Lluís Martínez Sistach. Gaudì, il Dante dell’architettura

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Antoni Gaudí i Cornet, architetto della chiesa della Sagrada Família di Barcellona, fu un autentico evangelizzatore con la sua vita e la sua professione, come laico cristiano. Nelle diverse vicissitudini della sua vita prese coscienza del fatto che, come “architetto di Dio”, doveva dedicarsi pienamente all’esercizio della sua professione. In tutte le opere che realizzava ricercava la bellezza e la simbologia religiosa e desiderava che ciò che costruiva conducesse a Dio quanti contemplavano le sue opere architettoniche. Coronava tutti gli edifici che progettava con un simbolo religioso, generalmente con la croce a quattro bracci, come a indicare il valore salvifico della santa Croce ai quattro venti. Gaudí era un lettore assiduo delle Sacre Scritture e, nel progettare la sua grande opera, s’ispirò soprattutto a questo Libro della Parola di Dio, in particolare alla visione del profeta Ezechiele – nel capitolo 47 – – e alla visione della Gerusalemme celeste che si trova nel capitolo 22 del libro dell’Apocalisse. Questa ispirazione biblica del tempio colpì in modo particolare Albert Schweitzer quando, nel 1921, venne a Barcellona per l’esecuzione della Passione secondo Matteo, di Johann Sebastian Bach, affidata all’Orfeó Catalá e diretta dal maestro Lluís Millet. Il futuro premio Nobel per la pace e apostolo di Lambaréné in Africa – che partecipò come organista in quell’esecuzione di Bach – visitò la Sagrada Família accompagnato da Millet e si dichiarò impressionato dalla grandezza di quel progetto ispirato alla Bibbia. La bellezza della Sagrada Família sta nel saper parlare agli uomini e alle donne di oggi. L'”architetto di Dio” mostra la sua intenzione evangelizzatrice anche nelle caratteristiche torri e nelle loro iscrizioni. Gaudí diceva: “Queste iscrizioni saranno come una fascia elicoidale che si arrampicherà lungo le torri. Tutti coloro che le leggeranno, anche gli increduli, intoneranno un inno alla Santissima Trinità, man mano che ne scopriranno il contenuto: il Sanctus, Sanctus che, leggendolo, farà volgere il loro sguardo verso il cielo”. La ricchezza simbolica, biblica, teologica e liturgica, spiega perché si è detto che la basilica è come la Summa Theologiae di san Tommaso d’Aquino, tradotta in architettura. È ben nota l’entusiastica affermazione del nunzio in Spagna, Francesco Ragonesi, che, dopo aver appreso da Gaudí stesso le grandi linee del suo progetto, gli disse: “Lei è il Dante dell’architettura, e il suo lavoro è il più eccelso poema cristiano scritto in pietra!”. “Nessuno rimane indifferente davanti alla Sagrada Família, cristiani o meno, credenti o no – spiega Jordi Faulí, l’architetto responsabile del cantiere – ognuno incontra qualcosa della sua esperienza e la confronta con la sua esperienza di Dio”.

Lluís Martínez Sistach ( Cardinale arcivescovo di Barcellona)

(©L’Osservatore Romano 22 novembre 2012)

 

 

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