA DI TUTTI I SANTI
Nella festa di tutti i Santi, Geltrude ebbe illustrazioni speciali che le svelarono i misteri ineffabili riguardanti la gloria della SS. Trinità, facendole comprendere come Essa che non conosce nè principio nè fine, sovrabbondi di beatitudine e procuri a tutti i Santi gaudio, letizia, onore eterno. Non le fu possibile però esprimere ciò che aveva visto tanto lucidamente nello specchio della divina chiarezza; quindi, servendosi di una specie di parabola, rivelò solo quanto segue.
Il mio Ideale: Gesù,Figlio di Maria. (Padre Emilio Neubert, Santo Marianista)/Libro IV, Capitolo I
3 ottobre 2019
MIO COLLABORATORE
I.
LA MIA MISSIONE E LA TUA
Maria: Figlio mio, ascolta bene ciò che sto per dirti e cerca di comprenderne appieno il significato. Debbo rivelarti un mistero, un mistero che ci riguarda entrambi.
2. Quando l’angelo Gabriele mi annunciò che il Figlio di Dio desiderava nascere da me, mi annunciò pure che mio Figlio si sarebbe chiamato Gesù, ossia Salvatore, e allora compresi che questo salvatore voleva associarmi alla sua opera redentrice. Vedevo che col dare la mia adesione alla divina proposta, avrei acconsentito a cooperare non solo al mistero dell’Incarnazione, ma anche a quello della Redenzione. E diedi il mio consenso. Da quel momento fino all’ultimo respiro di Gesù, mi adoperai con lui al riscatto degli uomini: fornendo la sostanza della vittima, allevando la vittima per il sacrificio, unendo le mie suppliche e sofferenze alle sue, la mia volontà alla sua, ed offrendo mio Figlio al Padre celeste per l’immolazione suprema. Gesù era il Redentore, e io la Corredentrice.
3. Ora – intendi bene questo – Dio è costante nelle sue chiamate come nei suoi doni. La collaborazione che prestai a mio Figlio a Nazaret e sul Calvario, debbo continuare a prestargliela fino alla consumazione dei secoli. Avendo dato Gesù al mondo intero nel giorno dell’Incarnazione, debbo darlo ancora a ciascun uomo in particolare attraverso l’avvicendarsi storico delle generazioni. Cooperatrice di Gesù nell’opera della Redenzione, debbo cooperare con lui anche per la salvezza individuale di ciascun uomo. Infatti la Redenzione non è ancora compiuta: bisogna che la grazia della salvezza meritata per tutti sul Calvario sia applicata a ciascun uomo che viene in questo mondo. Ed ecco allora la mia missione sino alla fine dei tempi. Con Gesù ho lavorato all’universale riscatto dell’umanità; con Gesù debbo lavorare alla conversione e santificazione di ciascun uomo.
4. E come potrebbe essere diversamente? Divenendo Madre di Gesù, sono divenuta Madre di tutti coloro che sono chiamati ad essere suoi fratelli. Non debbo io, da vera Madre, prendermi cura della vita e della salute di coloro che ho generato?
5. Come vedi, nel giorno in cui fui assunta in cielo Dio mi affidò una missione apostolica, missione universale come quella della mia cooperazione redentrice e come quella della mia maternità spirituale.
6. Sono la Regina degli apostoli. Lo sono non soltanto perché ho assistito con materno affetto i primi apostoli, non solo perché rendo feconda l’opera dei loro successori, che senza il mio intervento sarebbero incapaci di fare alcun bene agli uomini, ma perché il loro apostolato altro non è che una limitata partecipazione all’apostolato universale che fu affidato a me in primo luogo.
7. Ora l’apostolato è lotta. Debbo infatti strappare ogni essere umano dalle mani di Satana al fine di condurlo per Gesù al Padre. Nel momento in cui il seduttore trionfò dei nostri progenitori, Dio gli predisse appunto la sconfitta in questi termini: «Porrò inimicizia fra te e la Donna, tra la tua stirpe e la sua: essa ti schiaccerà la testa». Gli schiacciai il capo fin dalla mia Immacolata Concezione. Ma quella vittoria fu soltanto la prima di una serie infinita di vittorie. Sino alla fine dei tempi, debbo continuare a schiacciargli il capo. Sono la sua irriducibile avversaria, «più terribile di un esercito schierato in campo».
8. Nella lotta per la salvezza degli uomini gli inflissi dure sconfitte fin dai primissimi tempi della Chiesa. Da allora in poi ho distrutto tutte le eresie nel mondo intero, ed ho ricondotto sulla via della grazia innumerevoli peccatori. Ora, Dio ha voluto che di secolo in secolo la mia opera conquistatrice si facesse più evidente, e vuole che in questi tempi nuovi essa appaia agli occhi di tutti più splendidamente che mai.
9. Sembra che Satana trionfi nel mondo? Non temere: quanto più cresce la sua potenza tanto più manifestamente, secondo i disegni di Dio, debbo intervenire per schiacciargli la testa. Un’immensa vittoria mi è riservata. Il mio regno deve stabilirsi nel mondo intero affinché giunga e più largamente si estenda il regno di mio Figlio. Più ancora dei precedenti, gli ultimi tempi della Chiesa saranno i miei tempi. Si vedranno meraviglie operate da me e per me. Si vedrà Satana stritolato sotto il calcagno della Donna come non lo fu mai. Si vedrà la Chiesa manifestare una fecondità e una forza di conquista che mai ebbe in passato. Si vedrà Gesù regnare su moltitudini sempre più numerose, acclamato da coloro stessi che prima lo combattevano con accanimento.
10. Questa è la parte che mi compete nel mistero che ti volevo rivelare. Ecco ora la parte tua. Dio ha deciso di associare gli uomini, e particolarmente alcuni di essi, alla esecuzione dei suoi amorosi disegni al punto da farne dipendere la riuscita dalla fedeltà dei chiamati alla loro vocazione. Per continuare in terra la missione avuta dal Padre, Gesù ha voluto aver bisogno della collaborazione dei suoi apostoli. E così per compiere la mia missione di far regnare Gesù nel mondo anch’io ho bisogno di ausiliari e di collaboratori. Quando avverranno le cose meravigliose che ti ho annunziate? Allorquando i miei figli comprenderanno l’opera apostolica a me affidata, e saranno pronti a impegnarsi con me e ai miei ordini.
11. Ora che hai compreso la parte che mi spetta, vuoi essere mio collaboratore? Vuoi aiutarmi a strappare alle forze del male i miei figli per condurli a Gesù? Vuoi avere parte alla grande vittoria che mi è riservata? Ad imitazione del tuo divin modello, ti sei dato tutto a me. Mi hai consacrato tutto te stesso, tutta la tua attività. Ora che conosci l’uso che intendo fare della tua persona e delle tue energie, vorrai ritrattare la tua consacrazione?
12. Finora nella pietà filiale verso di me tu scorgevi qualche cosa di simile al tranquillo atteggiamento del bambino sulle ginocchia della madre. Ed ecco invece che ora ti propongo un impegnativo e duro servizio di apostolato! Ma Gesù è stato forse mio Figlio soltanto nella casa di Nazaret? Non era mio Figlio anche quando distruggeva l’impero del principe di questo mondo, e riscattava il genere umano? Non ha egli preso carne nel mio grembo appunto per diventare il Salvatore degli uomini? Egli ti ha chiamato ad essere un mio figlio prediletto, e in quanto tale un salvatore di anime. O sarai un apostolo, o rinunzierai ad appartenermi come figlio.
Invito al colloquio: O Maria, io sono tutto tuo e tutto ciò che ho ti appartiene. Per te e ai tuoi ordini voglio lavorare, lottare, soffrire e morire.
Dal silenzio all’Amore
3 ottobre 2019
“Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16).
Come percepire nel profondo di noi stessi queste parole di divina seduzione, questa appassionata dichiarazione d’ amore di Dio, se il cuore non intraprende l’affascinate avventura del silenzio interiore? O come riconoscere la fonte dell’irresistibile desiderio di Assoluto che ti pervade, dell’insaziabile “sete incarnata” che ti brucia dentro, se non entrando nell’intimo e segreto silenzio della tua “cella interiore” ?
Si, questo incontro d’amore intimo, personale, profondo con Dio avviene quando il cuore, come un deserto, si ritrae dal vacuo fluire della loquacità, dalla lingua dell’esteriorità e superficialità, dal linguaggio inautentico, e si avventura nell’esperienza del silenzio .
Silenzio, non solo assenza di parole ma dimensione interiore che ci restituisce a noi stessi, ci pone sul piano dell’essere, di fronte all’essenziale, rende possibile l’ascolto, l’accoglienza in sé non solo della Parola, ma anche della presenza di Colui che parla, un silenzio che è memoria di Cristo, presenza abituale alla propria coscienza della sua Persona, esperienza dell’inabitazione di Dio promessa da Gesù nel quarto Vangelo quando dice: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Giovanni 14,23).
Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat Veritas
Non andare vagando al di fuori di te, non disperderti nell’esteriorità, ma rientra in te stesso, perché è in te, nel tuo cuore, che abita la Verità. Così esorta S Agostino, con parole ricche di sapienza spirituale.
Tale discesa nella profondità del cuore non è, però, un narcisistico ripiegamento su di sé ma la via che conduce alla verità di noi stessi, del nostro essere creaturale, incarnato nei frangenti del tempo che nella sua essenza e nel suo senso non può che ricondurre al Creatore, a Dio. Tale discesa è anche la via attraverso la quale Egli desidera entrare nei nostri cuori e ridurre al silenzio le tante speculazioni mentali, le rigidità, le agitazioni, far tacere i pensieri, le immagini, le ribellioni, i giudizi, le mormorazioni che nascono nel cuore. Infatti è «dal di dentro, cioè dal cuore umano, che escono i pensieri malvagi» (Marco 7,2).
Questo silenzio profondo oltre a generare in noi, uno spazio per far abitare Dio e la capacità di porsi in ascolto della Sua Parola, dispone all’ascolto intelligente, alla parola misurata, al discernimento del cuore dell’altro, apre la via alla carità, aiuta a vivere l’unico grande comando dell’amore di Dio e del prossimo. Questo silenzio che nutre la carità è adorazione della presenza di Dio, preghiera autenticamente cristiana e gradita al Signore.
Vivendo nell’era della massima comunicazione tendiamo a ritenere che la persona si possa realizzare solo nella misura in cui comunica nel “villaggio globale” raggiungendo il mondo in tutta la sua estensione in modo virtuale, nel giro di pochi secondi. Tale esigenza di comunicazione è certamente buona, tuttavia è proprio questo cammino verso la propria interiorità che diviene itinerario di vera liberazione dalla tirannia del proprio “io”, cammino di conversione. Non è tanto una questione di sforzi per rendersi umili e silenziosi, quanto piuttosto di chiedere con umiltà al Signore di farsi presente e suscitare nel nostro intimo attenzione a Lui e, in Lui, ad ogni persona e ad ogni evento.
Il silenzio interiore allora è una presenza a se stessi piena di Dio, un ambito infinito dove abitualmente l’anima riposa e incontra Cristo nel Suo mistero di comunione con gli uomini e diventa capace, per pura grazia, di accogliere e unirsi ai bisogni degli altri, che sono ormai parte vive della sua relazione con Lui.
