Archive for ottobre 2015

Liturgia del giorno: Audio Salmo 24(23)

31 ottobre 2015

1. novembre.2015   _   TUTTI I SANTI


Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

[1] Di Davide. Salmo.
Del Signore è la terra e quanto contiene,
l’universo e i suoi abitanti.

[2] È lui che l’ha fondata sui mari,
e sui fiumi l’ha stabilita.

[3] Chi salirà il monte del Signore,
chi starà nel suo luogo santo?

[4] Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non pronunzia menzogna,
chi non giura a danno del suo prossimo.

[5] Otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.

[6] Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

[7] Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.

[8] Chi è questo re della gloria?
Il Signore forte e potente,
il Signore potente in battaglia.

[9] Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.

[10] Chi è questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.

Premere qui per ascoltare il salmo.

 

 

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».Mt 5,1-12

 

 

Amore e casa  

Madre Teresa di Calcutta

Bisogna amarsi in casa,

spartire l’amore in casa per imparare a donare agli altri.

E poi imparare a dare deve costare,

deve farci male perché valga!

L’amore che non ci fa soffrire non è vero.

La rinuncia a qualcosa che vogliamo avere… questo è amore!

 

Preghiera della sera. Vita di San Pietro, di San Giovanni Bosco

31 ottobre 2015

sanpietro

Appendice sulla venuta di S. Pietro a Roma[6]

            Sebbene le discussioni sopra fatti storici siano estranee al noslro scopo perchè {165 [457]} appartenenti alla classe delle persone erudite e non al semplice popolo a cui sono specialmente dirette le nostre letture; tuttavia la venuta di s. Pietro, che è un punto de’ più importanti della storia ecclesiastica, essendo caldamente combattuta dagli eretici d’oggidì, mi sembrò materia di tale importanza da non doversi ommettere; tanto più che i protestanti da qualche tempo in qua, nei loro libri, giornali e conversazioni, cercano di farne soggetto di ragionamento sempre collo scopo di metterla in dubbio e screditar la nostra santa cattolica religione. Noi crediamo che questo solo fatto varrà a far conoscere a tutto il mondo la grande ignoranza, e direi piuttosto, la grande malizia di cui servonsi i nemici della fede per ingannare; giacchè il mettere in dubbio la venuta di S. Pietro a Roma è lo stesso che dubitare se vi sia luce quando il sole risplende in pieno mezzodì; perciò la sola ignoranza o malizia può esserne cagione.

Stimo però bene di dar qui di passaggio un avviso a tutti coloro che si fanno a scrivere o parlare di questo argomento, di non considerarlo come punto dogmalico {166 [458]} e religioso; e ciò sia detto tanto pei cattolici come pei protestanti; perciocchè Iddio stabilì s. Pietro capo della Chiesa e questo è dogma e verità di fede; che poi s. Pietro abbia esercitata questa sua autorità in Gerusalemme, in Antiochia, in Roma od altrove, questa è discussione storica estranea alla fede.

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Araldo del Divino Amore , Libro Terzo , Le Rivelazioni di Santa Geltrude ,Capitolo XVI

31 ottobre 2015

VANTAGGI DELLA PERSECUZIONE E COMUNIONE SPIRITUALE

L’ultimo giorno nel quale il Convento celebrava l’uffi­cio divino che l’interdetto ecclesiastico doveva poi so­spendere, si cantò la Messa Salve Sancta Parens, in onore della Madre di Dio.

Geltrude chiese al Signore: « O Dio, infinitamente buo­no, come ci consolerete nell’attuale desolazione? ».

« Io attingerò in voi – rispose Gesù – delizie abbon­danti. Come lo sposo gusta la compagnia della sua sposa nell’intimità della camera nuziale, più volentieri che nei tu­multo di una folla, così io troverò gioie squisite nell’acco­gliere i sospiri ardenti e i gemiti dei vostri cuori. L’amor mio divamperà in voi con nuovi accrescimenti come fa il fuoco che, compresso, raddoppia di vigore. Le compiacen­ze che troverò nelle anime vostre e lo slancio del vostro amore per me, saliranno come acqua che s’innalza con tan­ta maggior forza quanto più fortemente è stretta fra le dighe ».

Geltrude chiese: « Quanto tempo durerà quest’interdet­to? » « Ti assicuro che per tutta il tempo che esso si prolun­gherà, io sarò largo delle mie grazie più elette ».

Aggiunse la Santa: «I grandi della terra considerano una vergogna trattare con persone di bassa condizione; è quindi giustissimo che il Re dei re tenga segreti i disegni, della Provvidenza e non li riveli a una creatura vile quale sono io. E’ questo il motivo per cui Tu, o Gesù mio, mi la­sci nell’incertezza, benchè conosca il principio e la fine di ogni vicenda?». « Non è così, figlia mia, – rispose il Salva­tore – ma devi sapere che io agisco solo in vista del tuo maggior bene. A volte nella contemplazione ti svelo i miei segreti, altre volte credo opportuno tenerteli nascosti per mantenerti nell’umiltà. Quando te li confido tu comprendi cosa diventi per la mia grazia, quando te li celo tu vedi co­sa sei da sola ».

All’Offertorio della S. Messa: « Recordare Vírgo Mater Ricordati, o Vergine Madre» quando si giunse a quelle parole: ut loquaris pro nobis borea – di parlare in nostro favore », mentre supplicava la Madre delle grazie di essere generosa, il Signore le disse: « In questo momento non è necessario che nessuno perori le vostre cause, perché io vi sono completamente favorevole ». Ma Geltrude, memore del­le sue fragilità e di quelle delle consorelle, non poteva com­prendere come il Signore fosse pienamente placato.

Fu appunto allora che Gesù le disse con tenerezza im­mensa: « La mia naturale benignità m’inclina a considera­re di preferenza quanto v’ha di migliore in un’anima; la mia Divinità investe e abbraccia questa parte migliore, dan­do risalto al più perfetto e dissimulando quello che è meno degno ».

« O Gesù, Tu che sei così magnifico nei tuoi doni – aggiunse la Santa – come mai accordi le dolcezze delle tue consolazioni ad un’anima così indegna come la mia, e così poco preparata a riceverle? » « Ne sono come forzato dal mio amore ». « Ma dove sono, dunque, caro Gesù, le mac­chie che ho contratte qualche giorno fa con quell’impazien­za che m’ha sconvolto il cuore e che ho perfino manifestata con parole un poco alterate? ». « Sappi che il fuoco della mia Divinità, le ha consumate e che in tal modo faccio scomparire le deformità delle anime che mi sono tanto ca­re » « O clementissimo Gesù, poichè la tua bontà è così te­nera con la mia debolezza, vorresti dirmi se l’anima da te purificata dovrà, dopo la morte risarcire quelle colpe col fuoco del Purgatorio?» E siccome il Signore fingeva di non aver sentito, ella insistette: « In verità, o mio Dio, se la tua giustizia l’esigesse, io mi sprofonderei volentieri in quell’abis­so di fiamme, per darti degna soddisfazione; però se la tua bontà e misericordia ricavassero maggior gloria nel consumare tali colpe col fuoco dell’amor tuo, io ti pregherei di distruggere tutti i miei peccati nelle fiamme della tua divina carità, quantunque mi senta indegna di questa somma grazia ».

E. la bontà divina, inesauribile nella sua tenerezza, ac­cordò a Geltrude quanto aveva chiesto.

Il giorno seguente mentre si celebrava la S. Messa nel­la chiesa parrocchiale, al momento della S. Comunione, El­la disse al Signore: « O clementissimo Padre, come mai non ti commuovi vedendoci private del cibo preziosissimo del tuo Corpo e dei tuo Sangue, a motivo di quei miseri beni temporali che servono solo per il nostro materiale sosten­tamento? ».

Rispose Gesù: « Come potrei compiangere l’amatissima mia sposa, giacchè, avendo divisato d’introdurla nella sala luminosa e fiorita del banchetto di nozze, e scoprendo nei suoi ornamenti un piccolo difetto, mi faccio premura di ti­rarla in disparte per rimediarvi e poter poi presentarla ai convitati, in tutto lo splendore della sua magnificenza? ».

E Geltrude, sempre bramosa di nuova luce: « Come mai, Signore, la tua grazia può abitare nell’anima di coloro che ci fanno tanto soffrire con questo interdetto?».

Le rispose il Salvatore: « Non occuparti di loro: Io stes­so mi riservo di giudicarli».

Al momento dell’Elevazione, mentre Ella offriva a Dio l’Ostia Santa, come tributo di lode eterna per la salvezza del Monastero, il Signore ricevette quella stessa Ostia, e con un’aspirazione del più intimo del Suo essere, ritrasse una soavità vivificante, dicendo: «In quest’aspirazione sazio le mie Spose con un cibo divino ». E Geltrude « O buon Gesù, stai forse per comunicare tutte le monache? ». « No » rispo­se, « ma solo quelle che lo desiderano, o che bramano avere tale desiderio. Riguardo poi alle altre, siccome apparten­gono a questo convento, avranno il privilegio di sentire nel­le loro anime un misterioso anelito che le porterà verso di Me, così come farebbe colui che, non avendo appetito, pure si lasciasse attrarre dal buon odore delle vivande a gustar­le con piacere ».

Nel giorno dell’Assunta, all’Elevazione dell’Ostia, Ella in­tese queste parole del Signore:, « Mi offro a Dio Padre, e m’immolo per le mie membra ». Allora ella chiese: « Permet­teresti forse, o mio Dio, che noi, tue membra, abbiamo da essere da Te separate per l’anatema di cui ci minacciano coloro che vogliono impossessarsi dei nostri beni? ». «E puoi tu supporre – rispose il Salvatore – che qualcuno rie­sca a strappare dalla profondità della mia anima l’amore che a voi mi unisce? Come un coltello di legno non può spezzare un corpo solido, ma solo vi lascia una lieve traccia, così l’anatema non vi colpisce, ma appena vi sfiora ».

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Tweet del Papa

31 ottobre 2015

La vanità non solo ci porta lontano da Dio: ci rende ridicoli.

Papa Francesco su Twitter (@Pontifex_it), ore 11:45 – sab 31 Ott 2015

Vangelo (Mt 5,1-12a) del giorno dalle letture della Messa (Domenica 1 Novembre 2015) con commento comunitario

31 ottobre 2015

TUTTI I SANTI – Solennità

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12a)

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Questo è il Vangelo dell’ 1 Novembre, quello del 31 Ottobre lo potete trovare qualche post più sotto

Notificazione e Libretto della Santa Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti del 3 novembre che sarà celebrata dal Santo Padre Francesco

31 ottobre 2015

 

UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE 
DEL SOMMO PONTEFICE

NOTIFICAZIONE

CAPPELLA PAPALE
IN SUFFRAGIO DEI CARDINALI E DEI VESCOVI
DEFUNTI NEL CORSO DELL’ANNO

Martedì 3 novembre 2015, alle ore 11.30, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco celebrerà la Santa Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti nel corso dell’anno.

Potranno concelebrare con il Santo Padre:

– i Cardinali e i Patriarchi, che si troveranno, alle ore 11, nella sagrestia della Basilica, portando con sé la mitria bianca damascata;

– gli Arcivescovi e i Vescovi, che si troveranno, alle ore 10.45, nella sagrestia della Basilica, portando con sé la mitria bianca.

* * *

Tutti coloro che, in conformità al Motu Proprio «Pontificalis Domus», compongono la Cappella Pontificia e, muniti dellaNotificazione, desiderano partecipare alla celebrazione liturgica senza concelebrare, indossando l’abito corale loro proprio, vorranno trovarsi, per le ore 11, presso l’Altare della Cattedra per occupare il posto che verrà loro indicato.

Città del Vaticano, 26 ottobre 2015

Per mandato del Santo Padre

Mons. Guido Marini
Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie

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Le sollecitudini della Provvidenza divina per l’uomo. Dal «Dialogo della divina Provvidenza» di santa Caterina da Siena, vergine

31 ottobre 2015

(Cap. 135; libero adattamento; cfr. ed. I. Taurisano, Firenze, 1928, II, pp. 439-441)
Il sommo ed eterno Padre con benignità ineffabile rivolse l’occhio della sua clemenza verso l’anima, dicendole: «O carissima figliuola mia, voglio mostrare la mia misericordia al mondo e in ogni necessità provvedere alle mie creature ragionevoli in tutte le loro aspirazioni. Ma l’uomo ignorante cambia in morte quello che io do per la vita, e così si fa crudele a sé medesimo. Io provvedo sempre, e tutto ciò che io ho dato all’uomo è somma provvidenza.

Con provvidenza lo creai. Quando riguardai in me medesimo, mi innamorai della mia creatura e volli crearla a mia immagine e somiglianza come dono della mia provvidenza. Perciò mi feci premura di darle la memoria perché ritenesse i benefici miei. La resi anche partecipe della mia potenza di Padre eterno.

