Simone dei Crocefissi o Lippo di Dalmasio, Beata Vergine Maria della vita, fine XIV sec, patrona degli ospedali di Bologna
L’affresco cosiddetto della “Madonna della Vita” raffigura la Vergine seduta in trono, mentre accosta il viso alla guancia del Bambino. Tale impostazione sarebbe riconducibile al modello delle icone definite Glycophilousa (dal greco: colei che bacia dolcemente), caratterizzate da un atteggiamento di profonda tenerezza tra la madre e il figlio.
Nel caso particolare della Madonna della Vita, dove il bambino sfiora con la mano il viso della madre, il formalismo del modello più antico dell’icona appare già interpretato secondo le linee della pittura gotica trecentesca. Il taglio allungato degli occhi e il disegno delle mani, particolarmente lunghe e affusolate, così come il colore delle vesti e la composizione del soggetto sono chiaramente legati all’influsso dell’arte bizantina, ma la rigida impostazione è in contrasto con i tratti morbidi dei volti e l’espressione sorridente della Vergine.
Per le sue caratteristiche stilistiche l’opera è stata attribuita alla mano di Simone dei Crocifissi (documentato dal 1355 – 1399), allievo di Vitale da Bologna, o al nipote Lippo di Dalmasio, detto anche Lippo delle Madonne (documentato dal 1375 al 1410), due interpreti della pittura bolognese del Trecento particolarmente legati alla produzione di icone e polittici con soggetti di devozione mariana.
Il 10 settembre 1614, durante i lavori di ripulitura della chiesa, l’antica immagine fu riscoperta, ancora in buono stato di conservazione. Ritenuta miracolosa, divenne oggetto di particolare venerazione da parte della Confraternita, che la elesse a protettrice dell’adiacente Ospedale e dei malati. L’immagine fu ricollocata nel 1617 in un nuovo altare, e il pittore Ludovico Carracci (1555 – 1619) disegnò come omaggio votivo un nuovo frontale da apporre sull’affresco.
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