Avvento. Le quattro Tempora.

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Nel calendario liturgico della Forma Straordinaria del Rito Romano, le Quattro Tempora sono quattro distinti periodi di tre giorni – mercoledì, venerdì e sabato – di una stessa settimana approssimativamente equidistanti nel ciclo dell’anno, destinati al digiuno e alla preghiera.

Le quattro tempora cadono fra la terza e la quarta domenica di Avvento, fra la prima e la seconda domenica di Quaresima, fra Pentecoste e la festa della Santissima Trinità e generalmente la settimana seguente l’Esaltazione della Santa Croce, (14 settembre).

La Chiesa Cattolica prescriveva il digiuno in tutti i giorni delle Quattro Tempora e l’astinenza in ogni venerdì, e i fedeli sono invitati a confessarsi. Questa regola è tutt’ora seguita dai fedeli Cattolici che lo desiderano, ed in particolare per coloro che osservano il calendario liturgico del 1962.

1. Origine delle quattro tempora.

 

Nessuno pensa più a farle risalire agli Apostoli, ma certamente sorgono come ispirazione già dall’età apostolica stessa. La loro origine si deve cercare a Roma. In origine erano tre tempora, la quarta si è aggiunta successivamente. Le Quattro Tempora rappresentano una tradizione antica cara alla Chiesa romana. Al principio di ogni stagione tre giorni della stessa settimana (mercoledì, venerdì, sabato) sono destinati al digiuno e alla penitenza. Queste pie pratiche di culto hanno lo scopo di attirare le benedizioni di Dio sui frutti della terra e di ottenere degni pastori. Secondo la disposizione del calendario liturgico le Tempora sono stabilite: nella III settimana di Avvento, per l’inverno; nella I settimana di Quaresima, per la primavera; durante l’ottava di Pentecoste, per l’Estate; nella III settimana di settembre, per l’Autunno.

La loro origine è probabilmente comune a quella di altre feste liturgiche che contrassegnano il passaggio dal paganesimo al cristianesimo. È noto che la Chiesa non sempre proibì la celebrazione di certe feste popolari esistenti già nell’età pagana: semplicemente le convertì alla radice purificandole e trasformandole in senso cristiano. Le Quattro Tempora sono ritenute per l’appunto la trasformazione delle feste o feriae che al principio delle stagioni erano celebrate per implorare la protezione degli dèi sui frutti dei campi. Queste feste ricorrevano solo tre volte l’anno, ovvero: al principio dell’Estate per l’imminente raccolta del frumento (feriae messis), al principio dell’Autunno per la vendemmia (feriae vindemiales) e nel cuore dell’Inverno (feriae sementinae) per le semine già affidate alla terra oppure per la raccolta delle olive. Le prime erano fissate in giugno, le seconde tra il 19 agosto e l’equinozio di settembre, le terze nella settimana che precede il solstizio d’inverno.

Già le feriae pagane avevano, per il loro scopo d’implorazione, un carattere di preghiera e di purificazione. Accolte dalla Chiesa, accrebbero l’aspetto penitenziale. Anzi, diventarono uno dei principali digiuni annuali, pur conservando l’originario significato d’implorazione per i prodotti della terra.

È evidente la somiglianza tra le aniche feriae e le Tempora cristiane. Nelle feriae sementinae di dicembre gli antichi pregavano per assicurare la propria speranza dei futuri raccolti, offrendo sacrifici agli dei. La liturgia delle Tempora di dicembre prega perchè il seme affidato alla terra creasca a beneficio del popolo e con felice trasformazione solleva le menti dei fedeli al pensiero del vero frutto del cielo che è Cristo. Con il profeta Isaia la Chiesa ripete: “Rorate, caeli, désuper, et nubes pluant iustum: aperiatur terra, et gérminet Salvatorem” (Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto; si apra la terra e germini il Salvatore).

Il pensiero di santificare tutte le stagioni indusse la Chiesa romana ad aggiungere le feriae di Primavera, fissandole alla prima settimana di Quaresima.

Le tempora sarebbero state create dal papa Silicio (384-399), per op­porsi agli attacchi dell’eretico Gioviniano che nei suoi scritti e nella dottrina era contrario al digiuno (sarà condannato nel 390), ma anche per non imporre al popolo cristiano il digiuno continuo proprio degli asceti che san Girolamo difendeva e raccomandava tutto l’anno.

D’origine romana quindi, le quattro tempora si sono diffuse con la diffusione della liturgia romana (Napoli, VII secolo; Inghilterra, VII-VIII; Gallia, Vili; Spagna, XI; Milano, con carattere penitenziale e non liturgico, XII secolo).
2.    I formulari: formazione e senso.

Preghiera, digiuno ed elemosina sono gli esercizi principali di questo tempo di penitenza: perciò preghiera e digiuno sono i due temi principali dei formulari delle quattro tempora. Vi si aggiungono altri temi che variano da un tempo all’altro con il variare del mo­mento dell’anno liturgico.