Le diedi l’intelletto perché nella sapienza dell’unigenito mio Figlio conoscesse e comprendesse con quanto fuoco d’amore aprii a lei i tesori delle mie grazie. Le diedi la capacità e la volontà di amare, rendendola partecipe del dono di amore dello Spirito Santo, perché potesse amare colui che aveva conosciuto con l’intelletto.

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Ufficio delle letture, Prima Lettura:Dal libro della Sapienza, 11, 20b – 12, 2. 11b-19

31 ottobre 2015

La compassione e la pazienza di Dio

Tu, Signore, hai tutto disposto
con misura, calcolo e peso.
Prevalere con la forza ti è sempre possibile;
chi potrà opporsi al potere del tuo braccio?
Tutto il mondo davanti a te,
come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina
caduta sulla terra.
Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi,
non guardi ai peccati degli uomini,
in vista del pentimento.
Poiché tu ami tutte le cose esistenti
e nulla disprezzi di quanto hai creato;
se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata.
Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi?
O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza?
Tu risparmi tutte le cose,
perché tutte son tue, Signore, amante della vita,
poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.
Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli
e li ammonisci ricordando loro i propri peccati,
perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore.
Non certo per timore di alcuno
lasciavi impunite le loro colpe.
E chi potrebbe domandarti: «Che hai fatto?»,
o chi potrebbe opporsi a una tua sentenza?
Chi oserebbe accusarti per l’eliminazione
di genti da te create?
Chi si potrebbe costituire contro di te
come difensore di uomini ingiusti?
Non c’è Dio fuori di te,
che abbia cura di tutte le cose,
perché tu debba difenderti dall’accusa
di giudice ingiusto.
Né un re né un tiranno potrebbe affrontarti
in difesa di quelli che hai punito.
Essendo giusto, governi tutto con giustizia.
Condannare chi non merita il castigo
lo consideri incompatibile con la tua potenza.
La tua forza infatti è principio di giustizia;
il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti.
Mostri la forza
se non si crede nella tua onnipotenza
e reprimi l’insolenza in coloro che la conoscono.
Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza;
ci governi con molta indulgenza,
perché il potere lo eserciti quando vuoi.
Con tale modo di agire
hai insegnato al tuo popolo
che il giusto deve amare gli uomini;
inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza
perché tu concedi dopo i peccati
la possibilità di pentirsi.

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Liturgia del giorno: Audio Salmo 94(93)

30 ottobre 2015

31. Ottobre. 2015

 

Il Signore non respinge il suo popolo.

[1] Dio che fai giustizia, o Signore,
Dio che fai giustizia: mostrati!

[2] Alzati, giudice della terra,
rendi la ricompensa ai superbi.

[3] Fino a quando gli empi, Signore,
fino a quando gli empi trionferanno?

[4] Sparleranno, diranno insolenze,
si vanteranno tutti i malfattori?

[5] Signore, calpestano il tuo popolo,
opprimono la tua eredità.

[6] Uccidono la vedova e il forestiero,
danno la morte agli orfani.

[7] Dicono: “Il Signore non vede,
il Dio di Giacobbe non se ne cura”.

[8] Comprendete, insensati tra il popolo,
stolti, quando diventerete saggi?

[9] Chi ha formato l’orecchio, forse non sente?
Chi ha plasmato l’occhio, forse non guarda?

[10] Chi regge i popoli forse non castiga,
lui che insegna all’uomo il sapere?

[11] Il Signore conosce i pensieri dell’uomo:
non sono che un soffio.

[12] Beato l’uomo che tu istruisci, Signore,
e che ammaestri nella tua legge,

[13] per dargli riposo nei giorni di sventura,
finché all’empio sia scavata la fossa.

[14] Perché il Signore non respinge il suo popolo,
la sua eredità non la può abbandonare,

[15] ma il giudizio si volgerà a giustizia,
la seguiranno tutti i retti di cuore.

[16] Chi sorgerà per me contro i malvagi?
Chi starà con me contro i malfattori?

[17] Se il Signore non fosse il mio aiuto,
in breve io abiterei nel regno del silenzio.

[18] Quando dicevo: “Il mio piede vacilla”,
la tua grazia, Signore, mi ha sostenuto.

…..Premere qui per ascoltare il salmo.

 

…. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Lc 14,1.7-11

 

 

A sera colloquio con il Signore 

La giornata è finita. Nel pensiero
scorrono le ore trascorse e come ho saputo impiegare,
o Signore, questo tuo dono d’amore.
Sento di aver fatto poco o niente e
ti chiedo perdono.
Signore, ti ho visitato in chiesa
per pochi secondi soltanto!

“Figlio mio, quei pochi secondi
hanno alleviato il peso della solitudine a cui
mi condannano tanti tuoi fratelli”.

Signore, ho recitato in un giorno soltanto tre o quattro
giaculatorie!

“Figlio mio, quando pronunzi il mio nome,
il mio cuore sussulta di gioia. Averlo fatto
per tre o quattro volte, mi rende uguamente felice”.

Signore, so che ho fatto qualcosa
che ti ha lacerato il cuore e ho paura che ti
voglia allontanare da me!

“Figlio mio, capita che mi fai anche piangere,
ma non dubitare mai della mia presenza
accanto a te. Io sono al tuo fianco,
soprattutto nei momenti del tuo maggior bisogno“.

Signore, ti ringrazio con tutto il cuore!

“Figlio mio, i piccoli gesti d’amore che oggi
hai compiuto, anche per te i più insignificanti,
sono sorrisi che hai fatto fiorire sul mio volto.
Sorrisi che hanno asciugato tante mie lacrime.
Promettimi che per ogni giorno che ti darò da vivere,
mi procurerai sempre un sorriso in più”.

Signore, te lo prometto!

“Adesso, figlio mio, deponi nelle mie mani
l’offerta del tuo sonno. Io veglierò accanto a te
mentre tu dormi”.

Grazie Signore. Buona notte Gesù!

 

Francesco: il perdono di Dio non è una sentenza del tribunale

30 ottobre 2015

 

2015-10-30 Radio Vaticana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un buon sacerdote sa “commuoversi” e “impegnarsi nella vita della gente”. E’ uno dei passaggi dell’omelia mattutina di Papa Francesco a Casa Santa Marta, pronunciata in spagnolo. Dio, ha detto il Pontefice, “ci perdona come Padre, non come un impiegato del tribunale”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

 

“Dio ha compassione. Ha compassione per ciascuno di noi, ha compassione dell’umanità e ha mandato suo Figlio per guarirla, per rigenerarla”, per “rinnovarla”. E’ uno dei passaggi dell’omelia di Papa Francesco a Casa Santa Marta incentrata proprio sulla compassione di Dio:

 

“Es interesante que en la parábola que todos conocemos del hijo pródigo…”
“E’ interessante – ha osservato – che nella parabola che noi tutti conosciamo del Figliol Prodigo, si dice che quando il padre – che è una figura di Dio che perdona – vede arrivare suo figlio ebbe compassione. La compassione di Dio non è avere pietà: non ha nulla a che vedere una cosa con l’altra”.

Io, ha soggiunto, “posso avere pietà di un cane che sta morendo”, ma la compassione di Dio è altro: è “mettersi nel problema, mettersi nella situazione dell’altro, con il cuore di Padre”. E per questo, ha sottolineato, “ha mandato suo Figlio”:

 

“Jesús curaba a la gente pero no era un curandero…”
“Gesù curava la gente – ha affermato – però non è un ‘guaritore’. No! Curava la gente come segno, come segno della compassione di Dio, per salvarla, per rimettere al suo posto nel recinto la pecorella smarrita, i soldi smarriti da quella signora nel portafoglio. Dio ha compassione. Dio ci mette il suo cuore di Padre, ci mette il suo cuore per ciascuno di noi. E quando Dio perdona, perdona come Padre e non come un impiegato del tribunale, che legge una sentenza e dice: ‘Assolto per insufficienza di prove’. Ci perdona da dentro. Perdona perché si è messo nel cuore di questa persona”.

Gesù, ha soggiunto, è stato inviato per “portare la lieta novella, per liberare colui che si sente oppresso”. Gesù “è inviato dal Padre per mettersi in ciascuno di noi, liberandoci dei nostri peccati, dei nostri mali”.

 

“Y esto es lo que hace un cura, conmoverse, comprometerse…”
“Questo  – ha detto – è quello che fa un sacerdote: commuoversi, impegnarsi nella vita della gente, perché un prete è un sacerdote, come Gesù è sacerdote. Quante volte – e poi noi dobbiamo andare a confessarci – critichiamo quei preti, ai quali non interessa ciò che succede nella loro congregazione, che non se ne preoccupano. No, non è un buon prete! Un buon prete è quello che si coinvolge”.

Un buon prete, ha ripreso, è quello che si coinvolge in “tutti i problemi umani”. Quindi si è soffermato sul servizio offerto alla Chiesa dal card. Javier Lozano Barragán, presente alla Messa, in occasione della celebrazione dei suoi 60 anni di sacerdozio. Francesco ha ricordato con gratitudine il suo impegno al dicastero per gli Operatori Sanitari, “nel servizio della Chiesa che presta agli ammalati”. “Rendiamo grazie a Dio – ha detto – per questi 60 anni di sacerdozio”, “dalla compassione di Dio ad oggi vi è una linea e questo è un regalo che il Signore fa” al card. Barragán: “Poter vivere così per 60 anni”.

 

 

(Da Radio Vaticana)

Preghiera della sera. Vita di San Pietro, di San Giovanni Bosco

30 ottobre 2015

sanpietro

Sepolcro. – Tempio. – Reliquie di s. Pietro. – Conclusione

Sebbene le discussioni sopra fatti storici siano estranee al noslro scopo perchè appartenenti alla classe delle persone erudite e non al semplice popolo a cui sono specialmente dirette le nostre letture; tuttavia la venuta di s. Pietro, che è un punto de’ più importanti della storia ecclesiastica, essendo caldamente combattuta dagli eretici d’oggidì, mi sembrò materia di tale importanza da non doversi ommettere; tanto più che i protestanti da qualche tempo in qua, nei loro libri, giornali e conversazioni, cercano di farne soggetto di ragionamento sempre collo scopo di metterla in dubbio e screditar la nostra santa cattolica religione. Noi crediamo che questo solo fatto varrà a far conoscere a tutto il mondo la grande ignoranza, e direi piuttosto, la grande malizia di cui servonsi i nemici della fede per ingannare; giacchè il mettere in dubbio la venuta di S. Pietro a Roma è lo stesso che dubitare se vi sia luce quando il sole risplende in pieno mezzodì; perciò la sola ignoranza o malizia può esserne cagione.

Stimo però bene di dar qui di passaggio un avviso a tutti coloro che si fanno a scrivere o parlare di questo argomento, di non considerarlo come punto dogmalico e religioso; e ciò sia detto tanto pei cattolici come pei protestanti; perciocchè Iddio stabilì s. Pietro capo della Chiesa e questo è dogma e verità di fede; che poi s. Pietro abbia esercitata questa sua autorità in Gerusalemme, in Antiochia, in Roma od altrove, questa è discussione storica estranea alla fede.

È pur bene di avvisare i protestanti che fino al secolo decimoquarto, nello spazio di circa millequattrocento anni, non trovasi un autore nè cattolico nè eretico il quale abbia mosso il minimo dubbio sopra la venuta di s. Pietro a Roma; e noi li invitiamo a citarne UN SOLO. Il primo che abbia messo in campo tal dubbio fu Marsilio di Padova che vendette la sua penna all’imperatore Lodovico il Bavaro, i quali, uno colle armi, l’altro colle perverse dottrine, si scatenarono contro al primato del Sommo Pontefice; tal dubbio però fu da tutti considerato come ridicolo, e svanì colla morte del suo autore.

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L’Imitazione di Cristo , Libro III di IV, Capitolo Quarantasette

30 ottobre 2015

SOPPORTARE TUTTO PER LA VITA ETERNA

sacro cuore di Gesù

PAROLE DEL SIGNORE Figlio, non lasciarti abbattere dal peso dei compiti che ti sei assunto per amor mio né, per alcun motivo, t’abbattano mai le tribolazioni; ma in ogni circostanza ti fortifichi e ti consoli la mia promessa. Io basto a ricompensarti oltre ogni limite e misura. Quaggiù non durerà a lungo il tuo travaglio né sarai per sempre oppresso da dolori. Aspetta un po’ e vedrai finire d’un tratto i tuoi mali. Verrà l’ora in cui ogni travaglio ed ogni agitazione cesseranno. È poco e di breve durata tutto ciò che passa con il tempo. Compi i doveri del tuo stato; lavora fedelmente nella mia vigna; Io sarò la tua ricompensa. Scrivi, leggi, canta, sospira, taci, prega, sopporta virilmente le avversità: di tutte codeste e d’altre maggiori battaglie è ben degna la vita eterna. Verrà la pace in un determinato giorno, che è noto al Signore; e non ci sarà notte né giorno come di codesto vostro tempo, ma luce perpetua, chiarita infinita, pace stabile, riposo sicuro. Non dirai, allora: “Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” (Rm 7,24). Né griderai: “Ahimè, il mio esilio s’è prolungato!” (Sal 119,5).