Condotto da Dio nel deserto il cuore umano può così affermare che ciò che è l’aria per i polmoni, tale è il silenzio per l’anima sedotta da Dio.
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria. ( Padre Emilio Neubert, Santo Marianista). Libro III/ Capitolo VIII
1 ottobre 2019
IL SEGRETO DELLA RIUSCITA
Maria: Figlio mio, le pratiche e le disposizioni che ti ho raccomandato per identificarti con Gesù saranno efficaci solo a patto che ti lasci docilmente guidare da me. Gesù te l’ha detto: è volontà di colui che mi ha costituita Madre di suo Figlio, che nessuno raggiunga una perfetta somiglianza con lui se non per mezzo mio.
2. Può accadere talvolta che il tuo ardore si raffreddi; il lavoro spirituale ti diventi più penoso, i progressi si facciano più lenti, che ti fermi o che indietreggi. E benché cerchi di ridestarti, finisca per perderti di coraggio. Quale è la causa di tanto languore? Che mezzi prendere per porvi rimedio? Non lo sai. Ebbene, sappi che la prima causa di tutto ciò è invariabilmente un allentarsi della tua unione con me, e che il primo rimedio consisterà pur sempre nel lavorare fedelmente sotto la mia guida. Senza di me non potrai raggiungere la meta; con me vi arriverai di certo.
3. Vuoi che siano efficaci i tuoi sforzi? Vieni sempre a sottopormi ciò che ti proponi di fare e agisci sempre in mio nome. Consultami particolarmente per ogni risoluzione che devi prendere. Domandami che cosa io desideri da te e dimmi quel che vorresti fare.
4. Non ti risponderò, certo, con una rivelazione. Ma se verrai a me con piena fiducia, col sincero proposito di eseguire quello che crederai essere la mia volontà, non ti sarà difficile comprendere se io approvi o no la tua risoluzione. Se l’approvo, deponila nelle mie mani, affinché ti aiuti a mantenerla; in caso contrario, prega e rifletti, e forma un’altra risoluzione più precisa che io possa approvare.
5. Se seguiterai a consultarmi così – purché aspetti veramente la mia risposta e non ti lasci mai trasportare dalla tua naturale smania di agire – ti accorgerai ben presto di fare in questo modo più progressi in pochi giorni di quanti riuscissi a farne prima in parecchi mesi. E se sarai fedele nel volgere lo sguardo verso di me prima di ogni tua azione, io ti dirigerò verso un fine solo: verso Gesù, divenuto vita della tua vita.
Invito al colloquio: O Maria, Madre del Buon Consiglio, illuminami, guidami, assistimi ora e sempre. Amen!
Araldo del Divino Amore, Libro IV. Capitolo LIV
30 settembre 2019NELLA FESTA DELLE UNDICIMILA VERGINI
Nella notte della festa, delle undicimila vergini, Geltrude, sentendo ripetere tante vdlte durante l’ufficio quelle parole « Ecce Sponsus venit: Ecco lo Sposo che viene » ne fu infiammata di fervore e disse a Gesù: «O desideratissimo Signore, ho sentito ripetere queste parole « Ecco lo Sposo che Viene. Dimmi te ne prego, come verrai e che cosa mi porterai»? Rispose Gesù: « Opererò con te e in te: ma dov’è la tua lampada »? Ed ella « Ecco il mio cuore che mi servirà di lampada ». Il Salvatore aggiunse: « Io la riempirò con l’olio del mio divin Cuore». Geltrude insistette: « Quale sarà, mio Gesù, il lucignolo di questa lampada?» « Il lucignolo » spiegò l’amabile Maestro « sarà l’intenzione fervorosa che arderà dolcemente, dirigendo verso di me le tue azioni ». Alle parole « Perpes corona virginum dei Responsorio » « Verae pudicitiae auctor ». Geltrude ringraziò il Signore per i meriti di quelle vergini e per i favori da esse ricevuti. Ella le vide in bianca falange intorno al trono del Signore, dirigendo verso di Lui, raggi splendenti, simbolo della loro gratitudine. Gesù assorbiva quei raggi che poi rifletteva su Geltrude, la quale l’aveva ringraziato per quelle vergini. La Santa comprese allora che quando si ringrazia Dio per la gloria di un Santo, il Signore attinge nei meriti di quell’eletto tesori di grazie, per arricchire l’anima che ha saputo rendergli lode.
Mentre si cantava il Responsorio: Regnum mundi, alle parole: « quem vidi, quem amavi: che ho visto, che ho amato » ella si ricordò di una persona che era tormentata dalla brama di vedere Dio. Disse allora a Gesù: « Quando mai, o benignissimo Signore, consolerai quell’anima in modo che possa cantare con gioia questo Responsorio? ». Egli rispose « Vedermi, amarmi, credere in me è un così gran bene; che nessuno può farlo senza profitto. Quantunque, per la debolezza dell’umana natura, l’anima bramosa di vedermi non può ottenerlo quaggiù, Io però la rimunererò generosamente; infatti la mia Umanità viene, in nome di quest’anima che è Sua sorella, a trovare la Divinità ed a ricevere il gaudio di cui ha diritto e che un giorno, quando la creatura sarà liberata dagli impacci della carne, le trasmetterà per farla godere eternamente ».
Un’altra notte mentre si cantava lo stesso Responsorio Regnum mundi, alle parole: « propter amorem Domini mei: per l’amore del mio Dio » ella sentì che il divin Cuore era così dolcemente commosso per la divozione di coloro che cantavano, da farlo prorompere in queste parole: « Sì, riconosco di dover generosamente ricompensarle, perchè mi servono con tutte le forze ».
Il mio Ideale: Gesù,Figlio di Maria. (Padre Emilio Neubert, Santo, Marianista).Libro III/ Capitolo VII
29 settembre 2019
TRE DISPOSIZIONI ESSENZIALI
Maria: Figlio mio, i mezzi esteriori che ti ho indicati ti saranno utili solo se ad essi aggiungerai alcune indispensabili disposizioni interiori. Non a caso infatti le medesime pratiche conducono alcuni alla santità e lasciano altri nella mediocrità. Solo «lo spirito vivifica». Ascolta ciò che questo spirito richiede da te.
2. Anzitutto: «abnegazione». Ne avrai bisogno per combattere senza stanchezze il tuo difetto dominante. Ne avrai bisogno per rinunziare a te stesso in ogni cosa, così da non ostacolare l’opera di Gesù in te.
3. Ne avrai bisogno per sforzarti di riprodurre in te i sentimenti di Gesù. Se la pietà filiale verso di me consistesse soltanto nell’invocarmi, nel cantare le mie lodi e nel gustare la mia intimità, il praticarla non richiederebbe grande abnegazione! Ma poiché essa deve condurti all’identificazione con Gesù, non può evidentemente andare disgiunta da una totale rinuncia a te stesso. Non potrai servire due padroni. Il padrone o sarà Gesù o sarai tu stesso. Devi scegliere decisamente tra l’uno e l’altro. Io posso aiutarti in questa rinunzia; non posso in alcun modo dispensartene.
4. In secondo luogo: «costanza». Trovo più facilmente cento anime pronte a fare un sacrificio eroico in un momento di fervore, che non una sola capace di perseverare per più giorni nella fedeltà alle risoluzioni prese. Quante volte sarai tentato di abbandonare qualcuna delle pratiche da me suggerite! Sii ad esse fedele ad ogni costo. Se oggi ne sopprimi qualcuna con un buon pretesto, domani la sopprimerai con un pretesto qualunque, e poi la sopprimerai per sempre senza pretesto alcuno. Si può abbreviarle se è necessario, sopprimerle mai. Solo così si raggiunge l’intento.
5. Infine e soprattutto: «generosità». Vi sono due forme di generosità. La prima consiste nel dare a Gesù, senza esitare, non soltanto ciò che egli richiede, ma anche ciò che, pur non essendo di precetto, gli farebbe piacere. Tale è stata la generosità di tua Madre, e dal più al meno di tutte le anime sante. Cerca di praticarla meglio che potrai.
6. L’altra consiste nel riparare immancabilmente le tue colpe e negligenze. Se hai commesso una mancanza, offri in compenso un sacrificio speciale che altrimenti non avresti fatto, e in questo atto racchiudi tanto amore che, fatta la riparazione, Gesù ti sia ancora più caro che se non l’avessi contristato.
7. I mediocri e i santi differiscono tra loro non perché i primi commettono colpe e gli altri no, ma perché mentre i primi si contentano di riconoscere le loro mancanze, gli altri si sforzano di amare tanto più Gesù quanto meno l’hanno amato in passato. Tu dunque comportati come i santi: ripara.
8. Ripara soprattutto le tue omissioni o negligenze riguardo al colloquio quotidiano con Gesù, al rinnovamento spirituale, alla rassegna di ogni giorno e ai ritiri.
9. Ripara quanto prima. Val meglio, generalmente parlando, una riparazione breve ma immediata che una lunga ma rinviata.
10. Vuoi sapere come fare queste riparazioni? Consultami dopo le tue mancanze e negligenze, e t’insegnerò il da farsi perché ogni tua colpa diventi una «felice colpa». E se saprai perseverare in questa generosa disposizione ti prometto che nonostante i tuoi peccati, i tuoi difetti, le tue tentazioni e la tua debolezza ti farò santo ed apostolo.
Invito al colloquio: O Maria, tutta la mia attività, tutto il mio tempo, tutto il mio essere ti appartiene. Ricordami la mia consacrazione quando sono tentato di accidia, e infondi in me la generosità dei santi!
Continua…..
Araldo del Divino Amore, Libro IV / Capitolo LIII
28 settembre 2019NELLA FESTA DI S MICHELE ARCANGELO E DEL CULTO DEGLI ANGELI
Un giorno, nel quale Geltrude doveva comunicarsi, in vicinanza della festa di S. Michele, mentre meditava sull’aiuto che la generosità divina le prodigava per mezzo del ministero angelica, offerse al Signore il Sacramento vivificante del suo Corpo e del suo Sangue, per ripagarlo di tanto beneficio. «Amatissimo Gesù, disse la Santa, ti offro questo ammirabile Sacramento in onore dei Principi della tua Corte, in accrescimento della loro gioia, gloria, beatitudine». Allora il Signore, attirando in modo meraviglioso e unendo alla sua Divinità il Sacramento che Gli era offerto, diffuse sugli spiriti angelici tali delizie che, se non fossero stati già nella beatitudine, quell’offerta sarebbe bastata a renderli felici.
I diversi cori degli Angeli vennero successivamente a salutarla con rispetto, dicendo: « Hai fatto bene a onorarci con questa offerta, perchè noi vegliamo su di Te con tenerezza affatto speciale ». L’ordine degli Angeli diceva: « Noi vegliamo con gioia giorno e notte alla tua custodia, impedendo che tu perda alcuno di quei favori che possono prepararti convenientemente all’arrivo dello Sposo ». Geltrude ringraziò Dio e quegli Spiriti eletti: però bramava conoscere, fra gli Angeli, quello che era preposto alla sua custodia. Or ecco apparirle un Angelo come, un nobile principe, così sfarzosamente adorno da non poter essere paragonato a nessuna bellezza terrena. Con un braccio circondava il Signore, con l’altro stringeva a sè Geltrude. Egli disse: « Incoraggiato dalla lunga intimità con la quale così sovente ho inclinato lo Sposo divino verso quest’anima, e sollevato Geltrade fino a Lui, in un slancio di spirituale letizia, oso avvicinarmi in questo momento ». La Santa presentò allora all’Angelo le preghierine che aveva recitato in suo onore. Egli le ricevette con gioia, e le offerse come magnifiche rose brillanti di freschezza alla SS. Trinità sempre adorabile.