Ma, all’epoca di san Leone, si sottolineava soprattutto il legame esistente tra ciascuno delle tre tempora e il momento dell’annata agricola con la quale essi coincidevano. Questo legame è il solo rilevato nel Liber-pontificalis. Questo riferimento alla stagione agricola è totalmente assente dalle quattro tempora di quaresima, le ultime create. È scomparso da quelle di dicembre i cui testi sono stati  tutti  cambiati  in  funzione  dell’avvento.   Si  è  parzialmente conservato nella quattro tempora di pentecoste, malgrado i ritocchi provocati dalla creazione della settimana di pentecoste. Solo le quattro tempora di settembre hanno conservato integralmente il loro antico ordinamento.

Le quattro tempora sono tutte, tempi di preghiera e di digiuno che devono essere accuratamente distinti dai digiuni e dalle preghiere private, come san Leone esige espressamente. Sono, egli dice, atti ufficiali della Chiesa, che fanno appello al «popolo cristiano» come popolo. Per questa ragione esse partecipano della «presenza speciale» di Cristo mediatore e godono, per questo, di una fecondità spirituale propria

 

Struttura generale dei formulari

1.  I tre giorni di digiuno.

La scelta del mercoledì e del venerdì non fu una novità; si trattava dei giorni antichi di stazione e di digiuno. La novità riguarda il sabato, oggetto, secondo il Liber Pontificalis, dell’intervento pontificio che ha dato origine alle tre tempora (1).
2.  Le celebrazioni liturgiche.

Al mercoledì e al venerdì, c’era la stazione (sinassi eucaristica). Nella notte dal sabato alla domenica si celebrava la veglia seguita dall’Eucaristia: era in realtà la messa della domenica e questa era dunque impropriamente chiamata dominica vacat. Quando vigilie ed eucaristia furono anticipate nella giornata di sabato, una messa fu celebrata nella mattina della domenica; i testi furono presi dalle ferie delle quattro tempora.
Al mercoledì, la messa ha conservato due letture, arcaismo che risale all’epoca in cui la sinassi comportava due letture. Al sabato, le vigilie non hanno mai avuto più di sei letture, ivi compresa l’epistola.
3.  Parti comuni.

Secondo i documenti superstiti, ciascuna delle quattro tempore possedeva e possiede ancora i suoi formulari propri. Vi si rilevano tuttavia delle parti comuni che non si trovano altrove.
La lettura comune è un centone tolto da Dan. 3. Manca ancora nel più antico epistolario romano ed appare nel VII secolo prendendo il posto della V lettura delle vigilie. L’orazione che l’accompagna (Deus qui tribus fiueris) è già in questo stesso luogo nei sacramentari gelasiano e gregoriano.
A parte le quattro tempora d’Avvento, i cui formulari sono stati interamente rifatti, le antifone d’offertorio del mercoledì, del venerdì e del sabato si ripetono nelle quattro tempora di quaresima, di pentecoste e di settembre. Al sabato, il medesimo tratto (Sal. 116) ritorna in tre luoghi come canto di lode.

 

LE QUATTRO TEMPORA  DI  AVVENTO

I sermoni di san Leone sottolineano i riferimenti agricoli di questo digiuno. Questo riferimento appare ancora nei formulari del leoniano, ma in essi è accompagnato già da un’allusione alla prossima venuta di Cristo. Benché qualche orazione sia stata ritoccata a questo scopo, i formulari gelasiani non sono ancora sistematicamente conformati al nuovo tempo dell’avvento. La cosa è compiuta nella nuova scelta di orazioni che appare con il gregoriano e che è riprodotta nel messale romano. L’assimilazione è totale per le letture e i canti, tutti fissati già nei più antichi documenti.
Le letture sono tolte da Isaia. Alle sette pericopi che si leggono ancora, si aggiungeva una volta Is., 42, 1-9 che è stato poi sostituito da Dan., 3. La lettura del sabato (II Tess., 2, 1-8), che tratta della parusia non è stata scelta forse per questo motivo, ma per il versetto 8 che cita Is., 11, 4.

Come le letture di Isaia, i vangeli si riferiscono alla venuta di Cristo nella carne: Lc, 1, 26-38 (annunciazione: confrontare il ver­etto 31 con Is., 7, I4b); Lc, 1, 39-47; Lc, 3, 1-6 (che cita Is., 40, 3-5a).
Alcune parti in canto sono tolte dalle letture di Isaia oppure da Zaccaria. Le altre sono tolte dal salterio. Accanto ad estratti isolati dei Sal., 23,118 e 144, alcuni salmi sono stati usati sistematicamente per le loro allusioni alla venuta di Dio, e la parte comune di questi estratti indica il passo sul quale è messo l’accento. Il Sal., 18, salmo d’introito del mercoledì, ha fornito tre antifone al sabato (parte comune, il versetto 7a). Il Sol., 84 ha dato due antifone al venerdì (parte comune, il versetto 8). Il Sal. 79, salmo d’introito del sabato, ha dato a questo giorno quattro antifone (parte comune, il versetto 3).

 

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