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Vangelo (Lc 14,1.7-11) del giorno dalle letture della Messa (Sabato 31 Ottobre 2015) con commento comunitario

30 ottobre 2015

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,1.7-11)

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Questo è il Vangelo del 31 Ottobre, quello del 30 Ottobre lo potete trovare qualche post più sotto

Halloween: per capirci qualcosa. Testo tratto dal sito di don Andrea Lonardo

30 ottobre 2015

La notte di Halloween e la festa cristiana dei santi:

Opposizione o continuità?

 

Il nome Halloween è indiscutibilmente termine di origine cristiana; è parola composta da hallow, ‘santificare’, ed eve, abbreviazione di evening, ‘sera’. Halloween, insomma, deriva da All Hallow’s Eve e vuol dire semplicemente ‘Sera della festa dei Santi’, ‘Vigilia della festa dei santi’.

La chiesa cattolica fa memoria, infatti, il 1° novembre di tutti i santi e la sera del 31 ottobre è appunto la vigilia della festa. Ma il 1° novembre era il giorno della festa celtica di Samhain ed alcune delle tradizioni dell’odierna Halloween vi rimandano.

Cosa è avvenuto? Perché questa coincidenza? Halloween è una festa pagana o cristiana? Siamo dinanzi ad una espropriazione cristiana o ad un camuffamento sincretista di riti magici? Cosa è bene fare in campo educativo? Incoraggiare o opporsi alla celebrazione di Halloween? È bene allora tracciare la traiettoria storica che permette di rispondere a queste domande.

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La parola di Dio è viva ed efficace. Dalle «Opere» di Baldovino di Canterbury, vescovo

30 ottobre 2015

(Tratt. 6; PL 204, 451-453)

«La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4, 12). Ecco quanto è grande la potenza e la sapienza racchiusa nella parola di Dio! Il testo è altamente significativo per chi cerca Cristo, che è precisamente la parola, la potenza e la sapienza di Dio. (more…)

Ufficio delle letture, Prima Lettura: al libro della Sapienza 8, 1-21

30 ottobre 2015

Si deve chiedere a Dio la Sapienza

Essa si estende da un confine all’altro con forza,
governa con bontà eccellente ogni cosa.
Questa ho amato e ricercato fin dalla mia giovinezza,
ho cercato di prendermela come sposa,
mi sono innamorato della sua bellezza.
Essa manifesta la sua nobiltà,
in comunione di vita con Dio,
perché il Signore dell’universo l’ha amata.
Essa infatti è iniziata alla scienza di Dio
e sceglie le opere sue.
Se la ricchezza è un bene desiderabile in vita,
quale ricchezza è più grande della sapienza,
la quale tutto produce?
Se l’intelligenza opera,
chi, tra gli esseri, è più artefice di essa?
Se uno ama la giustizia,
le virtù sono il frutto delle sue fatiche.
Essa insegna infatti la temperanza e la prudenza,
la giustizia e la fortezza,
delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita.
Se uno desidera anche un’esperienza molteplice,
essa conosce le cose passate e intravede le future,
conosce le sottigliezze dei discorsi
e le soluzioni degli enigmi,
pronostica segni e portenti,
come anche le vicende dei tempi e delle epoche.
Ho dunque deciso di prenderla
a compagna della mia vita,
sapendo che mi sarà consigliera di bene
e conforto nelle preoccupazioni e nel dolore.
Per essa avrò gloria fra le folle
e, anche se giovane, onore presso gli anziani.
Sarò trovato acuto in giudizio,
sarò ammirato di fronte ai potenti.
Se tacerò, resteranno in attesa;
se parlerò, mi presteranno attenzione;
se prolungherò il discorso,
si porranno la mano sulla bocca.
Per essa otterrò l’immortalità
e lascerò un ricordo eterno ai miei successori.
Governerò i popoli e le nazioni mi saranno soggette;
sentendo il mio nome sovrani terribili mi temeranno,
tra il popolo apparirò buono e in guerra coraggioso.
Ritornato a casa, riposerò vicino a lei,
perché la sua compagnia non dà amarezza,
né dolore la sua convivenza,
ma contentezza e gioia.
Riflettendo su tali cose in me stesso
e pensando in cuor mio
che nell’unione con la sapienza c’è l’immortalità
e nella sua amicizia grande godimento
e nel lavoro delle sue mani una ricchezza inesauribile
e nell’assiduità del rapporto con essa prudenza
e nella partecipazione ai suoi discorsi fama,
andavo cercando come prenderla con me.
Ero un fanciullo di nobile indole,
avevo avuto in sorte un’anima buona
o piuttosto, essendo buono,
ero entrato in un corpo senza macchia.
Sapendo che non l’avrei altrimenti ottenuta,
se Dio non me l’avesse concessa,
— ed era proprio dell’intelligenza
sapere da chi viene tale dono —
mi rivolsi al Signore e lo pregai.

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Tweet del Papa

30 ottobre 2015

Chiediamo l’aiuto dell’Arcangelo Michele per difenderci dalle insidie e dalle trappole del diavolo.

Papa Francesco su Twitter (@Pontifex_it), ore 11:15 – gio 29 Ott 29 2015

Preghiera della sera. Vita di San Pietro, di San Giovanni Bosco

29 ottobre 2015

sanpietro

Pietro in prigione converte Processo e Martiniano. – Suo Martirio. Anno di Gesù Cristo 69-70; dell’era volgare 66

Appena s. Pietro rese fra i tormenti l’ultimo respiro, e l’anima sua beata volò a ricevere il bacio di eterna pace dal suo Divin Maestro in cielo, un sacerdote di nome Marcello aiutato da altre pie persone, depose il suo corpo dalla croce, lo unse di preziosi aromi, lo imbalsamò e lo portò ad essere seppellito sopra la vicina montagnetta del Vaticano.

Era da poco tempo colà sepolto il corpo del Principe degli Apostoli, quando alcuni cristiani venuti dall’Oriente, considerando qual prezioso tesoro sarebbe stato il possedere quelle reliquie, vennero a Roma per farne acquisto. E poichè conobbero che sarebbe stato inutile il cercare di comperarle con danaro, pensarono di rubarle quasi come cosa loro propria e riportarle in quei luoghi donde il santo era venuto. Andarono perciò coraggiosamente al sepolcro, lo estrassero di là, e lo portarono alle catacombe, che sono un luogo sotterraneo dello presentemente s. Sebastiano, con animo di mandarle in Oriente appena si fosse presentata l’opportunità.

Iddio però che aveva chiamato quel grande Apostolo a Roma, perchè la rendesse gloriosa col martirio, dispose eziandio che il suo corpo fosse conservato in quella città e rendesse quella chiesa la più gloriosa del mondo. Quando pertanto quegli orientali andarono per compiere il loro disegno, si sollevò un temporale con un turbine sì gagliardo, che pel rumoreggiare de’ tuoni, pel saettare dei fulmini furono costretti a lasciarlo nel luogo stesso ore era stato riposto.

Si accorsero dell’avvenuto i cristiani di Roma ed in gran folla usciti dalla città ripigliarono il corpo del santo Apostolo, e lo portarono nuovamente sul monte Vaticano donde era stato tolto. V. Gregorio M. ep. 30. Baronio all’anno 284.

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Liturgia del giorno: Audio Salmo 147

29 ottobre 2015

 

30. ottobre. 2015


Celebra il Signore, Gerusalemme.

[1] Alleluia.
Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio,
dolce è lodarlo come a lui conviene.

[2] Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.

[3] Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite;

[4] egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

[5] Grande è il Signore, onnipotente,
la sua sapienza non ha confini.

[6] Il Signore sostiene gli umili
ma abbassa fino a terra gli empi.

[7] Cantate al Signore un canto di grazie,
intonate sulla cetra inni al nostro Dio.

[8] Egli copre il cielo di nubi,
prepara la pioggia per la terra,
fa germogliare l’erba sui monti.

[9] Provvede il cibo al bestiame,
ai piccoli del corvo che gridano a lui.

[10] Non fa conto del vigore del cavallo,
non apprezza l’agile corsa dell’uomo.

[11] …………

Premere qui per ascoltare il salmo.

 

 

«Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?».

Lc 14,1-6

 

 

 

Non andare via, Signore

Rabindranath Tagore

Quando trovi chiusa
la porta del mio cuore,
abbattila ed entra:
non andare via, Signore.

Quando le corde della mia chitarra
dimenticano il tuo nome,
ti prego, aspetta:
non andare via, Signore.

Quando il tuo richiamo
non rompe il mio torpore,
folgorami con il tuo dolore:
non andare via, Signore.

Quando faccio sedere altri
sul tuo trono,
o re della mia vita:
non andare via, Signore.

http://www.qumran2.net/ritagli/index.php?ritaglio=377

 

Papa: Dio non condanna, può solo amare, questa è la nostra vittoria

29 ottobre 2015

  2015-10-29 Radio Vaticana                      

 

 

                

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dio può solo amare, non condanna, l’amore è la sua debolezza e la nostra vittoria: questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta.

Ce ne parla Sergio Centofanti:  

 

La nostra vittoria è l’amore inspiegabile di Dio

Nella prima lettura San Paolo spiega che i cristiani sono vincitori perché “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”. Se Dio ci salva, chi ci condannerà? Sembra – dice Papa Francesco – che “la forza di questa sicurezza di vincitore”, questo dono, il cristiano “l’abbia nelle proprie mani, come una proprietà”. Quasi che i cristiani potessero dire in modo “trionfalistico”: “Adesso noi siamo i campioni!”. Ma il senso è un altro: noi siamo i vincitori “non perché abbiamo questo dono in mano, ma per un’altra cosa”. E’ un’altra cosa “che ci fa vincere o almeno se noi vogliamo rifiutare la vittoria sempre potremo vincere”: è il fatto che niente “potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore”: “Non è che noi siamo vincitori sui nostri nemici, sul peccato. No! Noi siamo tanto legati all’amore di Dio, che nessuna persona, nessuna potenza, nessuna cosa ci potrà separare da questo amore. Paolo ha visto nel dono, ha visto di più, quello che dà il dono: è il dono della ricreazione, è il dono della rigenerazione in Cristo Gesù. Ha visto l’amore di Dio. Un amore che non si può spiegare”.  

 

L’impotenza di Dio è la sua incapacità di non amare

“Ogni uomo, ogni donna – aggiunge Papa Francesco – può rifiutare il dono”, preferire la sua vanità, il suo orgoglio, il suo peccato. “Ma il dono c’è”: “Il dono è l’amore di Dio, un Dio che non può staccarsi da noi. Quella è l’impotenza di Dio. Noi diciamo: ‘Dio è potente, può fare tutto!’. Meno una cosa: staccarsi da noi! Nel Vangelo quell’immagine di Gesù che piange sopra Gerusalemme, ci fa capire qualcosa di questo amore. Gesù ha pianto! Pianse su Gerusalemme e in quel pianto è tutta la impotenza di Dio: la sua incapacità di non amare, di non staccarsi da noi”.  

 

La nostra sicurezza: Dio non condanna, può solo amare

Gesù piange su Gerusalemme che uccide i suoi profeti, quelli che annunciano la sua salvezza. E Dio dice a Gerusalemme e a noi a tutti: “Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali e voi non avete voluto!”. E’ “una immagine di tenerezza. ‘Quante volte ho voluto far sentire questa tenerezza, questo amore, come la chioccia con i pulcini e voi avete rifiutato”. Per questo – afferma il Papa – San Paolo capisce e “può dire che è persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra cosa potrà mai separarci da questo amore”: “Dio non può non amare! E questa è la nostra sicurezza. Io posso rifiutare quell’amore, posso rifiutare come ha rifiutato il buon ladrone, fino alla fine della sua vita. Ma lì lo aspettava quell’amore. Il più cattivo, il più bestemmiatore è amato da Dio con una tenerezza di padre, di papà. E come dice Paolo, come dice il Vangelo, come dice Gesù: ‘Come una chioccia con i pulcini’. E Dio il Potente, il Creatore può fare tutto: Dio piange! In questo pianto di Gesù su Gerusalemme, in quelle lacrime, è tutto l’amore di Dio. Dio piange per me, quando io mi allontano; Dio piange per ognuno di noi; Dio piange per quelli malvagi, che fanno tante cose brutte, tanto male all’umanità… Aspetta, non condanna, piange. Perché? Perché ama!”.  

 

(Da Radio Vaticana)

Araldo del Divino Amore , Libro Terzo , Le Rivelazioni di Santa Geltrude ,Capitolo XV

29 ottobre 2015

L’ALBERO DELL’AMORE

All’indomani durante la S. Messa al momento dell’Ele­vazione, si sentì assonnata e poco attenta alla preghiera. Ma il suono del campanello la risvegliò di scatto ed ella vide il. Signore Gesù che teneva fra in mani un albero, il cui tronco era stato spezzato a livello del suolo; i suoi frutti erano magnifici e ciascuna foglia brillava come stella, irra­diando luminoso splendore.