Araldo del Divino Amore, Libro IV. Capitolo LII
27 settembre 2019DIGNITA’ DELLA SANTA CROCE
Nel giorno dell’Esaltazione della santa Croce; mentre Geltrude s’inchinava per onorare il sacro legno, Gesù le disse: «Vedi come onoro questa Croce, eppure non vi fui sospeso che dall’ora di Sesta a quella del Vespro! Capisci da ciò come ricompenserò i cuori nei quali ho riposato anni interi». Rispose la Santa: «Ahimè, Signore, ben poche delizie ti ho procurato nel mio cuore! ». E Gesù: « Provai forse delizie su questo duro legno? Ma io l’onoro perchè nella mia gratuita bontà, l’ho scelto a preferenza di altro: così coloro che dalla stessa mia bontà furono scelti, saranno da me largamente ricompensati».
Mentre assisteva alla S. Messa, il Signore si degnò di istruirla: « Mira, o figlia, quali esempi propongo ai miei eletti, in questi onori resi alla croce: innalzo la croce, la corona di spine, la lancia che servirono per il mio supplizio, a dignità maggiore degli altri oggetti creati che hanno servito per le necessità della mia vita, per esempio dei recipienti nei quali fui lavato durante l’infanzia ecc. Desidero che coloro che amo imitino tale condotta, cioè che, per la mia gloria e per loro personale vantaggio, mostrino un’affezione più grande ai loro nemici che agli amici; ne ritrarranno profitto incomparabilmente maggiore. Se talora poi, essendo offèsi, dimenticano al momento di rendere bene per male, e soltanto più tardi si sforzano di rispondere alle offese coi benefici, non saranno per questo meno graditi al mio sguardo, perché Io stesso ho lasciato per qualche tempo la croce nascosta sotto terra per esaltarla poi in seguito »; ed aggiunse: « Amo tanto la Croce soprattutto perchè fu lo strumento con il quale raggiunsi l’oggetto dei miei più ardenti desideri: la redenzione del genere umano! Così i miei devoti serbano particolare affezione per i luoghi e per i giorni nei quali hanno meritato di ricevere più abbondantemente la mia grazia ».
Siccome Geltrude cercava con gran desiderio di procurarsi qualche reliquia della Santa Croce sì cara a Gesù, bramando di onorarla per attrarre maggiormente la tenerezza del Salvatore, sentì dirsi dal diletto suo Sposo: « Se vuoi avere delle reliquie che possano rivolgere amorosamente il mio Cuore verso coloro che le posseggono, leggi la mia Passione e considera le parole che ho detto con un più grande amore: scrivile, figlia mia, e custodiscile come preziose reliquie. Meditandole spesso meriterai di ricevere le mie grazie più facilmente che se tu possedessi altre reliquie. Anche se la mia ispirazione non t’illuminasse su questo punto, tu potresti con la sola ragione rendertene persuasa; infatti un amico che volesse ricordare all’amico suo l’antica tenerezza gli direbbe: « Ricordati dell’amore grande che mi dimostrasti, quando mi dicevi quelle tali parole »; e non gli ricorderebbe certo nè l’abito che indossava, nè il luogo del suo incontro. Credi dunque che le reliquie più eminenti che di me si possano avere in terra, sono le parole che esprimono la più dolce affezione del mio Cuore».
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria. (Padre Emilio Neubert, Santo Marianista). Libro III/Capitolo V
26 settembre 2019
LE TUE DISPOSIZIONI SIANO QUELLE DI GESU’
Maria: Figlio mio, se è un impresa difficile riconoscere il tuo principale nemico, è ancora più difficile debellarlo. Da solo non vi riusciresti mai; ma se starai con me trionferai.
2. In primo luogo cerca di riconoscere le manifestazioni della tua tendenza dominante, le varie forme, chiare o larvate, che essa riveste, le circostanze nelle quali ti reca maggior danno.
3. Poi intraprendi contro di essa una lotta impietosa. Nel combattere i difetti, si possono adottare due diverse tattiche. Alcuni mettono molta attenzione nel sorvegliare le manifestazioni dei loro difetti per notarle, computarne il numero, sforzandosi di ridurlo di giorno in giorno. Tattica questa che può produrre buoni frutti se la si adopera con perseveranza. Ma, se seguita in maniera esclusiva, può diventare faticosa e cagionare talvolta dolorose sorprese. Capita infatti che se si interrompe per un certo tempo questa continua vigilanza sul difetto da correggere per convogliare il lavoro spirituale su di un altro punto, l’antica tendenza rimane lì, non meno vivace di prima, quantunque si manifesti forse diversamente. Si sono tagliate le erbe cattive man mano che spuntavano da terra, ma non avendole sostituite con piante utili, esse rinascono folte e rigogliose come prima.
4. Voglio insegnarti un’altra tattica più efficace e più facile, che se non potrà sostituire potrà almeno completare la precedente. Studia in Gesù la virtù direttamente opposta alla tua tendenza dominante. Sei orgoglioso? Considera la sua umiltà. Sei egoista? Ammira la sua volontà di dimenticare se stesso e di sacrificarsi per gli uomini. Sei sensuale? Medita la sua dolorosa Passione.
5. Approfitta dei colloqui giornalieri con Gesù per studiare in lui la disposizione che ti manca. Vedi ciò che Gesù pensava, sentiva, diceva e faceva. Ama questa disposizione del tuo Modello e cerca di infiammarti di entusiasmo per essa. Poi stabilisci un confronto tra lui e te. Prega Gesù, per mia intercessione, di trasformarti in lui. Nelle tue comunioni sacramentali e spirituali pregalo di farti vivere della sua vita.
6. Nel corso della giornata riandrai con la mente a Gesù mite, umile, paziente, secondo quella sua particolare disposizione che vuoi ricopiare in te. Te lo ricorderai soprattutto allorquando la tua cattiva tendenza cercherà di manifestarsi di nuovo. Anziché fare penosi sforzi per combatterla, guarda tranquillamente il tuo Modello dicendo: «Gesù, che cosa penseresti, che cosa faresti tu se fossi al posto mio? Vieni a farmi vivere della tua vita». E Gesù comanderà alle onde sconvolte del tuo essere, e alla tempesta succederà una grande calma.
7. Col guardare spesso Gesù e attirano in te con ardenti voti, arriverai a poco a poco a liberarti dalla tendenza alla quale ti eri attaccato tanto tenacemente, e finirai per non avere più altre disposizioni che quelle di Gesù. Tuttavia non ti fidare di un nemico che potrebbe sorprenderti ancora proprio quando crederesti d’esserne del tutto al sicuro. Esamina di tanto in tanto, sia pure con un rapido sguardo, se esso non tenti di spuntare nuovamente magari sotto nuova forma.
8. Mio Figlio ti ha raccomandato di imitare me, tua Madre. Dopo le disposizioni di Gesù contempla anche le mie. Quando per estirpare qualche vizio o acquistare qualche virtù guarderai a me per vedere cosa farei io trovandomi nelle medesime circostanze, imparerai a conoscere e ad imitare meglio Gesù.
Invito al colloquio: O Maria fammi conoscere Gesù, perché io viva solo della sua vita!
CONTINUA…..
Araldo del Divino Amore, Libro IV. Capitolo LI
24 settembre 2019NASCITA DELLA BEATA VERGINE MARIA
Nella Natività della beata Vergine, mentre Geltrude recitava tante Ave Maria quanti giorni quella brillante Stella del mare aveva impiegato a crescere nel seno materno, chiese quali favori otterrebbero le anime che avessero compiuta la stessa divozione, con slancio d’amore.
Rispose la dolcissima Vergine: «Esse divideranno meco ne’ cieli, le gioie che ho ricevuto, e che ricevo ancora per le virtù di cui la SS. Trinità volle abbellire ogni giorno l’anima mia».
Durante l’antifona « Ave decus » ella vide aprirsi il cielo. Un magnifico trono, portato dagli angeli, venne deposto in mezzo ai coro. Su di esso la celeste Regina si sedette maestosamente, mostrando col viso dolce e amabile che era pronta a esaudire i desideri della Comunità. I Santi Angeli circondavano il trono e lo sorreggevano con riverenza, prodigando ferventi omaggi alla degnissima Madre del loro Signore. La falange innumerevole degli spiriti celesti si unì ai due cori salmodianti, lodando cogli stessi inni la Sovrana di gloria. Un Angelo stava davanti a ciascuna persona portando un ramo fresco e verdeggiante; questi rami producevano fiori e frutti vari, secondo le disposizioni dellapersona davanti alla quale era collocata. Quando tutto fu finito, gli Angeli volarono a portare festosamente i rami fioriti alla Vergine Maria, e si dìsposero con rispetto intorno al trono della grande Regina per aumentarne la gloria e la bellezza. Geltrude chiese allora alla Madre di Dio: « Ahimè, dolcissima Signora, come sono triste di non poter salmodiare le tue lodi con i cori angelici ». L’amabile Vergine rispose: « La tua buona volontà, figlia mia, supplisce a tutto ed il fervore col quale hai assistito al Vespro per onorarmi, usando secondo la tua abitudine, del melodioso istrumento del dolcissimo Cuore di Gesù, sorpassa di molto ogni omaggio esteriore. Per dartene prova evidente voglio io stessa presentare alla SS. Trinità sempre adorabile, come offerta preziosissima, il ramoscello che la tua buona volontà ha adornato dei fiori più belli e dei frutti più squisiti ».
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria.(Padre Emilio Neubert, Santo Marianista), Libro III/Capitolo IV
24 settembre 2019
IL GRANDE NEMICO DI GESÙ IN TE
Maria: Figlio mio, non è sufficiente che tu conosca i pensieri di Gesù per vivere della sua vita. Bisogna ancora che tu combatta e vinca i nemici che si oppongono alla vita di Gesù in te. Ora sappi che il più pericoloso di questi nemici sei tu stesso. Tu vorresti vivere per Gesù solo, ma nello stesso tempo vorresti assecondare le tendenze della tua natura corrotta. Non t’ingannare: «Nessuno può servire due padroni». Finché ti lasci guidare dalla natura, Gesù non può regnare in te. Bisogna dunque che tu combatta senza tregua né esitazione alcuna questa tua natura, finché non lasci il campo interamente sgombro a Gesù.
2. Condizione dura, ma ineluttabile. Quanti miei figli che un tempo erano pii, generosi, forniti delle migliori doti per giungere alla santità e per esercitare intorno a sé un fruttuoso apostolato, hanno finito col rimanere nella mediocrità e non hanno attuato neppure la centesima parte del bene che pure erano chiamati a fare, seppure non si sono perduti miseramente, trascinando talvolta nella loro caduta un gran numero di altri fratelli, proprio perché non hanno saputo riconoscere e combattere in se stessi la guasta natura!
