I Lettura Es 40,16-21.34-38
La nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora.
Salmo (Sal 83)
Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti!
Vangelo Mt 13,47-53
Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Es 40
16Mosè eseguì ogni cosa come il Signore gli aveva ordinato: così fece.
17Nel secondo anno, nel primo giorno del primo mese fu eretta la Dimora. 18Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi, dispose le assi, vi fissò le traverse e rizzò le colonne; 19poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della tenda, come il Signore gli aveva ordinato.
20Prese la Testimonianza, la pose dentro l’arca, mise le stanghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; 21poi introdusse l’arca nella Dimora, collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
34Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora. 35Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora.
36Per tutto il tempo del loro viaggio, quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. 37Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata. 38Perché la nube del Signore, durante il giorno, rimaneva sulla Dimora e, durante la notte, vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio.
Axum_ Arca dell’Alleanza Chiesa di S.Maria di Sion
Il primo giorno del primo mese del secondo anno (v. 2 e 17), ovvero nove mesi dopo l’arrivo al Sinai, ove si era giunti il terzo mese del primo anno (Esodo 19,1), si erige e si consacra la Dimora divina.
Nel racconto si elencano tutti i vari elementi del santuario: l’Arca della Testimonianza, sede della presenza divina, la tavola dei pani, il candelabro, l’altare d’oro dell’incenso e quello di bronzo dell’olocausto, la vasca per le abluzioni, l’olio dell’unzione sacra e le vesti sacerdotali.
Mosè stesso partecipa alla messa in opera della tenda santa dirigendola e agendo in prima persona.
Alla fine, appare la Presenza, una nube nasconde e indica al tempo stesso la Gloria, la divinità, che si immerge nella dimora sacra. Si conclude il racconto dell’Esodo, con una immagine di gran suggestione: il popolo è in marcia nel deserto ma, accanto, viaggia anche il Signore. Il segno della sua presenza è la nube che avvolge il santuario mobile e il fuoco che durante la notte sfavilla, Dio che guida verso la libertà.
La descrizione della costruzione del Santuario è minuta e dettagliata, segno dell’interesse e dell’importanza riposta nella Liturgia.
L’arca dell’alleanza, era il cuore del santuario del deserto. In Esodo 25, 10-20, si descriveva come una cassa rettangolare di m. 1,25×0,75×0,75, rivestita d’oro puro, con anelli alla base così da poter infilare le stanghe per il trasporto. Doveva, infatti, accompagnare i figli di Israele nella marcia del deserto, nelle battaglie, nell’attraversamento del Giordano e così via. Il libro del Deut 10, 1-5 affermerà diversamente da quanto dice il nostro testo – che fu Mosè a costruirla. L’arca scomparirà con la distruzione di Gerusalemme nel 586 a.C. e, stando a quanto dichiara Ger 3, 16 “non si parlerà più di essa, non se ne avrà ricordo, non sarà più rimpianta ne rifatta”. Stando a indicazioni che appaiono nella Bibbia, ma non omogenee, all’interno dell’arca erano custodite le tavole del Decalogo, una misura di manna in memoria del dono offerto da Dio nel deserto (Es. 16,34) e il bastone sacro di Aronne.
Il “propiziatorio”, cioè la lastra d’oro puro connessa ai cherubini, che la proteggevano con le loro ali, era il coperchio dell’arca (in ebraico “kapporet” = “coperchio”) ma anche la sede della presenza divina. E’ per questo che nella solennità del Kippur il sommo sacerdote incensava il propiziatorio e lo aspergeva col sangue delle vittime così da ottenere la “copertura” (la stessa radice ebraica) delle colpe del popolo, cioè il perdono dei peccati.
Alla costruzione dell’arca è associata quella della tavola dei pani della presentazione. Questa mensa serviva a presentare a Dio dodici pani, detti “pani della faccia”, perché erano posti davanti al Signore presente nell’arca e simboleggiavano le tribù d’Israele.
Il candelabro d’oro ,dal cui fusto si dipartivano sei bracci sorretti da due rami così da avere tre lampade per parte, completati al centro da un’altra lampada, direttamente connessa al fusto.
Il candelabro, descritto minuziosamente già in Esodo 25, 31-40, era riccamente ornato di fiori, corolle, calici a forma di mandorlo, pesava un talento d’oro puro, circa 34 chilogrammi. Le sue sette lampade, sempre ardenti, erano un segno della fede costante d’Israele, un segno pieno, come è indicato nel numero sette, sacro e perfetto..
Stando a un’indicazione del libro dei Numeri (4, 9-10), quando era portato durante le marce, il candelabro era coperto da un drappo purpureo.
L’altare dell’incenso modellato in legno d’acacia era naturalmente ricoperto d’oro, così da permettere la combustione degli aromi che esalavano verso Dio come segno dell’adorazione e della dedizione d’Israele al suo Signore. Diversamente dall’altare degli olocausti, rivestito di bronzo e collocato fuori del santuario, davanti all’ingresso della tenda, questo altare dell’incenso e dei profumi si ergeva davanti al velo che separava il Santo dei Santi dal resto della tenda. La sua dotazione era costituita da stanghe per il trasporto e da “incenso profumato, puro, opera di profumiere”.
A motivo del clima e del caldo, si faceva un grande uso di profumi, mescolati all’olio o bruciati in recipienti speciali o fatti evaporare. Anche nel culto erano molti impiegati i profumi, preparati con cura sotto la sorveglianza dei Leviti, era rigorosamente vietato farne un uso profano. Anche l’olio necessario alle unzioni sacre era profumato, secondo ricette precise e costose. Proprio per la complessità del procedimento di preparazione dei profumi, in tutto il mondo dell’antico Oriente c’erano servi specializzati in questa mansione. Anche nella Bibbia troviamo la menzione di persone specializzate in questo compito (Esodo 30,25; 37,29; 1 Sam. 8,13). Il testo di Neemia 3,8 ci ha tramandato anche il nome di una di esse. Si parla infatti di un certo “Annata, uno dei profumieri” che collaborò all’opera di ricostruzione delle mura di Gerusalemme dopo l’esilio babilonese.