Il Signore scosse l’albero in mezzo alla corte celeste e i Santi, con grande giubilo, ne gustarono i frutti saporiti. Poco dopo Egli piantò l’albero nel cuore di Geltrude come in fertile giardino, perché producesse frutti di vita, dando alla sua Sposa ombra rinfrescante e nutrimento squi­sito. Appena piantato l’albero ella s’impegnò di farlo frut­tificare, e pregò per una persona che le aveva recata pena. Geltrude chiese anzi di sopportare nuovamente quell’affron­to per ottenere grazie più abbondanti a colei che glielo pro­curava. In quello stesso momento vide in cima all’albero un fiore stupendo che si sarebbe mutato in frutto, appena ella avesse tradotto in atto il suo santo progetto. Quell’albero simboleggiava dunque la carità che, non solo produce frut­ti di buone opere, ma anche fiori di santi desideri e foglie luminose di nobili pensieri; perciò tutti gli abitanti del cie­lo giubilano, quando vedono un mortale generoso che si prende cura dei suoi sofferenti fratelli.

In quello stesso momento dell’Elevazione le venne re­galato un magnifico monile d’oro, che dava risalto allo splendido abito rosa che aveva ricevuto alla vigilia, quan­do riposava sul sacro petto del Signore.

Nel medesimo giorno, all’ora di Nona, Gesù le apparve nell’aspetto di un giovane pieno di grazia e di bellezza. Egli la pregò di cogliere alcune noci dall’albero suddetto per of­frirgliele e, sollevandola da terra, la pose a sedere su di un ramo: « O amabilissimo giovinetto, come mai mi chiedi questa cosa? Per la virtù e per il sesso sono assai debole, tanto che mi pare più conveniente ricevere che dare ». « No – ri­spose Egli – la sposa che si trova in casa dei suoi genitori, agisce con grande libertà e disinvoltura, mentre il suo fi­danzato, quando viene a visitarla, non può comportarsi nel­lo stesso modo. Ma in queste occasioni la fidanzata si mo­stra verso di lui piena di riguardi e di delicatezze: Egli a sua volta la riceverà nella sua casa con tenerezza, e bene­volenza ».

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Vangelo (Lc 14,1-6) del giorno dalle letture della Messa (Venerdì 30 Ottobre 2015) con commento comunitario

29 ottobre 2015

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,1-6)

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farosei per pranzare ed essi stavano ad osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisia.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: “E’ lecito o no guarire di sabato?” Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: “Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?”. E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Questo è il Vangelo del 30 Ottobre, quello del 29 Ottobre lo potete trovare qualche post più sotto

Le cose create portano l’impronta e l’immagine della sapienza. Dai «Discorsi contro gli Ariani» di sant’Atanasio, vescovo

29 ottobre 2015

(Disc. 2, 78. 79; PG 26, 311. 314)

Poiché in noi e in tutte le altre cose si trova l’immagine creata della Sapienza, a ragione la vera e operante Sapienza, attribuendo a se stessa ciò che è proprio della sua natura, dice: Il Signore mi ha creata nelle sue opere (cfr. Pro 8, 22). In questo modo il Signore rivendica a sé, come cosa sua propria, tutto ciò che la nostra sapienza dice di essere e di avere.

E questo non perché lui che è creatore sia oggetto di creazione, ma per ragione della sua immagine impressa nelle stesse opere. Dice dunque così, quasi parlando di se stesso. Esprime la stessa cosa quando sentenzia: «Chi accoglie voi accoglie me» (Mt 10, 40), perché in noi è delineato il suo ritratto. Così, sebbene egli non si possa annoverare tra le cose create, tuttavia poiché nelle cose vengono prodotte la sua forma e la sua figura e cioè, in un certo senso, lui stesso, dice: «Il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività prima di ogni sua opera» (Pro 8, 22). Ora la ragione per cui nelle cose create vi è lo stampo della sapienza è perché il mondo conoscesse il Padre. In realtà è proprio questo ciò che insegna Paolo: Poiché ciò che di Dio si può conoscere, è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Le sue invisibili perfezioni, la sua eterna potenza e divinità possono essere contemplate fin dalla creazione del mondo con l’intelletto nelle opere da lui compiute (cfr. Rm 1, 19-20). Il passo dei Proverbi, riportato sopra, non va inteso del Verbo creatore, quasi fosse una creatura, ma della sapienza che risiede in noi. Essa c’è veramente, e quindi giustamente se ne afferma l\’esistenza creata in noi.

Tuttavia se gli eretici non vorranno prestar fede a queste affermazioni, ci rispondano un po’: c’è o non c’è nelle cose create qualche forma di sapienza? Se non c’è, perché allora l’Apostolo afferma amaramente: «Nel disegno sapiente di Dio, il mondo con tutta la sua sapienza non ha conosciuto Dio»? (1 Cor 1, 21). Se non v’è sapienza alcuna, perché nella Scrittura si parla di tanti sapienti? Infatti «Il saggio teme e sta lontano dal male» (Pro 14, 16); «Con la sapienza si costruisce la casa» (Pro 24, 3).

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Ufficio delle Letture, Prima Lettura: Dal libro della Sapienza 7, 15-30

29 ottobre 2015

La sapienza è immagine di Dio

Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza
e di pensare in modo degno dei doni ricevuti,
perché egli è guida della sapienza
e i saggi ricevono da lui orientamento.
In suo potere siamo noi e le nostre parole,
ogni intelligenza e ogni nostra abilità.
Egli mi ha concesso
la conoscenza infallibile delle cose,
per comprender la struttura del mondo
e la forza degli elementi,
il principio, la fine e il mezzo dei tempi,
l’alternarsi dei solstizi e il susseguirsi delle stagioni,
il ciclo degli anni e la posizione degli astri,
la natura degli animali e l’istinto delle fiere,
i poteri degli spiriti e i ragionamenti degli uomini,
la varietà delle piante e le proprietà delle radici.
Tutto ciò che è nascosto e ciò che è palese io lo so,
poiché mi ha istruito la sapienza,
artefice di tutte le cose.
In essa c’è uno spirito intelligente, santo,
unico, molteplice, sottile,
mobile, penetrante, senza macchia,
terso, inoffensivo, amante del bene, acuto,
libero, benefico, amico dell’uomo,
stabile, sicuro, senz’affanni,
onnipotente, onniveggente
e che pervade tutti gli spiriti
intelligenti, puri, sottilissimi.
La sapienza è il più agile di tutti i moti;
per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.
E’ un’emanazione della potenza di Dio,
un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente,
per questo nulla di contaminato in essa s’infiltra.
E’ un riflesso della luce perenne,
uno specchio senza macchia dell’attività di Dio
e un’immagine della sua bontà.
Sebbene unica, essa può tutto;
pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova
e attraverso le età entrando nelle anime sante,
forma amici di Dio e profeti.
Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza.
Essa in realtà è più bella del sole
e supera ogni costellazione di astri;
paragonata alla luce, risulta superiore;
a questa, infatti, succede la notte,
ma contro la sapienza la malvagità non può prevalere.

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Preghiera di Santa Geltrude: CANCELLA I PECCATI

29 ottobre 2015

O amabilissimo Gesù, per il Tuo udito benedetto, sempre aperto ai pentiti, cancella le iniquità da me commesse con l’udito.

Per la vivificante potenza delle parole sì dolci della tua bocca benedetta, cancella i peccati dalla mia lingua maldicente.

Per la perfezione delle tue opere, per le piaghe delle tue mani, cancella i peccati dalle mie mani colpevoli.

Per la dolorosa fatica dei tuoi piedi benedetti e per le loro piaghe così crudeli, cancella le impurità contratte con le mie colpe.

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Preghiera della sera. Vita di San Pietro, di San Giovanni Bosco

28 ottobre 2015

sanpietro

Pietro cercato a morte; Gesù gli appare e gli predice imminente il martirio. Testamento di questo Apostolo. Anno di Gesù Cristo 68; dell’era volgare 64

Finalmente era giunto il momento che si dovevano compiere le predizioni fatte da Gesù Cristo intorno alla morte del suo Apostolo. Tante fatiche meritavano di essere coronate colla palma del martirio. Mentre un giorno sentivasi tutto ardere di amore verso la persona del Divin Salvatore, e vivamente desiderava di potersi quanto prima congiungere a lui, viene sorpreso da’ persecutori che in un momento lo legano e lo conducono in prigione. La Divina Provvidenza dispone che Nerone dovesse per affari di governo allontanarsi per qualche tempo da Roma; sicchè s. Pietro dovette star circa nove mesi nelle carceri. Ma i veri servi del Signore sanno promuovere la sua gloria in ogni tempo e in ogni luogo. Nell’oscurità della prigione esercitando Pietro le cure del suo apostolato e specialmente il ministero della divina parola, ebbe la consolazione di guadagnare a Gesù Cristo i due custodi della carcere di nome Processo e Martiniano ed altre 47 persone che si trovavano rinchiuse nel medesimo luogo.

È fama confermata dall’autorità di accreditati scrittori che non essendo colà acqua per amministrare il battesimo a quei novelli convertiti, Iddio facesse scaturire in quello istante un fonte perenne, le cui acque continuano a scaturire oggidì. I ministri dell’imperatore tentarono più volte di vincere la costanza del s. Apostolo, ma tornando inutile ogni loro sforzo, e per soprappiù vedendo, che fra le stesse catene non cessava di predicar Gesù Cristo e così accrescere il numero dei cristiani, determinarono di farlo tacere colla morte. Era un mattino, quando Pietro vide aprirsi la carcere. Entrano i carnefici, lo legano strettamente e gli annunziano che doveva essere condotto al supplizio. Oh allora il suo cuore fu pieno di allegrezza. Io godo, andava esclamando, perchè presto vedrò il mio Signore. Presto andrò a trovare Colui che ho amato e da cui ho ricevuto tanti segni d’affetto e di misericordia.

Prima di essere condotto al supplizio, il santo Apostolo secondo le leggi romane dovette essere sottoposto a dolorosa flagellazione; la qual cosa gli cagionò somma gioia, perchè egli vedevasi seguire il suo Divin Maestro negli stessi tormenti; perciocchè prima di essere posto, in croce egli era stato sottoposto a crudelissima flagellazione.

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Liturgia del giorno: Audio Salmo 109(108)

28 ottobre 2015

 29.ottobre.2015

 

Salvami, Signore, per il tuo amore.


 

[1] Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.
Dio della mia lode, non tacere,

[2] poiché contro di me si sono aperte
la bocca dell’empio e dell’uomo di frode;
parlano di me con lingua di menzogna.

[3] Mi investono con parole di odio,
mi combattono senza motivo.

[4] In cambio del mio amore mi muovono accuse,
mentre io sono in preghiera.

[5] Mi rendono male per bene
e odio in cambio di amore.

[6] Suscita un empio contro di lui
e un accusatore stia alla sua destra.

[7] Citato in giudizio, risulti colpevole
e il suo appello si risolva in condanna.

[8] Pochi siano i suoi giorni
e il suo posto l’occupi un altro.

[9] I suoi figli rimangano orfani
e vedova sua moglie.

[10] Vadano raminghi i suoi figli, mendicando,
siano espulsi dalle loro case in rovina.

[11] L’usuraio divori tutti i suoi averi
e gli estranei faccian preda del suo lavoro.

[12] Nessuno gli usi misericordia,
nessuno abbia pietà dei suoi orfani.

[13] La sua discendenza sia votata allo sterminio,
nella generazione che segue sia cancellato il suo nome.

[14] L’iniquità dei suoi padri sia ricordata al Signore,
il peccato di sua madre non sia mai cancellato.

[15] Siano davanti al Signore sempre
ed egli disperda dalla terra il loro ricordo.

[16] Perché ha rifiutato di usare misericordia
e ha perseguitato il misero e l’indigente,
per far morire chi è affranto di cuore.

[17] Ha amato la maledizione: ricada su di lui!
Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani!

[18] Si è avvolto di maledizione come di un mantello:
è penetrata come acqua nel suo intimo
e come olio nelle sue ossa.

[19] Sia per lui come vestito che lo avvolge,
come cintura che sempre lo cinge.

[20] Sia questa da parte del Signore
la ricompensa per chi mi accusa,
per chi dice male contro la mia vita.

[21] Ma tu, Signore Dio,
agisci con me secondo il tuo nome:
salvami, perché buona è la tua grazia.

[22] Io sono povero e infelice
e il mio cuore è ferito nell’intimo.

[23] Scompaio come l’ombra che declina,
sono sbattuto come una locusta.

[24] Le mie ginocchia vacillano per il digiuno,
il mio corpo è scarno e deperisce.

[25] Sono diventato loro oggetto di scherno,
quando mi vedono scuotono il capo.

[26] Aiutami, Signore mio Dio,
salvami per il tuo amore.