3. Impara dunque a conoscere le disdicevoli tendenze della tua natura. Esse sono legione, poiché il peccato d’origine, rafforzato dalle cattive abitudini avute in eredità dai tuoi antenati o da te stesso contratte, ha viziato tutte le energie del tuo essere. Tuttavia non ti perdere d’animo davanti ai tuoi nemici anche se sono tanti. Essi obbediscono ad un capo, vinto il quale, tutti saranno per il fatto stesso abbattuti o almeno ridotti in condizioni tali da non poter opporre se non una debole resistenza. Ora importa che tu individui anzitutto questo vizio dominante. Qual è?
4. La vanità? Sei forse avido di lodi? Godi di riceverne, anche se non meritate? Sogni di fare cose meravigliose, tali da procurarti gli applausi degli uomini?
5. L’orgoglio? Hai forse un alto concetto del tuo valore e disprezzi talora gli altri? Li tratti con alterigia, con durezza o con collera, soprattutto se non rendono omaggio alla tua superiorità?
6. La permalosità? Ti adonti dei biasimi ricevuti, veri o supposti, delle mancanze di riguardo, anche involontarie? Pensi facilmente ai torti ricevuti? Ti riesce difficile perdonare? Sei tentato di abbandonare il bene intrapreso perché sei stato offeso da qualcuno?
7. L’ambizione? Cerchi in tutti i modi di metterti in vista? Desideri la tua gloria più della gloria di Cristo? Sei pronto a lavorare alla sua causa, a condizione però di poter comandare, tirandoti indietro quando si tratta di servire come semplice gregario?
8. L’invidia? Mal sopporti che altri facciano più bella figura di te, o godi quando li vedi umiliati?
9. L’incostanza? Ti lasci forse tiranneggiare dalle tue impressioni, ora pieno di entusiasmo e pronto a qualsiasi sacrificio, ora scoraggiato ed indifferente a tutto. Ti accade di intraprendere un grande numero di cose, senza portarne a termine alcuna?
10. La leggerezza? Ti lasci troppo facilmente attrarre dalle realtà esteriori, e fai fatica a raccoglierti internamente e a dare alle cose serie l’importanza che si meritano?
11. La sensualità? Assecondi troppo il tuo corpo col procurargli ogni soddisfazione riguardo al cibo, alla bevanda, al riposo, e perfino ad altre tentazioni più grossolane ancora?
12. La pigrizia? Temi troppo la fatica, trascuri il tuo lavoro e ricusi di fare anche i più leggeri sacrifici?
13. L’egoismo? Pensi solo a te stesso? Dimentichi che anche gli altri hanno i loro diritti e che all’occorrenza devi saper rinunciare ai tuoi comodi piuttosto che incomodare il prossimo?
14. Esaminandoti, scoprirai in te gli indizi di un gran numero di queste tendenze disordinate. E senza dubbio hai in te i germi di tutte le cattive tendenze; ma non tutte sono dominanti. Quale di esse ti sembra la più forte e la più dannosa? Quale costituisce la fonte più ordinaria dei tuoi dispiaceri, delle tue preoccupazioni, del tuo cattivo umore o del tuo appagamento? Quando ti sorprendi in atto di sognare, sono pensieri di vanità, di vendetta o di sensualità quelli che ti occupano? Donde derivano le distrazioni che più ti attraggono e delle quali ti riesce più difficile liberarti? Di che cosa ti hanno rimproverato i tuoi parenti, i tuoi maestri, i tuoi amici, o le persone adirate contro di te? Quale è la tendenza riguardo alla quale potresti dire: «Se non avessi questo o quell’altro difetto, sarei in relazioni molto migliori con Dio e con gli uomini?»
15. Sii del tutto sincero in questo esame, e prega per ottenere luce dall’alto. Poiché si cade facilmente in errore in tale materia, dando una maggiore importanza a qualche difetto più evidente, ma meno profondo, o che sarebbe più facile sacrificare. Poiché gli uomini sono attaccatissimi al loro vizio dominante: è un compagno col quale sono nati, sono cresciuti ed hanno vissuto sempre, e che ha procurato loro continue soddisfazioni. Talvolta essi lo scambiano perfino per una virtù, o lo credono la loro dote più bella. Ed è naturale, poiché ognuno ama troppo se stesso. Ma bisogna avere il coraggio di amare Gesù più di sé. Tu, sappi riconoscere con perfetta sincerità ciò che devi sacrificare a Gesù in te. Non temere; rinunciando ad un falso idolo, possederai il vero Dio; e morendo alla tua natura malata, vivrai della vita di Gesù.
Invito al colloquio: Viva Gesù con me, a prezzo di qualunque sacrificio! Bisogna ch’egli cresca in me, e che io mi faccia sempre più piccolo!
CONTINUA….
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria (Padre Emilio Neubert, Santo Marianista) Libro III/ Capitolo III
23 settembre 2019
IMPARA A PENSARE CON I PENSIERI DI GESU’
b) NEL CONTATTO PERSONALE CON LUI
Maria: Figlio mio, vi è un’altra via per arrivare a pensare coi pensieri di Gesù, una via assai rapida, sicura ed efficace; essa consiste nel mettersi in contatto diretto con lui.
2. Contempla Gesù, preferibilmente nel Vangelo. Ascolta i suoi detti, osserva i suoi atti. Ma non ti fermare alle apparenze esteriori; cerca di penetrare nell’anima di lui e cerca di scoprirvi ciò che pronunciando quelle date parole o compiendo quelle date azioni egli ha pensato, sentito, voluto. Considera soprattutto come in lui ogni discorso, ogni operazione procede da un sentimento di amore. Gesù non è solo un maestro che proferisce discorsi pieni di sapienza: è il Dio d’amore; per comprendere la sua dottrina, devi quindi addentrarti fino alla sua sorgente: all’amore infinito del Cuore di Gesù.
3. Dalla contemplazione di Gesù, volgiti un momento a guardare te stesso, e considera quanto sei lontano dal pensare, dal sentire, dal volere e dall’agire come lui. Esamina ciò che ti occorre fare, quali ostacoli rimuovere, quali mezzi prendere, quali sacrifici compiere per arrivare a trasformarti in lui.
4. Mentre contempli Gesù e contempli te stesso alla luce di Gesù, parla con lui. Parla con lui come se lo vedessi. Egli del resto è già in te; sente la tua voce come sentiva quella di Pietro, della Maddalena e di Giovanni; ti ama come amava i suoi discepoli; ti ama di un amore particolare: per questo ti ha dato me, come Giovanni, in qualità di figlio prediletto. Parla con lui direttamente senza usare formule. Digli alla buona, ciò che pensi, ciò che provi, ciò che desideri, come faresti con un fratello o con un intimo amico.
5. Non ti scordare di unirti a me in questo colloquio con Gesù. Tu sai che sono sempre accanto a te, e che per trovare il figlio bisogna passare attraverso la Madre. Di questo ti accorgerai facilmente: sarai meno raccolto, meno familiare, meno affabile con Gesù quando non mi sentirai vicino a te. Ho passato la mia vita nel meditare ciò che vedevo e sentivo riguardo a mio Figlio. Ogni meditazione che farai sulla vita di lui, sarà sempre il ripetersi di una meditazione fatta altre volte da me. Stringiti a me, e ti farò comprendere e provare qualche cosa di quello che comprendevo e provavo io stessa nel contemplare i misteri di Gesù.
6. Non cercare di moltiplicare concetti e ragionamenti: accontentati di credere, di amare e di pregare. Credi! Se Gesù ha detto questo o quello, la sua parola è decisiva. Sarebbe vano cercare altri argomenti. Egli l’ha detto, dunque è vero, infallibilmente vero: credi! Gli uomini che ti circondano affermeranno il contrario, almeno con la loro condotta. Poco importa. Gesù l’ha detto: credi! gli uomini passano; la verità del Signore rimane in eterno. La tua sensibilità potrà forse essere d’accordo col modo di vedere o di pensare del «mondo», o per lo meno resterà fredda dinanzi agli insegnamenti di Gesù. Poco importa: qui non si tratta di sentimento, ma di fede. Gesù l’ha detto: Credi! Unisciti a me e crederai con fede più pura e più salda. Moltiplica gli atti di fede; non quasi a suggestionare te stesso, ma per far penetrare le verità divine fin nell’intimo del tuo cuore e per trarne le dovute conseguenze pratiche.
7. Ama! Ama la verità, perché Gesù l’ha amata. Amala perché egli l’ha insegnata agli uomini per amore. Ama soprattutto Gesù, ed impara ad amarlo sempre più. Quanto più l’amerai, tanto più perfettamente, anche a tua insaputa, imiterai le sue interiori disposizioni. Vieni a me, ed unirò il mio amore al tuo, ed insieme ameremo Gesù con amore singolarmente forte e puro.
8. Prega! Prega Gesù che venga in aiuto alla tua incredulità! Pregalo di infondere in te i suoi pensieri, i suoi affetti e i suoi voleri! E pregami di rivelarti Gesù e di farti vivere della sua vita.
9. Tra le disposizioni di Cristo, studia di preferenza quella che più ti manca o quella per la quale provi una speciale attrattiva, o quella di cui qualche fatto recente, agitando o sconcertando il tuo animo, ti ha rivelato più urgente il bisogno.
10. Invece che al Vangelo, puoi anche ricorrere a qualche altro pio libro, ad una formula di preghiera o a un canto religioso. Ma sforzati di riferire tutto a Gesù, di credere, di amare e di operare sempre in vista di Gesù.
11. Prepara il tuo colloquio con Gesù prevedendo ciò che gli vuoi dire e raccogliendoti meglio. Nell’iniziare pregami di condurti a mio Figlio e mettiti alla sua e alla mia presenza. E nel concludere non dimenticarti di prendere un proposito pratico, come t’insegnerò in seguito.
12. Nel corso della giornata, cerca di ricordarti ogni tanto, mentre vai da un luogo all’altro, negli intervalli tra una occupazione e l’altra, il pensiero che più ti ha colpito nel colloquio con Gesù, e su quel punto ripeti frequenti atti di fede.
13. Cominci ora a comprendere quello che poc’anzi ti ho detto circa l’importanza di questa pratica per chiunque vuole imparare a pensare coi pensieri di Gesù? Se lo comprendi, comprenderai anche che mai e a nessun costo devi omettere il colloquio giornaliero con lui. Stabilisci il momento preciso e la durata di esso, e poi, qualunque cosa avvenga, rimani fedele a ciò che avrai deciso. Abbrevialo se è necessario; non ometterlo mai. Non ometterlo col pretesto che hai solo il tempo necessario per dire le tue orazioni del mattino o della sera. Riduci piuttosto queste alla metà, pur di dare alcuni momenti al colloquio con Gesù. Non ometterlo per tema di non poter fare la lettura spirituale; ma fa’ la tua lettura in preparazione al colloquio con Gesù, riservando però sempre alcuni minuti al contatto diretto con lui. Non ometterlo a motivo della molteplicità delle tue occupazioni. Quanto più sei occupato, tanto più hai bisogno di possedere te stesso: ora non vi è mezzo migliore di possedersi che di possedersi in Dio. Gli uomini che hanno svolto un’attività più feconda sono appunto quelli che hanno saputo vivere più intimamente uniti con Gesù. Non ometterlo perché sei stato tiepido o infedele o perché ti senti sprovvisto di pensieri o di affetti; chi ti purificherà, chi ti guarirà se non Gesù? Accostati sempre fiducioso a lui in mia compagnia.
