____________________________________________________
In questo post si propone solo uno sguardo d’insieme sulla liturgia che ogni giorno è propria della Chiesa cattolica.
La Parola dell’Evangelo, viene letta e commentata comunitariamente nel post Vangelo del giorno dove si condivide il momento centrale quotidiano di preghiera di questo blog.
In altro, diverso post,” La Parola di Dio dall’Antico al Nuovo Testamento”, si richiamano alcuni versetti tratti dalla prima lettura, legandoli ad una meditazione di pensatori cattolici dei nostri tempi, come ulteriore possibile approfondimento, sempre legato alla liturgia del giorno. In Salmi, infine, si riporta la voce del ” cuore di Dio”, pregata nel Salmo del giorno.
__________________________________________________
Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico : VERDE
LITURGIA DEL GIORNO
I Lettura Ne 8,2-4.5-6.8-10
Leggevano il libro della legge e ne spiegavano il senso.
Salmo (Sal 18)
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
II Lettura 1Cor 12,12-30
Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.
Vangelo Lc 1,1-4; 4,14-21
Oggi si è compiuta questa Scrittura.
LODI
http://www.maranatha.it/Ore/ord/LodDom/03DOMpage.htm
VESPRI
http://www.maranatha.it/Ore/ord/Ves2Dom/03DOMpage.htm
COMPIETA
http://www.maranatha.it/Ore/CompTO/DomCPage.htm
SANTI DEL GIORNO
Nel 1540 si spegne a Brescia Angela Merici, fondatrice della Compagnia di sant’Orsola.
Nata a Desenzano sul Garda attorno al 1474, Angela aveva ricevuto un’educazione religiosa dal padre, ma era rimasta orfana in giovane età.
Sin da ragazza provò il desiderio di una intensa vita di preghiera e di carità, ma i monasteri del suo tempo non erano ai suoi occhi i luoghi adatti per vivere la vita a cui si sentiva portata, ed era inoltre necessario recare una forte dote per potervi entrare.
Angela, nella sua ricerca, divenne dapprima terziaria francescana; si trasferì poi a Brescia, attorno ai quarant’anni, e con la sua radiosa presenza evangelica attirò a sé moltissime persone, acquisendo una profonda influenza spirituale sugli abitanti di quella città.
Il momento decisivo della sua ricerca vocazionale fu attorno al 1530, quando si stabilì presso la chiesa di Sant’Afra. Angela diede allora inizio a una compagnia di donne, che si proponeva di riattualizzare l’esperienza delle primitive comunità cristiane. Essa si preoccupò di dare alle ragazze del suo tempo un’istruzione, a cui non avevano normalmente accesso, e cercò di inculcare in quante desideravano praticare la carità evangelica il desiderio e la prassi di un’intensa vita di preghiera.
Alla sua morte, la sua fama era giunta ben al di là del territorio bresciano. Iniziava però anche una lunga lotta per impossessarsi delle sue spoglie e della sua eredità spirituale.
Sorelle, vi supplico che vogliate tener conto, e aver scolpite nella mente e nel cuore tutte le vostre figlie, a una a una; non solamente i loro nomi, ma anche la condizione, la natura, e ogni loro stato ed essere. Il che non vi sarà difficile, se le amerete con viva carità. Infatti, si osserva nelle madri secondo la carne che, se avessero mille figli e figlie, li avrebbero tutti totalmente presenti nell’animo, a uno a uno, perché così opera il vero amore. Anzi, pare che quanti più figli si hanno, tanto più l’amore e l’interessamento crescano a ogni figlio. Le madri spirituali possono e devono far questo in misura maggiore, in quanto l’amore spirituale è senza alcun paragone più potente dell’amore fisico. Sicché, mie cordialissime madri, se amerete queste vostre figlie con viva e viscerale carità, non sarà possibile che non le abbiate tutte particolarmente dipinte nella memoria e nel vostro animo.
Angela Merici, Secondo legato
http://www.onde.net/desenzano/citta/santangela/mostra-ita.htm
http://www.santiebeati.it/dettaglio/25900
Si ricordano anche san Vitaliano, ?-672, papa. Nativo di Segni, dopo la sua elezione tentò di ristabilire il dialogo con l’Imperatore e il patriarca di Costantinopoli. Il progetto fallì. Durante il suo pontificato la chiesa di Ravenne manifestò l’intenzione di legarsi alla Chiesa di Costantinopoli.
san Giuliano, martire sotto l’imperatore Antonino, venerato a Sora e ad Atina
http://www.santiebeati.it/dettaglio/38800
san Giuliano, primo vescovo di Le Mans
http://www.santiebeati.it/dettaglio/38850
La chiesa georgiana ricorda oggi Nino, evangelizzatrice della Georgia.