[27] Sappiano che qui c’è la tua mano:
tu, Signore, tu hai fatto questo.

[28] Maledicano essi, ma tu benedicimi;
insorgano quelli e arrossiscano,
ma il tuo servo sia nella gioia.

[29] Sia coperto di infamia chi mi accusa
e sia avvolto di vergogna come d’un mantello.

[30] Alta risuoni sulle mie labbra la lode del Signore,
lo esalterò in una grande assemblea;

[31] poiché si è messo alla destra del povero
per salvare dai giudici la sua vita.

Premere qui per ascoltare il salmo.

 

 

Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi!

Lc 13,31-35

 

 

Signore, riconciliami con me stesso  

Signore, riconciliami con me stesso.
Come potrei incontrare e amare gli altri
se non mi incontro e non mi amo più?

Signore, tu che mi ami cosi come sono
e non come mi sogno,
aiutami ad accettare la mia condizione di uomo,
limitato ma chiamato a superarsi.

Insegnami a vivere con le mie ombre e le mie luci,
con le mie dolcezze e le mie collere,
i miei sorrisi e le mie lacrime,
il mio, passato e il mio presente.

Fa’ che mi accolga come tu m’accogli,
che mi ami come tu mi ami.
Liberami dalla perfezione che mi voglio dare,
aprimi alla santità che vuoi accordarmi.

Risparmiami i rimorsi di chi
rientra in se stesso per non uscirne più,
spaventato e disperato di fronte al peccato.

Accordami il pentimento
che incontra il silenzio del tuo sguardo
pieno di tenerezza e di pietà.

E se devo piangere,
non sia su me stesso
ma sull’amore offeso.

La tua tenerezza
mi faccia esistere ai miei stessi occhi!
Spalanca la porta della mia prigione
che io stesso chiudo a chiave!

Dammi il coraggio di uscire da me stesso.
Dimmi che tutto è possibile per chi crede.
Dimmi che posso ancora guarire,
nella luce del tuo sguardo e della tua parola.

http://www.qumran2.net/ritagli/index.php?parole=Aiutami%2C+Signore+mio+Dio%2C+&p=barra_ric

L’Imitazione di Cristo , Libro III di IV, Capitolo Quarantasei

28 ottobre 2015

DOBBIAMO AVERE FIDUCIA IN DIO, QUANDO SIAMO COLPITI DA PAROLE CHE FERISCONO

sacro cuore di Gesù

PAROLE DEL SIGNORE Figlio, sta’ saldo e spera in Me. Che altro sono le parole, se non parole? Volano per l’aria, ma non scalfiscono la pietra. Se sei colpevole, pensa di buon animo ad emendarti; se non sei consapevole d’alcuna colpa, sopporta volentieri ogni contrarietà, per amore di Dio. Non è una gran cosa che tu sopporti, almeno qualche volta, delle parole pungenti, tu, che ancora non sei capace di reggere a gravi percosse. E perché cose tanto piccole ti arrivano fino al cuore, se non perché sei ancora legato alla carne e badi agli uomini più del necessario? Evidentemente, perché temi d’essere disprezzato, non vuoi essere ripreso per i tuoi errori e cerchi scuse per metterli al coperto. Ma esaminati meglio, e riconoscerai che dentro di te sono ancora vivi il mondo ed il vano desiderio di piacere agli uomini. lnfatti, codesta tua ripugnanza ad essere tenuto in poca considerazione e ad essere umiliato per i tuoi difetti, è una chiara dimostrazione che non sei veramente umile, che non sei veramente morto al mondo e che per te il mondo non è stato crocifisso. Ma ascolta la mia Parola e non darai importanza nemmeno a diecimila parole degli uomini. Ecco, anche se contro di te si dicesse tutto quello che la più perfida malizia può inventare, quale danno ti farebbe questo, quando tu lo lasciassi del tutto correre e ne facessi conto non più che d’una pagliuzza? Ti si potrebbe, forse, strappare anche un solo capello? Ma chi non è raccolto nell’intimo del suo cuore e non ha Dio davanti agli occhi, si lascia turbare facilmente per una parola di biasimo. Chi, invece, confida in Me e non ricerca l’appoggio al proprio giudizio, sarà immune dal timore degli uomini. Sono Io, infatti, il Giudice e colui che conosce tutti i segreti; Io so come una cosa s’è svolta veramente; Io conosco chi fa l’offesa e chi la patisce. Per mio volere è uscita quella parola, con il mio permesso è avvenuto questo fatto, “perché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2,35). Io giudicherò il reo e l’innocente, ma prima ho voluto provare l’uno e l’altro con occulto giudizio. La testimonianza degli uomini spesso è fallace; il mio giudizio, invece, è veritiero, resterà immutato e non sarà rovesciato. Il più delle volte resta nascosto e a pochi, nei singoli casi, si fa palese; tuttavia, non sbaglia mai e non può sbagliare, anche se non sembri retto agli occhi di chi manca della sapienza. A Me, dunque, bisogna ricorrere per il giudizio su ogni contesa, e non fidarsi del proprio criterio. Il giusto, infatti, non si turberà, “qualunque cosa gli venga” (Prv 12,21) da Dio. Non se la prenderà molto, anche se gli sarà fatto qualche addebito calunnioso. Ma nemmeno si darà a fatua esultanza, se con buone ragioni verrà da altri discolpato. Il giusto, infatti, considera che sono Io colui che “scruta gli affetti ed i pensieri” (Ap 2,23) degli uomini; Io, che non giudico secondo l’apparente aspetto degli uomini. Spesso, quindi, ai miei occhi è riprovevole ciò che, a giudizio degli uomini, può sembrare degno di lode.

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Udienza generale 28-10-2015

28 ottobre 2015

Preghiamo gli uni per gli altri e serviamo i poveri

 

Vangelo (Lc 13,31-35) del giorno dalle letture della Messa (Giovedì 29 Ottobre 2015) con commento comunitario

28 ottobre 2015

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,31-35)

In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore! ”».

Questo è il Vangelo del 29 Ottobre, quello del 28 Ottobre lo potete trovare qualche post più sotto

Santi Simone e Giuda Apostoli. Omelia di San Giovanni XXIII

28 ottobre 2015

CONSACRAZIONE EPISCOPALE DI OTTO PRESULI

OMELIA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI XXIII*

Festa dei Santi Apostoli Simone e Giuda Taddeo
Basilica Vaticana

Venerdì, 28 ottobre 1960

Venerabili Fratelli e diletti figli,

La solennità della consacrazione ora compiuta di otto novelli Vescovi, ad ornamento della Chiesa del Signore ed a promessa e ad incremento di apostolato conquistatore, ha un suo linguaggio che fu stamane ed è sorriso dei vostri occhi e palpito dei vostri cuori. Lasciatecelo gustare, a consolazione del Nostro spirito, e a letizia della Chiesa universale.

Ci piacque di fissare il sacro rito di questa consacrazione sulla data liturgica della festività odierna dei due Apostoli Simone e Giuda Taddeo, perchè questo loro dies natalis conviene felicemente al compiersi del secondo anno dalla elevazione della Nostra umile persona al fastigio del supremo pontificato. La buona Provvidenza, convergendo i voti dei componenti il Sacro Collegio dei Cardinali sopra questo loro confratello già anziano di età, e di ben modeste proporzioni, si direbbe che ha voluto dare un segno del suo intervento — come ci riferiva ieri il Breviario a proposito del gran sacerdote Onia — communem utilitatem universae multitudinis considerans [1];  un intervento particolarmente vivo di aiuto celeste sul nuovo eletto a colmare le deficienze della natura con la soprabbondanza della grazia e dell’evangelico apostolato.

É in questa visione, forse inattesa, che continua a prendere rilievo l’associarsi, intorno alla persona dell’ormai non più novello Papa, dei componenti lo stuolo eletto dei suoi collaboratori — rettifichiamo — dei suoi Venerabili Fratelli, i nuovi aggiunti agli anziani. Eccovi infatti il corteo purpureo di ben trentotto Cardinali — avvenimento più unico che raro negli Annali del Romano Pontificato — creati in soli due anni, chiamati da tutti i punti della terra, in varietà di stirpe, di colore, di regionali tradizioni.

Eccovi tre consacrazioni di Vescovi, anche questi di varia appartenenza e indicati ad assolvere le più alte e nobili mansioni di servizio della Chiesa e dell’apostolato, qui in Roma, e qui da Roma in direzione del mondo intero. Questi molteplici avvenimenti, di cui siamo felici testimoni, non segnano forse un nuovo chiarore diffuso sugli orizzonti della Chiesa cattolica, al crepitare di quella fiamma che il Signore Gesù annunziò nelle pagine di San Luca: Ignem veni mittere in terram, et quid volo, nisi ut accendatur? [2].

Beati noi, beati noi, se nella umiltà e semplicità del nostro spirito sapremo ben meditare e comprendere in questo annuncio del fuoco il significato di quanto egli fa seguire immediatamente, cioè il « baptismo autem habeo baptizari », il battesimo di sangue che egli si apprestava a versare a redenzione e a salute del mondo.

La via del sacrificio, la via crucis è in verità la sua via e si accompagna all’ignem missum in terram. Così come deve essere la nostra via, condizionata al sacrificio ma via sicura di letizia finale, di gloria e di vittoria. Fate attenzione, diceva Gesù al popolo — lo scrive S. Luca allo stesso punto del suo Vangelo — fate attenzione: quando vedete una nuvola venir su da ponente, dite subito: ecco la pioggia; e così avviene. E quando sentite soffiare lo scirocco dite: farà caldo: ed avviene così. Ciò fu detto per premunirci circa le alternative, meglio si direbbe, le variazioni fra le grandezze e le sublimità del compito episcopale, e fra le tribolazioni e le sofferenze che talora queste comportano sull’esempio divino di Cristo Gesù pastor et episcopus animarum, nostrarum [3].

Per rivenire al duplice titolo di questa gioiosa giornata del secondo anniversario della Nostra elezione al servizio più alto della Santa Chiesa del Signore, lasciateci cogliere l’ispirazione di alcuni pensieri a comune edificazione spirituale.

Innanzi tutto amiamo rivolgerci ai Neo-Consacrati avvolti nella fragranza mistica della unzione ricevuta: unxit te Deus, Deus tuus, olmo laetitiae prati consortibus tuis [4].

Fatti Vescovi della Chiesa di Dio, e scelti a questo onore dai vari offici cui già eravate applicati con distinto e fruttuoso impegno, voi offrite ora ai nostri occhi una visione stupenda e viva, che compendia felicemente le attività e le ansie della Chiesa in questo particolare momento della sua storia. É la visione innanzitutto del Concilio, che si annuncia e prepara; dei Seminari ed Istituti di alta cultura cattolica in tutta la terra; delle rappresentanze della Sede Apostolica nei paesi dell’Africa e dell’Asia; delle diocesi che si affacciano alla storia, nel vecchio e nel nuovo mondo, a indicazione di incessante fecondità apostolica; delle istituzioni di carità, altamente meritevoli ed efficacemente operanti in sempre nuove esigenze, prospettate dalle più urgenti necessità dei tempi.

Questo è lo spettacolo, unitario insieme e variato, che voi offrite oggi al Nostro occhio esultante. E vi confidiamo che fummo in realtà molto contenti di congiungere insieme nei pensieri, negli affetti, nelle parole di questi giorni, le sollecitudini per la preparazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, con quelle dettate dalle altre non meno gravi ansie pastorali per lo sviluppo della. Chiesa, nel mondo. Ecco dunque che abbiamo voluto radunare attorno al Concilio, come in una ideale corona, il rinnovato proposito Nostro di spendere le energie migliori della Chiesa per i Seminari, per gli Istituti di cultura, per le nuove tecniche di diffusione del pensiero, per le opere di carità, ed in particolare per l’incremento dell’apostolato di cooperazione missionaria, che sta in cima alle Nostre più sentite e vibranti preoccupazioni.

Questa è la fiamma, che Gesù ha voluto portare su la terra, desiderando ardentemente che avvampasse: il fuoco della sua carità, della giustizia, insegnata e santificata da Lui, del suo amore per tutti gli uomini, di ogni stirpe e di ogni gradazione di civiltà. La coincidenza odierna nell’anniversario della Nostra elevazione alla Cattedra di Pietro, con la pubblica affermazione davanti al mondo — mediante la vostra consacrazione episcopale — delle più sentite ansie apostoliche del Nostro Pontificato, si riassume efficacemente in questa visione di fuoco, sgorgante dal cuore di Cristo e acceso nella Chiesa dalla creatrice potenza dello Spirito: fuoco che ha creato gli Apostoli, e plasma i loro successori nella varia vicenda dei secoli.

La seconda riflessione scaturisce dall’odierna festa dei due Apostoli Simone e Giuda Taddeo.