14. Hai ben capito, figlio caro, le mie parole? O ti applicherai con risolutezza e perseveranza alla pratica che ora ti ho insegnato, ed allora mi sarà facile trasformarti in Gesù; oppure non avrai il coraggio di intraprenderla, ed allora resterai nella tua mediocrità e non potrò servirmi di te per il compito cui ti destinavo. Decidi.
Invito al colloquio: O Madre mia, ti prometto di non omettere mai, per qualsiasi pretesto, il mio colloquio quotidiano con Gesù e con te. Sotto la tua guida voglio applicarmi a conoscere sempre meglio il tuo divin Figlio Gesù.
CONTINUA….
Araldo del Divino Amore, Libro IV. Capitolo L
23 settembre 2019GRANDEZZA DEI SANTI AGOSTINO, DOMENICO, FRANCESCO
Memore del grande pontefice Agostino, per il quale Geltrude aveva, fin dalla prima infanzia, nutrito grande divozione, ringraziò fervorosamente Dio per tutti i benefici che aveva a lui accordati. Il glorioso Pontefice le apparve a fianco di S. Bernardo, nello splendore di un’identica gloria, giacchè non gli è inferiore nè per la sublimità della vita, nè per la soavissima abbondanza della dottrina. Agostino stava davanti al trono della divina Maestà, adorno dell’incomparabile bellezza della gloria celeste; e, come S. Bernardo, mandava dal suo cuore fino alla profondità del Cuore divino, dardi infiammati, simbolo dell’ardente eloquenza con la quale aveva eccitati gli uomini al divino amore. Dalla, sua bocca scaturivano raggi brillanti come quelli del sole che si spandevano nella vasta regione del cielo, per simboleggiare l’opulenza della sacra dottrina, che l’eminente Dottore aveva distribuito a tutta la Chiesa. Al di sopra di queî raggi, si curvavano archi di luce meravigliosa, la cui prospettiva avrebbe affascinato qualsiasi sguardo. Mentre Geltrude era in ammirazione davanti a quel luminoso edificio, S. Bernardo le disse che i raggi degli insegnamenti di S. Agostino rifulgevano con speciale incanto, perchè l’incomparabile Dottore aveva sempre cercato, con parole e scritti, di diffondere gli splendori della fede cattolica. Dopo lunghi; traviamenti nelle vie tortuose dell’errore, Dio l’aveva richiamato misericordiosa. mente dalle tenebre dell’ignoranza alla luce delle supreme verità; desiderava pertanto, procurare la gloria del Signore, chiudendo agli uomini le vie dell’errore e dell’ignoranza, per mostrar loro la stella della fede che guida a salvezza eterna.
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria. (Padre Emilio Neubert, Santo Marianista),Libro III/Capitolo II
20 settembre 2019
II.
IMPARA A PENSARE CON I PENSIERI DI GESÙ
a) DAI LIBRI
Maria: Figlio mio, per vivere della vita di Gesù devi anzitutto imparare a pensare coi pensieri di lui. Se il mondo la pensa in un modo, Gesù la pensa in maniera del tutto diversa: e il tuo pensiero è spesso più simile a quello del mondo che a quello di Gesù.
2. Il pensiero di Gesù è contenuto nel Vangelo e anche nei libri scritti da uomini ripieni dello Spirito del Vangelo. Evidentemente, anzitutto lo devi studiare. Riserva ogni giorno alcuni momenti da dedicare alla lettura spirituale. Non ti sarà difficile trovare per questo ogni giorno un quarto d’ora o perlomeno cinque minuti; quando vuoi sai trovare il tempo per tante altre cose assai meno necessarie! Ma per breve che sia, non omettere mai la lettura spirituale quotidiana. Stabilisci con precisione il momento che ad essa vuoi consacrare, o al principio, o a metà, o alla fine della giornata; e sii puntuale nel cominciarla al momento stabilito.
3. Prima della lettura pregami di farti comprendere ciò che Gesù ti vuole insegnare, e mentre leggi dimmi le riflessioni che ti vengono alla mente. Leggendo, pensa che è Gesù stesso a parlarti. Leggi rispettosamente, per onorare la parola di Gesù. Leggi posatamente, senza fretta, non per soddisfare la tua curiosità, ma per comprendere lo spirito di Gesù ed imparare a vivere della sua vita. Applica ciò che leggi alla tua vita. Esamina ciò che hai da riformare nei tuoi pensieri e nella tua condotta e termina con un proposito che affiderai a me.
CONTINUA….
Araldo del Divino Amore,Libro IV.Capitolo XLIX
20 settembre 2019NELLA FESTA DI S. BERNARDO ABATE
Nella vigilia della festa di S. Bernardo, durante la S. Messa, mentre Geltrude meditava i meriti di quel santissimo Padre, al quale tributava. tanta divozione, soprattutto per la soavità dei suoi insegnamenti, il divoto Abate le apparve in un’aureola di gloria ineffabile, raggiante di luce celeste. Non si poteva contemplarlo senza ammirare nel contempo, il triplice colore dei suoi abiti: l’integrità della sua innocenza verginale splendeva in lui col candore del giglio; la professione religiosa e la sua perfettissima vita erano rappresentate dal color viola; il suo amore fervente, dal rosso fiammeggiante. del rubino. Tali magnifici colori, adornando l’anima dell’augusto Santo, offrivano alla Corte celeste uno spettacolo ricco d’incanto. Il petto, il collo e le mani del gran Padre erano impreziosite da lamine d’oro, con gemme di color rosa che irradiavano vivo splendore.
Tali lamine simboleggiavano l’eloquenza della sua dottrina che, meditata nel suo cuore ardente d’amore, era salita alle labbra, per essere diffusa dalla voce consacrata; dottrina ch’egli scrisse con le sue mani benedette, per la salvezza di coloro che anelavano al cielo..
Le gemme rappresentavano le sue parole d’amore; esse mandavano raggi luminosi fino al centro del Cuore di Gesù, procurando alla Divinità delizie speciali. Nello stesso tempo il Signore attrasse nel suo Cuore la perfezione e la divozione che gli eletti del cielo e della terra, avevano imparato dagli scritti del Santo, e le fece rifluire nel cuore di Bernardo, coi raggi che le gemme, di cui abbiamo parlato, avevano diretti al suo divin Cuore. Allora sfuggi dal cuore di S. Bernardo, come da liuto meraviglioso una melodia dolcissima che cantava le sue virtù, specialmente l’amore e l’innocenza.
Egli inoltre portava in testa una splendida corona raggiante di svariati colori, nella quale si poteva mirare l’avanzamento spirituale che quell’illustre Padre avrebbe desiderato procurare agli uomini, colle sue parole e coi suoi scritti.
Il mio Ideale:Gesù, Figlio di Maria (Padre Emilio Neubert, Santo, Marianista) Libro III, Capitolo I
19 settembre 2019
CHIAMATI AD ESSERE FIGLI NEL FIGLIO
I
LA MIA MISSIONE, TRASFORNARTI IN GESU’
Maria: Mio caro figlio, che partorii partorendo Gesù, nel quale vedo Gesù e che amo con l’amore stesso che porto a Gesù, hai imparato da mio Figlio primogenito ad essere per me ciò che fu egli stesso; ora voglio essere per te ciò che già sono stata per lui.
2. Come lui, ti sei dato tutto a me. E io per te, per Gesù presente in te e negli altri, ti ho chiamato ad essere mio figlio prediletto. Non puoi certo comprendere ancora tutto ciò che ti dico; lo comprenderai però a poco a poco.
3. Innanzitutto voglio occuparmi della tua educazione, come ho fatto per Gesù. Tu sei il mio «bambino», perché sei tutt’uno con lui; allevando te, continuerò ad allevare lui.
4. Allevarti vuol dire insegnarti a vivere pienamente della vita di Gesù, a pensare, ad amare, a volere come lui, a parlare e ad agire come lui, in una parola: a modellarti su di lui. In altri termini, intendo operare in te una trasformazione analoga a quella che il sacerdote opera nell’Ostia: per i sensi l’Ostia consacrata è sempre pane, ma per la fede è Gesù. Tu pure all’esterno resterai te stesso; ma nell’interno, sarai lui.
5. Pensi che sia un ideale troppo alto per te? Non ti sgomentare: conosco troppo bene il modello che devi riprodurre e l’arte di foggiare le anime a sua somiglianza. Tutti i santi sono diventati tali per me. Ciò che ho fatto per gli altri, perché non potrei farlo anche per te? Unica tua preoccupazione dev’essere quella di, lasciar fare a me e di essermi docile in tutto.
6. Ora ti indicherò alcune pratiche speciali che ti aiuteranno in questo lavorìo di trasformazione. Ponile in atto gradualmente. Non passare alla seguente se non dopo aver acquisito l’abitudine della precedente. Ma una volta che ne avrai adottata una, non abbandonarla mai più.
Invito al colloquio: O Madre mia, diventare un santo! io, povero peccatore, così colpevole in passato, così vile al presente, così incostante forse anche in avvenire!… Ma mi abbandono a te. Tutti i miracoli ti sono possibili, anche quello di fare di me un santo! Ottienimi la grazia di non resistere mai ai tuoi desideri!
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Araldo del Divino Amore, Libro IV. Capitolo XLVIII ( Parte Seconda)
19 settembre 2019Tre anni dopo ella era afflitta ancora da malattia. Nella vigilia dell’Assunzione, volle, fin dal mattino, sodisfare alla sua pietà e vide la Vergine Maria in un delizioso giardino fiorito, olezzante di soavi profumi. Nella gioia tranquilla di una celeste contemplazione la Vergine stava per spirare; la dolce serenità del suo volto, il fascino del suo atteggiamento e la Maestà della persona dicevano ch’Ella era veramente: la piena di grazia! In quel giardino si vedevano magnifiche rose senza spine, gigli splendenti di candore, viole fragrantissime e moltissimi fiori di ogni qualità. Non v’era però un filo di erba. Cosa strana! Quel fiori, più erano lontani dalla Vergine, maggiormente brillavano per grazia, profumo e vigore. La celeste Regina ne aspirava gli olezzi, per esalarne poi gli effluvi nel divin Cuore, che l’amatissimo suo Figlio sembrava aprire davanti a Lei.
Una moltitudine innumerevole di Angeli parve occupare lo spazio che si trovava fra la Vergine e i fiori, di cui aspirava il profumo. Essi rendevano i loro omaggi all’eccelsa Regina e nel contempo lodavano il Signore. Geltrude vide anche S. Giovanni evangelista pregare con fervore al capezzale di Maria, la quale sembrava estrarre dal Santo una specie di emanazione meravigliosa. Tale visione le procurava grandi delizie ed ella desiderava di conoscerne il profondo significato. L’amabile Gesù le disse che il giardino simboleggiava il Corpo immacolato di Maria, e i fiori le virtù di cui era adorna. Le rose più lontane, le più belle, coltivate dagli spiriti celesti con maggior cura, rappresentavano le opere di carità verso Dio e verso il prossimo; più si esercita la carità e più l’anima diventa bella. I gigli dal profumo squisito e immacolato candore, significavano la santa sua vita che i fedeli cercano d’imitare. Infine quella misteriosa emanazione che la S. Vergine sembrava assorbire dal cuore di S. Giovanni, rappresentava la gloria attribuita a questo Santo apostolo, per il bene che la Madre di Dio aveva compiuto liberamente in terra, perchè egli provvedeva a tutti i suoi bisogni.