Nino nacque in Cappadocia attorno al 276, in una ricca e nobile famiglia di lingua greca. Recatasi a Gerusalemme assieme ai genitori quando aveva dodici anni, essa fu abbandonata dal padre che si fece monaco nel deserto di Giuda, e rimase diversi anni nella Città Santa assieme alla madre.
Secondo le Vite scritte alcuni secoli dopo la sua morte, Nino raggiunse la Georgia alla ricerca della tunica di Gesù, che si riteneva fosse stata portata in quella terra. Più verosimilmente, essa vi fu deportata assieme ad altre donne ai tempi delle persecuzioni di Diocleziano o di Massimiano.
A Mcketa, la capitale del regno degli Iberi, Nino iniziò a diffondere l’Evangelo di Cristo con un’intensa attività di predicazione; entrata nei favori della famiglia reale, condusse alla fede cristiana i due sovrani, ed è per questo ricordata come «uguale agli apostoli e illuminatrice della Georgia».
Prima di morire, Nino cercò di evangelizzare anche le popolazioni del Caucaso e della Kachezia. Si spense nel piccolo paese di Bobdé, sperduto tra le montagne, attorno al 340.
Al tempo della conversione dell’Etiopia anche la popolazione degli Iberi, che abitava una zona estesa sotto il cielo del Ponto, ebbe modo di abbracciare l’alleanza della Parola divina e la fede nel Regno futuro. A dare inizio alla prima origine di questo dono così grande fu una donna, schiava di condizione. Mentre si trovava tra quel popolo, conduceva una vita fedele, morigerata e casta, e poiché tutti i giorni e tutte le notti rivolgeva a Dio lunghe preghiere, questa stessa sua condotta insolita divenne motivo di ammirazione per quei barbari, e la gente si domandava con molta curiosità che cosa tutto questo potesse significare. Ed essa, com’era naturale, confessava semplicemente che in quel modo intendeva adorare il Cristo come Dio.
Rufino, Storia della chiesa 1,11
Lo stesso giorno in cui i georgiani ricordano Nino, la Chiesa serba ricorda Sava, primo suo arcivescovo.
Figlio dello zupan (capo patriarcale) serbo Stefano Nemanja, il giovane Rastko si recò nel 1192, appena diciassettenne, al monte Athos, e si fece monaco con il nome di Sava al monastero russo di San Panteleimon, contro il volere dei propri familiari. Tuttavia alcuni anni più tardi fu raggiunto dal padre, che nel frattempo aveva abdicato al trono.
Sava è considerato il fondatore, per concessione dell’imperatore di Costantinopoli, del monastero serbo di Hilandar, di cui redasse il typikón.
Nel 1204, il saccheggio di Costantinopoli da parte dei crociati mutò l’intero quadro in cui si muovevano le nascenti chiese balcaniche. Sava abbandonò allora l’Athos e si stabilì a Studenica, dove fu nominato igumeno del locale monastero. Nel 1219 venne consacrato arcivescovo dei serbi da Manuele, patriarca di Costantinopoli, divenendo così di fatto il primate di una nuova chiesa autocefala.
Stabilitosi a Z*PPic*POa, si impegnò profondamente per dare solide basi spirituali e canoniche alla chiesa serba. Si deve a lui, tra l’altro, la revisione della vita liturgica nella sua chiesa, operata grazie alla grande cultura e alle conoscenze che egli aveva maturato nei suoi viaggi nell’oriente bizantino.
Sava morì il 14 gennaio del 1235 a Tarnovo, allora capitale della Bulgaria. I suoi resti mortali, trasportati in Serbia, saranno bruciati dai turchi alla fine del XVI secolo.
La fedeltà della sua condotta all’Evangelo fu per tutti i serbi il solo, vero modello ed espressione di vita di fede, oltre che di vita politica e culturale. Come accade per ogni grande uomo che ispiri le generazioni successive a sempre più alti livelli di vita civile ed ecclesiale, così fu anche per Sava: il suo ideale sollecitò la Serbia, nel XIII e XIV secolo, a divenire uno dei regni più splendidi che il mondo abbia mai conosciuto. La vita religiosa si elevò notevolmente: i monasteri di Serbia erano affollati di monaci che spingevano i connazionali alle più alte vette dell’umiltà e li guidavano a rivelare il tratto che più li faceva e ancor oggi li fa riconoscere: l’ospitalità.
Daniel Rogic, dal Paterikon serbo