Le feste degli Apostoli — ecclesiarum Principes .., et vera mundi lumina: principi della Chiesa e vera luce del mondo — Ci sono tutte egualmente care, e le celebriamo con una qualche solennità. Ma accanto a quella di Pietro e Paolo è naturale per il Papa, che vi parla, dare un posto di preferenza a questa odierna dei santi Simone e Giuda, i cui resti mortali, martoriati in testimonianza di amore a Cristo, riposano in questa Basilica sotto il proprio altare. Circostanza specialmente gradita perchè Ci ricorda la Nostra elevazione al Pontificato Romano, avvenuta proprio nel giorno della loro festa. Apostoli, apostolato! Parole sacre e solenni, alle quali l’Epistola della Messa di oggi riannoda l’opera più alta e degna di essere vissuta: il perfezionamento dei santi, l’opera del ministero, l’edificazione del corpo di Cristo: fino a tanto che ci riuniamo tutti per l’unità della fede e della cognizione del Figliuolo di Dio, in un uomo perfetto, alla misura dell’età piena di Cristo [5].

Apostoli, apostolato ! Nomi augusti che evocano alle nostre menti due millenni cristiani, fondati su la certezza della Parola che non passa [6]: e qui in Roma l’incontro del messaggio divino con quegli elementi umani, preparati dalla Provvidenza per avviare definitivamente il corso della nuova storia.

In realtà tutta la missione di Gesù, confidata alla sua Chiesa, si riassume, anche per questo aspetto, nelle misteriose parole: Ignem veni mittere in terram.

Venerabili Fratelli e diletti figli! Lasciamoci dunque penetrare, come gli Apostoli nel giorno della Pentecoste, da questo fuoco trasformatore! Esso brucerà le inevitabili scorie della natura vulnerata dal peccato originale, e indebolita dai nostri peccati personali; esso esalterà nella mente e nella volontà di ognuno, rese più docili e generose, i perenni ideali assegnati alla vocazione sacerdotale, e rispondenti a quel disegno di santificazione universale, che è il testamento supremo di Gesù e la gloria più vera per noi. Che parole sono queste di Gesù: « Rimanete in me, e io in voi. Come il tralcio non può dar frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così neppure voi se non rimarrete in me. Io sono la vite, voi i tralci: se uno rimane in me, ed io in lui, questi porta gran frutto, perché senza di me non potete far nulla » [7].

Grandi frutti aspetta da noi il Salvatore, che potremo dare in misura sempre più abbondante se resteremo in Lui, bagnati nel suo Sangue Preziosissimo, e infiammati dal suo fuoco d’amore.

Oh, quale serena e incoraggiante conclusione alla solenne cerimonia odierna; e quale lieto e promettente auspicio per questo anno terzo di Pontificato, alla cui alba radiosa Ci fa assistere la misericordiosa bontà di Dio, che, mentre impone le responsabilità, ne concede altresì Lui solo la forza di portarle in spirito di lieto abbandono! In questo irradiare, sempre più vasto, del fuoco portato nel mondo da Gesù, si chiudono le Nostre parole, confortate dalla sicurezza dell’indefettibile aiuto del Signore e della fiorente fecondità della sua Chiesa. O Gesù, eterno Sacerdote, che hai acceso nel mondo una fiamma che più non si spegnerà, rendici per sempre partecipi delle ansie del tuo Cuore divino. Concedi a questo stuolo eletto di anime generose, che oggi hai colmato della pienezza del tuo sacerdozio, la grazia di farti onore nella tua Chiesa santa, o Signore, e moltiplica accanto a loro a salute del mondo sempre nuovi e fervidi apostoli del tuo regno: e fa che nella pace operosa, nella carità reciproca, nella tranquillità dell’ordine i popoli e le nazioni prosperino nella tua amplissima benedizione, e la tua Chiesa estenda ognor più la tua missione redentrice. Salvum fac populum. tnum, Domine, et benedio hereditati tnae: et reggi eos et estolle illos nsque in aeternum!

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Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Dal «Commento sul vangelo di Giovanni» di san Cirillo d’Alessandria, vescovo

28 ottobre 2015

(Lib. 12, 1; PG 74, 707-710)
Nostro Signore Gesù Cristo stabilì le guide, i maestri del mondo e i dispensatori dei suoi divini misteri. Volle inoltre che essi risplendessero come luminari e rischiarassero non soltanto il paese dei Giudei, ma anche tutti gli altri che si trovano sotto il sole e tutti gli uomini che popolano la terra. È verace perciò colui che afferma: «Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio» (Eb 5, 4). Nostro Signore Gesù Cristo ha rivestito gli apostoli di una grande dignità a preferenza di tutti gli altri discepoli.

I suoi apostoli furono le colonne e il fondamento della verità. Cristo afferma di aver dato loro la stessa missione che ebbe dal Padre. Mostrò così la grandezza dell’apostolato e la gloria incomparabile del loro ufficio, ma con ciò fece comprendere anche qual è la funzione del ministero apostolico.

Egli dunque pensava di dover mandare i suoi apostoli allo stesso modo con cui il Padre aveva mandato lui. Perciò era necessario che lo imitassero perfettamente e per questo conoscessero esattamente il mandato affidato al Figlio dal Padre. Ecco perché spiega molte volte la natura della sua missione. Una volta dice: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori alla conversione (cfr. Mt 9, 13). Un’altra volta afferma: «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6, 38). Infatti «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3, 17).

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Ufficio delle Letture, Prima Lettura: Dalla prima lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 4, 1-6

28 ottobre 2015

Facciamoci imitatori dell’Apostolo come egli lo è di Cristo

Fratelli, ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però, poco importa di venir giudicato da voi o da un consesso umano; anzi, io neppure giudico me stesso, perché anche se non sono consapevole di colpa alcuna non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio.
Queste cose, fratelli, le ho applicate a modo di esempio a me e ad Apollo per vostro profitto perché impariate nelle nostre persone a stare a ciò che è scritto e non vi gonfiate d’orgoglio a favore di uno contro un altro. Chi dunque ti ha dato questo privilegio? Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come non l’avessi ricevuto?
Già siete sazi, già siete diventati ricchi; senza di noi già siete diventati re. Magari foste diventati re! Così anche noi potremmo regnare con voi. Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo schiaffeggiati, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi.
Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo.
Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori!

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Tweet del Papa

28 ottobre 2015

Genitori, sapete “perdere tempo” con i vostri figli? È una delle cose più importanti che potete fare ogni giorno.

Papa Francesco su Twitter (@Pontifex_it), ore 11:27 – mar 27 Ott 2015

Liturgia del giorno: Audio Salmo 19(18)

27 ottobre 2015

 

Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio.

 

[1] Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

[2] I cieli narrano la gloria di Dio,
e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento.
[3] Il giorno al giorno ne affida il messaggio
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

[4] Non è linguaggio e non sono parole,
di cui non si oda il suono.

[5] Per tutta la terra si diffonde la loro voce
e ai confini del mondo la loro parola.

[6] Là pose una tenda per il sole
che esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via.

[7] Egli sorge da un estremo del cielo
e la sua corsa raggiunge l’altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.

[8] La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è verace,
rende saggio il semplice.

[9] Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi.

[10] Il timore del Signore è puro, dura sempre;
i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,

[11] più preziosi dell’oro, di molto oro fino,
più dolci del miele e di un favo stillante.

[12] Anche il tuo servo in essi è istruito,
per chi li osserva è grande il profitto.

[13] Le inavvertenze chi le discerne?
Assolvimi dalle colpe che non vedo.

[14] Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro dal grande peccato.

[15] Ti siano gradite le parole della mia bocca,
davanti a te i pensieri del mio cuore.
Signore, mia rupe e mio redentore.

Premere qui per ascoltare il salmo.

 

Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici…

Lc 6,12-19

 

Vengono meno le mie forze

(S. Gregorio di Nazianzo)

 

Signore mio Dio,
vengono meno le mie forze
e attendo la fine delle sofferenze.
Ho conosciuto molte realtà di questa terra:
ricchezza, povertà,
eventi lieti ed eventi tristi,
gloria e infamia, nemici, amici…
Ormai desidero gustare
ciò che non è di questa terra.
Dopo queste mie parole,
io ti parlo audacemente,
e tu accogli quello che ti dico:
“Se non sono nulla, mio Cristo,
perché mi hai plasmato?
Se invece sono prezioso per te,
perché sono tormentato da questi mali?”.
Amen.

http://www.qumran2.net/ritagli/index.php?ritaglio=3479

 

Preghiera della sera. Vita di San Pietro, di San Giovanni Bosco

27 ottobre 2015

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http://rosarioonline.altervista.org/index.php/santorosario/sezione/it/meditazioni/giugno-VitaDiSanPietro-DonBosco/27

Il supplizio toccato a Simon Mago mentre rendeva sensibile la vendetta del cielo, contribuì assai ad accrescere il numero dei cristiani. Nerone però al vedere una moltitudine di persone abbandonare il profano culto degli dei per professare la religione predicata da s. Pietro, ed essendosi accorto che la predicazione del santo Apostolo era giunta a guadagnare persone da lui molto favorite e quelle stesse che in corte erano strumento d’iniquità; tutte queste cose gli fecero raddoppiare la sua rabbia contro ai cristiani. In mezzo al furore di quella persecuzione Pietro era indefesso nell’animare i fedeli ad essere costanti nella fede fino alla morte, e nel convertire nuovi gentili, sicchè il sangue de’ martiri ben lungi dall’atterrire i cristiani e diminuirne il numero, era un seme fecondo che ogni giorno li moltiplicava. Solamente gli Ebrei di colà, forse stimolati dagli Ebrei della Giudea, facevano gli ostinati. Per la qual cosa Iddio volendo fare l’ultima prova per vincere la loro ostinazione fece pubblicamente predire dal suo apostolo, che fra breve sarebbesi suscitato un re contro quella nazione, il quale dopo averla ridotta alle più gravi angustie uguaglerebbe al suolo la loro città, costringendone i cittadini a morir di fame e di sete. Allora, diceva: «si vedranno gli uni mangiare i corpi degli altri e consumarsi a vicenda, finchè venuti in preda a’ vostri nemici vedrete sotto gli occhi vostri straziare crudelmente le vostre mogli, le vostre figlie, e i vostri fanciulli percossi emessi a morte sopra le pietre, le vostre contrade dal ferro e dal fuoco ridotte in desolazione e rovina. Quelli poi che sfuggiranno dalla comune sciagura saranno venduti come giumenti e soggetti a perpetua servitù. Tali mali verranno sopra di voi, o figliuoli di Giacobbe, perchè avete fatto festa sopra la morte del figliuolo di Dio, ed or ricusate di creder in Lui.» Lattanzio lib. 4.

Ma saputosi da’ ministri della persecuzione che si sarebbero affaticati inutilmente se non toglievano di mezzo il capo dei cristiani, si volsero contro di lui per cercarlo e metterlo a morte. I cristiani considerando la perdita che avrebbero fatta colla morte di lui, studiavano ogni mezzo per impedire che egli cadesse nelle mani dei persecutori. Ma vedendo essere impossibile che egli potesse più a lungo star nascosto, lo consigliarono ad uscire da Roma e ritirarsi in luogo dove fosse men conosciuto. Pietro rifiutavasi a tali consigli suggeriti dall’amor figliale, e anzi ardentemente desiderava la corona del martirio. Ma seguitando i fedeli a pregarlo di far ciò pel bene della Chiesa di Dio, cioè cercare di conservarsi in vita per istruire i fedeli, confermare nella fede i credenti e guadagnare anime a Cristo, infine accondiscese e stabilì di partire.

Di nottetempo prese da’ fedeli congedo per involarsi al furore degl’idolatri. Ma giunto alle mura della città, quando stava per uscire dalla porta Capena, detta oggidì Porta di s. Sebastiano, gli apparve Gesù Cristo in quello stesso sembiante in cui l’aveva conosciuto e per più anni trattato. L’Apostolo benchè fosse sorpreso da questa inaspettata comparsa, nondimeno secondo la sua prontezza di spirito si fece animo di interrogarlo dicendo: O Signore, dove andate? Domine, quo vadis? Rispose Gesù: Io vengo a Roma per essere di nuovo crocifisso. Da tali parole conobbe Pietro che era imminente la propria crocifissione, poichè sapendo che il Signore non poteva più essere nuovamente crocifisso per se medesimo, doveva esserlo nella persona del suo Apostolo. In memoria di questo avvenimento presso alla porta di S. Sebastiano fu edificata una chiesa detta ancora oggidì, Domine, quo vadis, oppure Sancta Maria ad Passus, ossia Santa Maria de’ Piedi, perchè il Salvatore in quel luogo, dove parlò a s. Pietro, lasciò impressa sopra di una pietra !a sacra traccia de’ suoi piedi. Questa pietra si conserva tuttora nella chiesa di s. Sebastiano. (more…)

Araldo del Divino Amore , Libro Terzo , Le Rivelazioni di Santa Geltrude ,Capitolo XIV

27 ottobre 2015

L’ANIMA VIENE PURIFICATA IN DUE MODI L’AMAREZZA DELLA PENITENZA E LA SOAVITA’ DELL’AMORE

Il Signore per aumentare i meriti delle anime che gli sono care e assicurare meglio la loro salvezza, permette tal­volta che trovino difficoltà notevoli nel compimento dei do­veri facilissimi. Ciò appunto capitò a Geltrude. La confes­sione delle sue colpe le parve un giorno così penosa, che credette di non poter superarsi con le sole sue forze. Pre­gò allora il Signore, con tutto lo slancio della sua fede e l’ardore della sua carità. Le chiese Gesù: « Vorresti affi­darmi, con un atto di assoluta confidenza, la cura di que­sta confessione e non pensarci più nell’avvenire?». Rispose Geltrude: « Sì, mio amorosissimo Salvatore, io ho piena e sovrabbondante fiducia nella tua onnipotente bontà: ma do­po d’averti offeso, sento il bisogno di ripensare con ama­rezza alle mie colpe, per offrirti così una prova efficace di pentimento ».