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di maria ( Padre Emilio Neubert, Santo Marianista) Libro II, Capitolo IX
18 settembre 2019
ASCOLTA TUA MADRE
Gesù: Fratello mio, hai cominciato a comprendere ciò che ho fatto per mia Madre e ciò che tu stesso devi fare per lei sul mio esempio. Ma non hai ancora compreso tutto ciò che ella ha fatto per me e vuole fare per te. Ella mi ha allevato, come ogni vera Madre alleva il proprio figlio e si è associata alla mia missione redentrice. Ora vuole allevare anche te ed associarti alla sua missione di corredentrice. Ma è giunto il momento di lasciare a lei la parola perché ella stessa ti manifesti i suoi piani. Ascoltala con docilità ed obbediscile con amore, come io le fui sottomesso con amore infinito.
Invito al colloquio: O Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, mio Creatore e mio Fratello, che cosa ti potrò rendere per tutto quello che mi hai dato? Sai che non ho cosa alcuna che mi appartenga salvo il mio nulla ed il mio peccato. Tuttavia, con la tua grazia, posso darti ciò che da me ti aspetti: voglio essere per Maria ciò che per lei sei stato tu stesso; voglio permetterti di continuare ad amarla per mezzo mio. E tu, o Maria, Madre di Dio e Madre mia! Tu mi hai scelto per tuo figlio prediletto; col tuo aiuto sarò per te un altro Gesù. E poiché tu stessa vuoi istruirmi e guidarmi, parla, o Madre, ché il tuo figlio ti ascolta. Comanda tutto ciò che vuoi, ed ottienimi la grazia di eseguire ciò che mi comanderai.
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Araldo del Divino Amore , Libro IV.Capitolo XLVIII (Prima Parte)
18 settembre 2019FESTA DELL’ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE
La festa della solenne Assunzione di Maria si avvicinava e Geltrude, trattenuta a letto da infermità, non poteva, benchè assai lo desiderasse, recitare tante «Ave Maria» quanti erano stati gli anni passati dalla Vergine in terra. Tuttavia si sforzò di raggiungere quel numero, dividendo in tre parti la Salutazione angelica: Ave Maria – Gratia piena – Dominus tecum. Mentre stava offrendo queste ed altre preghiere, che alcune persone le avevano detto di presentare alla S. Vergine, la graziosa Regina del cielo le apparve rivestita con un manto verde, su cui brillavano numerosi fiori d’oro, in forma di trifoglio. Essa le disse: « Porto sul mio abito tanti fiori, quante sono le parole delle preghiere che tu mi hai offerto a nome delle persone che ti hanno raccomandato di presentarmele. Questi fiori brillano più o meno a seconda dell’attenzione posta nel recitare dette preghiere. Ora rivolgo questi divini splendori verso ciascuna di quelle anime, per renderle più gradite al Figlio mio ed a tutta la Corte celeste». La Regina del cielo portava, fra quei trifogli, anche alcune rose di meravigliosa bellezza, che avevano sei foglie: tre erano d’oro tempestate di gemme preziose, le altre tre offrivano una mirabile varietà di sfumature. Nelle tre foglie d’oro Geltrude riconobbe le tre parti della Salutazione angelica ch’ella aveva recitato, nonostante la sua debolezza, con un grande sforzo. Il Signore Gesù volle, nella sua immensa bontà, unire a quelle foglie preziose, le altre tre con colori stupendi: la prima per l’amore con cui Geltrude aveva salutato e lodato la sua dolcissima Madre; la seconda per la discrezione mostrata, recitando solo quelle tre parti, giacchè era nell’impossibilità di fare di più; la terza per la perfetta confidenza che le faceva sperare di vedere il Signore e la dolce sua Madre accettare i suoi deboli sforzi.
All’ora di Prima, dopo la quale si doveva cantare la Messa della vigilia dell’Assunzione, ella pregò Gesù di ottenerle grazia e perdono presso la diletta sua Madre, perchè sentiva di essere stata spesso negligente nell’onorarla.
Il Salvatore s’inchinò allora verso la Madre sua e con un tenerissimo abbraccio dimostrò la divozione filiale che sempre aveva nutrito per lei. Indi le disse: « Ricordati, o mia Signora, e mia amorosissima Madre, che per te ho perdonato ai peccatori; guarda ora la mia eletta con quell’amore che avresti s’ella ti avesse sempre servita con la più grande divozione ». A quelle parole la Vergine parve sciogliersi in tenerezza e, per amore del Figlio suo, diede a Geltrude tutta la sua beatitudine.
Alla Messa Vultum tuum durante la colletta: Deus qui verginalem aulam, il Signore Gesù mostrò tanta affezione alla Madre sua, da rinnovarle tutte le gioie della sua santa Concezione, della sua nascita, e quelle che le procurò la sua santa Umanità.
Mentre Geltrude rifletteva alle parole: « In sua difensione munttos – munito dal sua soccorso» ella vide la Madre di bontà stendere il manto, per coprire con la sua protezione tutti coloro che si rifugiavano sotto il suo patrocinio; i Santi conducevano alla loro Regina le persone che si erano preparate alla sua festa con esercizi e preghiere speciali. Tali persone assomigliavano a bellissime giovinette e si sedevano rispettosamente davanti alla Madonna, come figlie alla loro madre. Vicino alle medesime volteggiavano schiere di angeli che le difendevano dalle insidie del demonio, eccitandole al bene. Geltrude comprese che quella protezione angelica era accordata alla domanda della colletta: ut sua defensione munttos, – perchè gli spiriti celesti stanno sempre vigilanti agli ordini della gloriosa Vergine, per difendere coloro che l’invocano.
Geltrude vide poi molti animali di diverse specie accorrere verso la Madre di Dio, per rifugiarsi sotto il suo manto. Essi simboleggiavano i peccatori che avevano divozione speciale alla Regina della misericordia. Essa li accoglieva con bontà, li proteggeva sotto il suo manto e li accarezzava con la sua dolce mano, come si usa fare coi cagnolini.
La Vergine rivelava così la sua misericordia verso coloro che a Lei si affidano, dimostrandosi sollecita di ricondurre al Figlio suo tutti quelli che, con un vero pentimento delle loro colpe, hanno sperato malgrado i loro peccati, nella sua misericordiosa mediazione.
All’Elevazione il Signore Gesù sembò consegnare se stesso, sotto le spoglie sacramentali dell’Ostia, con tutta la beatitudine della sua Divinità ed Umanità, a tutti coloro che assistevano con divozione alla S. Messa in onore della sua dolcissima Madre, bramando di corteggiarla divotamente nella festa dell’Assunzione. Essi, dolcemente attratti e ri. confortati dalla virtù vivificante della Divinità, erano confermati nella buona volontà, proprio come un uomo recupera energie, sostentandosi con cibi nutrienti.
Dopo la S. Messa mentre le Monache, secondo le prescrizioni della Regola, si recevano in capitolo, Geltrude vide il Signore Gesù che le precedeva, circondato da una moltitudine di Angeli, attendendo con gioia l’arrivo delle sue Spose.
La Santa, alquanto stupita, chiese: « Come mai, o amatissimo Gesù, tu vieni a questo nostro Capitolo con si grande moltitudine di angeli? Eppure noi celebriamo questa festa in tono assai meno solenne della tua Nascita ed Incarnazione ». Rispose l’amabile Salvatore: « Sono venuto qui come buon padre di famiglia, che si fa premura di ricevere lui stesso gli invitati al suo banchetto. Oggi, per onorare la mia dolcissima Mamma, quando si annuncerà la solennità della sua gloriosa Assunzione, accoglierò con tenerezza speciale tutte le anime che desiderano celebrare divotamente questa festa. Di più per la mia divina autorità, assolverò tutte coloro che umilmente accuseranno le loro infrazioni alla Regola. Nello stesso modo assisto ai vostro Capitolo in ogni festività ed approvo tutto quello che ivi compite, come già ti mostrai nella vigilia della mia Natività ».
Mentre Geltrude assisteva con divozione speciale all’ora di Nona, quando, secondo le nostre costumazioni, inizia la festa dell’Assunzione, conobbe per divina ispirazione che appunto in quell’ora la Vergine venne talmente assorbita in Dio che, spogliata dalla scoria mortale, preludiava la vita celeste, non vivendo più se non per l’azione dello Spirito Santo. Rimase in quello stato fino alla terza ora di notte; allora si lanciò in Dio, adorna delle perfezioni di tutte le virtù, senza il minimo rimpianto di coscienza. Beatamente nelle braccia del Signore, fatta un solo spirito con Lui, entrò nella potenza della Divinità (Sal. LXX).
Ai Vespri, mentre si cantavano i salmi, la Santa vide il Signore attrarre nel suo divin Cuore tutte le lodi che Gli erano rivolte e dirigerle verso la Vergine come un torrente impetuoso, di cui la celeste Sovrana riceveva le onde, secondo il numero dei meriti di cui era arricchita. All’antifona: Tota pulchra es – ella si abbandonò nelle braccia del Signore, cercando di far risuonare le parole dell’antifona sul liuto del divin Cuore, in memoria delle tenerezze che il Figlio dell’Altissimo prodigò con queste ed altre parole, a Lei, sua beatissima Madre. A questa dimostrazione d’amore, i torrenti del divin Cuore inondarono con maggior impeto l’anima della Celeste Sovrana, sprizzando gocce di acqua brillanti come fulgide stelle. Tali stelle la circondarono per rallegrarla ed adornarla d’incomparabili splendori; ma il loro numero era così grande che molte caddero al suolo. I Santi, rapiti d’ammirazione, s’affrettarono a raccoglierle per offrirle gioiosamente al Signore; con tale atto vollero far comprendere che attingono gioia, gloria, beatitudine nella sovrabbondanza dei meriti della Madre di Dio. Tutti gli angeli si associarono con grande allegrezza al fervore della Comunità e fecero risuonare, con la medesima, il responsorio: Quae est ista?. In seguito il Signore cantò con voce sonora il versetto: Ista est speciosa, e lo Spirito Santo parve far vibrare il liuto del Cuore divino per lodare e glorificare la Vergine Maria, benedetta fra tutte le creature.
All’inno: Quem terra pontus ecc. la celeste Regina parve venir meno sotto il peso dell’immenso gaudio, e s’inchinò sul seno del suo amabilissimo Figlio per rìposarsi fino alla strofa: O glortosa Domina. Si alzò allora, quasi spinta dalla divozione dei fedeli, tendendo a tutti la mano della sua dolce protezione e materna consolazione. Alla dossologia Deo Patri, si levò di nuovo e piegò tre volte le ginocchia con grande riverenza per glorificare la Trinità, sempre adorabile. Rimase così prostrata tutto il tempo del Magnificat, pregando per la Chiesa; durante l’antifona Virgo Prudentissima, fece brillare una luce celeste su tutti coloro che la pregavano con divozione.
Un’altra volta, nella stessa festa dell’Assunzione, Geltrude era così sfinita, che si poté a stento trascinare a Mattutino. Mentre stava seduta, affranta per lo sforzo fatto, il Signore, che si leva in alto, la visitò con le viscere della sua misericordia (Luc. I, 78). Infatti quando si lesse il VI Responsorio, ella fu rapita in spirito e le parve di assistere alla gioconda festa, nella quale la Vergine, dopo d’aver pagato il tributo alla natura, se ne entrò giubilante ne’ regni celesti.