Avendo il Signore gradito la sua buona volontà, ella s’immerse nella considerazione della sua miseria, e ben to­sto vide la sua pelle qua e là strappata come se si fosse av­voltolata in un roveto spinoso. Ella mostrò le sue piaghe al Padre delle misericordie perchè, medico abile e fedelissi­mo, avesse la bontà di guarirla.

Il Signore, chinandosi benignamente verso di lei, le dis­se: « Col mio soffio divino ti preparo il bagno salutare del­la confessione. Quando poi sarai purificata secondo i miei desideri, apparirai splendente al mio divino sguardo ». Ella volle ben tosto svestirsi per essere immersa in quel mistico bagno e disse: « O mio Dio, tengo in cuore un desiderio così ardente della tua gloria, che mi sento forzata a spo­gliarmi d’ogni desiderio di umano onore, anzi se fosse ne­cessario sarei pronta a dichiarare i miei peccati davanti al monto intero ».

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Vangelo (Lc 6,12-19) del giorno dalle letture della Messa (Mercoledì 28 Ottobre 2015) con commento comunitario

27 ottobre 2015

SANTI SIMONE E GIUDA, Apostoli

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,12-19)

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Questo è il Vangelo del 28 Ottobre, quello del 27 Ottobre lo potete trovare qualche post più sotto

Dio è fedele alle sue promesse. Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa

27 ottobre 2015

(Capp. 24, 1-5; 27, 1 – 29, 1; Funk, 1, 93-97)

Consideriamo, o carissimi, come il Signore ci mostri continui esempi della risurrezione futura, della quale ci ha dato una primizia in Gesù Cristo, risuscitandolo dai morti.
Osserviamo la risurrezione che avviene nella legge del tempo. Il giorno e la notte ci fanno vedere la risurrezione. La notte si addormenta, il giorno risorge. Il giorno se ne va, la notte sopravviene.
Prendiamo come esempio i frutti. Il seme cos’è, e come si genera? Il seminatore è uscito e ha sparso sulla terra ciascuno dei semi. Questi, caduti per terra secchi e nudi, marciscono. Poi Dio grande e provvidente li fa risorgere dallo stesso disfacimento, e da un solo seme ne ricava molti, e li porta alla fruttificazione.
Le nostre anime stiano attaccate a lui con questa speranza, a lui che è fedele nella promessa e giusto nei giudizi. Colui che ha proibito di mentire, molto meno mentirà egli stesso. Niente infatti è impossibile a Dio, fuorché mentire. Facciamo dunque rivivere la nostra fede in lui e consideriamo come tutte le cose sono a lui congiunte.
Con una parola della sua maestà ha stabilito ogni cosa e con una sua parola può tutto distruggere. Chi potrebbe domandargli: Che hai fatto? O chi potrebbe opporsi alla potenza della sua forza? (cfr. Sap 12, 12). Le sue opere egli le farà tutte quando vorrà e come vorrà, e nulla cadrà di quanto egli ha stabilito. Tutto gli sta davanti e nulla sfugge alla sua volontà. «I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio, e la notte alla notte ne trasmette notizia. Non è linguaggio e non sono parole di cui non si oda il suono» (Sal 18, 2-4).
Poiché dunque tutto è aperto ai suoi occhi e alle sue orecchie, rigettiamo ogni torbida fantasia ed evitiamo i sentieri del male per meritare il sostegno della sua misericordia di fronte al giudizio futuro. Dove infatti potremmo sfuggire dalla sua mano potente? Quale altro mondo potrebbe accogliere uno che è fuggiasco da lui? Dice infatti la Scrittura: Dove andrò e dove mi occulterò dalla tua presenza? Se salgo al cielo, là tu sei; se mi recherò alle estremità della terra, mi afferra la tua destra; se mi adagerò in fondo all\’abisso, là è il tuo spirito (cfr. Sal 138, 7-11).
Dove dunque ritirarsi, o dove fuggire da lui che tutto abbraccia?
Accostiamoci invece a lui nella santità dell’anima, leviamo a lui le mani pure e senza macchia, amiamo il nostro Padre, buono e misericordioso, che ha fatto di noi la sua eredità.

Liturgia del giorno: Audio Salmo 126(125)

26 ottobre 2015

 

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

 

 

[1] Canto delle ascensioni.
Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,
ci sembrava di sognare.

[2] Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.
Allora si diceva tra i popoli:
“Il Signore ha fatto grandi cose per loro”.

[3] Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia.

[4] Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,
come i torrenti del Negheb.

[5] Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo.

[6] Nell’andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.        

Premere qui per ascoltare il salmo.

 

 

«A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».

Lc 13,18-21

Signore, riconciliami con me stesso

Signore, riconciliami con me stesso.
Come potrei incontrare e amare gli altri
se non mi incontro e non mi amo più?

Signore, tu che mi ami cosi come sono
e non come mi sogno,
aiutami ad accettare la mia condizione di uomo,
limitato ma chiamato a superarsi.

Insegnami a vivere con le mie ombre e le mie luci,
con le mie dolcezze e le mie collere,
i miei sorrisi e le mie lacrime,
il mio, passato e il mio presente.

Fa’ che mi accolga come tu m’accogli,
che mi ami come tu mi ami.
Liberami dalla perfezione che mi voglio dare,
aprimi alla santità che vuoi accordarmi.

Risparmiami i rimorsi di chi
rientra in se stesso per non uscirne più,
spaventato e disperato di fronte al peccato.

Accordami il pentimento
che incontra il silenzio del tuo sguardo
pieno di tenerezza e di pietà.

E se devo piangere,
non sia su me stesso
ma sull’amore offeso.

La tua tenerezza
mi faccia esistere ai miei stessi occhi!
Spalanca la porta della mia prigione
che io stesso chiudo a chiave!

Dammi il coraggio di uscire da me stesso.
Dimmi che tutto è possibile per chi crede.
Dimmi che posso ancora guarire,
nella luce del tuo sguardo e della tua parola.

Papa al popolo gitano: mai più tragedie per i vostri bimbi

26 ottobre 2015

 

2015-10-26 Radio Vaticana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mai più tragedie di bambini che “muoiono di freddo o tra le fiamme”, ma anche mai più “falsità, truffe, imbrogli, liti”: è arrivato il tempo di costruire società e periferie “più umane”. Queste in sintesi le parole del Papa ai partecipanti al pellegrinaggio mondiale del popolo gitano. L’evento è stato promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, guidato dal cardinale Antonio Maria Vegliò, in collaborazione con la Fondazione “Migrantes” della Cei, la diocesi di Roma e la Comunità di Sant’Egidio. Il servizio di Giada Aquilino:

 

 

Per il popolo gitano inizi “una nuova storia”: “che si volti pagina”. È l’esortazione di Papa Francesco ai circa 7 mila presenti in Aula Paolo VI con i loro ritmi, le loro danze, i loro canti, in poche parole: il loro calore. Una realtà, quella dei gitani, che il Pontefice racconta di conoscere bene: parla di “difficoltà”, toccate con mano anche nelle parrocchie visitate alla periferia di Roma, di “problemi” e “inquietudini” che – sottolinea – “interpellano non soltanto la Chiesa, ma anche le autorità locali”. Denuncia “condizioni precarie”, “trascuratezza” e “mancanza di lavoro”:

 

“Non vogliamo più assistere a tragedie familiari in cui i bambini muoiono di freddo o tra le fiamme, o diventano oggetti in mano a persone depravate, i giovani e le donne sono coinvolti nel traffico della droga o di esseri umani. E questo perché spesso cadiamo nell’indifferenza e nell’incapacità di accettare costumi e modi di vita diversi da noi”.

Si tratta di situazioni che contrastano “col diritto di ogni persona” ad una vita e a un lavoro dignitosi, all’istruzione e all’assistenza sanitaria, perché – rammenta – “ogni essere umano possa godere dei diritti fondamentali” e, al contempo, debba “rispondere ai propri doveri”:

 

“Cari amici, non date ai mezzi di comunicazione e all’opinione pubblica occasioni per parlare male di voi. Voi stessi siete i protagonisti del vostro presente e del vostro futuro. Come tutti i cittadini, potete contribuire al benessere e al progresso della società rispettandone le leggi, adempiendo ai vostri doveri e integrandovi anche attraverso l’emancipazione delle nuove generazioni”.

È sui giovani che il Papa invita a puntare. “Sono il futuro del vostro popolo” e “della società in cui vivono”, sottolinea:

 

“I bambini sono il vostro tesoro più prezioso. La vostra cultura oggi è in fase di mutazione, lo sviluppo tecnologico rende i vostri ragazzi sempre più consapevoli delle proprie potenzialità e della loro dignità, e loro stessi sentono la necessità di lavorare per la promozione umana personale e del vostro popolo. Questo esige che sia loro assicurata un’adeguata scolarizzazione. E questo dovete anche chiederlo: è un diritto”.

L’istruzione, evidenzia, è “sicuramente” la base per un sano sviluppo della persona ed “è noto – osserva – che lo scarso livello di scolarizzazione” di molti giovani gitani rappresenta oggi “il principale ostacolo” per l’accesso al mondo del lavoro.

 

“I vostri figli hanno il diritto di andare a scuola, non impediteglielo! I vostri figli hanno il diritto di andare a scuola! È importante che la spinta verso una maggiore istruzione parta dalla famiglia, parta dai genitori, parta dai nonni; è compito degli adulti assicurarsi che i ragazzi frequentino la scuola. L’accesso all’istruzione permette ai vostri giovani di diventare cittadini attivi, di partecipare alla vita politica, sociale ed economica nei rispettivi Paesi”.

Il Papa assicura che “è possibile costruire una convivenza pacifica”, in cui diverse culture e tradizioni custodiscono i rispettivi valori “in atteggiamento non di chiusura e contrapposizione, ma di dialogo e integrazione”. Un compito particolare è affidato alle istituzioni civili, a cui è chiesto – sottolinea il Papa – “l’impegno di garantire adeguati percorsi formativi per i giovani gitani, dando la possibilità anche alle famiglie che vivono in condizioni più disagiate di beneficiare di un adeguato inserimento scolastico e lavorativo”:

 

“Il processo di integrazione pone alla società la sfida di conoscere la cultura, la storia e i valori delle popolazioni gitane. La vostra cultura e i vostri valori: che siano conosciuti da tutti!”.

D’altra parte, aggiunge, è arrivato il tempo “di sradicare pregiudizi secolari, preconcetti e reciproche diffidenze” che spesso sono alla base “della discriminazione, del razzismo e della xenofobia”: nessuno deve sentirsi “isolato” né “autorizzato a calpestare la dignità e i diritti degli altri”. Lo spirito della misericordia, afferma Francesco, ci chiama “a batterci perché siano garantiti” tali valori. Il suo auspicio è che il Vangelo della misericordia “scuota” le coscienze di tutti, aprendo “i nostri cuori e le nostre mani ai più bisognosi e ai più emarginati”, partendo da chi ci sta “più vicino”.

 

“Esorto voi per primi, nelle città di oggi in cui si respira tanto individualismo, ad impegnarvi a costruire periferie più umane, legami di fraternità e condivisione; avete questa responsabilità, è anche compito vostro. E potete farlo se siete anzitutto buoni cristiani, evitando tutto ciò che non è degno di questo nome: falsità, truffe, imbrogli, liti”.

Ripropone “come modello di vita e di religiosità” il beato Zeffirino Giménez Malla, figlio del popolo gitano, che – ricorda – “si distinse per le sue virtù, per umiltà e onestà” e per la “grande devozione” alla Madonna. Francesco abbraccia poi una giovane, Maria, che chiede al Papa di battezzare sé e i tre figli. Quindi constata il numero “sempre in aumento di vocazioni sacerdotali, diaconali e di vita consacrata”, segno forte di “fede e crescita spirituale” delle etnie gitane. Ne è un esempio, dice il Pontefice, il vescovo Devprasad Ganava, presente in Aula Paolo VI perché “figlio” di quella gente. Proprio ai consacrati, i gitani “guardano con fiducia e con speranza”, per il ruolo che essi ricoprono e per ciò che possono fare “nel processo di riconciliazione all’interno della società e della Chiesa”:

 

“Voi siete un tramite tra due culture e, per questo, vi si chiede di essere sempre testimoni di trasparenza evangelica per favorire la nascita, la crescita e la cura di nuove vocazioni. Sappiate essere accompagnatori non solo nel cammino spirituale, ma anche nell’ordinarietà della vita quotidiana con tutte le sue fatiche, gioie e preoccupazioni”.