Dopo il Responsorio Super Salutem fino al Te Deum, durante il quale ella riprese i sensi, tutti i canti le procurarono speciali illustrazioni e gioie ineffabili. Ne citerò solo alcuna più accessibile alla umana intelligenza. Le parve dunque che il Responsorio Super salutem fosse cantato dai cori riuniti degli angeli e degli apostoli, per rallegrarsi con la Sovrana degli onori ricevuti. Durante quel tempo la gloriosa Vergine, attratta da una forza infinitamente dolce, usciva dalla prigione del corpo per lanciarsi nelle braccia amorose del Figlio. Egli, Padre tenerissimo degli orfani, si sostituiva per così dire alla Chiesa, sua diletta Sposa, e volle raccomandare alla Madre sua le intenzioni che più profondamente interessavano il suo Cuore. Così cantò Lui stesso il VII Responsorio: « Sancta Deo diletta – Santa ama ta da Dio ». In seguito, mentre la Vergine, man mano s’inalzava, il Figlio, acceso da affezione sempre più tenera per la Madre sua, raddoppiò le lodi, salutandola con l’VIII responsorio: Salve Maria; l’assemblea dei Santi, riprendendo i canti, aggiunse: « Salve, pia Mater christianorum – Salve, tenera Madre dei Cristiani ». In seguito Gesù, personificando ancora la Chiesa sua Sposa, cantò con voce chiara: « Virgo solamen desolatorum – Vergine consolatrice degli afflitti ».
Durante il cantico: Audite me, divini fructus, la beatissima Vergine parve entrare in cielo trasalendo di giubilo, ma la visione del trionfo meraviglioso non potrà mai essere espressa da umano linguaggio. La Vergine parve entrare in un magnifico prato, smaltato di fiori. Quando si cantò il versetto: Et frondete in gratiam, tutti i fiori vollero celebrare l’arrivo d’una sì grande Regina: dai loro petali irradiò una luce affascinante accompagnata da squisiti olezzi e da melodie così soavi, come se tutti i suoni della terra si fossero riuniti in un concerto armonioso.
La dolcissima Vergine, gustando la sua incomparabile beatitudine, lodava Dio e salmodiava: Gaudens gaudebo in Domino. Dio Padre, placato alla vista di una Vergine così bella, benedisse la Chiesa militante e le disse nell’abbondanza della sua soavità: Non vocaberis ultra derelieta. In seguito a onore della Vergine Maria, tutto il coro degli angeli cantò con slancio questo inno: Sexaginta sunt reginae, per dimostrare che la Madre di Dio è al di sopra di tutte le gerarchie. Il coro dei Santi incalzò et octogirata concubinae, proclamando che Ella ha ricevuto maggiori privilegi di tutti loro presi insieme. Infine il coro riunito degli Angeli e dei Santi, insistette cantando in nome della Chiesa militante: et adolescentularum non est numerus – per esaltare la Madre di Dio al di sopra di loro tutti. Lo Spirito Santo aggiunse una dolcissima modulazione: Una est columba mea, come se avesse detto: « Ho trovato solo in Essa la mia somiglianza, solo in Essa mi compiaccio di riposare ». Il Figlio di Dio proseguì: perfetta mea: cioè tutto ciò che la mia Divinità e la mia Umanità bramavano trovare nella creatura, l’ho scorto solo in Lei.
Dio Padre aggiunse: una est matris suae, eletta genetricis suae come se, nell’eccesso del suo amore, non potesse trattenere l’espressione della sua tenerezza. Maria venne allora posta con grande riverenza, sul trono di gloria alla destra del Figlio suo, mentre tutta la Corte celeste faceva echeggiare il Responsorio: Salve nobilis. Virga Jesse, Salve flos campi, Maria, Unde ortum est lilium convallium. Odor tuus super euncta preziosa unguenta; favus distillans labia tua, mel et lai sub lingua tua. Unde – Io ti saluto, nobile stelo di Jesse: io ti saluto, fiore dei campi, Maria. Da te è uscito il giglio delle valli. Nessuna preziosa fragranza può esserti paragonata. Le tue labbra distillano miele, la tua voce è dolce come miele e latte. I cittadini del cielo, plaudenti intorno a quel trono regale ed animati da crescente ardore, celebrarono la santissima vita di Maria, cantando con gìoia ineffabile il Responsorio: Beata es Virgo Maria – Fu la Trinità stessa che disse il versetto, per rinnovare in quella Vergine benedetta la dolcezza della Salutazione angelica, che fu l’inizio della sua gloria.
Araldo del Divino Amore, Libro IV.Capitolo XLVII
17 settembre 2019FESTA DI S. GIACOMO APOSTOLO
Nella festa di S. Giacomo, il Maggiore, il glorioso Apostolo apparve a Geltrude, adorno di tutti i meriti dei pellegrini ch’erano andati a venerare le sue reliquie. Geltrude, meravigliata di tanto splendore, chiese a Gesù perchè mai S. Giacomo avesse tanti privilegi, giacchè molti popoli accorrevano alla sua tomba, invece di andare a quella dei grandi Apostoli Pietro e Paolo, o a quella di altri Santi.
Il Salvatore le rispose: « Volli onorare questo mio diletto Apostolo con un privilegio affatto speciale, in vista dello zelo ardentissimo ch’ebbe per la salvezza delle anime: essendo morto in giovane età non ha potuto convertire alla fede molte anime, come fervidamente desiderava. La sua buona volontà forte, valida, decisa, sempre unita alla mia, gli ha meritato quello che non ha potuto compiere quaggiù per la sua morte precoce; cioè la salvezza di molte anime. Infatti i numerosi pellegrini che affluiscono al suo sepolcro, attratti dai miracoli che ivi si compiono, confessano i loro peccati e si ritemprano nella fede ».
Il mio Ideale: Gesù, Figlio di Maria (Padre Emilio Neubert, Santo Marianista). Libro II; Capitolo VIII
17 settembre 2019
CON ME, VIVI IN UNIONE CON MIA, MADRE
Gesù: Fratello mio, devo ora rivelarti un altro tratto essenziale della mia pietà filiale verso mia Madre: la mia vita d’unione con lei. Se per qualsiasi figlio non v’è cosa più dolce dell’intimità con sua madre, quali non furono le gioie della mia intimità con Maria? Gioie di quei nove mesi di unione ineffabile, quand’ero tutt’uno con lei, ed ella, tabernacolo vivente, mi portava sempre con sé; infatti, a differenza degli altri fanciulli, io conobbi mia Madre fin dal primo istante della mia esistenza terrena, e fin da allora tra lei e me vi fu uno scambio continuo di pensieri e di amore. Gioie di quei trent’anni di intimità senza pari, a Betlemme, in Egitto e a Nazaret, quando mi portava tra le sue braccia, mi vedeva al suo fianco, conversava con me con la parola e con lo sguardo. Trenta lunghi anni che passai esclusivamente con lei sola e con Giuseppe. Gioie non meno profonde degli ultimi tre anni della mia vita, quando in mezzo alla incomprensione delle turbe, alla mediocrità degli amici, al furore dei nemici, il mio pensiero andava a colei che nella sua casetta di Nazaret pensava a me, mi comprendeva, mi amava, ed offriva al Padre continue suppliche ed immolazioni per la buona riuscita della mia missione.
2. Altre gioie dovevo provare ancora: quelle cioè che mi avrebbero procurato la generosità dei miei apostoli, la fede e l’affetto di un gran numero di discepoli, la semplicità e lo zelo di innumerevoli anime che fino alla fine dei tempi avrebbero creduto nel mio amore e si sarebbero date a me interamente; ma tutte queste altre gioie messe insieme non sarebbero bastate a raggiungere neppure la più piccola delle gioie che provavo nella mia intensa e profonda unione con mia Madre.
3. Ora, caro fratello, io voglio che anche tu partecipi a questa vita di unione con Maria, per partecipare alla gioia di cui essa è fonte. Vi troverai, oltre che una immensa consolazione, una grande facilitazione nel praticare tutte le altre manifestazioni di pietà filiale che ti ho insegnato. Vicino a Maria, ti applicherai quasi istintivamente a rinnovare e a manifestare in tutta la vita la tua totale consacrazione a lei; sentirai crescere ogni giorno il tuo affetto filiale; ti sembrerà cosa facile conformarti ad ogni suo volere e persino ai suoi più piccoli desideri; ti applicherai spontaneamente ad imitare le sue virtù e tutte le sue disposizioni; proverai un’incrollabile fiducia nella sua bontà materna. Vicino a lei imparerai tante altre cose che non ti ho spiegate, ma che il tuo cuore scoprirà da sé.
4. Sforzati dunque di entrare, sulle mie orme, nella più stretta intimità con mia Madre. Unisciti a lei con la preghiera. Sii fedele al rinnovamento quotidiano della tua consacrazione a Maria, alla recita quotidiana del santo rosario, o almeno di una parte di esso, e alle preghiere che hai stabilito di offrirle ogni giorno. E più volte nel corso della giornata alza il tuo sguardo verso colei che non ti perde di vista un solo istante.
5. Ma nel pregarla pensa che ricorri a lei in mio nome e che col tuo cuore e con la tua bocca sono io stesso che continuo ad onorare e ad amare mia Madre. Anche quando vuoi parlare col Padre o con lo Spirito o con me, comincia con l’unirti a lei. In sua compagnia il tuo raccoglimento sarà più profondo, la tua fede più certa, la tua fiducia più salda, il tuo amore più ardente. Perché alle disposizioni del tuo povero cuore si aggiungeranno quelle perfettissime di tua Madre.
7. Ricorri a Maria in particolar modo quando mi ricevi nel sacramento dell’amore. Pregala allora di farti partecipe della sua fede, della sua speranza, del suo abbandono, della sua carità; pregala di darmi a te e di trasformarti in me.
8. Unisciti a lei nell’azione. Io lavoravo per mia Madre e con mia Madre. Fa’ tu pure lo stesso. Offrile ciascuna delle tue occupazioni. Ma non accontentarti di una semplice formula; cerca di fare effettivamente soltanto quello che ella vuole, perché lo vuole e come lo vuole. Bada che i tuoi capricci, le tue tendenze o i tuoi interessi personali non prendano mai il sopravvento su quella intenzione iniziale. Soprattutto nelle occupazioni che potrebbero assorbirti o turbarti, abbi cura di rinunciare ad ogni ricerca di te stesso per agire solo secondo i disegni di Maria. Impara a poco a poco a rinnovare la tua offerta, anche con un semplice sguardo, in mezzo alle tue occupazioni.
9. Unisciti a lei nei vari moti del tuo spirito. Il cuore di mia Madre ed il mio palpitavano sempre in perfetta sintonia: gioie, tristezze, speranze, timori, affetti, tutto era comune tra me e lei. Confida a tua Madre tutto ciò che ti turba o ti commuove. Ella comprende ciò che si agita in fondo al tuo cuore, più di quanto non possa comprenderlo tu stesso. Sei triste? Raccontale i tuoi dispiaceri ed ella ti aiuterà a sopportarli se non li cambierà addirittura in motivi di gioia. Sei felice? Esprimile la tua gioia ed ella l’intensificherà. Ti senti scoraggiato? Confidale i tuoi timori e le tue delusioni ed ella volgerà tutto a tuo vantaggio. Ti è riuscita bene un’impresa? Va a ringraziarla e pregala di renderne duraturi i frutti. Non sai che partito prendere e rimani perplesso? Consultala ed ella ti illuminerà e ti guiderà. Ti trovi senza forza e senza volontà? Va a rinnovare presso di lei le tue energie.
10. Confidale non solo i tuoi sentimenti più profondi, ma anche le semplici impressioni e riflessioni che ti suggeriscono le vicende della vita quotidiana. Non si comporta forse così il bambino con sua madre? e non credi che io agissi allo stesso modo, quando ero accanto alla mia?
11. Nelle tue assidue relazioni con Maria, non occorrono molte parole. Quante volte per comunicare alla madre i sentimenti e i bisogni che provano, i bambini si limitano a guardarla gridando: «Mamma!». E questa comprende perfettamente ciò che essi vogliono. Meglio di qualunque altra madre la mia sapeva che cosa volessi dirle quando la chiamavo così e la guardavo. E il suo sguardo rispondeva al mio. Che gioia infinita era questa per lei e per me! Per esporre a Maria le tue necessità e i tuoi sentimenti, dille semplicemente: «Madre!» e guardala un momento, mettendo in quel nome e in quello sguardo tutto ciò che, secondo il caso, vuoi esprimerle: una protesta d’amore, l’offerta del tuo lavoro, un grido d’angoscia, un ringraziamento, l’espressione della tua gioia o della tua tristezza. E tua Madre comprenderà e risponderà come meglio non si potrebbe alla chiamata di un suo figlio. Ti ho rivelato soltanto una minima parte delle celestiali gioie che un figlio di Maria trova nella unione con sua Madre. Ella stessa ti introdurrà in quel paradiso e te ne mostrerà a misura della tua fedeltà le ineffabili meraviglie.
Invito al colloquio: O Gesù, restare come te, vicino a mia Madre, vivere assiduamente sotto i suoi occhi, guardarla di continuo per essere da lei consolato, incoraggiato e guidato, non è forse il paradiso in terra? Dammi la grazia di vivere sempre in questo paradiso!
CONTINUA….
Araldo del Divino Amore, Libro IV. Capitolo XLVI
16 settembre 2019NELLA FESTA DI S. MARIA MADDALENA
Nella festa di S. Maria Maddalena, la grande amante di Cristo apparve a Geltrude durante i primi Vespri adorna di rose d’oro e splendente di tante gemme quanti furono i suoi peccati. Ritta alla destra del Figlio di Dio, diffondeva su tutta la Corte celeste il meraviglioso splendore della sua gloria, e il Salvatore Gesù, prodigandole familiari carezze, le diceva tenerissime parole. Geltrude comprese che i fiori d’oro rappresentavano la divina clemenza che aveva rimessi i peccati di S. Maria Maddalena, le gemme preziose simboleggiavano la penitenza con cui ella, aiutata dalla divina grazia, aveva cancellato tutte le sue colpe.
Durante il Mattutino Geltrude applicò la sua divozione alle parole ed ai neumi che erano cantati in onore di S. Maria Maddalena, e la pregò d’intercedere per lei e per le persone che le erano state raccomandate. La Santa penitente s’avanzò, si prostrò ai piedi del Signore, li baciò con amore e li offerse, in virtù dei suoi meriti, a tutti coloro che desideravano avvicinarsi ad essi con sincera penitenza. Geltrude venne a baciare teneramente quei sacratissimi piedi, dicendo: « Ecco, o amatissimo Gesù, che ti offro le pene di tutte le persone che mi sono affidate e in loro compagnia, lavo i tuoi santissimi piedi ». Rispose il Signore: « Con ragione mi hai lavato i piedi in nome loro, adesso di’ a coloro per i quali tu preghi che me li asciughino coi loro capelli, che li bacino e li profumino con preziosi aromi ». Geltrude comprese che quelle persone dovevano fare tre cose: per asciugare i piedi di Gesù era necessario che si esaminassero accuratamente se nei dolori da loro sofferti, nulla vi fosse di opposto a Dio, o che impedisse la loro unione col Signore; in caso affermativo dovevano proporre di vincere ogni ostacolo, a prezzo di qualsiasi sacrificio. Per baciare i piedi di Gesù dovevano confidare ciecamente nella bontà infinita di Dio, sempre pronto a perdonare le colpe dei cuori sinceramente pentiti. Infine per profumare quei santi piedi dovevano proporre di fuggire, per quanto è possibile, la minima offesa di Dio.
Il mio Ideale: Gesù,Figlio di Maria (Padre Emilio Neubert, Santo Marianista ) Libro II , Capitolo VII
16 settembre 2019
COME ME, CONFIDA IN MIA MADRE
Gesù: Fratello mio, come ogni figlio confida in sua madre, così anch’io ho confidato nella mia. Ho confidato in lei per le mie necessità materiali. Io che nutro gli uccelli dell’aria e rivesto splendidamente i gigli dei campi, volli aver bisogno degli stessi aiuti materiali di cui necessitano tutti gli altri figli degli uomini. Per ogni cosa confidai in mia Madre. Ella mi nutrì, mi vestì e si prese cura di me. La mia vita fu minacciata. Non me ne sgomentai: mia Madre mi portò in terra straniera, mentre dormivo tranquillamente tra le sue braccia.
2. Confidai in mia Madre per il compimento della mia missione. Appena concepito, volendo santificare il mio precursore, manifestarmi, agli Ebrei e ai Gentili, al vecchio Simeone e alla profetessa Anna, affidai ogni cosa a lei. Nuovo Adamo, venuto a riparare la colpa del primo, volli che mia Madre si associasse a me, quale nuova Eva, in una perfetta uniformità di voleri, di preghiere e di sacrifici. Ella capì perfettamente ogni cosa e vi consentì generosamente.
3. Confidai in lei nelle angosce cagionatemi dalla mia missione. L’anima mia fu triste oltre ogni dire. Triste alla vista del culto tutto materiale, spesso ipocrita, che si rendeva a mio Padre: triste per la incomprensione della gente, per l’opposizione e la mala fede dei miei nemici, per i sentimenti grossolani e l’incostanza dei miei amici; triste soprattutto per la perdita di innumerevoli anime, tutte a me infinitamente care, per le quali stavo per versare inutilmente il mio sangue. Ero triste, triste fino alla morte, a tal punto che pregai mio Padre di allontanare da me l’amaro calice. Eppure mi rimaneva un’immensa consolazione: mia Madre. Ella mi comprendeva; ella sapeva adorare in spirito e verità; ella prendeva par te alle mie angosce; ella mi amava tanto più quanto più accanitamente ero odiato dai Farisei, quanto più amaramente rimanevo deluso per la condotta dei miei discepoli; «Ella vegliava e pregava con me», per tutto il tempo della mia vita nascosta e per tutto quello della mia missione pubblica; ella «stette» ai piedi della croce, credendo con fede incrollabile, mentre vacillava la fede di tutti gli altri; in lei la mia opera redentrice produsse tutto il suo frutto; in lei ottenni il mio più splendido trionfo.
4. Come me, confida anche tu in mia Madre. Confida: ella è onnipotente. Non l’ho forse fatta dispensatrice di tutte le grazie? Non può ella dare tutto ciò che vuole, a chi vuole, quando vuole? Confida: la sua bontà è immensa. Avendola fatta onnipotente, potevo non farla tutta misericordiosa? Confida: io sono suo Figlio; che cosa potrei negare a mia Madre? Confida: tu pure le sei figlio; può mai una madre negare al figlio ciò che gli può dare? Confida: ti sei donato tutto a lei; potrebbe ella essere meno generosa di te? Confida: dando a te, ella dà a me, poiché sa bene che io vivo in te e che qualunque cosa fatta al più piccolo dei miei fratelli è fatta a me. Quando la invochi le procuri la gioia di continuare a prendersi cura di me, a nutrirmi, a portarmi, a sottrarmi dai pericoli, a compiere la mia educazione. Confida: ella desidera concederti grazie più di quanto tu non desideri riceverne, perché ti ama; ama me in te, più di quanto tu non possa amare te stesso. Confida: esitando le recheresti dispiacere, poiché esitare sarebbe come mettere in dubbio il suo amore per te e per me.
5. Che cosa ti impedisce di avere piena ed assoluta fiducia in lei? Forse credi di non meritare i favori di tua Madre per il tuo poco zelo nel servirla? E’ veramente molto poco il tuo zelo, ma non tanto da raffreddare l’amore di tua Madre. Devi confidare non perché sei buono tu, ma perché è buona lei. Forse che ella cessa di essere buona quando tu sei cattivo?
6. Ma non sai se la tua preghiera sia conforme ai disegni di Dio su di te, e per questo resti titubante… Ascolta, voglio insegnarti un modo di pregare che sia sempre conforme a quei disegni, e che potrai sempre adottare con assoluta fiducia. Anzitutto, intendi bene queste verità:
a) Riguardo ad ognuna delle tue necessità, tua Madre nutre intenti di amore.
b) I suoi intenti sono sempre conformi ai disegni di Dio e sempre attuabili.
c) Essi valgono sempre più e sempre meglio dei tuoi intenti personali, perché Maria conosce meglio di te ciò di cui hai veramente bisogno ed ha a tuo riguardo aspirazioni più alte di quelle che puoi avere tu stesso. Quindi ogni qualvolta provi un desiderio, prega tua Madre di attuare i suoi intenti riguardo ad esso; e sii pur sicuro, fermamente sicuro, che otterrai o quello che desideri o qualche cosa di meglio, e che ti verrà fatto non secondo la misura dei tuoi desideri, spesso tanto meschini, ma secondo la misura del suo immenso amore per te.
Invito al colloquio: O Gesù, che consolante promessa è mai la tua! Dunque, per avere una fede da trasportare le montagne, ed essere esaudito oltre ogni mia attesa, mi basterà in ogni necessità pregare mia Madre di compiere i suoi disegni su di me!
CONTINUA….
Araldo del Divino Amore, Libro IV.Capitolo XLV
15 settembre 2019
NELLA FESTA DI S. MARGHERITA VERGINE
Nella festa dell’illustre Vergine, mentre Geltrude assisteva devotamente ai Vesperi, le apparve la Santa, brillante nello splendore della sua immortale beatitudine. Era adorna di un magnifico rivestimento di gloria, e stava davanti al trono della divina Maestà.
Quando s’intonò il Responsorio «Virgo veneranda in magna stans conàiantia verba contempsit judicis. Nil cogitans de rebus lubricis. Coelestis proemii spe gaudens, in tribulatione erat patiens. Nil cogitans – La Vergine degna di lode ferma e costante, disprezzò le parole del giudice. Il suo pensiero s’allontanava di ciò che è impuro. Gioiosa nella speranza della celeste ricompensa, soffriva la prova con pazienza». Una luce splendidissima irradiò dall’illibata Umanità di Gesù e investì l’anima di S. Margherita, accrescendone la verginale bellezza. Il Signore volle così rinnovare e raddoppiare in essa il merito della casta sua verginità, come fa il pittore che, con adatte vernici, fa brillare di nuove sfumature le tinte di un magnifico quadro.