Una missione, mette in luce il Pontefice, ben compresa dal beato Paolo VI, che cinquant’anni fa volle incontrare il popolo nomade nell’accampamento di Pomezia. Sottolineando la stima, l’apprezzamento e l’impegno di assistenza nei loro confronti, Papa Montini – ricorda Francesco, citando l’incoraggiamento venuto negli anni pure da san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – “spronò la Chiesa all’impegno pastorale” con il popolo gitano, incoraggiando al contempo quella stessa gente “ad avere fiducia in essa”. E da quel giorno, conclude il Papa che all’udienza ha voluto incoronare di nuovo la Madonna degli Zingari come fece nel 1965 Paolo VI, “siamo stati testimoni di grandi cambiamenti” nell’evangelizzazione e nella promozione umana, sociale e culturale” delle comunità gitane.

 

(Da Radio Vaticana)

Preghiera della sera. Vita di San Pietro, di San Giovanni Bosco

26 ottobre 2015

sanpietro

Pietro fa risuscitare un morto. Anno di Gesù Cristo 66

Nella risurrezione di quel giovane Simone ivrebbe dovuto ammirare la bontà e la carità di Pietro, e riconoscere in pari tempo l’intervento della potenza divina, quindi abbandonare il demonio cui da tanto tempo serviva; ma la sua superbia lo rese vie più ostinato. Animato dallo spirito di Satana s’inferocì più che mai e risolse a qualunque costo di far vendetta contro a s. Pietro. Con questo pensiero si portò egli un giorno da Nerone, e gli disse come egli era disgustato de’ Galilei, cioè dei cristiani, e che aveva risoluto di abbandonar il mondo, e che per dare a tutti una prova infallibile della sua divinità, voleva salire da se stesso al Cielo.

A Nerone piacque assai la proposta; e poichè desiderava trovar sempre nuovi pretesti onde perseguitare i cristiani, fece avvisar s. Pietro, il quale secondo lui passava per un gran conoscitore di magia, e lo sfidò a fare altrettanto e mostrare che Simone era un bugiardo; che se ciò non avesse fatto, veniva egli stesso giudicato bugiardo ed impostore, e come tale l’avrebbe pagata colla testa. L’apostolo appoggiato alla protezione del cielo che non manca mai di venire in difesa della verità accettò l’invito. S. Pietro adunque senz’alcun soccorso umano si armò dello scudo inespugnabile dell’orazione. Ordinò eziandio a tutti i fedeli che con digiuno universale e con preghiere continue invocassero la divina misericordia. Il giorno in cui facevansi queste pratiche religiose era sabato, e di qui è venuto il digiuno del sabato, che ai tempi di s. Agostino praticavasi ancora in Roma in memoria di questo avvenimento.

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L’Imitazione di Cristo, Libro III di IV, Capitolo Quarantacinque

26 ottobre 2015

NON SU TUTTI BISOGNA FARE AFFIDAMENTO. QUANTO SIA FACILE TRASCENDERE NEL PARLARE

sacro cuore di Gesù

PAROLE DEL DISCEPOLO ‘Aiutami, Signore, ad uscire dalla tribolazione, perché s’attende invano la salvezza degli uomini” (Sal 59,13). Quanto spesso non ho trovato la fedeltà proprio là, dove avevo creduto di poterla avere! E quante altre volte, invece, l’ho trovata dove meno avevo pensato! Vana, dunque, è la speranza che si pone negli uomini: in Te solo, o Dio, è la salvezza dei giusti. Sii benedetto, Signore Dio mio, in tutte le cose che ci accadono! Noi siamo deboli ed incostanti; ci inganniamo presto e mutiamo nei sentimenti. Quale uomo sa guardarsi in tutto con tanta prudenza e circospezione, da non cadere talora in qualche inganno o incertezza? Ma chi confida in Te, o Signore, e Ti cerca con semplicità di cuore, non è facile che cada. E se pure sarà incorso in qualche tribolazione, comunque ne sia rimasto oppresso, verrà da Te liberato o consolato, perché Tu non abbandoni chi spera in Te sino alla fine. È’ raro l’amico fedele che si mantenga tale in tutte quante le avversità dell’amico. Tu, invece, o Signore, Tu solo sei fedelissimo in ogni circostanza e, fuori di Te, non c’è altri che sia tale. Oh, quale profonda sapienza ebbe quell’anima santa che disse: “il mio spirito è saldo e radicato in Cristo!” (Sant’Agata). Se così fosse anche di me, non mi turberebbe tanto facilmente l’umano timore né m’abbatterebbero i colpi delle umane parole. Chi può prevedere tutto, chi può premunirsi contro i mali futuri? Se, anche previsti, spesso ci addolorano, come non ci feriranno gravemente i mali imprevisti? Ma perché, infelice qual sono, non ho provveduto meglio a me? Perché, anche, mi sono affidato con tanta leggerezza ad altri? Siamo uomini, nient’altro che fragili uomini, anche se da molti siamo ritenuti e chiamati Angeli. A chi crederò, Signore, se non a Te? Tu sei la Verità, che non inganna e non può essere ingannata. Al contrario, “ogni uomo è inganno” (Sal 115,11), debole, instabile, facile a mutare, specialmente nelle parole; sicché, a stento, si può subito prestare fede a quello che, in apparenza, sembra vero. Quanto sapientemente Tu ci hai preavvisati che dobbiamo guardarci dagli uomini; che “i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa” (Mt 10,36) e che non dobbiamo credere, se alcuno ci dica: “Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là!” (Mt 24,23; Mc 13,21).

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Vangelo (Lc 13,18-21) del giorno dalle letture della Messa (Martedì 27 Ottobre 2015) con commento comunitario

26 ottobre 2015

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,18-21)

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Questo è il Vangelo del 27 Ottobre, quello del 26 Ottobre lo potete trovare qualche post più sotto

Non andiamo contro la volontà di Dio. Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa

26 ottobre 2015

(Capp. 21, 1 – 22, 5; 23, 1-2; Funk, 1, 89-93)
Badate, carissimi, che i benefici di Dio, così grandi e numerosi, non abbiano a convertirsi in condanna per noi, se non viviamo in maniera degna di lui, vale a dire se non facciamo concordemente ciò che è buono e accetto davanti a lui. Dice infatti in un certo passo: «Lo Spirito del Signore è come una fiaccola che scruta tutti i segreti recessi del cuore» (Pro 20, 27 volg.).

Pensiamo quanto ci sia vicino, e come a lui nulla resti nascosto dei nostri pensieri e dei nostri propositi. Perciò non andiamo mai contro la sua volontà. Piuttosto che offendere Dio, non esitiamo a metterci in conflitto con gli uomini stolti e senza giudizio, tronfi e superbi e ricchi solo di parole bugiarde.

Adoriamo il Signore Gesù Cristo, il cui sangue fu versato per noi, portiamo rispetto a quelli che ci governano, onoriamo gli anziani e istruiamo i giovani nella scienza del timor di Dio, indirizziamo le nostre spose sulla via del bene. Appaiano amabili nella loro vita morale, diano prova della loro disposizione alla dolcezza, manifestino con il tacere di saper moderare la lingua, offrano uguale amore, senza preferenza di persone, a tutti quelli che santamente servono Dio.

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Ufficio delle Letture, Prima lettura:Dal libro della Sapienza 1, 16 – 2, 1a. 10-24

26 ottobre 2015

Gli stolti ragionamenti degli empi contro il giusto

Gli empi invocano su di sé la morte
con gesti e con parole,
ritenendola amica si consumano per essa
e con essa concludono alleanza,
perché son degni di appartenerle.
Dicono fra loro sragionando:
«Spadroneggiamo sul giusto povero,
non risparmiamo le vedove,
nessun riguardo
per la canizie ricca d’anni del vecchio.
La nostra forza sia regola della giustizia,
perché la debolezza risulta inutile.
Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo
ed è contrario alle nostre azioni;
ci rimprovera le trasgressioni della legge
e ci rinfaccia le mancanze
contro l’educazione da noi ricevuta.
Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e si dichiara figlio del Signore.
E` diventato per noi una condanna
dei nostri sentimenti;
ci è insopportabile solo al vederlo,
perché la sua vita è diversa da quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
Moneta falsa siam da lui considerati,
schiva le nostre abitudini come immondezze.
Proclama beata la fine dei giusti
e si vanta di aver Dio per padre.
Vediamo se le sue parole sono vere;
proviamo ciò che gli accadrà alla fine.
Se il giusto è figlio di Dio, egli l’assisterà,
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,
per conoscere la mitezza del suo carattere
e saggiare la sua rassegnazione.
Condanniamolo a una morte infame,
perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà».
La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.
Non conoscono i segreti di Dio;
non sperano salario per la santità
né credono alla ricompensa delle anime pure.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
Ma la morte è entrata nel mondo
per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.

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Liturgia del giorno: Audio Salmo 68(67)

25 ottobre 2015

Il nostro Dio è un Dio che salva.

[1] Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Canto.

[2] Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici
e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano.

[3] Come si dissolve il fumo, tu li dissolvi;
come si scioglie la cera di fronte al fuoco,
periscono i malvagi davanti a Dio.

[4] I giusti invece si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.

[5] Cantate a Dio, inneggiate al suo nome,
appianate la strada a colui che cavalca le nubi:
Signore è il suo nome,
esultate davanti a lui.

[6] Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.

[7] A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.
Solo i ribelli dimorano in arida terra.

[8] O Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo,
quando camminavi per il deserto,

[9] tremò la terra, i cieli stillarono
davanti a Dio, quello del Sinai,
davanti a Dio, il Dio d’Israele.

[10] Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato

[11] e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio.

 

Premere qui per ascoltare il salmo.

 

………..Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». ………

Lc 13,10-17

Eccoci o Signore

San Carlo Borromeo

Eccoci, o Signore, davanti a te:
sappiamo di non ingannarci
perché crediamo fermamente
che tu sei qui presente
e ti vediamo con gli occhi della fede.

Non osiamo contemplarti,
ma tu guardaci
con lo sguardo pieno di misericordia
con cui hai guardato Pietro:
siamo davanti a te
con le nostre opere cattive
e il nostro grande peccato.

Come potremo restare davanti a te,
come potremo toglierci le macchie
se tu non le cancelli?
Come diverremo mondi
se tu non ci lavi?
Come guariremo
se tu non ci curi?

O Signore, purificaci dai nostri peccati,
lavaci dalle colpe,
guariscici dai nostri mali
e facci degni di ritornare nella tua grazia.
Amen.

Angelus di Papa Francesco del 25 ottobre 2015

25 ottobre 2015

 

 

 

Preghiera della sera. Vita di San Pietro, di San Giovanni Bosco

25 ottobre 2015

sanpietro

Pietro conferisce a S. Paolo ed a S. Barnaba la pienezza dell’Apostolato. È avvisato da S. Paolo. Ritorna a Roma. Anno di Gesù Cristo 54

Il mago Simone sapeva che se avesse potuto fare qualche miracolo sarebbesi acquistato gran credito. Quelli che s. Pietro andava da ogni parte operando servivano ad accenderlo vie più d’invidia e di rabbia. Laonde andava studiando qualche prestigio per farsi vedere superiore a s. Pietro. Venne più volte seco lui a prova, ma ne fu sempre pieno di confusione. E poichè vantava la scienza di guarire le infermità, allungare la vita, risuscitare i morti, cose tutte che egli vedeva farsi da s. Pietro, avvenne, che fu invitato a far altrettanto. Era morto un giovine di nobile famiglia e parente dell’imperatore. I suoi genitori, essendone inconsolabili, furono consigliati di ricorrere a s. Pietro perchè venisse a richiamarlo a vita. Altri invece invitarono Simone.

Giunsero ambidue nel tempo stesso alla casa del defunto; s. Pietro acconsentì di buon grado che egli facesse le sue prove per dare la vita al morto, perciocchè sapeva, che solo Iddio può operar miracoli, nè mai alcuno potè vantarsi di averne operati fuori della religione cattolica, perciò tornare inutili tutti gli sforzi dell’empio Simone. Tuttavia pieno di boria e spinto dallo spirito maligno egli accettò pazzamente la prova, e persuaso di vincere propose la seguente condizione: se Pietro fa egli risuscitare il morto, io sarò condannato a morte; ma se io darò vita a questo cadavere, Pietro la paghi colla testa. Non essendovi tra gli astanti chi ricusasse, un tal partito, e di buon grado accettandolo s. Pietro, il Mago si accinse all’impresa.

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